ALLE PORTE DI NAPOLI, NEL CUORE DEL "MARE NOSTRUM" RIVIVE UNA STORIA MILLENARIA

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L'imperatore Augusto, fondatore della Praetoria Classis Misenenis

 

 

La base navale di Miseno, collocata al centro del Mediterraneo, contrituì ad assicurare a quest'area geografica 350 anni di pace

 

 

La base navale di Miseno era sede della prima legione dell'impero romano: la Prina Legio Auditrix

 

 

Uno fra gli imperatori romani più strettamente legati alla flotta di Miseno fu Lucio Domizio Enobarbo: Nerone. Per i militari della Classis allestì un favoloso Ebeterion nel suo Palatium di Baia

 

 

L'acqua potabile per la flotta imperiale di Miseno veniva dalle sorgenti del Serino, nel Sannio irpino: era portata da un acquedotto lungo 96 chilometri costruito in età augustea

 

 

Le Centum Ceallae (originariamente appartenenti alla villa di Q. Ortensio Ortalo) furono usate come deposito idrico per la flotta in aggiunta alla Piscina Mirabilis

 

 

LATINO VIVO

Le parole, i nomi e le espressioni latine della flotta imperiale di Miseno. Clicca sul disegno per saperne di più....

 

 

Sali a bordo della flotta di Miseno

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 Vele e remi per dare velocità all'armata navale

Scivolavano sull'acqua. Le navi della flotta imperiale si muovevano grazie alla forza del vento, sapientamente raccolto e orientato nelle imponenti vele latine, e a quella delle braccia di migliaia di marinai - in molti casi, schiavi, condannati ai lavori forzati o prigionieri di guerra - che muovevano a ritmi cadenzati dal tamburo i remi alliniati delle navi che si distinguevano fra loro, tra l'altro, per il numero degli ordini di remi: dalle liburne, che ne avevano due, fino alle esaremi, che ne avevano sei, passando per le triremi, le quadriremi e le pentaremi.

I rematori erano alloggiati su ponti sfalsati in modo da poter attivare i remi di tutti gli odini: a seconda dei casi, due, tre, quattro, cinque o sei.

 

 La liburna, dai pirati illirici alla flotta romana

I Liburni erano una antica popolazionre dell'Illiria, in origine stanziata lungo tutta la costa orientale dell'Adriatico, In età romana, il territorio occupato dai Liburni si estendeva dal fiume Arsia al fiume Titius, che li divideva dai Dalmati  I Liburni erano famosi per la loro abilità nella navigazione ed esercitarono anche la pirateria. I romani, nel 156 a.C, li sottomisero e, in età romana, essi fecero parte della provincia della Dalmazia. Furono loro a inventare la "liburna", veloce e leggera bave da guerra utilizzata anche da Marco Vipsanio Agrippa per portare alla vittoria la flotta di Ottaviano nella battaglia di Azio,  "Agrippa aveva notato che la nave dei pirati illirici era dotata di carena e vele tonde, che le davano grande mobilità per cui diveniva inafferrabile", ricorda lo storico Gianni Race: "Dopo aver catturata la prima di queste nevi, non esitò a copiarne lo schema. Ebbene, la liburna (nave a due ordini di rematori) fu l'arma segreta che permise a Ottaviano la storica vittoria  su chi gli contendeva il potere nel nascente Impro Romano. Dalle epigrafi ci sono stati tramandati i nomi di una dozzina di liburne , inquadrate nell'armata navale alla fonda nel porto di Miseno". 

 

Rostri e corvi per rendere invincibile la flotta

I "corvi". Gli strateghi della flotta imperiale avevano accunulato e perfezionato tutte le innovazioni che, nel corso del tempo, erano state sperimentate in battaglia al fine di organizzare e attrezzare le unità navali in modo da assicurare loro le più larghe possibilità di prevalere nel combattimento. Praticamente imbattibile negli scontri terresti, l'esercito romano venne organizzato in modo tale che potessero essere riprodotte anche in mare le condizioni di superiorità che lo caratterizzavano nelle battaglie terrestri. Sul ponte delle navi (sopratutto delle liburne e delle triremi, rispettivamente con due e tre ordini di rematori) era mintata una passerella di legno che all'estremità presentava un acuminato uncino: il corvo

La passerella con il corvo pronta ad essere abbassata sul ponte della nave avversaria per consentire ai "classari" di Miseno di andara all'arrembaggio e ingaggiare il corpo a corpo devisivo.

L'arrembaggio. L'obiettivo di ammiragli della flotta e comandanti delle navi era quello di manovrare ib modo tale da consentire alle unità dell'armata romana di affiancare le navi nemiche. Una volta completata questa manovra, la passerella veniva abbassata violentemente, grazie a un sistema di carrucole, e il corvo, penetrando profondamente nel legno del ponte della nave avversaria le stringeva in un abbraccio che il più delle volte si rivelava mortale. Attraverso la passerella, infatti, i soldati della Prima Legio Auditrix, allenati a questo nella Scola militum di Miseno, andavano all'arrembaggio affrontando i nemici in fuoriosi corpo a corpo sulle loro stesse navi, colpendo con le daghe e proiteggendosi con gli scudi. In pratica, si ripeteva sul mare lo stesso modello di scontro che le legioni romane praticavano a terra. Nella fase dell'avvicinamento della nave all'unità avversaria si utilizzavano tutte le armi a lunga gittata disponibili: dalle catapulte (che lanciavano pesanti proiettili di pietram, spesso imbevuti di pece e incendiati) e dalle baliste (che scagliavano dardi di grandi proporzioni) alle armi individuali, come frecce e giavellotti. Questa operazione produceva gravi danni alle navi avversarie (che spesso prendevano fuoco o imbarcavano acqua) e provocava ampi vuoti fra i combattenti e gli equipaggi, creando le migliori condizioni per il successo dell'arrembaggio finale.

Rostri acuminatissimi, di diversa forma e foggia, caratterizzavano le prue della navi della flotta imperiale: costituivano l'arma più temibile per l'affondamento delle navi nemiche

Lo speronamento. Tutto questo, sempre che fosse fallita l'altra chance di cui le navi romane disponevano per poter mettere fuori combattimento le unità nemiche: quella dello speronamento, il cui successo era affidato agli acuminartissimi rostri collocati sulle prue delle navi da battaglia. Il rostro penetrava nella fiancata della unità nemica, facendola a pezzi e gettando lo scompiglio fra i rematori, l'equipaggio e i soldati imbarcati. L'acqua marina invadeva le stive, squilibrava progressivamente l'assetto dello scafo e, il più delle volte, provocava l'affondamento. dell'imbarcazione. Il rostro costituiva uno dei simboli più rappresentativi della flotta imperiale. Infatti, esso era frequentemente utilizzato come elemento decorativo e compariva persino sulla corona navale, il massimo riconoscinento che veniva attribuito agli ammiragli vittoriosi.

 

 Tra storia e leggenda

Il prefetto della flotta imperiale romana Arrio salvato da Ben Hur nel celebre film (1959) dopo l'affondamento in battaglia della nave ammiraglia

 

La flotta imperiale

Il lavoro paziente ed entusiasta dello storico e scrittore Gianni Race ha permesso di ricostruire i nomi di decine di navi della flotta di Miseno, rinvenuti attraverso epigrafi marmoree e fonti letterarie. Ecco la Classis sfilare in parata...

LIBURNE

  • Aquila

  • Agathopus

  • Fides

  • Aesculapius

  • Iustitia

  • Virtus

  • Taurus rubrus

  • Nereis

  • Clementia

  • Armata

  • Minerva

TRIREMI

  • Concordia

  • Spes

  • Mercurius

  • Iuno

  • Neptunus

  • Ascleplus

  • Hercules

  • Lucifer

  • Diana

  • Apollo

  • Venus

  • Silvanus

  • Perseus

  • Salus

  • Athenonis

  • Satyra

  • Rhenus 

  • Libertas

  • Tigris

  • Oceanus

  • Cupidus

  • Vittoria

  • Taurus

  • Augustus

  • Minerva

  • Particus

  • Eufrates

  • Vesta

  • Aesculapius

  • Pietas

  • Fides

  • Maia

  • Danubius

  • Ceres

  • Tibur

  • Pollux

  • Mars

  • Salvia

  • Triumphus

  • Aquila

  • Liperus Pater

  • Nilus

  • Caprus

  • Sol

  • Isis

  • Providentia

  • Fortuna

  • Iuppiter

  • Virtus

  • Castor

QUADRIREMI

  • Fides

  • Vesta

  • Minerva

  • Dacicus

  • Fortuna

  • Annona

  • Libertas

  • Olivus

PENTAREMI

  • Victoria

ESAREMI

  • Ops

 

Dalle pietre e dalle acque mute di Miseno ritorna la realtà di una storia che vive con noi

di FRANCO NOCELLA

E' commovente leggere i nomi delle navi della flotta imperiale di Miseno. Le vedo sfilare silenziose, solenni e maestose in parata, come avveniva un tempo. Sento le grida dei soldati e gli ordini degli ufficiali. Riecheggia nelle orecchie il suono dei tibicines, le trombe militari usate allora. Scorgo sulla cresta della Punta Pennata il profilo degli edifici che ospitavano la residenza del praefectus della flotta. Facendo un salto indietro nel tenpo, avverto il suadente bisbiglio di Menocrate che, nelle orecchie di Ottaviano, suggerisce di sbarazzarsi degli altri due triumviri per consentire al suo padrone di aggiudicarsii subito il controllo del mondo romano. Intravedo la figura di Marco Vipsanio Agrippa (12 a.C)  mentre ispeziona i  moli fatti costruire con tecniche innovative. Assisto  incantato al movimento del pons versatilis, il ponte di legno girevole a cavallo dell'ampio canale che univa il bacino interno (oggi lago Miseno) con quello esterno per far passare le navi, mosse a remi,.in occasione dell'Isidis Navigium  (5 marzo) per inaugurare la stagione della navigazione. Passano davanti agli occhi della mia fantasia le scene della solenne cerimonia funebre che accompagnò (37 d.C.) le spoglie di Tiberio. morto nella villa che era stata di Caio Mario e di Lucullo. Ho sotto il mio sguardo il tripudio dell trionfo tributato dai militari della flotta a Caligola, proclamato imperatore, che iniziò da Miseno la marcia che lo avrebbe portato a Roma.  Osservo il cantiere navale dove Aniceto fece costruire, in gran segreto, la nave trappola che avrebbe dovuto essere la tomba di Agrippina. Seguo con lo sguasrdo le fedelissime truppe di stanza a Miseno mentre partono per dar vita all'ultima, disperata difesa dell'imperatore Nerone contro i ribelli guidati dal governatore della Spagna citeriore, Galba. Scorgo la quadrireme a bordo della quale Plinio, praefectus della classis e uomo di scienza, si avviò (79 d.C.) al suo appuntamento con la morte ai piedi del Vesuvio. Mi sembra di sentire il brusio e vedere i colori della folla cosmopolita che affollava  la piazza o il teatro del municipium di Miseno. Arriva alle mie orecchie il fragore delle armi usate negli addestramenti di classari e legionari nella Scola militum. Immagino il pianto delle madri e dellle mogli dei soldati che partivano per le campagne militari. Mi giunge l'eco delle grida di gioia e delle espressioni di sollievo di parenti e amici che vedevano sbarcare i loro congiunti arruolati nella Prima Legio Auiditrix di Miseno al ritorno dalle imprese in cui avevano messo il gioco la laro vita. Percepisco il silenzio agghiaccante che dovette accompagnare l'imbarco (476 d.C.) dell'ultimo imperatore d'Occidente, Romolo Augustolo, sulla nave che lo portò sull'isolotto di Megaris, a Neapolis, dove venne consegnato agli Eruli di Odoacre. Penso alle grida di rabbia, alle imprecazioni e alle espressioni di orgoglio con cui ufficiali e soldati dovettero vivere, dopo la deposizione dell'ultimo imperatore, l'evento conclusivo della storia della flotta: l'abbandono della base di Miseno e la partenza per l'ultimo viaggio alla volta di Ravenna, dove navi e uomini di quella che era stata la Classis Praetoria Misenensis si unirono alla flotta imperiale d'Oriente assieme alla quale continuarono a servire un'idea che aveva regolato la storia del Mediterraneo per 5 secoli. Oggi restano pochi segni di quello che avvenne a Misenum dall'imizio alla fine dell'Impero Romano d'occidente. Tuttavia, da quelle pietre e da quelle epigrafi, da quei luoghi e da quelle acque sta riemergendo una storia che ci appartiene, che fa parte della nostra identità e che - a saperla interpretare e attualizzare - ci può anche fornire preziosi suggerimenti per il futuro. Grazie, allora, classari di Miseno per esserci stati e per essere tornati in mezzo a noi...

 

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Navigare necesse est, si diceva a quei tempi: l'impero romano riuniva tutti i territori circostanti quello che veniva chiamato Mare Nostrum. La navigazione, pertanto, era indispensabile tanto per i traffici commerciali quanto per la difesa militare. La flotta imperiale di Miseno aveva il compito di tenere sotto controllo l'intero Mediterraneo occidentale. Quella con sede a Ravenna, invece, aveva la responsabilità per il Mediterraneo orientale.

 

 

Marco Vipsanio Agrippa fu l'organizzatore della marina da guerra dell'Impero Romano e il progettista della base navale di Miseno. Gli fu concesso l'onore di cingere la "corona bavale"

 

 

Fra i più celebri ammiragli della flotta imperiale di Miseno va ricordato Gaio Plinio Secondo (detto il vecchio), autore della Naturalis Historia, morto nel 79 d.C. durante l'eruzione del Vesuvio di quell'anno

 

 

Le navi della flotta di Miseno erano costruite e armate nel bacino interno: si muovevano con relativa velocità sull'acqua grazie ad una sapiente velatura e alla forza di migliaia di braccia. Quelle dei rematori imbarcati a bordo di liburne e triremi, di quadriremi, pentaremi ed esaremi.

 

 

Intanto, dalle nebbie di un lontanissimo passato riemergono i nomi delle navi della flotta di Miseno. Ce li restituiscono le lapidi di marmo con le iscrizioni trovate nei Campi Flegrei e a Roma, a Ravenna, in Grecia, in Macedonia.  Sono i nomi di liburne e triremi, di quadriremi e pentaremi. C'è, persino il nome, di una esareme. Si chiamava Ops. Un nome che era tutto un programma. Significava: la forza, la potenza..

 

 

LA PRIMA LEGIO AUDITRIX

Erano i fedelissimi dell'imperatore. Clicca sulla foto 

 

 

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