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L'imperatore Augusto, fondatore della Praetoria Classis Misenenis
La base navale di Miseno, collocata al centro del Mediterraneo, contrituì ad assicurare a quest'area geografica 350 anni di pace
La base navale di Miseno era sede della prima legione dell'impero romano: la Prina Legio Auditrix
Uno fra gli imperatori romani più strettamente legati alla flotta di Miseno fu Lucio Domizio Enobarbo: Nerone. Per i militari della Classis allestì un favoloso Ebeterion nel suo Palatium di Baia
L'acqua potabile per la flotta imperiale di Miseno veniva dalle sorgenti del Serino, nel Sannio irpino: era portata da un acquedotto lungo 96 chilometri costruito in età augustea
Le Centum Ceallae (originariamente appartenenti alla villa di Q. Ortensio Ortalo) furono usate come deposito idrico per la flotta in aggiunta alla Piscina Mirabilis
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Lucio
Domizio Enobarbo; l'imperatore Nerone Una famiglia dilaniata. Delitto di Stato fra Baia e Miseno, presso Napoli. Un delitto di 2000 anni or sono che fa ancora discutere. Vittima: Agrippina Minore, figlia di Germanico, moglie dell'imperatore Claudio e madre di Lucio Domizio Enobarbo, detto Nerone. Mandante: l'imperatore, Nerone. Esecutore: Aniceto, prefetto della flotta militare imperiale di stanza a Capo Miseno, quella Praetoria classis misenensis che aveva il compito di tenere sotto controllo tutto il Mediterraneo occidentale. Movente: il controllo del potere nel più vasto stato allora esistente al mondo, l'Impero Romano. A ricostruirlo, in tutti i dettagli, nel corso degli itinerari didattici "Baia imperiale" e "Porto di Miseno", nell'ambito del programma "Scuola & territorio", sono gli animatori culturali della Feder Mediterraneo, cui è affidato il compito di far uscire la storia dai luoghi comuni e di farla "vivere" in modo dinamico e moderno.
Lotta per il potere. I pezzi di questo "giallo" sono stati ricostruiti da Massimo Fini nel suo libro Nerone. Duemila anni di calunnie,. Il potere di Agrippina, dopo l'ascesa al trono del diciassettenne Nerone, era immenso. La madre dell'imperatore contava più dell'imperatore, anche ufficialmente. Lo conferma la monetazione. Le monete emesse fra il 4 e il 13 dicembre del 54 d.C. riservano un lato alle teste affrontate di Agrippina e Nerone. Le scritte dimostrano, però, che quelle monete erano dedicate, sì, a Nerone, ma erano emesse per conto di Agrippina. In quel periodo Nerone era sotto il completo dominio della madre. Agrippina voleva continuare a governare con i metodi che aveva usato sotto Claudio. Nerone non aveva ancora messo piede sul trono che sua madre aveva già proceduto ad alcuni regolamenti dei conti che le stavano a cuore: l'assassinio di Marco Silano e del liberto Narciso Silano.
Quel consiglio di Seneca. Nerone, ben presto, capì che, se voleva governare, doveva assolutamente liberarsi della tutela della madre. Il primo passo di Nerone, d'accordo con il suo consigliere Lucio Anneo Seneca, fu il licenziamento in tronco di Pallante, potentissimo ministro delle finanze e amante di Agrippina. L'imperatrice accusò il colpo e reagì cominciando a raccogliere attorno a sè una fazione personale per passare al contrattacco. Nerone la allontanò dal palazzo imperiale e le tolse le guardie pretoriane. Nonostante ciò, non ci fu una rottura. L'imperatore cercò a lungo di "mediare": la andava a trovare e in pubblico mostrava devozione e affetto per lei. Le cose si complicarono quando Giulia Silana, sorella di quei Silani che Agrippina aveva eliminato, e la zia di Nerone, Domizia, accusarono l'imperatrice di preparare un colpo di Stato. Resti del Palatium
imperiale di Baia Commissione d'inchiesta. Agrippina avrebbe avuto intenzione di sposare Rubellio Plauto, discendente di Augusto e rivale numero uno di Nerone. Queste voci furono riferite all'imperatore che si spaventò non poco. Fu istituita una commissione d'inchiesta, di cui faceva parte anche Seneca. L'imperatrice si difese abilmente e superò la "crisi". Era la fine del 55 d.C.. Nel 58 Nerone entrò in rotta di collisione con il Senato che mal digeriva la sua politica filo-popolare. Agrippina ne approfittò per brigare con i senatori ostili all'imperatore. Seneca consigliò Nerone, che aveva 21 anni, di chiudere definitivamente la partita con la madre. Nerone, però, esitava: ammirava e temeva (più di qualsiasi altra cosa al mondo) la madre. Cercò di trovare una via d'uscita e di riavvicinarsi ad Agrippina. L'imperatrice ne approfittò per giocare la sua ultima, disperata carta, dopo che Seneca le aveva tolto l'appoggio dei senatori. Cercò di sedurre il figlio. Aveva 43 anni, ma era ancora bellissima. Nerone - come conferma Tacito - si ritrasse. Agrippina, imperterrita, insisteva: arrivò a vantarsi di un incesto che non c'era stato, ma che metteva in cattiva luce l'imperatore presso presso l'esercito. Nerone, a quel punto, si convise che la presenza di "quella" madre, in qualunque luogo fosse, costituiva un pericolo mortale. In fin dei conti, non aveva torto. La sorte di Agrippina Minore era segnata.
Pianta degli scavi del Palatium Una nave-trappola. Per eliminare Agrippina, Nerone si rivolse ad Aniceto, suo antico precettore e allora comandante della flotta imperiale di stanza a Capo Miseno. Costui ebbe un'idea ingegnosa: una nave-trappola che, una volta in alto mare, grazie a un opportuno marchingegno, si sarebbe spaccata in due. Le circostanze favorirono il piano di Aniceto. Proprio in quei giorni si svolgeva sulla spiaggia alla moda di Baia la festa di Minerva, cui l'imperatore era solito presenziare. Nerone invitò, quindi, la madre alla festa e la portò a cena a Bauli. Qui, all'ancora, tutta pavesata a festa, faceva bella mostra la nave che avrebbe dovuto riportare Agrippina alla sua villa di Lucrino al posto della vecchia trireme militare sulla quale 'imperatrice era solita viaggiare. Agrippina subodorò qualcosa e manifestò l'intenzione di ritornare a Lucrino via terra, in lettiga. Ma, il comportamento affettuoso del figlio la dissuase. Nerone, fattosi buio, accompagnò Agrippina alla nave. Agrippina si mise al posto d'onore, avendo ai piedi l'ancella Acerronia, mentre il famiglio Creperio Gallo stava nei pressi del timone All'improvviso, quando furono al largo, il tetto della nave, gravato da una massa di piombo, rovinò sulla tolda. Creperio fu ucciso sul colpo, mentre Agrippina e Acerronia vennero sbalzate in mare. Ma, il marchingegno di Aniceto funzionò soltanto in parte. Un'altra
raffigurazione di Agrippina "Aiuto, sono Agrippina!" La nave, infatti, non si aprì. Si inclinò su un fianco, mentre quelli che non erano a conoscenza dell'agguato tentavano disperatamente di raddrizzarla e gli altri, che sapevano, cercavano di affondarla definitivamente. Il tutto nella massima confusione. Acerronia, in acqua, nel tentativo di salvarsi, si mise a gridare: "Sono Agrippina! Sono l'imperatrice! Aiuto!". Le arrivò addosso di tutto: remi, pali, sassi e, come riferisce Tacito, "ogni genere di proiettile navale". Intanto, Agrippina, ferita a una spalla, nuotava silenziosamente verso la riva. Raccolta da una barca da pesca, si fece portare alla sua villa. Aveva capito tutto. Ma, decise che la cosa migliore era far finta di nulla. Mandò un suo liberto, Agermo, dal figlio perchè gli riferisse che si era salvata da un grave incidente: lo pregava, tuttavia, di non andare, per il momento, a trovarla, perchè aveva bisogno solo di tranquillità. Intanto, Nerone, nel palazzo imperiale di Baia, attendeva impaziente. Quando seppe che la mare si era salvata, divenne pallido come un cadavere. Il doppio bacino di Miseno
visto da Monte di Procida Un
colpo di daga, a Lucrino.
Si consultò con Lucio Anneo Seneca e questi gli disse che
bisognava andare fino in fondo. Se Agrippina fosse vissuta, Nerone sarebbe stato
un uomo morto. E non solo lui. Aniceto, che aveva mancato il colpo, fu
incaricato di rimediare. Prese con sè un gruppo di marinai fidati della flotta
di Miseno e si recò alla villa di Agrippina. Nel frattempo, al palazzo di Baia
era arrivato Agermo. Come lo vide, Nerone, senza dargli neppure il tempo di
parlare, gli gettò ai piedi un pugnale e, come se lo avesse colto in flagrante,
comandò subito di gettarlo in carcere per far credere che la madre avesse
tentato di assassinare il figlio e che, poi, si fosse data la morte per
sottrarsi alla vergogna dell'attentato scoperto. Aniceto fece circondare la
villa di Agrippina. Il triarca Erculeio la colpì con un bastone, il centurione
di marina Obarito le vibrò una coltellata. Agrippina offrì il suo corpo al
pugnale, perchè la facessero finita presto. Era il 29 marzo del 59 dopo
Cristo... Due
itinerari per un delitto.
L'episodio
è ricostruito nel contesto di due itinerari del Programma didattico
"Scuola & Territorio della Feder-Mediterraneo": quello intitolato
"Baia imperiale" (nell'Ebeterion
del Palatium imperiale di Baia, dove risiedette Nerone) e quello
denominato "Porto romano di Miseno" (nel cui bacino d'armamemnto il
prefetto della flotta imperiale Aniceto fece costruire la nave-trappola su cui
avrebbe dovuto trovare la morte Agrippina).
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Navigare necesse est, si diceva a quei tempi: l'impero romano riuniva tutti i territori circostanti quello che veniva chiamato Mare Nostrum. La navigazione, pertanto, era indispensabile tanto per i traffici commerciali quanto per la difesa militare. La flotta imperiale di Miseno aveva il compito di tenere sotto controllo l'intero Mediterraneo occidentale. Quella con sede a Ravenna, invece, aveva la responsabilità per il Mediterraneo orientale.
Marco Vipsanio Agrippa fu l'organizzatore della marina da guerra dell'Impero Romano e il progettista della base navale di Miseno. Gli fu concesso l'onore di cingere la "corona bavale"
Fra i più celebri ammiragli della flotta imperiale di Miseno va ricordato Gaio Plinio Secondo (detto il vecchio), autore della Naturalis Historia, morto nel 79 d.C. durante l'eruzione del Vesuvio di quell'anno
Le navi della flotta di Miseno erano costruite e armate nel bacino interno: si muovevano con relativa velocità sull'acqua grazie ad una sapiente velatura e alla forza di migliaia di braccia. Quelle dei rematori imbarcati a bordo di liburne e triremi, di quadriremi, pentaremi ed esaremi.
Intanto, dalle nebbie di un lontanissimo passato riemergono i nomi delle navi della flotta di Miseno. Ce li restituiscono le lapidi di marmo con le iscrizioni trovate nei Campi Flegrei e a Roma, a Ravenna, in Grecia, in Macedonia. Sono i nomi di liburne e triremi, di quadriremi e pentaremi. C'è, persino il nome, di una esareme. Si chiamava Ops. Un nome che era tutto un programma. Significava: la forza, la potenza..
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