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Dicotomici Furori

una novella di Tonino Pintacuda

(7)
IPOTESI
.

“Io affronto i problemi apertamente, non perdo tempo sulla loro parentesi eziologica. Seguendo questa strada sono riuscito a creare degli uomini e delle donne capaci di dissipare le tenebre dell’ignoranza e dell’omertà che riempiono di vangate di merda le nostre esistenze”
“Che minchia ha detto?” esclama Salvino chiedendo la traduzione a Stefano.
“Professore lei ha perfettamente ragione ma non dobbiamo dimenticare che dobbiamo pur scegliere una linea d’attacco da seguire…” intervenne Stefania, aggiustandosi una ciocca sfuggita alla pettinatura stile parrucchino.
“D’accordo ma credo che, dopo questa lunga giornata, sia giunto il momento di un bel sonno ristoratore…”
“Buonanotte!”

Manola si risveglia spaventata, decide di accucciarsi accanto al caro Dario che, con voce ferma, la rincuorò.
“When the night has come
and the land is dark
and the moon is the only light will see
No I don’t be afraid
Just as long as you
Stand by me...”

Dario concluse la sua prestazione canora nel suo squallido inglese agrigentino e schioccò un bacio sulla guancia della sua compagna di sventura.

Stefano digitava sulla tastiera dell’unico computer scampato alle ire di Calogero. Digitava poche ma significanti parole, che rilucevano sullo sfondo bianco dello schermo a scarsa risoluzione:

CIBO - USCITA - ZOMBI - VANTAGGIO

I maggiori sospetti ricadevano sul preside, il viscido Galatus.
Seguendo fiducioso il libero susseguirsi dei suoi pensieri, Stefano scivolò in un torpore sognante, a metà strada tra il dormiveglia e il sonno.

“Oh Porco zio! Che cazzo…” esclamò, inebetito dal sonno, Dino.
Tutti si svegliarono di soprassalto. Alla vista di quel macabro regalo reagirono tutti in maniera diversa: Stefania svenne, Carlo vibrò un possente pugno contro il bicipite rinsecchito di Rosario, Salvino collassò, Dino e Calogero iniziarono una sequela interminabile di bestemmie, Manola afferrò istintivamente il pene di Dario e iniziò a strusciarselo nelle chiappe gelatinose e Dario, naturalmente, arrossì chiedendo “Che c’è per domani?”, Biagio vomitò su Domenico. Laurentius e Stefano restarono in silenzio.

Luis, il caro e vecchio Luis Iuliano, era morto.


La calotta cronica era stata segata via e il cervello era sparito.
Il mitico pene, in costante erezione equina, era stato strappato via con un morso secco e un solitario testicolo scivolava lentamente sul pavimento lasciandosi dietro una scia di sperma.

Gli zombi avevano iniziato la lotta, li aveva mossi la fame.

 (8)

CARPE DIEM!

 

“Luis!” l’urlo isterico del professore, i suoi pugni scagliati contro la parete…le nocche incominciano a sanguinare.
“Dobbiamo bruciare i cadaveri…il virus…il contagio!”
“Stefano, sei fuso? Luis era un nostro amico! Seppelliamolo dentro la carcassa della macchinetta del caffè.” Salvo s’accaparrò l’appoggio dell’assemblea.
“No, no e poi no!!! Come fate a non capire: stanotte Luis si rialzerà e sarà pronto a seguire le lezioni del nuovo liceo. Non voglio che Luis diventi uno di loro!”
Stefano continuava inascoltato la sua arringa, schivando abilmente le frecciatine al vetriolo di Stefania e di Manola. Loro osavano insultare il suo adorato Stephen King, maledette!

Il sole infernale era sorto da tempo. Carlo propose di sfruttare la calma irreale per iniziare la ricerca d’improbabili sopravvissuti, la porta blindata si spalancò e per un momento i ragazzi del professor Laurentius si sentirono liberi.

I sopravvissuti si affannavano inutilmente.

***

Tre oscure figure, immuni alla porta infernale, varcavano la soglia e subito svenivano. Nessuna era in grado di resistere a quell’immondo miasma.

    Galatus e Ciollone dal loro sancta sanctorum si rallegravano per i reciproci successi. Il vecchio preside osservava il suo sontuoso e ben organizzato liceo, il demone col pizzetto pregustava gli elogi del vecchio Belzebù.

      Le dita di Calogero spinsero verso il basso la maniglia della sala professori. Un’altra amara sorpresa.

“Non ce la faccio più! Voglio cambiarmi questi vestiti e voglio un cono gelato! Noi ragazze siamo stanche di vedere cadaveri e scheletri. Esigo un paio di mutandine fresche di bucato!” Lorefia aveva esaurito la sua infinita scorta di sopportazione.
“Non fare la stronza. Tu e le tue irritazioni vaginali dovrete aspettare. Per me puoi camminare con la fica al vento se questo può darti un minimo sollievo!” la zittì Stefano.
“Tutti, siete tutti dei maiali sessuomani!” Lorefia acchiappò Manola per una mano e scappò in bagno.
“GRUNF, GRUNF” rispose Dino accendendosi una marlboro light.

Calogero trascinò in disparte il professore, doveva mostrargli qualcosa.

I tre intrusi si stavano riprendendo e il vento stava cambiando.

FINE PRIMA PARTE

 

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