Nereo Villa, "IL SACRO SIMBOLO DELL'ARCOBALENO, Numerologia biblica sulla Reincarnazione" (Prefazione), SeaR Edizioni, Reggio Emilia, aprile 1998
Prefazione (Descrizione degli undici capitoli) - Premessa (Distinzione fra unità di misura e unità aritmetica) - Introduzione - La creazione - Cap. 1° - Il riconoscimento dell'Io - Cap. 2° - La colomba, la nave e il pesce - Cap. 3° - Il mondo delle essenze - Cap. 4° - Imbarcazioni - Cap 5° - Non si può sopprimere l'arcobaleno - Cap. 6° - Dall'arcobaleno all'iride - Cap. 7° - L'arca, l'alfabeto astrale e il karma - Cap. 8° - Il geroglifico dell'infinito - Cap 9° - Il prete Gianni - Cap. 10° - L'albero della conoscenza... del Karma - Cap. 11° - La pentola d'oro
L'ARCA, L'ALFABETO ASTRALE E IL KARMA
Che le lettere dell'alfabeto ebraico abbiano corrispondenze planetarie e zodiacali, è un insegnamento proveniente dall'antichissima tradizione dello Sefer Yezirah o Libro della Formazione. Questi dati astrali facevano parte di una ancor più antica conoscenza, della quale non è rimasto altro che un alfabeto, forse il più antico del mondo, di cui non esistono più il linguaggio, i suoi portatori, nè la regione in cui essi abitarono: Atlantide(1).
Si tratta dell'alfabeto Watan. Esso era racchiuso in principio nell'arca, santuario degli arcani, o Tebah (arca in ebraico si dice "tebah" e si scrive con le lettere TAW, BET, HE), in cui era contenuta tutta la conoscenza possibile.
Il nome Tebah - simile a quello dell'antica città di Tebe, centro spirituale e misteriosofico che si supponeva simbolicamente collocata alla sommità del mondo come soggiorno del Sovrano degli dei - letto da destra a sinistra come si legge l'ebraico, dà come suono "abet". Composto dalla prima vocale "ALEF" e dal nome della prima consonante "BET", forma la struttura portante della parola "alfabeto".
L'alfabeto terrestre diventa dunque immagine dell'alfabeto astrale attraverso i suoi caratteri che esprimono i 12 segni zodiacali e i 7 pianeti che vi hanno il loro domicilio, più i tre segni chiamati "madri" o "padri", formando un complesso di ventidue lettere.
Secondo il Guénon, l'alfabeto watan, scrittura primitiva degli atlantidi, la cui tradizione fu trasmessa all'India e all'Egitto dopo la catastrofe cui conseguì la scomparsa di Atlantide, è la traduzione esatta dell'alfabeto astrale. Esso comprende tre lettere costitutive, appunto dette madri o padri, sette planetarie e dodici zodiacali, in tutto ventidue caratteri. Questo alfabeto, di cui Mosè aveva avuto conoscenza in Egitto, divenne il primo alfabeto ebraico, modificato nel corso dei secoli, che scomparve poi completamente nel periodo della cattività di Babilonia. "L'alfabeto primitivo degli atlantidi è stato conservato in India, ed è mediante i brahmana che è giunto fino a noi"(2).
La suddivisione dell'alfabeto ebraico in 3, 7 e 12 caratteri, rientra in una logica che rispecchia anche altre suddivisioni naturali, per esempio quella riguardante il tempo: ogni stagione dura 3 mesi, ogni settimana 7 giorni, ogni anno 12 mesi; quella riguardante la musica: l'accordo perfetto è composto di 3 suoni, le funzioni della scala musicale sono 7, i suoni della scala cromatica sono 12; nel campo della pittura: 3 colori primari, 7 colori dell'arcobaleno, 12 colori della cromoterapia(3), ecc...
Questa regolarità ciclica, musicale, spaziale e temporale, riferita agli alfabeti, viene detta anche solare, proprio perchè è in armonia con il moto apparente del Sole: la convessità dell'Arca, rivolta verso il basso e quella dell'arcobaleno verso l'alto, formano - come abbiamo visto - una figura circolare o ciclica completa di tale moto, rappresentato dal simbolo astrale della lettera NUN, lettera appunto del Sole.
Diversi sono gli alfabeti detti solari per la loro struttura in ventidue lettere, come per esempio, il fenicio, l'etiopico e il caldaico, che è un'antica forma di ebraico.
Nella seguente tabella, abbiamo elencato le corrispondenze astrali fra l'alfabeto ebraico, l'alfabeto watan e i rispettivi valori numerici delle ventidue lettere. Nella prima colonna vi sono i numeri ordinali, seguono, rispettivamente nella seconda e terza, i valori numerici e quelli geometrici, che spiegheremo; nella quarta, i segni ideografici watan; seguono poi la quinta e la sesta con i rispettivi nomi e segni ebraici; infine le corrispondenze con le tre madri, con i segni astrologici planetari e con quelli zodiacali, nella settima, ottava e nona colonna.
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Le corrispondenze alfabetico-astrali qui riportate non sono però quelle indicate dal Libro della Formazione sopra citato, in quanto l'alfabeto, come abbiamo detto, andò perduto all'epoca della cattività di Babilonia e riformato con sostanziali modifiche(4), le cui corrispondenze divennero quelle che si trovano oggi nel Libro della Formazione.
Il sistema astrale della tabella, riconosciuto nel campo della scienza numerologica(5), essendo primigenio e dunque precedente tali modifiche, vien detto archeometrico (da "archè", "principio" e da "métron", "misura").
Poichè le corrispondenze astrali qui riportate trovano in esse stesse sostegno e giustificazione - come per esempio risulta nella lettera NUN e dal rispettivo simbolo geroglifico-astrologico del Sole - tale antichissima archeo-metria rimane in sintonia proprio con il Libro della Formazione, là dove dice: "...e fai stare in piedi la cosa in maniera esauriente..."(6).
Accanto al valore numerico abbiamo posto anche un altro valore che chiamiamo "geometrico".
Esso si ricava dalla divisione del cerchio in 22 figure geometriche.
Mediante i loro lati queste 22, dividono i 360 gradi dell'angolo giro, cominciando dal triangolo:
Se accanto alla prima disposizione di valori numerici, si pone il numero di lati del rispettivo poligono regolare inscrivibile nel cerchio, si hanno le due serie di numeri che, nella tabella, abbiamo posto nelle rispettive caselle di valori numerici e di valori geometrici(7).
A questo punto facciamo un esempio dell'uso della tabella.
Abbiamo intitolato il primo capitolo di questo scritto "Creazione" e abbiamo sostenuto che la creazione è sia fuori che dentro di noi, quasi che la macrocosmica orbita dell'universo e la microcosmica orbita oculare capace di coglierlo, rientrino nella medesima "sfera".
La parola "creazione", si dice in ebraico "briah" e si scrive con le lettere BET-RESH-IOD-ALEF-HE.
Che in questo concetto vi sia qualcosa di ciclico è espresso dalla sintesi del valore numerico delle sue lettere: 2-200-10-1-5, in totale 218, sintesi 11 e del numero 11, abbiamo parlato alla fine del quarto capitolo, in rapporto al concetto di "ciclicità"(8).
Se ora prendiamo i valori geometrici di "briah", abbiamo un risultato sorprendente in quanto capace di riassumere in un numero tutto quanto è stato detto fin qui a proposito della simbologia del pesce. Si tratta dei valori geometrici: 4-120-18-3-8, in totale 153.
Questa "geometria" ci riporta alla fine del Vangelo di Giovanni, alla miracolosa "pesca" del Risorto.
Ciò che stupisce è che anche quel pesce che ha dato nome agli oracoli di Delfo, il delfino, ha nella lingua ebraica il valore geometrico complessivo di 153. Infatti "dolfin",
composta dalle lettere DALET-VAV-LAMED-PHE-IOD-NUN i cui valori geometrici sono 6-9-24-60-18-36, forma una somma totale uguale a 153. Se facciamo lo stesso calcolo con i semplici valori numerici abbiamo 4-6-30-80-10-50, totale 180. Ambedue queste somme, 153 e 180, danno però come sintesi 9, numero dell'"utero":
1 + 5 + 3 = 9
1 + 8 + 0 = 9
Allora risulta chiaro come la simbologia del pesce si colleghi alle idee di creazione, ciclicità e per estensione a quella di immortalità dell'anima.
Sempre in questo contesto di valori geometrici, usiamo ora la tabella per un altro esempio.
Nella scolastica di tradizione aristotelica - indirizzo di pensiero di Alberto Magno e Tommaso D'Aquino - si accorda uno statuto di immortalità all'intelletto individuale(9). In ebraico il comprendonio, l'intendimento, si dicono "binah", in lettere BET-IOD-NUN-HE. Se si prende la somma dei relativi valori geometrici, si ha, per così dire, il "Valore Segreto" della "creazione", infatti: 4-18-36-8, in totale 66, Valore Segreto di 11.
Che l'alfabeto watan e le sue corrispondenze numeriche siano qualcosa di preciso risulta anche dalle seguenti considerazioni.
Se riuniamo i segni watan, corrispondenti alle tre madri, in modo da formare un unico segno, otteniamo una figura essenzialmente compresa nel simbolo dello yin-yang cinese:
La linea unitaria della ALEF:
più il dualismo della SAMEK:
più il raccordo della TAV:
formano, infatti, l'elemento centrale del simbolo estremo-orientale della vita cosmica:
Nel simbolo che così si viene a formare, aggiungendo una circonferenza alla figura, si esprime letteralmente qualcosa che ha a che fare con il concetto di "divino".
A + S + T |
La parola "divino" proviene dal sanscrito "deva", che significa "divinità", ma si produce anche mediante una sostituzione cifrata delle lettere madri, secondo il seguente procedimento: ALEF, SAMEK e TAW, in valori numerici 1-60-400, dànno la somma complessiva 461. Sostituendo le cifre 4, 6 e 1 con le lettere corrispondenti abbiamo la "d" (DALET), la "v" (VAV) e la "a" (ALEF), che formano "dva", radice evocatrice di "Deva", la divinità. Il 4, il 6 e l'1, sommati, cioè sintetizzati, esprimono il numero ciclico 11.
Ciò che le madri ALEF, SAMEK e TAW formano, secondo l'antica numerica, è comunque la radice "ast" da cui viene l'idea di ogni connessione astrale:
E' importante notare anche che la riunione di queste tre lettere ALEF, SAMEK e TAW, forma anche la parola "asoth", antico termine con cui si nominava il "principio spirituale delle forze astrali"(10). Il concetto stesso di "astrale", poggia su quelle tre lettere, "ast" e tale principio spirituale viene indicato, in senso collettivo come "Astaroth"(11) o "Astarte".
Questi nomi si trovano anche nella Bibbia(12).
Astaroth, che si scrive anche Ashthoreth, è caratterizzato come collettivo "dalla sua desinenza, che, in ebraico, è quella del plurale femminile. Al singolare, questo nome è "Istar" e la sua forma ebraica è "Esther". Quest'ultimo nome è formato dall'aggiunta della lettera RESH alle tre lettere che compongono la parola "asoth" e, prima di essere un nome proprio, designa, come sinonimo, il giglio(13).
Nella Bibbia vi è proprio un libro intitolato "Ester". Questo nome e questo libro contengono molta sapienza(14).
Se si prendono le lettere di Esther e cioè ALEF-SAMEK-TAW-RESH, in numeri 1-60-400-200, si ha 661. Il 66, numero ciclico, concernente l'idea di ritorno, si presenta, qui, accanto all'1 e anche ora abbiamo, in altro modo, il rapporto fra il numero del ciclo, espresso dal termine "ghilgal", cioè sessantasei e quello dell'unità divina, cioè l'uno.
Così è per la parola "giglio" che nasconde in sè la medesima radice "gl" di "ghilgal". Il 66 nascosto nel "giglio" è qualcosa di molto singolare anche dal punto di vista della botanica: il fusto del giglio sostiene un grappolo di fiori, bianchi e profumati di 6 sepali e 6 stami. Come nel numero 66 il 6 delle decine è di sostanza diversa dal 6 delle unità, in quanto il primo fa da "base portante" del secondo, così il calice del fiore formato dai 6 sepali, è sostanzialmente diverso dai 6 stami da esso recati e protetti. Nome ebraico del giglio è "susannah", in lettere SHIN-VAV-SHIN-NUN-HE, in valori numerici, 300-6-300-50-5, somma totale 661 identica a quella del nome "Ester".
Anche nel giglio è contenuta dunque molta conoscenza. Oltretutto, questo fiore è chiamato in latino "iris", che traduce anche la parola "iride", grazie alle varie gradazioni di colori di questa specie di piante(15).
E ancora, il latino "iris" indica l'ebraico "keshet", cioè l'"arco", ma anche l'"arcobaleno"(16).
Siamo ritornati dunque all'arcobaleno.
La conoscenza del giglio è nota alla Bibbia(17).
Gesù ne parla a proposito della Provvidenza(18), concetto che, nella cultura orientale è in analogia con quello di "karma". Questo termine sanscrito ha un ampio significato, in particolare riferibile al tipo di forza che opera nell'umano come struttura del "destino" individuale e collettivo, secondo una logica trascendente, di cui l'uomo è, nella profondità della coscienza, cooperatore(19).
Se volessimo scrivere la parola sanscrita "karma" servendoci dell'alfabeto ebraico e confrontarla, secondo lo stesso procedimento, con la parola greca "Christós", avremmo le sequenze di lettere:
, "karma" = CAF-ALEF-RESH-MEM-ALEF(20).
,"Christós" = CAF-RESH-IOD-SAMEK-TET-VAV-SAMEK.
Che la somma dei valori numerici della prima e quella dei geometrici della seconda diano il medesimo risultato 262 è abbastanza sorprendente e pare indicare affinità fra questi due concetti:
20+1+200+40+1 = 262
20+120+18+40+15+9+40 = 262
In verità, l'Agnello è considerato, tramite il sacrificio del Golgota, il superatore del karma e ciò risulta anche dall'antica conoscenza dei Rosacroce.
Alle varie denominazioni del Cristo, accennate con i nomi "nave", "pesce", "colomba", "figlio dell'uomo", se ne aggiunge così una nuova: il Cristo era infatti chiamato, in linguaggio rosicruciano, "Signore del karma"(21).
In questo capitolo abbiamo presentato le connessioni numerologiche fra alcuni termini come "briah" (creazione), "binah" (sapienza), "sushannah" (giglio), ghilgal (ruota), ecc., tutti rapportabili in qualche modo al numero 66, allo scopo di riunire in un'unica idea i loro contenuti concettuali. Attraverso questa numerologia, si può quindi formulare l'ipotesi che non solo la conoscenza (binah) del ciclo (ghilgal) delle ripetute vite terrene rientra plausibilmente nell'evento della creazione (briah), ma vi rientra in modo cristallino (purezza simboleggiata dal giglio).
E' importante sottolineare l'importanza di un altro termine per "giglio": "havatsélet", rintracciabile per esempio all'inizio del Cantico dei Cantici (Cap.2, versetto 1). Si scrive con le lettere CHET, BET, TZADE, LAMED, TAW, in numeri 8, 2, 90, 30, 400. Se calcoliamo la somma delle cifre che compongono questi numeri, abbiamo:
8 + 2 + 9 + 0 + 3 + 0 + 4 + 0 + 0 = 26
Vedremo nel prossimo capitolo come queste idee, che abbiamo per così dire sintetizzato nei numeri 66 e 26, siano rintracciabili anche nell'uomo.
NOTE
(1) La perfetta identità dei riti, delle cerimonie, delle
tradizioni e perfino dei nomi delle divinità dei messicani e
degli antichi babilonesi-egiziani, abitanti in regioni che sono
al di là dell'Oceano Atlantico, comprovano - come mostra la H.
P. Blavatsky in "Iside svelata" - che il Sud America
era popolato da genti che necessariamente dovevano aver avuto
contatti con dette regioni e che dunque avevano dovuto trovare la
via attraverso l'Atlantico. "La storia tace su questo; [...]
La classe degli ierofanti era divisa in due categorie distinte:
quelli istruiti dai 'Figli di Dio' [...] e altri che abitavano la
perduta Atlantide. [...] Le rovine che coprono le due Americhe e
che si trovano in molte isole delle Indie Occidentali, sono tutte
attribuite agli Atlantidi sommersi. Al pari degli ierofanti del
vecchio mondo, il quale, al tempo dell'Atlantide era quasi
collegato col nuovo dalla terra, i maghi della regione oggi
sommersa avevano una rete di passaggi sotterranei che andavano in
tutte le direzioni...". (H. P. Blavatsky, "Iside
svelata", Ed. Armenia, pp. 556, 588, 589).
(2) R. Guénon,
"L'Archeometra", Ed. Atanor, n. 5, p. 12.
(3) M. Anderson, "La cromoterapia", Ed. Armenia.
(4) Si tratta
delle seguenti modifiche: "si è scambiata la
"MEM" e la "SAMEK", "SCIN" e
"TAW", in modo da sostituire la parola "Ast"
(Asoth), formata dall'insieme delle tre lettere costitutive
(cioè madri, ndt), per "Ams" [...]; si è scambiata
ugualmente GHIMEL e DALET, PHE e HAIN...." (cfr. R. Guénon,
"L'Archeometra", Ed. Atanor, pp. 19, 20).
(5) ibid. pag.
14; cfr. anche Papus "La scienza dei numeri", Ed.
Brancato, p. 85.
(6) Sefer
Yezirah, Trad. di Eliahu Shadmi, cap. I, sez. 3, Ed. Atanor.
(7) I valori geometrici
sono ottenuti dagli unici 22 divisori possibili, in quanto non
decimali, di 360: 120, 90, 72, 60, 45, 40, 36, 30, 24, 20, 18,
15, 12, 10, 9, 8, 6, 5, 4, 3, 2, 1. Per esempio: 360:120=3;
360:90=4; 360:72=5 e così via. Ovviamente, l'ultimo poligono,
avendo 360 lati, uno per ogni grado del cerchio, è anch'esso, in
realtà, un cerchio. La "stravaganza" di chiamare
poligono il cerchio, pensando ad un poligono di 360 lati, è in
sintonia con il nome dell'ultimo, cioè del ventiduesimo dei
Tarocchi Maggiori, chiamato, appunto, il "matto". (La
parola "tarocchi", deriva da "torah", che in
ebraico significa "legge", "teoria",
"sistema", "studio".).
(8) Nella Genesi,
durante la creazione la parola "Yahwe" non compare nel
testo ed è soltanto il plurale "Elohim" che agisce;
solamente dopo che la creazione è compiuta, appare per la prima
volta il nome "Yahwe". La parola "Elohim" è
formata dalla radice "El", che in tutte le lingue
significa elevatezza, altezza e, in senso assoluto, designa la
divinità, l'Altissimo per eccellenza. (cfr. S. Attal,
"Esoterismo Biblico", pp. 85-86, Ed. Phoenix). Ad
"El" è unita la parola "im", desinenza
plurale ebraica, offrendo la possibilità di tradurre
"Elohim" con "Coloro che sono l'Altissimo".
Il valore geometrico di "Elohim" permette inoltre
l'interessante comparazione con la parola "briah",
"Creazione": i valori delle sue lettere
ALEF-LAMED-HE-IOD-MEM di "Elohim" sono: 3-24-8-18-30,
somma totale, 83, sintesi 11.
(9) Enciclopedia Garzanti di Filosofia, p. 432.
(10) R. Guénon, "L'Archeometra", Ed. Atanor, p. 28.
(11) ibid.
(12) Giosuè,
capitolo 21, versetto 27; I° Cronache, capitolo 6, versetto 56;
per Astarte: Giudici, 2,13; I° Samuele, 7,3; 31,10; I° Re,
11,5; II° Re, 23,13; Isaia, 17,8; Michea, 5,13.
(13) R. Guénon,
"L'Archeometra", ibid.
(14) cfr. di F. Weinreb, "Il libro di Ester", Ed. Origo.
(15) O. Pianigiani, "Vocabolario etimologico", F.lli Melita
Editori.
(16) F. Zorell,
"Lexicon hebraicum veteris testamenti", Ed. Pontificio
Istituto Biblico, p. 954.
(17) Cantico dei
Cantici, 2,1.2.16; Siracide, 50,8; I Re, 7,19; II Cronache, 4,5.
(18) Matteo 6, 28;
Luca 12, 27.
(19) cfr. M. Scaligero, "Lotta di classe e karma", Ed. Perseo,
prefazione.
(20) cfr. anche F. Vascellari, "Commento alla Bhagavad Gita",
ed. Mediterranee, p. 27.
(21) M. Scaligero, "Manuale pratico della meditazione", Ed.
Teseo, p. 74.
Più avanti, alle pp. 106 e 107 è detto: "Non vi è
provvedimento umano che possa evitare le conseguenze del karma a
chi ne reca gli impulsi nelle forze sorreggenti il suo stesso
organismo psico-fisico. Tutto viene inscritto nella struttura
dell'Ordine universo, recante le forze di una Giustizia a cui
nessuno, materialista o spiritualista, sfugge, fino al giorno in
cui si desti nell'uomo l'Io come essere libero, capace di
decidere di là dal karma, di là dalla necessità naturale,
cioè per amore, e per virtù del sacrificio di sé: che è il
messaggio del Cristo. Coloro che hanno a cuore il tema della
fraternità e della socialità, allorché lo ameranno al punto da
dedicare ad esso la vita, non potranno fare a meno di scoprire
che il problema sociale è inseparabile dal problema del karma e
che la conoscenza della legge del karma è la forza
trasformatrice della società futura."
Data creazione pagina: 17/12/2001 - Ultima modifica: 30 settembre, 2012.