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L'imperatore Augusto, fondatore della Praetoria Classis Misenenis
La base navale di Miseno, collocata al centro del Mediterraneo, contrituì ad assicurare a quest'area geografica 350 anni di pace
La base navale di Miseno era sede della prima legione dell'impero romano: la Prina Legio Auditrix
Uno fra gli imperatori romani più strettamente legati alla flotta di Miseno fu Lucio Domizio Enobarbo: Nerone. Per i militari della Classis allestì un favoloso Ebeterion nel suo Palatium di Baia
L'acqua potabile per la flotta imperiale di Miseno veniva dalle sorgenti del Serino, nel Sannio irpino: era portata da un acquedotto lungo 96 chilometri costruito in età augustea
Le Centum Ceallae (originariamente appartenenti alla villa di Q. Ortensio Ortalo) furono usate come deposito idrico per la flotta in aggiunta alla Piscina Mirabilis
| Acqua per la flotta: dal Serino alla Piscina Mirabilis
Acqua potabile per le migliaia di uomini che lavoravano a bordo e attorno alla flotta imperiale di Miseno: per procurarla, in modo continuo e in quantità adeguate, fu costruito un lunghissimo acquedotto, che attingeva il prezioso liquido dalle sorgenti del Serino, nel cuore del Sannio irpino, e - con un tragitto che superava i 96 chilometri - raggiungeva la Piscina Mirabilis, a ridosso dei bacini portuali di Miseno, dopo essere passato per Nola, Neapolis, Puteoli e Baia, tutte località che fenivano rifornite dall'acquedotto. Per passare dal territorio di Neapolis a quello di Puteoli l'acquedotto attraversava, con il suo ramo principale, il pendio della collina di Posillipo, fiancheggiando in galleria la Crypta Neapolitana. Il condotto, reso in parte accessibile da una frana del costone, è scavato interamente nel tufo e corre circa cm. 50 sopra l'originario piano stradale. Ben conservato, all'interno del breve tratto oggi percorribile, appare il rivestimento delle pareti in spesso cocciopesto, comunemente utilizzato in antico per rendere impermeabili le superfici che venivano a contatto con l'acqua. La creazione del condotto è contemporanea, o di poco posteriore, all'apertura della Crypta. Il monumentale acquedotto fu infatti
concepito e realizzato in età augustea, nell'ambito di un vasto programma di
approvvigionamento idrico inteso a rispondere soprattutto alle crescenti
esigenze del porto commerciale di Puteoli e a quelle della flotta di Miseno,
istituita proprio da Augusto. L'elenco dei centri serviti dall'acquedotto ci è noto da un'iscrizione di epoca costantiniana rinvenuta presso il caput aquae. Da un bacino artificiale alimentato da sorgenti dell'altopiano del Serino si diramavano due condotti: uno secondario verso Beneventum, l'altro, opposto, in direzione di Neapolis. A Neapolis il tracciato seguiva le pendici delle colline di Capodimonte, dello Scudillo e del Vomero fino a raggiungere la Crypta Neapolitana. Qui si staccava una diramazione al servizio della villa imperiale di Pausilypon, attestata da un graffito del 65 d.C. ritrovato durante la costruzione della Galleria Laziale. Il tronco principale proseguiva, attraverso Fuorigrotta e Bagnoli, fino a Puteoli, passando nei pressi delle Terme di via Terracina; un suo braccio secondario riforniva le terme di Agnano. A Puteoli, l'acquedotto correva nella parte alta della città, servendo le piscine Cardito e Lusciano, proseguiva per la Starza, poi verso il lago d'Averno (dove era l'innesto di un braccio finalizzato all'approvvigionamento di Cuma) e terminava alla Piscina Mirabilis, sopra il porto misenate. Importanti interventi di restauro e integrazione si ebbero in età flavia, quando interi tratti furono sostituiti con altri paralleli (interventi da mettere forse in relazione con danni dovuti agli eventi sismici del 62 d.C., all'eruzione del 79 d.C. o a movimenti franosi); e ancora sotto Costantino, nel 324, quando il solo tronco principale, fino a Napoli, venne ricostruito per circa 11.800 metri. Per buona parte del suo percorso, soprattutto nelle aree extra moenia, l'acquedotto non correva in galleria ma all'aperto, sulle caratteristiche arcate in laterizio, delle quali resta traccia a Napoli, nella zona dei Ponti Rossi.
Il più imponente deposito idrico del mondo romano
Pianta della Piscina Mirabilis Grandioso terminale dell'acquedotto del Serino, la Piscina Mirabilis fu costruita sulla collina prospiciente il porto di Miseno per rispondere alle esigenze di approvvigionamento idrico della Classis Praetoria Misenensis. 70 metri per 25, per 15 metri di altezza, un volume di 12.000 metri cubi di acqua, scavata nel tufo, è la più imponente cisterna romana mai portata alla luce. Lo spazio interno è scandito da 48 pilastri cruciformi di sposti su 4 file, quasi a formare le navate di una immensa cattedrale sotterranea. Ai tempi della flotta imperiale vi si poteva accedere da due scalinate sorrette da tre archi, situate negli angoli di NO e di SE. Attualmente, invece, è agibile la sola scala di SE che conduce alla prima navata, leggermente sopraelevata rispetto alle altre. Suggestivi effetti di luce producono i pozzetti (P) e le numerose crepe e brecce che si aprono nella possente volta a botte. Le pareti e i pilastri - costruiti in opera reticolata con ricorsi in laterizio (pareti laterali) e in tufelli (pilastri) - presentano il tipico rivestimento impermeabilizzante in spesso cocciopesto (ricoperto però in più punti da evidenti incrostazioni calcaree). Da notare alla base dei pilastri e delle pareti la presenza del cordolo che, smussando gli angoli, aveva la funzione di prevenire le infiltrazioni. Nel pavimento della navata breve centrale è scavato un bacino profondo m. 1,10 (con bocca di uscita all'estremità di destra) che presumibilmente serviva da piscina limaria, cioè da vasca di decantazione e scarico per la pulizia e l'ordinario svuotamento della cisterna. In prossimità dell'ingresso occidentale è posto il condotto di immissione che ne consentiva il rifornimento. L'assenza di fori di uscita fa pensare che l'acqua fosse estratta dall'alto per mezzo di macchine idrauliche e poi canalizzata. All'esterno, addossati alla parete di NE, si trovano 12 piccoli ambienti con volta a botte. Per queste strutture, probabilmente pi&u grave; tarde, non è stata ancora proposta una identificazione precisa.
Centum Cellae: dalla villa di Ortensio alla flotta di Miseno
Ma, l'acqua necessaria per le esigenze di approvvigionamento della flotta imperiale non era raccolta solo nella Piscina Mirabilis. Man mano che le necessità si allargarono, infatti, furono ricercate ulteriori soluzioni a carattere integrativo. Fu così che anche beni privati vennero, in vario modo, annessi al demanio imperiale per dissetare l'armata navale. Le Centum Cellae costituiscono il principale esempio di questa tendenza. Si
tratta di un articolato complesso di serbatoi preparati a raccogliere
l'acqua per l'approvvigionamento dell'antica villa sul mare dell'oratore
Quinto Ortensio Ortalo. Costruita in età repubblicana, ma totalmente
trasformata in epoca imperiale, questa colossale opera idraulica, fra le più
importanti di tutta l'antichità, è composta da due piani sovrapposti, la cui
costruzione risale a epoche diverse. Nel piano inferiore di età repubblicana si apre un complesso sistema di cunicoli paralleli che conducono ad altrettante celle di forma allungata e irregolare, mentre altre piccole celle laterali s'intersecano alle precedenti attraverso stretti passaggi, dando vita a un vero e proprio labirinto. Le pareti di questi bassi cunicoli, alcuni dei quali sboccano sul mare, possiedono delle nicchie, destinate ad accogliere le lucerne che illuminavano l'intricato ambiente. Con l'avvento di Augusto e la costruzione del porto di Miseno, l'intero complesso delle Centum Cellae subì grandi trasformazioni, perché Marco Vipsanio Agrippa coinvolse tutto il territorio nella creazione di infrastrutture per il porto. All'interno di tali interventi, il complesso delle cellae fu adattato a deposito per anfore olearie e vinarie o, comunque, trasformato per conservarvi materiali occorrenti alla flotta che stanziava a Miseno.
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Navigare necesse est, si diceva a quei tempi: l'impero romano riuniva tutti i territori circostanti quello che veniva chiamato Mare Nostrum. La navigazione, pertanto, era indispensabile tanto per i traffici commerciali quanto per la difesa militare. La flotta imperiale di Miseno aveva il compito di tenere sotto controllo l'intero Mediterraneo occidentale. Quella con sede a Ravenna, invece, aveva la responsabilità per il Mediterraneo orientale.
Marco Vipsanio Agrippa fu l'organizzatore della marina da guerra dell'Impero Romano e il progettista della base navale di Miseno. Gli fu concesso l'onore di cingere la "corona bavale"
Fra i più celebri ammiragli della flotta imperiale di Miseno va ricordato Gaio Plinio Secondo (detto il vecchio), autore della Naturalis Historia, morto nel 79 d.C. durante l'eruzione del Vesuvio di quell'anno
Le navi della flotta di Miseno erano costruite e armate nel bacino interno: si muovevano con relativa velocità sull'acqua grazie ad una sapiente velatura e alla forza di migliaia di braccia. Quelle dei rematori imbarcati a bordo di liburne e triremi, di quadriremi, pentaremi ed esaremi.
Intanto, dalle nebbie di un lontanissimo passato riemergono i nomi delle navi della flotta di Miseno. Ce li restituiscono le lapidi di marmo con le iscrizioni trovate nei Campi Flegrei e a Roma, a Ravenna, in Grecia, in Macedonia. Sono i nomi di liburne e triremi, di quadriremi e pentaremi. C'è, persino il nome, di una esareme. Si chiamava Ops. Un nome che era tutto un programma. Significava: la forza, la potenza..
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