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Dicotomici Furori

una novella di Tonino Pintacuda

(24) THE END?

 

Una meta si proponevano i ragazzi di Laurentius: diventare vuoti.
Riuscire a dimenticare tutti i loro problemi, le loro ansie, i loro ormoni, i loro sogni.
Solo così avrebbero raggiunto la concentrazione necessaria alla battaglia finale. Laurentius era stato molto chiaro.

La cosa-Galatus attende. Ogni tanto si perde nel riflesso che gli rimanda lo specchio, stenta a riconoscersi. Ha scelto bene la sua nuova forma, l'ha scelta proprio bene.

Dino ha esaurito tutto il tabacco dei narghilè, tanto non avrebbe resistito nemmeno ad un'altra piccola boccata. Sembrava insaziabile e invece…

Vogliono vendicare tutti i loro amici, non avranno pietà.

Solo altri pochi gradini, già vedono la porta. I gradini sono diventati quattro, tre, due.
Alla fine ne rimane uno solo…

Perché tutta questa paura, non riesco ad andare avanti. Voglio scappare via. Non mi sono mai tirato indietro davanti ad una rissa, non sono mai stato un fifone. Stavolta non è una zuffa in discoteca o in un bar, dietro quella porta c'è il nostro futuro, superato quel gradino non potremo più tornare indietro, ci aspetta un'esperienza indimenticabile. Carlo si è perso nei suoi pensieri.
Dobbiamo diventare vuoti… sospira Stefano. Ci provano, ci riprovano, ancora no.

Sono davanti il portone, in silenzio. Si sente il rumore del vuoto che cercano con tanto sforzo, ci stanno riuscendo, riescono a non pensare a nulla. Devono mantenere la concentrazione, tentano di chiamare il loro Maestro, inutile; devono farcela da soli.
Il tatuaggio luccica sulle pelli arrugginite dal sole, brilla di una luce strana, sembra quella delle macchinette fulmina insetti.
La luce si fa ancora più intensa, incandescente, incomincia a pulsare, cancella il buio della piramide.

La maniglia si abbassa senza che nessuno l'abbia toccata.

Si muovono inconsapevolmente, non sentono nemmeno le ossa sbiancate che scricchiolano sotto i sandali. La stanza è grande tre campi di calcio, alle pareti mosaici ossessivi, tutti con la faccia di Galatus.
Ciollone è seduto, gli dà le spalle, strimpella leggero su un clavicembalo d'osso. SYMPHATY FOR THE DEVIL dei Rolling Stones, azzeccata come colonna sonora. Il suono è graffiante, le note martellanti fanno vibrare la falce che qualcuno ha appoggiato lì accanto. La lama luccica ferita dai bagliori intermittenti dei tatuaggi.

Il demone neanche si volta, vorrebbe penetrare nelle loro menti, non ci riesce. Non pensano a niente? Dovrebbero essere morti di paura…
Gli occhi della resistenza fissano lo schienale del trono, un ciuffo bianco, Galatus!
Il trono ruota vorticosamente, il preside è dentro un saio nero. Il cappuccio è calato sino al mento.
MORIRETE TUTTI! Galatus ha stuprato la loro concentrazione, l'eco delle sue parole riempie il vuoto. MORIRETE TUTTI! TUTTI!

DOBBIAMO DIVENTARE VUOTI!

Le minacce di Galatus incominciano ad affievolirsi, diventano un bisbiglio incostante, si spengono.
Dino, Stefano, Domenico, Stefania, Carlo, Biagio, le tre professoresse… sono diventati fosforescenti! S'illuminano di luce propria e un irreale alone verde speranza invade la stanza.

Il cappuccio si alza! Non è possibile. E' vivo!
PROFESSORE!!!!
Ragazzi… la sua voce riempie quel vuoto che avevano ossessivamente cercato.

L'illusione di Galatus è perfetta, sa imitare bene il suo vecchio rivale, quegli allocchi non hanno smascherato il mio inganno, li maciullerò senza fretta, giocherò a bere il loro sangue a sorsi brevi…

HANNO DIMENTICATO I CONSIGLI DI LAURENTIUS, SONO ANCORA DEI RAGAZZI, DOBBIAMO INTERVENIRE. La voce della professoressa Montebianco gocciola esperienza. In questa avventura siete cresciuti, tanto e bene. Perfino quell'esibizionista di Stefano! Non perdete la concentrazione proprio ora, aprite bene gli occhi.

Io non credo alle tue illusioni, tu non puoi essere Laurentius!

La tunica sparisce, resta un impeccabile doppiopetto antracite. Laurentius cerca nel
taschino, ecco finalmente la mont blanc. La stelletta bianca sul cappuccio incomincia anche lei a risplendere.
EMY… non ho mai sopportato i tuoi sproloqui femministi!

Gli occhi del vecchio professore lampeggiano, le lenti nikon concentrano quella luce in una raggio mortale.
Il raggio colpisce la Montebianco in piena fronte, non accade nulla. Il mistero che avvolge le tre professoresse si infittisce.
"Quanti siamo? Io, Stefania, Dino, Biagio, Carlo, Domenico, Dario… Solo sette… ce la possiamo fare. Professoresse? Professoresse!"

"Sono sparite… Stavolta ce la dobbiamo cavare a soli."
Stefano guarda Galatus, i suoi occhi ne seguono il profilo, si sofferma qualche istante, non dice niente, non c'è nessun bisogno.

Io non credo ai tuoi inganni, né a quelli del tuo occhialuto leccapiedi. Ora è una questione tra te e noi, solo tra te e noi.

Il ghigno di Galatus invade la faccia di Laurentius, ha accettato la sfida, solo lui contro quelle sette anime dannate.
 

(25) SETTE ANIME DANNATE  

Dormite, nessuno di voi vedrà un'altra volta il sole.

"Ci chiede di dormire, il bastardo, ci chiede di chiudere gli occhi per passare direttamente dal sonno alla non vita! Troppo comodo! La classe di Laurentius non s'arrende tanto facilmente…"

Galatus e Ciollone sono spariti, la sala del trono è vuota. I tasti del clavicembalo continuano a muoversi, Dario non sopporta più quella musica, la falce di Ciollone cala inesorabile, schegge d'ossa sbiancate volano dappertutto, qualcuna colpisce Carlo, nemmeno se ne preoccupa.

"Abbiamo fatto 'sta sfacchinata per poi venire a morire sulle note dei Rolling Stones? Io non so più che fare, piuttosto che diventare uno zombi faccio harakiri con il mio spadone! Barcollare su e giù per i corridoi della piramide…" Stefano è stanco, non è mai stato così male, non ha voglia di prendere in giro Stefania, non ha voglia di scherzare con Carlo e i suoi amici, lo spadone è così vicino, basterebbe appoggiarlo alla pancia e spingere, spingerlo dentro.

Non ce la fa, scaglia lontano la sua arma, s'inginocchia sul calcinaccio d'ossa e incomin-cia a piangere. I suoi amici non cercano di consolarlo, è meglio farlo sfogare, la tensione non si allenta, non vogliono morire.

Dino ha acceso tutte le torce delle pareti, le fiamme hanno inghiottito il buio, quei mosaici con la faccia di Galatus stanno per fare una brutta fine. Lo spadone colpisce più e più volte, le tessere di pietra si sfarinano, almeno questo è fatto.
L'ombra del naso di Stefania è sulle pareti, in un'altra occasione Stefano avrebbe sproloquiato per una buona mezz'ora, lei avrebbe risposto a colpi d'orecchie, si sarebbero divertiti. Ora no.
Biagio e Domenico parlottano: "che cazzo dobbiamo fare?" "Aspettare…" è la risposta che non volevano.
Gli occhi di Carlo sono più scuri del solito, ha smesso perfino di scoreggiare e così il silenzio è totale.
Le palpebre scivolano, si rialzano, lottano contro il sonno, s'addormentano.

"Oggi interroghiamo…il signor o la signorina… la signorina" - sospiro di sollievo da parte di tutti i cazzi della classe- anzi il signor" - ora sono le vagine a sospirare.
Laurentius è seduto davanti ad un libraccio, le sue mani stringono la mont blanc, i suoi occhi guardano verso di me. Ora mi chiama, lo so che mi chiama e non accetta giustificazioni, non posso nemmeno andare in bagno, se ci vado al ritorno mi chiama di sicuro. E' furbo il professore, troppo furbo.

Tutti si sono svegliati, la stanza è cambiata, è la loro vecchia classe, quella con la neve di ducotone che cade leggera sui banchi, nella lavagna pochi colpi di bianco. INTERROGAZIONI. La mont blanc scorre sul risvolto del libraccio, sul risvolto del registro, il pennino scivola accarezzando i loro nomi, solleticando i loro cognomi. Si è fermato a metà, perché mi chiamo GIRASOLE? Biagio trema, uno strano freddo alla base dei testicoli gli ha riempito le mutande. La vescica è piena, se lo chiama si piscia addosso.
Continua la tortura, quelli della resistenza la conoscono bene. La voce sghignazza, non ha ancora decisa la prima vittima, non ha premura, la notte è ancora lunga.

Sono seduti ai loro vecchi posti, le loro schiene riconoscono le sedie sgangherate, i neon sopra la testa e le ginocchia schiacciate contro le chewing gum appiccicate nel sottobanco. La sudorazione aumenta, la bocca secca e il ronzio nelle orecchie.
Stefania pizzica la gamba di Stefano, i suoi occhi gli chiedono suggerimenti. Non hanno potuto studiare… sono impreparati!
La voce di Dario si abbassa di due ottave, Domenico si fa scrocchiare le dita, Carlo è tranquillo.

"Signor Notaro… si avvicini alla cattedra." Le dita di Stefania sfiorano la mano dell'interrogato. Domenico si alza deciso, non indietreggia. Cammina a testa alta con il ciuffo appiccicato alle lenti degli occhiali e il cuore che sta per bucare lo sterno. Gli altri non parlano.

Una x nella casella di Domenico. Il professore si alza e prende qualcosa dalla borsa, due fette biscottate avvolte in un tovagliolo. Il tovagliolo nel cestino, la fetta biscottata tra i denti, riesce a masticare senza fare nemmeno un piccolissimo rumorino.
Gli passa il gesso, Domenico deve scrivere la declinazione di vis, roboris…
NOMINATIVO Vis / Vires
GENITIVO Roboris /…
DATIVO Robori/ viribus
ACCUSATIVO Vim/ vires
VOCATIVO Vis/vires
ABLATIVO Vi/viribus


"E il genitivo plurale?"
"Non me lo ricordo…"
"Non te lo ricordi, bene… avvicinati, più vicino. Non avrai mica paura di qualche innocua bacchettata…"

Le mani di Domenico sono accucciate sulla cattedra. La bacchetta è lì accanto, un bel ramoscello d'ulivo.
Il ramoscello cresce nelle mani del demone, la corteccia si spacca, la bacchetta è diventata una mazza da baseball con l'anima di ferro!
Sta per soffrire, Domenico lo sa bene.
La mazza ora è una gamba di legno, le illustrazioni dell'Isola del Tesoro… La gamba finisce con uno stivale chiodato,  Domenico deglutisce, ricaccia dentro l'urlo, si mordicchia la lingua.
"Perché fate così? Io mi faccio in quattro per cacciarvi qualche nozioncina dentro quelle teste di legno e voi non mettete neanche un po' d'impegno! Imparerete meglio, la mia cura non fallisce mai: o ottimi studenti o studenti morti. Tu sei bello grosso, resisterai a lungo."

La classe è muta, Carlo non può far nulla per il suo vecchio amico, qualcosa gli impedisce di alzare il culo dalla sedia. Biagio sta pregando, Dino ripassa la lezione insieme a Stefania, Stefano ha chiuso gli occhi.

Le dita si spappolano sotto i colpi, brandelli di pelle insanguinata, non è ancora finita. L'imitazione di Laurentius si alza di scatto, osserva quel che resta delle mani del primo superstite, perché non piange? Vuole che sulla sua cattedra goccioli sofferenza e disperazione, quella sopportazione stoica lo infastidisce.

NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO DARGLI SODDISFAZIONE. NON DEVO!!!!

Il pantaloncino di paglia scivola giù, Laurentius lascia cadere la gamba. Ha preso la mont blanc, accarezza lo scroto con il pennino d'oro. Con delicatezza.
Domenico, ho fallito. Hai portato il disonore nella mia aula. Non posso fare altro, devo impedire che tu popoli il mondo con delle teste fradice, un pezzo di merda come te deve restare un esemplare unico.

Il pennino lacera, affonda, strappa via. Infilzati come due olivette da cocktail i suoi testicoli sono ora nella punta della penna. Domenico ha sopportato anche questo, Galatus non riesce a crederlo possibile, una parte di lui ammira il coraggio del ragazzo. Solo una parte. Il resto si accanisce contro di lui, gli fa inghiottire le sue palle, lo obbliga a masticarle, a ridurle in una poltiglia rossiccia.

Dallo schienale delle sedie qualcosa afferra le schiene della resistenza, qualcosa di viscido, sono le dita dei morti! Ami invisibili afferrano le loro palpebre, li obbligano a vedere la tortura, devono imparare la lezione.

La mont blanc continua a colpire il petto di Domenico, si conficca nelle sue costole, ne esce con avanzi di interiora. Un ronzio insopportabile, le mosche sono tornate.

Laurentius ora è nudo, i muscoli atrofizzati si gonfiano a dismisura, le mosche si appiccicano proprio lì, ora è un unico ammasso ronzante, se ne vede solo la testa.
 

 

(26)L'ETERNO RITORNO.

Sette anime dannate
Dal vento qui scagliate
Uno era impreparato
I coglioni gli ho infilzato

Sei anime dannate
All'inferno condannate
Una s'era appisolata
Non sarà più svegliata

Cinque anime dannate
Qualcuno le ha chiamate
Quell'altro con lo zippo c'ha provato
È finito rosolato

Quattro anime dannate
in silenzio son restate
A mangiar senza posa
Sottoterra si riposa

Tre anime dannate
Non saranno risparmiate
Hanno nuotato lesti in tondo
Uno è restato al fondo

Due anime dannate
Alla morte destinate
Una mosca s'è stufata
Ora quello è marmellata

Alla fine una sola n'è restata…

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Quella pergamena è spuntata sui banchi, la prima strofa… "non può essere. Ci mancava solo la citazione da Agata Christie! Moriremo uno dopo l'altro e sappiamo come…"

Le palpebre di Stefano stanno per calare, l'involucro di mosche sta spiegando tutti i Promessi sposi, non resisterà per molto. E se fosse lui il secondo? Si guarda attorno, anche Stefania e Dario faticano a seguire il capitolo della monaca di Monza.
Deve tenere il cervello impegnato senza farsi beccare, cerca in tasca il suo coltellino, potrebbe incidere il banco, sarebbe già qualcosa. Le dita toccano della carta, per un momento s'era dimenticato del suo romanzo, aveva scordato i suoi DICOTOMICI FURORI. Le pagine sono tutte accartocciate, l'inchiostro è sbiadito dal sudore.
Leggiucchia le prime pagine, rilegge la morte di Laurentius e la vede davanti i suoi occhi, non è un miraggio, sta accadendo di nuovo!
Legge ancora, il testamento si materializza accanto al romanzo. S'è bevuto gli ultimi sgoccioli di razionalità?

Gli occhi di Carlo strabuzzano, stava pensando a Laurentius e ora lo vede morire nello spazio tra la prima fila e la cattedra, c'è Luis che se l'inchiappetta, Manola e Lorefia che giocano con il suo pistolino…
Tutti vedono la stessa cosa, Stefano legge e quello che legge appare nella stanza, Galatus e le sue mosche non riescono ad accorgersene.

Il racconto è stato bruscamente interrotto prima della morte di Domenico, l'ultimo capitolo è quello della sala del trono, gli altri fogli sono vuoti.
Stefania gli passa una bic, le parole affollano le pagine, serve altra carta. Tutto quello che è accaduto lui lo scrive, copia la filastrocca, alla prima strofa non succede assolutamente nulla. Ha già scritto della triste fine dell'apparato genitale del fu Domenico Notaro.

Dino gli detta sottovoce la seconda strofa e mentre lo fa s'addormenta di colpo, Il ronzio delle mosche incomincia a somigliare a una lugubre risata, diventa uno sghi-gnazzo insopportabile.

Ora siete solo cinque…prima dell'alba vi avrò massacrato tutti!

Biagio scatta dalla sedia, ha capito ogni cosa. E' inutile stancarsi, Dino ha raggiunto Laurentius. Non ha nemmeno il tempo di parlare, Dario ha preso lo zippo di Dino è sta cercando di svegliarlo bruciacchiandogli le dita. Che testa di legno, la terza strofa!
Prova a gridare, apre la bocca e non ci riesce, una mosca n'approfitta, svolazza dalla spalla sinistra di Galatus e gli s'infila veloce tra i denti gialli.

Dario è spacciato, la fiammella dello zippo è una lingua di fiamme, lo sta stritolando, le narici gli si riempiono del puzzo delle sue chiappe carbonizzate!

Stefano continua a scopiazzare la filastrocca, la sua testa è altrove, non s'è ancora accorto di nulla.
La mosca è nel cervello di Biagio, le sue alucce ronzano frenetiche. Le zampine toccano qui e là, sta per finire. Un moffoletto di Mineos? Biagio lo vede sopra il banco, i moffoletti sono la sua vita, se ne cala uno al giorno da quando è entrato al Liceo, non resiste. Afferra qualcosa che non c'è, scarta l'aria e mordicchia il vuoto, la mosca scende verso lo stomaco. Continuando a leccare invisibile salsa rosa la panza si riempie, è sazio.
La mosca gli cresce dentro, gonfia il suo esoscheletro d'insetto, lo stomaco si dilata, la mosca continua a crescere. La pancia di Biagio esplode tra pezzi d'intestino e pezzi di ali e zampette pelose.

Le ultime tre strofe, Stefano continua a scrivere.

Carlo, Stefania e lo scribacchino della IV^ E sono nella prima fila, non possono voltarsi, devono fissare Galatus, chi si gira è perduto.

Non ce la fa più, Carlo l'ha trattenuta per troppo tempo. La scorreggia avvelena l'aria della classe, Stefano lascia cadere la bic per tapparsi il naso.
Stefania è stata travolta dall'onda d'urto, il parrucchino si spiccica e vola via.

Le mosche inseguono il parrucchino per tutta la stanza, lo catturano, masticano capelli per un bel pezzo, muoiono soffocate dalla colla.

L'imprevisto rilascio gassoso di Carlo ha sparpagliato le pergamene, Stefano si alza per raccoglierne una, gli occhiali li scivolano dal naso!

Biagio! Dario! Dino! S'affanna sopra Dino, è morto! Il culo di Dario continua a bruciare, cerca di spegnerlo, scivola su qualcosa di viscido, il pancreas di Biagio… Il secchione ulula nella notte, ha capito anche lui, è arrivato la stessa conclusione di Biagio, il libro, il suo libro è la chiave.

Le mosche sono in agonia, sul cranio di Stefania rimbalza la luce del neon.

Galatus non era invincibile… E Stefano inizia un nuovo capitolo.
 

Galatus non era invincibile. Potevano sconfiggerlo se ci credevano veramente, loro tre erano i prescelti. N'erano consapevoli. Stefano continuava a pompare i pettorali che gli sformavano la maglietta aderentissima, Stefania si spazzolava i suoi bellissimi capelli e Carlo non smetteva di profumare l'aria con le gradevolissime essenze che misteriosamente rilasciava dall'ano.
Ciollone entrò nell'aula, sapeva già d'essere stato sconfitto. Aveva scelto male i suoi avversari, nessuno poteva farcela contro Stefano Re. Nessuno.
"Tornatene all'inferno" disse con voce tuonante il leader della Resistenza, le sue spalle massicce oscuravano il sole.
Il demonio fu costretto ad obbedire, non era consigliabile scherzare con quel bestione, c'era da restarci secchi.
"Non lasciarmi" Galatus sembrava la parodia di Aleandro Baldi, piagnucolava come una femminuccia, era ritornato al suo vecchio aspetto. Non aveva più muscoli da ostentare, aveva perso la mont blanc, era un uomo morto.
"Troppe vite hai falciato via, bastardo! Non chiedere pietà, non la otterrai." Stefano impugna saldamente la penna del suo professore, lui è lì, ne percepisce l'alone ectoplasmatico. Gli sussurra una sola parola GIUSTIZIA…
Carlo è invidioso dei suoi muscolacci, chissà quanto dovrà sfacchinare per avere dei pettorali come quelli…
La mont blanc si pianta nel cuore di Galatus, il preside sente il pennino che sfonda lo sterno, sente il ventricolo destro fermarsi di botto… I diavoli arrivano e se lo portano via. Ha fatto la fine che meritava…

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