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DIZIONARIO ENCICLOPEDICO ROVIGNESE-ITALIANO di Gianclaudio de Angelini |
macèca s.f. - miscela, poltiglia di polvere ed acqua, vedi macièca;
Maceîn - s.n. della famiglia Venier;
macèlo s.m. 1. macello; 2. confusione,
disordine; 3. rovina, distruzione; i vuò
fato un viro macelo butando el cimento su li gruote par veîa dai
tureîsti ch'i uò i peîe dalicati: hanno fatto
una vera rovina gettando il cemento sulle grotte a causa dei turisti che
hanno i piedi troppo delicati;
Machic - Piero calafà, 1747;
...............
màcia s.f. (pl. -ce) 1. macchia; li
mace da cafiè nu li và veîa: le macchie di caffè
non vanno via; 2. (fig.) macchia, onta, disonore; el
mieo unur nu uò mace: il mio onore non ha macchie; 3.
radi arbusti di basso fusto, arboscelli, cespuglio; 4. piccolo banco
di pesci, branco; ca spataculo a gira vidi quila
macia da pìsi trupicali: che spettacolo era il vedere quel
piccolo banco di pesci tropicali; 5. maglia della rete da pesca;
quil malagnaso d'oûn dulfeîn m'uò
zbragà li mace a s'uò papulà doûti i pìsi:
quel maledetto delfino ha squarciato le maglie (della rete) e si è
mangiato bel bello tutti i pesci; 6. macchietta, persona che fa
ridere, bel tipo, persona originale; cume ti vuoi
nu reîdi cu quila macia da tu frà: come non vuoi ridere
con quella macchietta di tuo fratello; 7. macchietta, scenetta comica
o parodistica caratteristica dell'avanspettacolo, famose quelle di Macario,
Toto, Nini Taranto, Peppino De Filippo ecc.; la macia
da Totò ancura la fà reîdi: la macchietta di
Totò fa ancora ridere; 8. furbacchione, lenza, persona scaltra
ed astuta; Etim.: dal lat. Macula = macchia, buco, maglia (di tessuto,
di rete);
Màcia - s.n. della famiglia Spongia;
macià v. tr. (i màcio) 1. macchiare;
quil zbrudagon uò macià la tuvaia apiena
mesa: quel pataccone ha macchiato la tovaglia appena messa; tenti
fioi ca cul soûgo zì sai faseîle ch'i va macìde:
attenti ragazzi, che con il sugo è molto facile che vi macciate;
2. correggere, cioè aggiungere al caffè un liquore,
generalmente dell'anice, brandy, grappa o fernet;
macià agg. (f. -àda) - macchiato; el
traliz macià da tu frà a nu sa pol sconfondi, sulo loû
zì capase da faghe doûte quile patate: la tuta macchiata
di tuo fratello non si può confondere (per un'altra), soltanto lui
è capace di fargli tutte quelle patacche;
maciàr s.m. 1. piccolo buco della reta da pesca;
2. dorso della zappa, della mannaia o comunque di una lama; Etim.:
da màcia = macchia, dato che chiaramente un buco nella rete è
come una macchia nel suo ordito, e lo strumento agricolo viene soprattutto
usato per sradicare piccoli arbusti detti màce;
maciàse v.rifl. (i ma màcio) - macchiarsi;
nu pol fà da mieno da maciase: non
può far a meno di macchiarsi; i nu ma son
macià da sta culpa: non mi sono macchiato di questa colpa;
macièca s.f. 1. poltiglia di polvere di mattoni
o di pietrame con cui si cementavano tra loro i massi nella costruzione
di un muro; 2. (fig.) pane o dolce poco cotto e poco lievitato,
che rimane quindi indigesto nello stomaco come una massa di pietrame;
Macini - nel censimento del 1^ ottobre '45 era presente 1 famiglia;
maciòn s.m. 1. persona che si macchia spesso e
volentieri, medagliolo; 2. persona che si fa scudo dietro le idee
degli altri; Etim.: da màcia;
Maclàvo top. - zona assai fertile nei pressi di Villa
di Rovigno;
macòn s.m. - botta, colpo, livido;
màcula s.f. - macchia, onta; gila
la sa crido sensa macule: lei si crede senza macchie;
maculà agg. (f. -ada) - maculato, macchiettato;
madàia s.f. 1. medaglia; par
i trinta ani da sarveîsio i g'uò dà oûna madaia
da uoro: per i trentanni di servizio gli hanno dato una medaglia
d'oro; ugni madaia uò el su dreîto e
'l su ruvierso: ogni medaglia ha il suo dritto ed il suo rovescio,
prov.; 2. macchia, patacca; el zì senpro
carago da madaie: è sempre pieno di macchie di untume;
madaiòl s.m. - pataccone, persona che si macchia spesso;
madaiòla s.f. - dim. di madàia;
madaiòn s.m. - medaglione; drento
el madaion da uoro la uò la futugrafeîa da su mareîn
dafoûnto: dentro il medaglione d'oro tiene la fotografia del
marito defunto;
madaìta s.f. - medaglietta;
madàma s.f. 1. titolo di riguardo, signora, madama.
Usato per lo più in senzo ironico; ara la
madama nu la sa zbasa a tigninde cunpagneîa: eh, la gran signora,
non si degna di tenerci compagnia; 2. maitresse, attributo delle
tenutarie dei casini aboliti dalla legge Merlin; Etim.: dal fr. Madame;
............
madìzmo agg. e pr. ind. - vedi madìzimo;
madòia escl. - forma uefemistica per Madonna, vale accidenti,
per bacco, perdinci ecc. infatti viene usato nelle imprecazioni al posto
di Madonna, per stemperarne la valenza blasfema;
uorca madoia ca soûlso ch'i son stà: accidentaccio
che stupido sono stato;
madòie escl. - vedi madòia;
madònca escl. - vedi madòia; pala
madonca!: per la miseria!;
madòsca escl. - vedi madòia; uòrca
madosca! chi ti la ma iè fata tirà: Accidentaccio
boia! che me l'hai proprio cavato di bocca;
madoûra s.f. - diploma ed anche esame scolastico di maturità.
Viene distinto in grànda e peîcia, a seconda che le scuole
siano superiori od inferiori. Etim.: si tratta di un calco recente dal
croato;
madoûro agg. - maturo; ga vol ancura
oûn pier da ani ciù ch'el seîo madoûro:
occorrono ancora un paio di anni affinchè sia maturo; Etim.: dal
lat. Maturus;
madràso s.m. - tipo di serpe, Tropinodotus natrix.; Etim.:
forse dal gallico Mataris o dal lat. Matarsi = serpe + suf. peggiorativo;
madreîna s.f. - madrina, colei che tiene a battesimo il
neonato. Nella cultura arcaica tale figura rivestiva una notevole inportanza,
così come quella del padrino.
madreveîda s.f. - madrevite, utensile con incavo spiraliforma
usato per introdurre una vite;
madrìgna s.f. - vedi marìgna;
madrizà v. intr. (i madreîzo - i madrizìo)
- comportarsi, atteggiarsi, tendere ad assomigliare alla propria madre;
madùl s.m. (pl. -ùi) - midollo; quil
turso el lasa el madùl ca zì el pioûn bon: quello
sciocco non mangia il midollo che è la cosa migliore; stu
giasoûn reîva feînt'el madul: questo freddo umido
arriva sino alle midolla; Etim.: dal lat. Medulla = midolla; dalla radice
Med = che stà in mezzo, come in mediterraneo;
madùla s.m. - vedi madul;
................
Maduòna s.f. 1. Madonna, la madre di Gesù
Cristo. Verso la Beata Maria Vergine la devozione popolare dei rovignesi
era ed è assai intensa. Particolarmente sentita era la festività
della Madonna delle Grazie, che poi sarebbe il laico ferragosto, che dopo
la festa di Sant'Eufemia, copatrona di Rovigno, e le festività natalizie
è quella più cara ai rovignesi. ca
la Maduona ta fago la grasia: che la Madonna ti faccia la grazia;
a nu zì nà Deîo nà Maduonà
ca ta puosa scapulà la muorto: non ci sono nè Dio
nè Madonna che ti possano evitare la morte; in
non de la Maduona e de la Santeîsima Tarnita ca tu mal ta iebio da
pasa: in nome della Madonna e della Santissima Trinità che
questo male ti debba passare; 2. l'altra faccia della tradizione
popolare è quella blasfema, che non evita d'usare il nome della
Madonna in bestemmie, esclamazioni di stupore o di meraviglia. Anche se
il più delle volte in forme dissimulate, vedi: madòia,
madòsca, maduònica ecc.; pala Maduona!
ti ma staghi a scultà: accidenti, mi vuoi ascoltare. Modo
di dire: vì li maduone:
aver un diavolo per capello, essere arrabbiati;
Maduòna da Canpo top.- località nei pressi di
Vultignana, deve il nome ad un'antica chiesetta dedicata alla Madonna;
Maduòna de la Candeliòra s.f. - Madonna della
Candelora;
Maduòna de la Candiluòra s.f. - festa della Madonna
della Candelora. la
Maduona de la Candiluora: sa la ven coûn piova e vento, da l'invierno
i siemo drento, sa la ven coûn piova e e bora, da l'invierno i semo
fora: alla festa della Madonna della Candelora: se viene con pioggia
e vento, dell'inverno siamo dentro, se viene con pioggia e bora dell'inverno
siamo fuori, prov.;
Maduòna de la Tùro top. - località ai piedi
del monte omonimo, deve il nome ad una chiesetta edificata in onore della
Madonna sita in prossimità dell'antica torre romana detta anche
Tùro da Buràzo;
Maduòna de li Gràsie top. - località circostante
l'omonima e graziosa chiesa, edificata nel 1584, ove si raccoglievano gli
ex voto dei marinai rovignesi. Sino ad alcuni anni fa nella chiesetta esisteba
anche il registro dei donatori e le notizie riguardanti gli ex-voto, che
purtroppo è andato smarrito. La chieea una volta era era considerato
tra quelle campestri ma che con lo sviluppo della città ne fa parte
integrante;
Maduòna dei pasìti s.f. - edicola sacra posta negli
anditi di molte delle vecchie case di Rovigno;
Maduòna dei pasìti - s.n. della famiglia Sponza;
Maduòna dei sìrci s.f. - Madonna dei cerchi (della
botte), scherzosa protettrice dei vignaioli; la Maduona
dei sirci gira la binvignoûda de l'ano: la Madonna dei cerchi
era la benvenuta dell'anno;
Maduòna peîcia - la festa della Natività,
l'8 settembre;
Maduòne - s.n. della famiglia Sponza;
maduònica s.f. - deformazione di Madonna, usata nell'esclamazioni
e nelle bestemmie per sminuirne la valenza blasfema; par
la maduonica, sa ta deîgo ca zì viro teî ma divi da
cridi: per la miseria, se ti dico che è vero mi devi credere;
...........
magàgna s.f. - magagna, difetto, imperfezione, acciacco;
sta froûta la zì piena da magagne: questa frutta è
piena di magagne; sunando li canpane a ven fora li
magagne: suonando le campane, ne escono fuori i difetti, cioè
solo provando una cosa, praticando una persona, si riescono a conoscere
pregi, ma soprattutto i defetti, prov.; cu sona li
canpane a ven fora li magagne: quando suonano le campane, vengono
fuori le magagne, proverbio che vuol dire che alla sera, quando le campane
della chiesa suonano l'avemaria, vengono fuori le magagne, sia perchè
esce fuori la stanchezza della giornata di lavoro, e sia perchè
nello spogliarsi per andare a letto, si mettono a nudo le eventuali imperfezioni
fisiche. Di questo proverbio vi è anche una variante scherzosa:
ciaciarìti fago pìti, quando sona li
canpane, salta fora li magagne, doûti i uosti uò da vì:
il significato è leggermente variato con l'aggiunta che alla sera
gli ubriacono dediti al bere escono fuori ed arricchiscono gli osti; Etim.:
dall'ant. germ *Hamjan = guastare, deturpare;
magagnà v.tr. (i magàgno) - guastare, rovinare,
acciaccare;
magagnà agg. (f. -àda) - guasto, pieno di difetti;
magansìz agg. - furbastro, prepotente, villano, traditore;
Etim.: il Pellizer riportando questa voce pensa che sia un incrocio
di mago con ganzo, io invece direi che è un richiamo ai Cantari
di Gesta, al poema dell'Ariosto, in cui Gano di Maganza e la sua famiglia,
appunto i Maganzesi, svolgono la parte degli infidi traditori del buon
Carlo Magno e dei suoi paladini, da qui i vari significati spregiativi;
magàri escl. - magari; magari cul
muonopateîno ma in Amieriga i vuoi andà: magari col
monopattino ma in America voglio andare; magari ca
sa pudìso turnà indreîo: magari, volesse il
cielo, che si potesse tornare indietro. Modo di dire: magàri
cuseî no: magari non fosse così; Etim.: dal gr.
Makar o Makarios = beato, felice;
magazèn s.m. - magazzino; in magazen
duvaravo ancura iesi qualca lateîna da binzeîna: in
magazzino ci dovrebbe ancora essere qualche lattina di benzina; Etim.:
dall'ar. Mahzin = deposito;
..........
magiureîn s.m. e agg. - maggiore, più grande, maggiorenne;
magnà v.tr. (i màgno) - mangiare; magnando,
magnando la buca s'inveîa: mangiando, mangiando la bocca s'invia,
cioè mangiando vien fame, prov.; el magnaravo
anca quil ch'el Papa uò inbinideî cu tri didi: mangerebbe
anche quello che il Papa ha benedetto con tre dita, prov.; el
magnaravo anca i ciuodi da Creîsto: mangerebbe anche i chiodi
di Cristo, prov.; biegna magnà quil ch'el
cunvento dà: bisogna mangiare quel che passa il convento,
prov.; cheî magna oûn mondo fà
caristeîa, e cheî nu magna, el cadalieto lu puorta veîa:
chi mangia troppo provoca la carestia, e chi non mangia il capezzale se
lo porta via, prov.; cheî magna in peîe,
magna par seîe: chi mangia in piedi, mangia per sei, prov.;
cheî magna a doûte li ure, nu uò
el speîrito del Signure: chi mangia a tutte le ore, non ha
lo sperito del Signore, prov.; cheî nu magna,
uò magnà: chi non mangia, ha mangiato, prov.; cheî
magna pulpìte, caga saìte: chi mangia polpette, caca
saette, prov.; i lùvi,magna sui: i
lupi mangiano soli, prov.; là ca magna dui,
magna tri: là dove mangiano in due, mangiano anche in tre,
prov.; par cugnusi oûn, a ga vol magnà,
bivi e duormi insenbre: per poter conoscere una persona, occore
mangiare, bere e dormire insieme, prov.; el zì
magna e dazmentaga: è un tipo mangia e scorda, prov.; magna
el bon, e 'l treîsto boûta veîa: mangia il buono,
ed il cattivo getta via, prov.; cheî magna
sul, cripa sul: chi mangia da solo, muore da solo, prov.; cheî
magna sul, sa struosa: chi mangia da solo si strozza, prov.; màgna
puoco e duormi mondo (o sai): mangia poco e dormi assai, prov.;
ti iè vulisto... magna da quisto: l'hai
voluto... mangia di questo, cioè sconta le conseguenze di quello
che hai voluto, prov.; dà da magnà
pioûn pan ca furmaio: dar da mangiare più pane che
formaggio, frase proverbiale col significato di "dar da intendere una cosa
per l'altra"; lavura, lavura e in catoûra anco
da magnà non deîgo pulenta e deîndio, ma virze sufagade,
panada e brù brustulà: lavora, lavora ed anche in
difficoltà di mangiare, non dico polenta e tacchino ma verze in
tegame, panata e brodino (tutti cibi assai poveri). Modi di dire:
magnà a cuciaràde: mangiare
con avidità, con ingordigia; magnà
a màca: mangiare a sbafo, a scrocco, a gratis; magnà
bièl: mangiar bene; magnà
a oûfa o a oûfata: mangiare a sazietà, a
crepapelle; magnà a scruòco: scroccare, mangiare a sbafo;
magnà a zbàfo: scroccare, mangiare a sbafo; màgna
e bìvi: a. mangiare e bere in continuazione; b.
caffè alla turca, così detto per i fondi che se non si sta
attenti si mangiana insieme col caffè; magnà
guàti: inghiottire rospi, mandar giù bocconi amari;
magnà in sufagòn: mangiare
di fretta, con estrema voracità, quasi da soffocare;
magnà la fòia: capire al volo, accorgersi di quello
che c'è sotto, capire il trucco, l'inganno; magnà
fòra: mangiare al ristorante, all'osteria; cùme
la magnèmo?: che ne facciamo?, come la mettiamo?; magnà
l'uòca: eufemismo per l'atto sessuale con una donna;
Etim.: dal lat. pop. Manducare da Mandere = masticare;
Màgna bàie - s.n. della famiglia Curto;
Màgna baleîni - s.n. della famiglia Longo;
Màgna budièle - s.n. della famiglia Ferrara;
Màgna da siòri - s.n. delle famiglie Bernardis
e Quarantotto;
màgna dazmèntega s.m. - smemorato, scordarello,
persona svanita che non ricorda quello che ha appena fatto, menefreghista;
Màgna gàte - s.n. della famiglia Burla;
Màgna livàdi - s.n. della famiglia Benussi;
Màgna mànzi - s.n. della famiglia Pitacco:
Màgna mièrda - s.n. della famiglia Zuliani;
Màgna moûr - s.n. della famiglia Cattonar;
Màgna nàzi - s.n. della famiglia Verdnic;
Màgna pan - s.n. delle famiglie Longo, Santin e Vidotto;
Màgna pìl da piètani - s.n. della famiglia
Rocco;
Màgna pìl da pugnàve - s.n. della famiglia
Rocco;
Màgna pùmi - s.n. della famiglia Rocco;
Màgna speîni - s.n. della famiglia Benussi;
Màgna tabàco - s.n. della famiglia Abbà;
Màgna vadàgni - s.n. della famiglia Calucci;
Màgna veîn - s.n. della famiglia Benussi;
magnàda s.f. - mangiata, abbuffata; i
iè dà oûna magnada cu doûti i goûsti:
ho fatto una mangiata con tutti i gusti;
magnàdareîsi s.m. - fondale marino spoglio di vegetazione,
perche distrutta dai ricci di mare
..............
magnadùra s.f. 1. greppia, mangiatoia; 2.
(fig) mangia mangia, la corruzione degli amministratori della cosa pubblica,
che si dedicano alla spartizione di bustarelle o come si dice adesso di
tangenti. nu staghe cridi ca anca loû el zì
de la magnadùra: non credergli che anche lui partecipa alla
spartizione. Vedi anche questa gustosa strofetta popolare che circolava
a Rovigno nell'ottocento:
O puvarita la cumunità,
che de mumenti zì riduota al feîn! Doûti che zì d'aturno i vol magnà, el diavo uò de fà sierto oûn bucunseîn... |
O poveretta la comunità,
che a momenti è ridotta alla fine! Tutti vogliono mangiare, il diavolo certamente deve fare un bocconcino... |
Etim.: dal lat. pop. Manducatoria;
magnafòn agg. - mangione;
magnaleîvo agg. - svogliato, persona di cattivo umore,
maldisposta;
magnamàgna loc. - sta ad indicare quando si sperperano
gli averi o si fa man bassa, o vi è una continuo sperpero; el
guvierno zì pien da ladroni, a zì doûto oûn magnamagna:
il governo è pieno di ladroni che non fanno altro che sperperare
la cosa pubblica;
magnamài s.m. - epiteto offensivo, letteralmente mangia
mai, persona che non ha e non conta nulla;
magnamàse s.m. - nomignolo che si dava, ancora prima
della 1^ guerra mondiale, ai braccianti venuti da fuori in cerca di un
lavoro, poi passato ad indicare anche i meridionali;
magnamièrda s.m. - epiteto offensivo;
magnamoûsi s.m. - epiteto offensivo, lett. mangia moccoli;
magnapàn (de i àltri) s.m. - scroccone;
magnapìgula s.f. - lampreda marina, pesce appartenente
alla famiglia dei Petromizonidi, Petromyzon marinus. E' simile, per il
corpo allungato al bizàto, ma si caratterizza per avere l'apertura
boccale di forma circolare, posta sulla estremità anteriore del
capo. La lampreda è un animale carnivoro, che utilizzando la ventosa
boccale s'attacca al corpo delle vittime succhiandone il sangue, dopo averne
lacerato la pelle con la sua particolare lingua munita di denti cornei.
Le carni sono commestibili, anche se nel loro sangue è contenuto
un veleno che agisce sul sistema nervoso. Le proprietà tossiche
vengono neutralizzate con la cottura delle carni.
magnareîa s.f. - mangeria, ruberia, grasseria, profitto
illecito;
magnàse v.rifl. (i ma màgno) - mangiarsi;
a pansà chi nu iè zugà la schideîna
i ma magno ancura li man: a pensare che non ho giocato la schedina
mi mangio ancora le mani:
magnateîva s.f. - genere alimentare, per estensione negozio
di alimentari; i uò vierto oûna butìga
da magnateîve: hanno aperto un negozio di alimentari; ma
frà el viva oûna butiga da magnateîve a lu scuminsio
da Cariera: mio fratello aveva un negozio di generi alimentari all'inizio
di via Carrera;
magnateîzmo s.m. - magnetismo, calco it.;
magneîzia s.f. - magnesia;
magneîfica s.f. - tutto quello che concerne il mangiare,
il cibo, ma anche più estesamente vitto e alloggio. Vedi anche la
locuzione a peîsiga-magneîfica;
teî tendi a la magneîfica, meî
i purtariè la ticara: tu pensa a portare le cibarie io porterò
la chitarra; a gira doûta la magneîfica...
bunboni, veîni, ruzuolgi, ca nun finiva mai da vigneî in tuola,
e puoi fiuchi, ravioi, macaroni al mel, barsameîn, muscati e malvazeîa:
c'era ogni ben di Dio... caramelle, vini, rosoli, che non finivano mai
di venir portati in tavola, e poi fiocchi, ravioli, castagnole al miele,
vini liquorosi; Etim.: corruzione scherzosa dell'incipit del cantico dedicato
alla Vergine Maria, che inizia con: Magnificat anema mea Dominum.
magneîfico agg. - magnifico, spendido; i
iè veîsto oûn magneîfico spataculo al tiatro cumunal:
ho visto un magnifico spettacolo al teatro comunale; Etim.: dal lat. Magnificus;
magnèra s.f. - maniera, modo; sagondo
la magnera ca ti ta faghi, cuseî ti raseîvi: a secondo
del modo con cui tu ti comporti, così verrai contraccambiato; a
nu zì nà muodo nà magnera da faghe capeî razon:
non c'è nè modo nè maniera di fargli intendere ragione;
ca magnere zì quiste
da cunpurtase cu tu frà: che modi
son questi di comportarsi con tuo fratello?; el fà
a la magnera de i anteîchi... magna li scuorse e boûta i feîghi:
fa alla maniera degli antichi... mangia le bucce e butta via i fichi. Modi
di dire: bièle magnère:
a. belle maniere, modi affabili, in modo da ingraziarsi la benevolenza
degli altri; cu li biele magnere, oûn può
da geînfule-giangule e sa fà quil ca sa vol da i omi:
con un pò di belle maniere, di moine e si fa quello che si vuole
degli uomini; b. comportarsi con educazione, secondo le regole del
viver civile, con affabilità; ti siè
ch'el nu uò mai boû biele magnere: lo sai che non ha
avuto mai un nodo civile di comportarsi; broûte
magnère: l'esatto contrario di biele magnere; Etim.:
dall'it. Maniera;
magneràsa s.f. - cattiva maniera, malomodo, accr. pegg.
di magnèra, usato per lo più al plurale; cu
li suove magnerase el uò spazamà el peîcio:
con le sue manieracce, con i suoi modi rozzi, ha terrorizzato il bambino
piccolo;
magnèzia s.f. - magnesia, sostanza usata come lassativo;
i iè oûna patroûma int'el stumago, nu puoi zeî
da cuorpo, ti iè oûn può da magnezia da dàme?:
ho tutto sullo stomaco e non riesco ad andare al bagno, hai da darmi
un pò di magnesia, un lassativo?; Etim.: prestito linguistico dal
nome di un prodotto assai popolare, la "Magnesia bisurata S. Pellegrino";
magnìte s.m. - magnete;
magnitizà agg. (f. -ada) - magnetizzato;
magniteîzmo s.m. - magnetismo;
magnivòlo agg. 1. maneggevole, leggero; 2.
alla mano, affabile; a ma par ca par iesi nuobile
e da sango rial, el preînsipe zì stà magnivolo cun
doûti: mi sembra che per essere nobile e di sangue reale il
principe sia stato affabile con tutti;
magnòn s.m. e agg. - mangione, gran sbafatore
...........
maiàn s.m. - stupido, cretino, sciocco;
nu pierdi tenpo cun quil maian: non perdere tempo con questo sciocco;
deîz el maian: cheî uò magnà e cheî nu
uò fà da can: dice lo sciocco: chi ha mangiato (ha
mangiato) e chi non ha mangiato fa come il cane, prov.;
maiàn da cièza s.m. - bigotto, credulone e peggiorativo
di maiàn;
Maiàr (el) top. - località della costa sud del
Canal di Leme, dove i pescatori sono soliti gettare le reti
per la pesca delle buòbe;
maièr s.m. - madiere, fasciame dell'imbarcazione. A seconda
della loro collocazione abbiamo: maièri
de (la) cuvièrta: fasciame di coperta; maièri
del parapièto: fasciame del parapetto; maièri
de la parateîa: fasciame della paratia;
maièri de la sènta: fasciame di cinta; Etim.:
dal lat. Materium, materiale (di legno);
Maier - nel censimento del 1^ ottobre '45 era presente 1 famiglia;
maièstro s.m. e agg. - maestro, insegnante; ningoûn
naso maiestro, ningoûn zì nato dutur: nessuno nasce
maestro, nessuno è nato dottore, prov.; cu
'l maiestro nu sa scarsiva, el gira bravo ma sai tartaife: col maestro
non si scherzava, era bravo ma assai severo; el uò
boû oûn bon maiestro... tale pare, tale feîo:
ha avuto un bravo insegnante... tale padre, tale figlio; par
sti ruobe el zì maiestro: per queste cose è maestro;
Etim.: dal lat. Magister;
mainà v.tr. (i maìno) - ammainare; cu
stu vento ga vol mainà li vile: con questo vento occorre
ammainare le vele;
màio s.m. - maggio, quinto mese dell'anno; ma
piaz el miz da maio parchì nu fà nà frido nà
caldo: mi piace il mese di maggio, perchè non fa nè
caldo, nè freddo; maio cu la su vigureîa,
int'oûna ura soûga oûna leîsia: maggio con
la sua vigoria, in un'ora asciuga il bucato, prov.; Etim.: dal lat. Maius;
màio s.m. 1. pestello; 2. maglio, martello
di legno, mazzuola usata dal calafato; Etim.: dal tardo lat. Malleus =
martello, mazza;
màio s.m. - nocciola con due noci;
màio avv. - meglio; maio cuseî,
i nu savivo ca fande da sta caza: meglio così, non sapevo
che farci di questa casa; cu zì buriana in
piasa zì senpro maio mucasala: quando c'è trambusto
in piazza è sempre meglio filarsela; maio
oûn ùvo ancui, ca oûna galeîna duman: è
meglio un uovo oggi, che una gallina domani, prov.; maio
vì l'amur ca l'alma afleîta: meglio esser innammorati
che aver l'anima afflitta, prov.; maio suli, ca mal
cunpagnadi: meglio soli che male accompagnati, prov.; a
zì maio oûn samier veîvo, ca oûn dutur muorto:
è meglio un asino vivo, che un dottore morto, prov.; a
zì maio oûn magro acuordo, ca oûna grasa leîte:
è meglio un magro accordo che una grassa lite, prov.; a
zì maio deî puovaro meî ca puovari nui: è
meglio dire povero me che poveri noi, prov.; Etim.: dal lat. Melius;
màio agg. - migliore; và
senpro cun cheî zì maio da teî: vai sempre con
chi è migliore di te, prov.; la maio cunpaneîa
zì la mare cun la feîa: la migliore compagnia è
la madre con la figlia, prov.;
maiòl s.m. (pl. -òi o -uòi) 1. tralcio
di vite preparato per la talea. Viene preparato durante l'inverno, recidendo
dei tralci che hanno generalmente una lunghezza di circa un metro che,
dopo essere stato spuntato alle due estremità, tièste, si
riduce a soli 50 cm, di cui 40 s'interrano; 2. vigna novella;
............
mal s.m. - male, cose cattive; a fà
dal ben nu sa rasivo del mal: a far del bene non si riceve del male,
ma purtroppo è vero anche il contrario: a
fà del ben, sa rasivo del mal: a far del bene, si riceve
del male, prov.; al vostro bene, vostro male:
proverbio in... lingua che vuol dire se sta bene a voi...; nu
zì mai oûn mal, sa nu zì oûn ben oppure
a nu zì oûn mal sa nu zì oûn
ben: non viene mai un male senza che poi non ne nasca anche qualcosa
di buono, un
pò come l'italiano: non tutto il male viene per nuocere; dreîo
el mal, ven el ben, dreîo el ben ven el mal: dopo il male,
viene il bene, dopo il bene viene il male, prov.; cheî
fa mal in stu mondo el giavo lu puorta: chi fa del male in questo
mondo il diavolo se lo porta via, prov.; cheî
fa del mal, nu spieto da vì del ben: chi fa del male, non
si spetti di avere del bene, prov.; quil ca sa pasa
in ben, nu sa pa pasa in mal: il tempo che si trascorre in bene,
non si trascorre in male, prov.; del ben sa dizi
ben, del male mal: del bene se ne parla bene, del male se ne parla
male, prov.; el mal zì mal, ma la muorto zì
murtal: il male è male, ma la morte e mortale, cioè
il male definitivo e senza rimedio, prov.; oûna
vuolta paron nu fa mal a ningoûn: una volta ciascuno non fa
male a nessuno, prov.; el mal ven a brente, el và
veîa a onse, opoûr el mal ven a leîre, el va veîa
a onse: le cose cattive vengono in grande quantità e se ne
vanno via un pò alla volta, prov.; cheî
pansa
al mal, spiso induveîna: chi pensa al male, spesso indovina,
prov.; mal nu fà, pagoûra nu avì:
non fare del male e non dovrai aver paura, prov.; el
mal nu manca mai: il male, le cose cattive non mancano mai, fanno
parte cioè della vita dell'uomo, prov.; ningoûn
sento el su mal, sul cheî ca lu pruva: nessuno sente il suo
male, soltanto quello che lo prova, lo patisce, prov.; cumo
và? Nu la va mal: come va? non va male. Modi di dire:
zeî da mal: andare a male, guastarsi;
favalà mal: sparlare; Etim.:
dal lat. Malum;
mal avv. - malamente, in maniera cattiva, avv.;
la stuoria la zì zeîda mal: la faccenda è andata,
è finita, malamente; pioûn mal ca li
sa fà, pioûn ben li sa gioûsta: più malamente
si fanno e meglio si aggiustano, prov.;
mal s.m. - malattia; mal da piele, saloûte
da budiele: malattia della pelle, salute dello stomaco, prov.; nu
zì mal da midago: non è una malattia curabile dal
dottore, prov. che si dice per esempio a gli innamorati; nu
biegna zeî in sirca del mal cumo i midaghi: non bisogna andare
in cerca delle malattie come i medici, prov.;
mal broûto s.m. - cancro, tumore maligno; anca
loû zì zeî da Giuvacheîn... in puochi giuorni
el mal broûto lu uò magnà: anche lui se ne è
andato... in pochi giorni il tumore maligno lo ha consumato;
mal cateîvo s.m. - cancro, tumore maligno;
mal da cuòrpo s.m. 1. mal di stomaco; 2.
diarrea;
Mal da cuòrpo - s.n. della famiglia Tromba;
mal da dìdi s.m. - patereccio; mal
da didi, cheî nu lu pruva nu lu cridi: patereccio, chi non
lo prova non crede (al dolore che provoca), prov.;
mal da pìto s.m. - tubercolosi;
mal da San Valinteîn s.m. - epilessia;
mal de la nuòna s.m. - malattia del sonno, sonnolenza
cronica;
mal de la vàca s.m. - fiacca cronica, chi non ha mai
voglia di far nulla viene tacciato di esserne affetto;
mal de li père s.m. - calcolosi, avere i calcoli generalmente
alla vescica urinaria; el mal de la pera zì
cateîvo: la calcolosi è un affar serio, prov.;
mal del mizarière s.m. - peritonite, poichè tale
malattia conduceva rapidamente alla morte e quindi all'estrema unzione;
mal del multòn s.m. - orecchioni, parotite epidemica;
Etim.: tipica espressione presente nell'area giuliano veneta, vedi il veneziano
Mal del molton, riportata già nel Dictionnaire italien et
francois dell'Oudin (Parigi 1663) e risalente forse all'ingrossamento delle
ghiandole poste sul collo, e forse anche dal fatto che si credeva che tale
malattia recasse l'impotenza;
mal del soûcaro s.m. - diabete; ma
mare e ma gnagna li uò doûte e du el mal da soûcaro,
e anca meî duvaravi fame veîdi, ma i iè pagoûra
da zeî dal miedago: mia madre e mia zia, hanno tutte e due
il diabete, ed anch'io dovrei farmi visitare, ma ho troppa paura ad andare
dal medico;
mal del teîro s.m. - satiriasi, eretismo. Scherzosamente
indica chi è sempre... in tiro;
mal del turzigàn s.m. - lieve od addirittura inesistente
indisposizione, malattia immaginaria; Etim.: vc. forse nata da Turizàn,
nome con cui venivamo chiamati gli abitanti di Torre di Parenzo, noti per
la loro poco voglia di lavorare: el mal del Turizan,
cul coûl malà e 'l bico san, prov.;
mal nìgro s.m. - malattia che colpisce la vite, causando
un caratteristico annerimento dell'interno del legno, Dematophora necatrix;
mal rùso s.m. - clorosi della vite, che provoca un arrossamento
nelle foglie;
màlo agg. - cattivo, usato quasi esclusivamente nei conposti,
tipo malacriansa;
..........
malagnàzo agg. - maledetto; quil
malagnazo, oûna na fà e sento sa n'inpinsa: quel maledetto
una ne fà e cento se ne inventa; ca seîo
malignazo el giuorno chi t'iè incuntrà: che sia maledetto
il giorno che ti ho incontarato; Etim.: dal lat. Malignus + forma verbale,
come nel napoletano malannaggia;
malagràsia s.f. - malagrazia, sgarbo, scortesia, con
modi villani, malavoglia; i nu mierito li suove malagrasie:
non mi merito le sue scortesia; el fà doûto
cun malagrasia: fa tutto di malavoglia;
malàide s.f. - rete per la pesca delle sardelle;
malalèngua s.f. - malalingua, pettegolo;
malamèntro avv. - malamente; sa
Deîo nu 'nda gioûda, doûto và malamentro:
se Dio non ci aiuta tiutto va malamente, prov.;
Malamùco top. - Malamocco, uno dei sestieri di Venezia,
usato per la sua somiglianza con la frase ma la mùco: me la batto,
col significato di uno che se la batte, che scappa; el
zì da malamuco: è uno che se la dà a gambe;
malàn s.m. - malanno, disgrazia, grave danno, acciacco,
malattia;
malandà (f. -ada) - malandato, messo male, male in arnese,
trascurato; - I lu iè veîsto sai malandà: l'ho visto
molto malandato;
malandràla (a la) loc. avv. - di pari età, della
stessa età;
malandreîn s.m. - malandrino;
malandreîna s.f. - fatina che secondo la tradizione popolare
viene a prendere i dentini caduti ai bambini ponendo al loro posto dei
doni. I bambini cioè mettevano il loro dentino o su di un piattino
o sotto il cuscino, speranzosi di trovare un dono al loro risveglio. Era
una simpatica favoletta che serviva a compensare la caduta dei dentini
da latte. Vedi la seguente formuletta che diceva il bambino nel riporre
il dentino sotto il cuscino:
Malandreîna,
Ciù stu dento, dame uoro o arzento. Sa ti nu puoi dame uoro o arzento, Dame indreîo el mieîo dento. |
Malandrina,
Prendi questo dente, dammi oro ed argento. Se non puoi darmi oro od argento, Dammi induetro il mio dente. |
malàno s.m. - vedi malàn; a
ven l'invierno e ti pruveîdi, ven el malano e ti nu creîdi:
viene l'inverno e tu provvedi, viene il malanno e non ci credi, prov.;
oûn bon deî, oûna bona nuoto e
oûn malano in veîta: un buon giorno, una buona notte
ed un malanno in vita, prov.;
malànsa s.f. - rozza coperta;
malansàna s.f. - melanzana, Solanum melongena. Pianta
erbacea annuale il cui frutto consiste in una voluminosa bacca di color
porpora-violaceo scuro. Si semina da gennaio a marzo. E' un ottimo alimento
che tra l'altro ha la proprietà d'abbassare il colesterolo nel sangue.
Viene mangiato cotto in vari modi, tra cui uno dei più buoni è
fritto impanato. Vi sono due principali varietà, una dalla forma
allungata e l'altra tondeggiante. Si utilizza anche conservato sottolio,
insaporito con aglio e peperoncino; ma mare m'uò
fato oûn vazo da malansane zuta uoio: mia madre mi ha preparato
un vaso di melanzane sottolio;
malapèna avv. - malapena, con difficoltà; chi
ti vuoi, malapena i ga la fago a tirà vanti: che vuoi, ce
la faccio malapena a campare; i son riuseî
a malapena a liezi miezo leîbro: sono riuscito con difficoltà
a leggere mezzo libro;
malària s.f. malaria;
Malària - s.n. della famiglia Sponza;
malàsa s.f. - melassa;
malàse v.rifl. (i ma màlo) - ammalarsi,
cadere ammalato; ara ca ti ta malariè a fumà
doûti sti spagnulìti: guarda che ti ammalerai a fumare
tutte queste sigarette; el sa uò malà
e in tri giuorni el zì fineî da Giuvacheîn: si
è ammalato ed in tre giorni è andato al cimitero;
malàso s.m. - malaccio, il male per antonomasia, il cancro;
malàso s.m. - vedi malàsa;
malastrìto agg. - scatenato. Voce desueta usata da Pietro
Angelini nei Lementi: E in prufondo bìso zgnacaremo sti ursi-bursi,
e diavi malastriti: ed in un profondo abisso getteremo questi tipacci e
demoni scatenati; Etim.: da mal + strìto = stretto male. A Grado
vi è la vc. Malastreto, con lo stesso significato: malastreto
de mamolo!;
.............
maleîgno agg. - maligno, cattivo, persona che pensa o
vede soltanto il male; nu daghe bado a quil viecio
maleîgno e cativariuz: non dare retta q quel vecchio maligno
e pieno di cattiveria; Etim.: dal lat. Malignus = di cattiva ascendenza;
maleîgno (el) s.m. - il demonio, il diavolo;
maleîsia s.f. 1. malizia, tendere a veder nelle
persone il loro lato peggiore, cattiveria; el zì
pien da maleîsia, nu ga vol dà bado a quil ch'el deîz:
è pieno di malizia, non bisogna dar retta a quel che dice; la
suova maleîsia la cugnùso doûti: la sua malizia,
la sua cattiveria la conoscono tutti; 2. malizia, astuzia, furberia;
el uò bù la maleîsia da nu deîghe
guìnte: ha avuto la malizia, la astuzia, di non dirgli niente;
3. malizia, in genere femminile, ma anche maschile, tipico atteggiamento
di ammiccamento sessuale; la ma vardiva cun maleîsiam
cume a deî, ca spieta a bazame quil tuoto?: mi guardava con
malizia, come a dire, cosa aspetta a baciarmi qello sciocco?; Etim.: da
Malus = cattivo, o meglio da Malitia che ne è l'astratto;
maleîsia s.f. - interiora della granceola (Maia squinado)
di color ocra contenuta nel carapace, considerate una prelibatezza assai
gustosa; quil tuoto nu magna la maleîsia ca
zì el pioûn bon: quello sciocco non mangia le interiora
della granceola, che sono la cosa, la parte più buona;
maleîsia s.f. - tipico escremento dei bovini a forma di
focaccia;
Malevaz o Mielivaz - Biaggio d'Albona, 1816;
malfà inf.sost. - malfare, verbo usato solamente all'infinito
e assai raramente;
malfamà agg. (f. -àda) a
gira pien da caze malfamade, e la sira anca li vardie i viva pagoûra
da zeî in quile bande: era pieno di case malfamate, e alla
sera, anche le guardie avevano paura ad andare da quelle parti; i
la uò malfamada a tuorto: l'hanno malfamata a torto;
malfàr s.m. - malaffare, generalmente associato con fìmana;
li fimane da malfar lagale stà: le donne di malaffare, le
prostite, lasciale stare, non averci nulla a che fare;
malfàto agg. - malfatto; el gira
sai bravo e laburiuz, ma el viva el cuorpo malfato e nisoûna lu vuliva
ciù: era un tipo molto bravo e laborioso, ma aveva il corpo
malfatta e nessuno lo voleva prendere (per marito o fidanzato);
nu la zì puoi cuseî malfata: non è poi così
malfatta;
malfatùr s.m. - malfattore; i ma
uò tratà cume oûn malfatur: mi hanno trattato
come fossi un malfattore;
malfidànsa s.f. - malfidenza, cattiva o scarsa fiducia;
ca malfidansa! chi t'iè pagoûra ca ta
la roûbo?: che malfidenza! e che hai paura che te la rubi?;
nuò par malfidansa, ma fate fà el ricipeîn:
non per sfiducia ma fatti dare la ricevuta;
malfidènto agg. - malfidente, sospettoso, diffidente;
ti siè che el zì malfidento, zì
meo nu fase vidi insenbre: lo sai che è sospettoso, è
meglio non farsi vedere insieme;
malfìrmo agg. - malfermo, instabile, incerto; nu
ti veîdi ch'el zì malfirmo soûn li ganbe: non
vedi che è malfermo sulle gambe;
malfurmà agg. (f. -ada) - malformato, sformato;
pacà ch'el zì nato malfurmà: peccato sia nato
malformato;
malicuòmio s.m. - manicomio, vedi manicuòmio;
malideî v.tr. (i malideîso) - maledire; quil
nata d'ûn can, s'uò fato malideî anca da la mare:
quel figlio d'un cane si è fatto maledire anche dalla madre; i
malideîso el mumento ca i gh'iè dà bado: maledisco
il momrnto in cui gli ho dato ascolto;
..............
malinzanbà agg. (f. -àda) - trascurato, male in
arnese, malmesso, malvestito; uomo malinzanbà,
puoco unur par su muier: uomo trascurato, mal vestito, poco onore
per sua moglie, prov.; Etim.: da mal + in + zanbà = da zampa, ciampa;
malintìzo s.m. - malinteso; a nu
zì stà oûn malintìzo, l'uò fato da pruopuozito:
non si è trattato di un malinteso, lo ha fatto di proposito;
Malipiero - Ambrogio, Podestà nel 1425;
Malipiero - Leonardo, Podestà nel 1531-32;
Malipiero - Piero, Podestà nel 1574;
malisiùz agg. - malizioso, pieno di malizia, diffidente;
a li vuolte a curo iesi malisiuzi: alle volte
occore essere diffidenti, cioè a pensar male molte volte ci si azzecca;
quile uciade malisiuze ma misiava doûto:
quelle occhiate maliziose mi rimescolavano tutto;
malìvolo agg. - malevolo; chi ti
vuoi ca sa ciugo in caza quil viecio malivolo: chi vuoi che si prenda
in casa quel vecchio malevolo;
malivulènsa s.f. - malevolenza;
malmanà v.tr. (i malmanìo) - malmenare,
picchiare, maltrattare; ara, i son malmanà
da doûti: beh, sono maltrattato da tutti;
malmìso agg. - malmesso, scombinato, male in arnese;
i son biel malmìso tra sti du fimane ingiabanade: son veramente
malmesso tra queste due donne indiavolate; tento,
cu ti vaghi soûn, ca oûn scalideîn el zì malmiso:
attento quando vai sù, che uno scalino è malmesso, è
pericolante;
malmuntà agg. (f. -àda) - maldisposto, con la
luna di traverso; i son da malavoia e malmuntà:
sono di malavoglia e maldisposto, ho un diavolo per capello; Etim.: da
mal + muntà, male alzato;
malnàto s.m. e agg. - malnato, perverso, malvagio; quil
malnato da feîo ma faruò davantà mato: quel
figlio malnato mi farà impazzire;
malnutreî agg. (f. -da) - malnutrito, denutrito;
ti ma pari oûn può malnutreî, a caza nu ti magni?:
mi sembri un pò denutrito, a casa non mangi?;
màlo agg. - cattivo, malvagio, malo. Usata per lo più
al fem.: la mala cunpaneîa lagala stà,
puoco la val e purasiè la custa: la cattiva compagnia lasciala
stare, vale poco e può costare molto, prov.;
malòn s.m. - melone, Cucumis melo. Pianta dall'aspetto
simile a quella del cetriolo, appartenendo alla famiglia delle cucurbitacee,
si caratterizza per i lunghi e morbidi peli che la ricoprono. Il frutto
globoso od ovale ha la polpa gialla (a maturazione) dal gradevole sapore.
Fiorisce da giugno ad agosto. Se ne coltivano svariate qualità,
che si differenziano l'una dall'altra per la buccia che puo essere liscia,
rugosa e più o meno costata oltre che dal colore che va dal bianco
al verde. Una particolare e gustosa qualità di Rovigno è
quello rugosa leggermente costata; sa el malon zì
bon, i lu prifireîso a l'angoûria: se il melone è
buono lo preferisco all'anguria; Etim.: dal lat. Melo-onis, forma abbreviata
dal gr. Melo (popon), mela popone;
Malòn - s.n. delle famiglie Bullessi e Malusà;
- Ancui i vago da la Malona: oggi vado dalla "Melona";
malòra s.f. - malora, rovina; Etim.: da mala = cattiva
+ ora;
malòrsiga escl. - accidenti, al diavolo, mannaggia; Etim.:
come malòra, con la desinenza variata;
malpraparà agg. (f. -ada) - malpreparato, impreparato;
malpràtico agg. - inespesrto, impreparato, non pratico;
malsàn agg - malsano, insalubre;
malsàn s.m. - sorta di roncola, coltello con la lama
trapezioidale usato dai contadini per tagliare le marze, per appuntire
i paletti ecc.;
malseîpo s.m. - maltrattamento; - Da loû i iè
nama ca malseîpi e malagrasie: da lui non ho che maltrattamenti e
malagrazie;
malsipà v.tr. (i malsipìo) - maltrattare,
trattare in malomodo, senza riguardo; ara ca meî
i nu ma lago malsipà da ningoûn: guarda che io non
mi lascio maltrattare da nessuno; i nu capeîso
quii ca malsipia li bisc'ce o i fioi peîci: non capisco quelli
che maltrattano le bestie od i bambini piccoli;
malsìpio s.m. - maltrattanmento; a
sti malsipi Bastian s'impeîsa: a questi maltrattamenti Bastiano
si infuria;
màlta s.f. - calcina, impasto di sabbia e calce; cheî
meto malta in caza de i altri, pierdo la malta e la fadeîga:
chi mette la malta nelle case d'altri, perde la malta e la fatica, prov.;
maltanpàso s.m. - tempaccio, tempo bruttissimo; ula
ti vaghi cu stu maltanpàso: dove vai con questo tempo pessimo;
maltènpo s.m. - maltempo; fra oûn
maltenpo e l'altro a pol fà bunasa: fra un maltempo e l'altro
può fare bonaccia, prov.;
..............
maluòpo s.m. 1. malloppo, groviglio, massa, fagotto
ingombrante; 2. gruzzolo di denaro, generalmente di provenienza
sospetta, refurtiva. Anche col senso di bel gruzzolo, bella cifretta, un
buon ammontare di soldi; anduve t'iè zgranfignà
stu maluopo da bancunute: e dove hai rimediato questo malloppo,
questo gruzzolo, questo bel mucchio di banconote; 3. (fig) il bozzo,
il malloppo, formato dai genitali maschili contenuti in pantaloni troppo
stretti; ai balireîni in calsa maia ga sa vadiva
el maluopo: ai ballerini in calzamaglia risaltava il gonfiore dei
genitali;
malùr s.m. - malore, male improvviso, malanno;
malùra s.f. - vedi malòra;
malùrsaga escl. - vedi malòrsaga;
malurìto s.m. - dolorino, piccolo malore, acciacco;
Malusà - Zuanne qm. Domenico, 1425. Antica famiglia rovignese
che, pur non appartenendo al Corpo dei Cittadini, detenevano una propria
arma, od emblema di mestiere, raffigurando una pala od altro strumento
consimile. L'epigrafe scolpita sull'architrave del portone al n.ro 262
dell'attuale via Sanvincenti recita così: IO DOMENEGO Q. NICOLO
// MALUSA DETO VENIER // 1622. Dal censimento del 1^ ottobre '45 risultavano
ben 68 famiglie con questo tipico cognome istriano. Nel resto dell'Istria
vivevano, poco prima dell'esodo, 25 famiglie Malusà a Dignano, 3
a Cherso, 1 a Valle, 1 a Orsera, 1 a Parenzo, 1 a Sanvincenti, 1 a Barbana,
1 a Capodistria e 1 a Pirano. E' evidente quindi che l'origine e la diffusione
di questo cognome nasce a Rovigno. Etim.: questo cognome deriva dal nome
spregiativo dato nel medioevo in Istria ad un figlio non desiderato: maluzà,
mal usato, e quindi mal impiegato od anche di allevato male, viziato, malavvezzo.
E' evidente che il cognome, come molti altri deriva da un soprannome;
Malusà - Domenico di Matteo. Nato nel 1818, partecipò
alla difesa della repubblica veneta del Manin, inquadrato nella prima Compagnia
Zappatori Veneti del Genio;
Malusà - Matteo (Filipèti), impiegato dell'Ampelea
abitante in Calle del Fornetto 2. Venne ferito mortalmente, in un vile
agguato tesogli dai titini, nel piazzale antistante l'Ampelea, morì
per le ferite riportate all'Ospizio di S. Pelagio l'11 maggio 1945.
Malusà - Paola fu Giovanni Scüsser, nata a Vienna
il 10 luglio 1892 vedova di Luigi Malusà, proprietaria del Caffè
Italia, venne prelevata dai titini nel maggio del '45. Deportata, l'ultima
volta che fu vista viva, fu alla stazione di Canfanaro, picchiata a sangue
da un gruppo di "donne" titine;
Malusà - Paolo, nato nel 1895, partecipò come
volontario nel Corpo Italiano Estremo Oriente (C.I.E.O.);
maluzà agg. (f. -ada) - usato male, viziato, malavvezzo.Da
questo termine nasce uno dei tipici cognomi rovignesi;
màlva s.f. e agg. - malva, pianta e colore;
malvàgio agg. e s.m. - malvagio, profondamente cattivo;
i malvagi uò el diavo in cuorpo: i
malvagi hanno il diavolo in corpo, prov.; i malvagi
uò la stoûsia de i diavi de l'infierno: i malvagi hanno
l'astizia dei diavoli dell'inferni, prov.; Etim.: dal tardo lat. Malifatius,
attraverso il prov. Malvatz;
malvagità s.f. - malvagità, usato raramente;
malvazeîa s.f. - malvasia, il ben noto vino bianco secco
dell'Istria, particolarmente rinomata è quella che si produce dei
dintorni di Parenzo.
Vino che a Trieste già nel quattrocento veniva definito: "Malvaticum
exquisitum"; Etim.: dalla città greca del Peloponneso, Monobasìa,
da cui una volta proveniva quel tipo di vino o di uva;
malvàzo s.m. - vedi malvàgio;
malveîsto agg. - malvisto, inviso; - El zì malveîsto
da doûti: è inviso a tutti;
malvignoû agg. (f. -da) - mal venuto, mal riuscito;
malvisteî agg. (f. -da) - malvestito;
malvivènto s.m. - malvivente, bandito; - Ancui zì
malviventi dapardoûto: al giorno d'oggi trovi malviventi da tutte
le parti;
malvulantèra avv. - malvolentieri, di controvoglia;
malvulantèri avv. - malvolentieri;
malvulentèri avv. - malvolentieri;
malvulènto agg. - malvoluto, malaccetto, di controvoglia;
malvulì v.tr. (i malvulìo) - malvolere,
usato però quasi esclusivamente all'infinito ed al participio passato;
cunpuortate ben, che i cateîvi i zì
malvuloûdi da doûti: comportati bene che i cattivi sono
malvoluti da tutti; i l'uò ciulto a malvulì
par quil schierso che g'uò fato: lo hanno prese in malvolere
per quello scherzo che gli ha tirato;
malvuloû agg. (f. -da) - malvoluto, malvisto, antipatico,
non amato; li fimane malvuloûde nu li truva
ningoûn ca sa li ciù: le femmine antipatiche, non trovano
nessuno che se le prenda;
màma s.f. - mamma. Più comunemente si usa màre;
mamàci s.f. - mammina, termine affettuoso usato sopratutto
dai bambini per la mamma, fa il paio con papàci;
mamaloûco s.m. - mammalucco, giuggiolone, babbeo, persona
sciocca e goffa;
...............
man s.f. 1. mano; ciù el
peîcio par man, ca sandaliberal, el giavo nu monto in carita:
prendi il bambino per mano, che Dio ne scampi succeda qualche guaio; oûna
man lava l'altra e doûte dui el moûz: una mano lava
l'altra e tutte e due la faccia, prov.; man giasade,
cor caldo: mani ghiacciate, cuore caldo, comunemente si riteneva
che chi aveva le mani fredde fosse innammorato, prov.; daghe
oûna man el ta ciù el braso: dagli una mano e ti prende
il braccio. Modi di dire: alsà li
man: alzare le mani, mettere le mani su qualcuno per picchiarlo;
nu biegna alsà li man davanti i fioi peîci: non bisogna
venire alle mani davanti i bimbi piccoli; bati
li man: applaudire, dimostrare la propria approvazione; caminà
man e peîe: camminare carponi; man
a man: mano a mano, un pò alla volta, gradatamente;
indreîo man: continuamente, in continuazione;
ciù, dumandà la man: prendere, domandare in sposa;
(zeî a) man lònghe: andare
a trovare qualcuno senza portare nulla; i nu son
bona da zeîlo truvà a man longhe, magari oûna munada,
ma ga vuoi purtà oûn pansiareîn: non sono capace
d'andare a trovarlo senza nulla, magari una stupidaggine, ma gli voglio
fare un pensierino; man zvude: mani
vuote, senza nulla; sagònda man:
cosa di seconda mano, già usata; la uò
ciulta da sagonda man: la presa già usata, non nuova; 2.
una mano di tinta, di vernice; quista zì la
sagonda man: questa è la seconda passata di pittura, è
la seconda mano; 3. nel gioco delle carte, una presa, una mano;
quista man i vemo fato trinta ponti: questa
mano abbiamo fatto trenta punti; 4. (pesc) retata, cioè il
pescato relativo a quanto tirato sù con una retata; 5. aiuto;
daghe oûna man, nu ti vidi ca zì in
catoûra a purtà da sul doûto quil piz: aiutalo,
non vedi che è in difficoltà a portare tutto quel peso da
solo; oûna man nu sa rafiuda a ningoûn:
un aiuto non si rifiuta a nessuno; Etim.: dal lat. Manus;
Man Bona (la) top. - località sul versante nord del Canal
di Leme, tra la valle omonima e Val Fuiaga, il nome deriva molto
probabilmente da una retata particolarmente fortunata;
Man da San Piiro s.m. - alcionio, Alcyonium palmatum;
Man Grànda (la) top. - località posta tra il Muriel
da Val Fabùrso e I Arni, posizione ottima per la pesca
dei pisi sensa non, cioè del latterino di mare o gianchetto,
la cui frittura è particolarmente prelibata;
Man Peîcia (la) top. - località tra Val Fabùrso
e il Murièl da questa posizione di posta si pratica la
pesca tramite la rete detta gigueîsa, una sorta di sciabica
o tratta, soprattutto nel periodo primaverile;
màna s.f. 1. manipolo di frumento; 2. covone,
fascio di steli formato da manipoli di frumento; Etim.: dal lat. Manua,
manciata da Manus, mano;
màna s.f. - manna, il mitico alimento della Bibbia piovuto
dal cielo sugli ebrei in fuga dall'Egitto. Passato perciò ad identificare
un miracolo un evento portentoso per antonomasia; a
nu biegna spatà la mana, ma dase da fà: non bisogna
aspettare la manna, ma darsi da fare;
manà v.tr. (i mèno) 1. menare, battere,
picchiare; el zì liesto a manà li man:
è lesto a menare le mani; 2. menare, condurre, portare; iI
lu meno a lieto ca nu stà gnanca in peîe: lo porto
a letto che non sta neanche in piedi; Etim.: dal lat. Minare, minacciare,
il secondo significato deiva dal senso di condurre degli animali con delle
grida;
manàda s.f. 1. manata; 2. manciata, il
contenuto di quello che sta in una mano;
manàga s.f. 1. manica; nu
ti veîdi ca li managhe zì masa longhe: non vedi che
le maniche sono troppo lunghe; i vuoi oûn giliè
sensa managhe: voglio un gilet senza maniche. Modi di dire:ièsi
da manàga làrga: esser di manica larga; manàga
a vènto: manica a vento; 2. accolita, combriccola,
ganga, gruppo; a gira la suolita managa da mataloni:
si trattava della solita combriccola di mattacchioni; 3. lo stomaco
del pesce; Etim.: dal lat. Manica, da Mamnus, mano;
..............
manàura s.f. - manovra, soprattutto di carattere militare;
ancui sa sento i riuplani miricani zbulà zura
Ruveîgno cume in tenpo da guièra. Grasie a sti manaure par
dui-tri vuolte oûn pier da luri uò pasà la bariera
del son, e na uò paristo ch'i bunbardeîso in qualco banda:
adesso si sentono gli aeroplani americani volare sopra Rovigno come in
tempo di guerra. Grazie a queste manovre per due-tre volto un paio di loro
hanno superato la barriera del suono, e ci è sembrato che bombardassero
da qualche parte; Etim.: con molta probabilità attraverso il gergo
militare austriaco, dal fr. Manoeuvre;
mancà v.tr. e intr. (i mànco) - mancare,
venir meno; a manca sulo tu sor, e puoi i signì
doûti acazadi: manca soltanto tua sorella e poi siete tutti
accasati; cu manca gize minoûdi al buoto, ciamame:
quando mancano dieci minuti a mezzogiorno, chiamami; a
va manca ancura mondo?: vi manco ancora tanto (a finire)?;
màncalo s.m. - vedi mànculo;
mancamènto s.m. - mancamento, svenimento, attimo di debolezza;
mancànsa s.f. 1. mancanza, carenza, insufficienza;
a nu zì meîga mancansa da pìsi
in sta stazon: non c'è mica mancanza di pesci di questi tempi;
2. errore, mancanza; li suove mancanse li
cugnùso miezo mondo: i suoi errori li sanno mezzo mondo;
3. mancanza, assenza; stu ano iè fato
nama ca oûna mancansa sul lavur: quest'anno ho fatto soltanto
un'assenza sul lavoro;
mancanto agg.- mancante;
manceîn s.m. - persona affetta ad anomalie teratogene
alle estremità;
Manceîna - s.n. delle famiglie Budicin, Massarotto e Venier;
Manceîna (la) top. - sullo scoglio de La Lantierna
o di San Zuane Peîcio, così è chiamato il sito
in cui si trova la grù per sollevare le barche che i guardiani del
faro hanno in dotazione per mantenere i collegamenti con la terra ferma;
Etim.: da man = mano + ceîna = china, cioè mano piegata, come
appunto un braccio della grù;
manchivòlo agg. - manchevole;
manchivulìsa s.f. - manchevolezza;
mànco agg. - manchevole, scarso, insufficiente, poco;
la vuluntà nu fà dafieto, li fuorse
zì manche: la volonta non fa difetto, sono scarse le forze;
mànco avv. 1. neanche, nemmeno; sierte
ruobe nu li curo manco deî: certe cose non occorre neanche
dirle; manco par idieîa: neanche per
idea; 2. poco, meno; a zì senpro manco
ruvugnizi: ci sono sempre meno rovignesi; manco
mal, i iè oûn pachito da rasierva: poco male, ho un
pacchetto di riserva;
manculeîn s.m. - aratro; Etim.: forse dal lat. Manus,
regolo dell'aratro + suffisso -iculus. L'Ive, forse più correttamente,
lo fa derivare da vànga, vedi anche il friulano Vanguleîn,
con il passaggio della 'v' in 'm' non infrequente nel rovignese.
manculìto s.m. - piccolo aratro;
mànculo s.m. 1. bitta; 2. sporgenze del
fasciame della barca usate per legarvi le funi. Riporto anche la dettagliata
spiegazione del Ninni: "Pezzo di legno squadrato che sporge fuori dell'opera
morta ai lati delle barche e che serve per legare le corde o le reste.
I "mancoli" di prora dei bragozzi sono assicurati colle loro estremità
all'asta, quelli di poppa invece arrivano perpendicolarmente al fondo della
barca. Si vedono anche "mancoli" rotondi od ottagonali";
mandà v.tr. (i màndo) - mandare, inviare;
i manda li vardie in sìrca da Tuoni, cheîsa
chi ca zì nato: mandano le guardie in cerca di Toni, chissà
cosa è successo; ca Deîo ma la mando
bona: che Dio me la mandi buona; ara, el siil
ta manda, i zeîvo nama in sìrca da teî: toh,
è il cielo che ti manda, andavo giusto in cerca di te; mierda
manda e mierda spieta: manda merda e merda aspetta, cioè
ad affidare un incarico ad un incapace non ci si può che aspettare
un esito negativo, prov.; el mandaravo in parzon
anca su mare: manderebbe in prigione anche sua madre; cheî
vol vago e cheî nu vol mando: chi vuole vada, e chi non vuole...
mandi, prov.;
mandadoûra s.f. - rammendo;
Mandalena n.pr.f. - Maddalena; la Mandalena,
la nuziela piena: per il giorno di Santa Maddalena, la nocchia è
piena, cioè matura, prov.;
mandamà v.intr. (i mandamìo) - vedi vandamà;
mandanto s.m. - mandante;
mandareîn s.m. 1. mandarino, il piccolo e gustoso
agrume; 2. mandarino, funzionario dell'impero cinese;
mandarìsa s.f. - vedi cumandarìsa;
mandàto s.m. - mandato, incarico;
mandatuli inv. - voce usata solamente nell'espressione idiomatica:
datuli vol mandatuli: che vuol dire
che per avere, per ricevere qualcosa, bisogna anche dare;
Mandich - Michiel da Castua, 1801;
mandràcio s.m. - mandracchio, la parte più interna
e riparata di un porto;
Mandràcio (el) top. - il molo di attracco dell'Isola
di Santa Caterina;
mandràgula s.f. - mandragola, erba velenosa delle Solanacee;
mandràso s.m. - piccolo ed innoquo serpente;
Mandràso - s.n. della famiglia Veggian;
Mandreîca - s.n. della famiglia Veggian;
mandreîn s.m. - asta metallica di forma cilindrica usata
per allargare i fori;
màndria s.f. 1. mandria, branco di bovini od equini;
ara ca biela mandria da cavai: guarda che
bella mandria di cavalli; 2. recinto per far pernottare il bestiame,
situato solitamente davanti ai rifugi di campagna; 3. recinto per
il letame;
mandrìta (a) loc. avv. - a destra, dalla parte di destra;
a mandrìta gira oûna viecia stànsia
in ruveîna: sulla destra vi era una vecchia casa in rovina
di un possedimento agricolo;
màndula s.f. 1. mandorla. La drupa del mandulièr,
consumata come frutta secca come cùche e nuzièle.
E' utilizzato in pasticceria per farcire torte, o confezionare pasticcini.
In medicina trova invece impiego l'olio di mandorla, mentre in Sicilia,
dove è intensamente coltivato si ricavano dei panetti di pasta di
mandorle per prepare bibite e granatine; el spaca
li mandule magnando li scuorse e butando veîa i papi: rompe
le mandorle mangiando le bucce e gettando via i pappi, cioè il più
buono, prov; ma piaz da pioûn magnà
mandule ca nuziele: mi piace di più mangiar mandorle che
nocciole; 2. (fig) bustarella, denaro allungato sottobanco per ungere
le ruote, corrompere; el uò ciapà la
mandula par faghe vì la lisensa: ha preso la bustarella per
fargli aver la licenza; Etim.: dal tardo lat. Amandula, clas. Amygdala,
tramite il greco;
màndula s.f. - doppio anello di legno applicato alle
vele per impedirne lo strappo, radancia;
Màndula - s.n. delle famiglie Camenari e Devescovi;
mandulàto s.m. - torrone, mandorlato. Dato che il torrone
per antonomasia per noi è quello con le mandorle; i
nu iè pioû i denti par magnà el mandulato: non
ho più i denti per mangiare il torrone; ti
vol meti el mandulato ca sa taìva cu la manera cun quil da dieso:
vuoi mettere il mandorlato ristico che si tagliava con l'accetta con quello
che vendono adesso;
manduleîn s.m. - mandolino; i suniva
chi cun la ticara, chi cul manduleîn e chi cu i cuvierci da piltro...:
chi suonava con la chitarra, chi con il mandulino, chi con i coperchi di
peltro...; l'uò el coûl a manduleîn:
ha il sedere a mandolino; oûna vuolta i deîzi
ca doûti i barberi suniva el manduleîn: dicono che una
volta tutti i barbieri suonavano il mandolino;
mandulièr s.m. - mandorlo, albero di mandorle, Amigdalus
communis o Prunus communis. Albero che fiorisce già a gennaio prima
di mettere le foglie. I fiori sono bianchi disposti a paia. Il frutto è
una drupa ovale il cui seme può essere dolce od amaro a seconda
della qualità; el mandulier uò dei
bai fiuri: il mandorlo ha dei bei fiori;
mandulìta s.f. - dim. di màndula, piccola
radancia;
..............
mangreîz s.m. 1. elicriso, Encrysum angustifolia.
Pianta aromatica appartenente alla famiglia delle composite, dalle caratteristiche
infiorescenze gialle. Un tempo si usava bruciarla, assieme ad altre piante
aromatiche, la notte di San Giovanni, con evidenti scopi apotropaici. Mentre
più prosaicamente si bruciavano grosse fascine di mangreîzi
per sciogliere la pece usata nella cantieristica navale; 2. (gen)
erbaccia;
Mangreîz - s.n. della famiglia Dapiran;
manicheîn s.m. - manichino;
manichièla s.f. - ombrineale, foro praticato sulle murate
delle navi, per il deflusso dell'acqua imbarcata;
manicuòmio s.m. 1. manicomio, casa di cura per
i malati di mente; 2. (fig) confusione;
maniegià v. tr. (i maniègio - i manigìo)
- maneggiare;
maniègio s.m. 1. menage; 2. maneggio;
manièla s.f. 1. manata, pugno. La quantità
di ralinga contenuta in una mano; 2. mazzatto, generalmente di veînchi;
Etim.: da man;
manièra s.f. - modo, maniera; nu
zì mudi nà maniera da fagalo intrà in quila soûca
zboûda: non cìè nè modo nè maniera
di farglielo entrare in quella sua zucca vuota; a
ta par quista la maniera da cunpurtase?: ti sembra questo il modi
di comportarsi?; Etim.: dal fr. ant. Manière;
manièra s.f. - accetta, mannaia, scure, vedi manèra;
Etim.: dal lat. Manuarius;
manièstra s.f. - minestra. Molte sono le tipiche minestre
rovignesi, dal piatto istriano per antonomasia, la jota, fatta con
crauti e fagioli; beîzi e reîzi o reîzi e beîzi
a seconda delle quantità di piselli messi nella minestra; orzo
e fazuòi o fazuòi e orzo, orzo e fagioli; patate
e pasta o pasta e patate, patate e pasta; maniestra da fave,
minestra di fave; pasta e pisiòi, pasta e ceci; manastron
da vardoûra, minestrone di verdura ecc. ecc.; Etim.: dal lat.
Minastrare = servire a mensa, e questo da Minister = servitore;
Manièstra - s.n. della famiglia Brunetti;
Manièstra da s'ciavi - s.n. delle famiglie Baban e Marangon;
manighìto s.m. - dim. di manago;
maniguòldo s.m. - manigoldo, malfattore; quil
maniguoldo da feîo el s'uò fato butà fora da scola:
quel figlio manigoldo si è fatto cacciare da scuola;
maniguòto s.m. - vedi managuòto;
manìla s.f. - tipo di corda vegetale;
manìn s.m. - (ant) braccialetto, gioiello, voce arcaica
pressochè scomparsa dall'uso, riscontrabile in un documento dotale
del 1736, redatto dal notaio Domenico Spongia: "Un paro di manini a
cordon nuovo d'oro". Vista l'opera di italianizzazione operata nel
redarre testi ufficiali, il termine, seguendo la particolare dittongazione
rovignese doveva essere maneîn. Così riscrivendo il testo
in puro dialetto si ha: "oûn pier da maneîni
cul curdon nuvo da uoro". Etim.: da man;
...............
mansànca (a) loc.avv. - dalla parte di sinistra, dal
lato di sinistra; ara, guantite a mansanca e nu ti
zbalgiariè: beh tieniti sulla sinistra e non sbaglierai;
mansiòn s.m. - mansione, incarico, compito, ruolo; ara
i fago la mansion da capo, ma i ciapo i buori da uparaio: beh, svolgo
la mansione di capo, ma prendo i soldi come un semplice operaio;
i lu viva ciulto cumo fatureîn, ma dieso el uò ganbià
mansion: lo avevano assunto come fattorino, ma adesso ha cambiato
incarico;
mansipà v.tr. (i mansipìo) - emancipare;
mansipà agg. (f. -àda) - emancipato; dieso
li fimana li zì doûte mansipade, li lavura e li fà
quil ca li vol: adesso le donne sono tutte emancipate, lavorano
e fanno quello che gli pare;
mansipàse v.rifl. (i ma mansipìo) - emanciparsi;
mansipasiòn s.f. - emancipazione;
mansiunà v.tr. (i mansòno) - menzionare,
nominare, ricordare; i lu mansono in doûte
li mieîe urasioni: lo ricordo in tutte le mie preghiere; gioûsto
giri i ta vemo mansiunà: giusto ieri ti abbiamo menzionato;
sa mansona el giavo e ga sponta li cuorna:
si nomina il diavole e gli spuntano le corna, prov.;
mantagà agg. - mantecato, attributo del baccalà,
preparato alla veneta. Lavorato col latte e pestato sino a che non diviene
come una crema, una purea; el bacalà ma piaz
in doûti i muodi ma zuradoûto mantagà: il baccalà
mi piace in tutti i modi ma soprattutto mantecato; Etim.: dallo sp. Manteca;
mansunà v.tr. (i mansòno - i mansunìo)
- vedi mansiunà;
mànte s.m. - mante, sistema di funi per sollevare grossi
carichi;
manteîcio s.m. - paranco per alzare o mettere a dimora
il timone;
manteîl s.m. - tovaglia grossolana; cava
el manteîl e meti oûna tuvaia bona: togli la tovaglia
di tutti i giorni e mettine una di buona qualità;
manteîlgia s.f. - mantiglia, mantellina di seta; Etim.:
dallo spagnolo Mantilla;
mantèlo s.m. - mantello, indumento una volta quasi prevalentamente
maschile; ti vaghi a oûn balo mascarà,
chi t'iè el mantelo niro?: vai ad un ballo mascherato che
indossi un mantello nero?;
mantièca s.f. 1. manteca; 2. pomata per
lucidare i metalli; Etim.: Etim.: dallo spa. Manteca = sugna, strutto,
burro, cosa untuosa per il tramite del veneziano, vedi anche mantagà;
mantièl s.m. (pl. -ài) - mantello; cun
la nuoto sensa loûna e cuvierto da oûn mantiel nigaro nu ma
vidaruò ningoûn: di notte senza luna e coperto da un
mantello nero non mi vedrà nessuno; Etim.: dal lat. Mantellus;
mantigneî v.tr. (i mantiègno) - mantenere;
grando e gruoso, e ti ta fà ancura mantigneî
da tu pare, a la tuova ità mi giro zà a lavurà da
sie ani e i ma vivo maridà cu tu sor: grande grosso come
sei, ti fai ancora mantenere da tuo padre, alla tua età ero già
a lavorare da sei anni e mi ero già sposato con tua sorella; a
cuosto da magnà pan e sivula, ma i mantignariè la paruola:
a costo di mangiare pane e cipolla, ma manterrò la parola; Etim.:
dal lat. Manu tenere;
mantignimènto s.m. - mantenimento; el
ga pasa oûn milion al miz par el suovo mantignimento: gli
passa un milione al mese per il suo mantenimento;
mantignoûta s.f. - mantenuta, donna che vive con l'elargizione
del suo o dei suoi amanti, donna di malaffare; meo
fà la sierva ca iesi oûna mantignoûta: meglio
far la serva che essere una mantenuta;
mantileîna s.f. - mantellina, costituiva una volta uno
dei tipici indumento delle donne rovignesi, generalmente di lana e con
delle frange leggermente più corte di quelle che ornavano il
fasulitòn; la ga viva crunpà oûna
biela mantileîna rusa cul capoûcio ca ga stiva nama ca biel,
e doûti la ciamiva capuceîto ruso: le aveva comprato
una bella mantellina rossa con il cappuccio che le stava assai bene, e
tutti la chiamavano capuccetto rosso;
mànto s.m. - manto, lett.; in oûn
manto da stile: in un manto di stelle; a nu
ga pariva viro vidi Ruveîgno zuta oûn manto da nio:
non gli sembrava vero vedere Rovigno sotto un manto di neve;
mantuvà v.rifl. - mentovare, ricordare, usato quasi esclusivamente
all'infinito; chi ti vaghi a mantuvà sti ruobe:
cosa vai a tirar fuori, a ricordare queste cose;
mantuvàna s.f. - mantovana, detta più usalmente
bonagràsia;
manumièso agg. - mamesso, alterato;
manumièti v.tr. (i manumièto) - manomettere;
manumisiòn s.f. - manomissione;
manutinsiòn s.f. - manutenzione;
la costa mondo ma ga curo puoca manutinsion: costa molto ma le occorre
poca manutenzione;
manuvàl (pl. -ài) s.m. - manovale; nu
sa truva pioûn da lavurà gnanca cumo manuval doûti i
lavuri zì fiermi par veîa de la guiera: non si trova
più lavoro neanche come manovale, tutti i lavori sono fermi a causa
della guerra; Etim.: dal lat. Manualis, che lavora con le mani;
manuvièla s.f. 1. manovella; cheîsa
la feîn ca ga uò fato fà a quil viecio gramuòfano
cu la manuviela ca veîva ma nuono, gneînte da pioûn faseîle
ch'i lu uò butà cume la viecia balansa ca gira cuseî
biela: chissà che fine hanno fatto fare a quel vecchio grammofano
a manovella che aveva mio nonno, nulla di più facile che lo hanno
buttato via, come la vecchia bilancia che era così bella; 2.
termime dei cavatori di pietra, grossa asta di legno duro usata come leva
per smuovere grosse pietre; Etim.: dal lat. pop. Manibella, dal classico
Manibula = maniglia;
manuvrà v.tr. (i manòvro - i manuvrìo)
- manovrare; la uò manuvrà par rastà
sula cul mauco: ha manovrato per restare da sola con il suo amante;
Etim.: dall'espressione del lat. med. Manu operare, probabilmente tramite
il fr. Manoeuvrer;
manuvradùr s.m. - manovratore, conducente, autista; soûn,
daghe oûn taio ca nun sa faviela al manuvradur: dai sù,
finiscila che non si chiacchiera col conducente;
manzeîgula s.f. - v. manzìgula;
.................
maòna s.f. 1. nave da carico, barcone, chiatta
per il trasporto delle merci. Un tempo con convolgli di maone trasportati
dal rimorchiatore si caricava la bauxite dal porto di Valdibora; 2.
(fig.) donna grassa, grassona, dai fianchi tondeggianti; coûn
doûte quile maone la batana la viva el burdo a peîl d'aqua:
con tutte quelle grassone la barca aveva il bordo a pelo d'acqua; Etim.:
dal turco Ma'una = galea da guerra turca, somigliante alla galeazza veneta;
e questi dal'arabo Ma'un = vaso;
màpa s.f. - mappa, carta geografica, topografica; par
nu zeî in parigulo da zbalgiame i ma son fato oûna mapa:
per non correre il pericolo di sbagliarmi mi sono fatto una mappa;
mapamòndo s.m. 1. mappamondo; 2. (fig.)
deretano, culo; la uò oûn biel mapamondo:
ha un bel fondo schiena;
mar s.m. - mare. Inutile dire l'importanza che da sempre ha
avuto questo elemento nella vita di Rovigno, nata su di un'isola e che
dal mare con i suoi marinai e pescatori ha tratto in gran parte il suo
sostentamento. Ora invece è il turismo che grazie allo splendido
mare di Rovigno, fornisce la principale fonte di ricchezza. El
mar uneîso, i monti diveîdo: il mare unisce, i monti
dividono; d'istà al mar, d'invierno in sità:
in estate al mare, d'inverno in città; nu
ma piaz el mar da sabia: non mi piace il mare (con le spiagge) sabbiose.
Modi di dire: mar broûto:
mare mosso, mare in tempesta, burrascoso; ancui zì
mar broûto, zì mondo meo rastà a tiera: oggi
il mare è burrascoso è meglio restare in terra; mar
cùme l'òio: mare calmo, piatto, liscio come l'olio;
mar cùme oûna tuòla:
mare calmo, piatto, liscio come una tavola, bonaccia assoluta; mar muòrto:
situazione del mare in cui vi sono onde anche senza vento; mar
lòngo: mare leggermente mosso, increspato dal vento residuo;
mar intrasà: mare in cui le
onde arrivano trasversalmente; in mar:
il alto mare, lontano dalla costa. A seconda della forza del mare abbiamo:
mar fà tuòla: mar forza
0, bonaccia assoluta, calma piatta; gaiulìta:
mare forza 1, mare appena increspato; maritòla:
mare forza 2, onde corte e basse che non producono schiuma;
marìta: mare forza 3, onde che iniziano a rompersi; el
mar bianchizìa: mare forza 4, caratterizzato da ondate
lunghe e ricche di spuma; cùlpi da mar:
mare forza 5, grandi onde con spruzzi; cùlpi
da mar, doûto oûn làto: mare forza 6, mare
che si gonfia minaccioso; cùlpi da mar
e doûto furmarièle: mare forza 7, mare con onde
alte spazzate dal vento, e scarsa visibilità; mar
veîvo: mare forza 8, mare molto grosso; ùrdane:
mare forza 9, mare tempestoso. Al mare di Rovigno è dedicata una
bella canzone del maestro Carlo Fabretto, Vignì
sul mar muriède, composta nel 1927, di cui fornisco di
seguito il testo:
1. Vignì sul mar, muriede
zì l'onda tanto quita, lizera la barchita la và ca zì oûn piazir! A largo da Muntravo pioûn bona zì la sena; là canta oûna sirena, sul scuio el ruzignol. rit. El mar zì vita l'onda zì oûn fiur, zì oûna dilissia la su cansun. El mar zì oûn canto, l'onda zì oûn fiur ca na faviela senpro d'amur! 2. La sira la zì biela, el sil zì pien da stile, zì pronto rimi e vile, li furcule, el timun. A largo da Montravo pioûn bona zì la sena; là canta oûna sirena, sul scuio el ruzignol. rit. |
1. Venite sul mar, ragazze
l'onda è tanto quieta, leggera la barchetta va che è un piacere! A largo di Montravo più buona è cena; là canta una sirena, e sullo scoglio l'usignolo. rit. Il mar è vita l'onda è un fiore, è una delizia la sua canzone. Il mar è un canto, l'onda è un fiore ca ci parla senpre d'amore! 2. La sera è bella, il cielo è pien di stelle, sono pronte remi e vele, le forcule, il timone. A largo di Montravo più buona è la cena; là canta una sirena, e sullo scohlio l'usignolo. rit. |
e questa bella poesia di Giusto Curto:
Ste batane marseîde
fra li alighe
Brasi da pasiensa
limiva li furcule
Zboûzina quii
ligni sensa bureîna
Rumuri scunfondo
li sinfumeîe dei venti
Anduve zì
i punenti rusi da bronse veîve
Zì masadi
i omi ca badiliva el mar
|
Queste battane marce
fra le alghe
Braccia di paziensa
limavano le forcole
Rumoreggiano quei
legni sensa vento
Rumori confondono
le sinfonie dei venti
Dove sono i ponenti
rossi di bronze vive
Sono periti gli
uomini che vangavano il mare
|
e questa di Ligio Zanini:
Mar quito,
I ta capéisso:
Mar alanbastro,
Mar miéo,
|
Mar quieto,
Ti capisco:
Mar alabastrino,
Mare mio,
|
- Siura mare l'è un biel marcà, cunprimane oûno.
Cunprime oûn biel galito, la mieîa sparansa. El galito "Chichirichì", Livate biela ca priesto fa deî. - Siura mare l'è un biel marcà, cunprimane oûno. Cunprime oûna galinita, la mieîa sparansa. La galinita "Cucudiè", El galito "Chichirichì", Livate biela ca priesto fa deî. - Siura mare l'è un biel marcà, cunprimane oûno. Cunprime oûn biel dindiuoto, la mieîa sparansa. El dindiuoto fà "Glù glù", La galinita "Cucudiè", El galito "Chichirichì", Livate biela ca priesto fa deî. |
- Signora madre è un bel mercato, compratemene uno.
Compratemi un bel galletto, la mia speranza. Il galletto "Chicchirichì", Alzati bella che presto fa giorno. - Signora madre è un bel mercato, compratemene uno. Compratemi una gallinella, la mia speranza. La gallinelle "Coccodè", Il galletto "Chicchirichì", Alzati bella che presto fa giorno - Signora madre è un bel mercato, compratemene uno. Compratemi un tacchino, la mia speranza. Il tacchino fà "Glù glù", La gallinelle "Coccodè", Il galletto "Chicchirichì", Alzati bella che presto fa giorno. |
la filastrocca continua così all'esaurimento degli animali o
della madre.... Etim.: dal lat. Mercatus, da Merx-mercis, merce;
marcà v.tr. (i màrco) - marcare, marchiare;
el vularavo marcà veîzita par nu iesi
da zguaìta: vorrebbe marcar visita per non esser messo
a fare la sentinella;
marcacacào s.f. - una cosa che non vale nulla, non buona;
marcadoûra s.f. - marcatura;
marcanseîa s.f. - mercanzia; el
viva oûna bursa cariga ful da carabatule e marcanseîe:
aveva una borsa piena di cianfrusaglie e mercanzie;
marcànte s.m. - vedi marcànto; el
zì masa bon par iesi oûn bravo mercante: è troppo
buono per essere un bravo mercante;
Marcànte - s.n. della famiglia Basilisco;
marcànto s.m. - mercante, commerciante; el
marcanto, el puorco i sa piza duopo muorto: il commerciante ed il
porco si pesano dopo che sono morti, prov.; Etim.: dal lat. Mercantem,
p.p. di Mercari, commerciare;
marcantuògno s.m. 1. uomo grande e grosso, omone,
forzuto; chi ti vulariensi fà cu quii marcantuogni?
nui i signemo du puovari vieci: che vuoi fare con quegli omoni?
noi siamo due poveri vecchietti; 2. sfaccendato, uomo di poca voglia;
Etim.: dal personaggio storico romano Marco Antonio, seguace di Giulio
Cesare. Altri invece dalla maschera burlesca di origine francese Marc-Antoine
(1550);
marcapiàn s.m. - mensola, ripiano, sostegno;
marcateîn s.m. - mercatino; ara
ca par fà boni afari al marcateîn ga vol alsase bunura:
guarda che per far dei buoni affari al mercatino occorre alzarsi di buon
mattino;
marcàto s.m. - mercato; la zì
zeîda al marcato par fà oûn rigalìto a su niesa
ca ancui la fà i ani: è andata al mercato per fare
un regalino a sua nipote che oggi compie gli anni; chi
zì stu dazìo?! a par da iesi al mercato: cos'è
questo chiasso, questa confusione?! sembra d'essere al mercato; Etim.:
dal lat. Mercatus
..............
màrco s.m. - ago; Etim.: vc. veneziana così definita
dal Boerio: "quel ferro o peso della stadera appiccato allo stile, che
stando a piombo mostra l'equilibrio." Data la sua essenziale funzione
nel bilanciare doveva passare l'esame dei funzionari veneti che vi apponevano
il loro sigillo a garanzia (il leone di San Marco), da qui il nome;
màrco s.m. - marco, la moneta corrente in Germania. Ora
una delle principali monete del mondo e la più forte in Europa;
i priesi ta li fà in marchi, parchì cu la zvalutasion ca
zì, cui dinari i li duvaravo zganbià doûti i giuorni:
i prezzi li fissano in marchi, perchè per la svalutazione che c'è,
con i dinari li dovrebbero cambiare ogni giorno;
Màrco n.pr.m. - Marco;
Màrco Càco n.pr.m. - figura che impersona i vecchi
tempi, le vecchie costumanze, cioè quelle ormai antiquate, non più
in uso, ma anche per certuni i buoni vecchi tempi di una volta. Modi
di dire: a i tènpi da Màrco
Càco: in tempi remoti, lontanissimi. Tale espressione
in italiano è resa da "Al tempo che Berta filava" ed in romanesco
da "Al tempo de Chicco e Nina"; viècio
cùme Màrco Càco: vecchissimo, vecchio come
Matusalemme; Etim.: vc. presente anche nell'area veneta e nel triestino.
Alcuni sostengono trattarsi d'una figura realmente esistita, un certo Marco
Caco vissuto intorno al 1350; altri da un certo Marco Caccamo distintosi
nella guerra tra Venezia e Padova del 1214. Io direi che invece è
molto probabilmente un chiaro riferimento ai vecchi tempi della Repubblica
di S. Marco;
marcomaduòne loc. - (arc) il gioco di testa e croce,
detto anche tièste e àcule o tièsta e cruz;
Etim.: dalle due effige delle monete al tempo di Venezia: da una parte
San Marco e dall'altra la Madonna; l'altro nome dalla testa dell'imperatore
e l'aquila auburgica ed infine il più recente tièsta e cruz
è un calco dell'italiano, dalla testa del re e la croce dello stemmo
sabaudo. A Firenze si diceva invece "Palle e santi", dalle palle medicee
e dai santi effigiati nel retro;
Marcòn s.m. - accr. di Marco;
Marcòn - s.n. della famiglia Venier;
Marcoûci - s.n. delle famiglie Malusà e Venier;
marcoûrio s.m. - mercurio;
Marcoûrio n.pr.m. 1. Mercurio, la divinità
romana posta a tutela del commercio; 2. Mercurio uno dei pianeti
del sistema solare;
marculeîn s.m. - soldo veneto, che ebbe corso dal XVII
sec. sino, come precisa il Boerio, trent'anni dopo la caduta di Venezia;
marculeîna s.f. - qualità di uva;
marcùlfo s.m. e agg. - sciocco, balordo, goffo, sguaiato;
Etim.: dal nome del monaco Marculfus (VII sec.) famoso compilatore di summe
scolastiche, passato al rovignese tramite il veneziano in cui però
come ci precisa il Boerio "significava donna sagace, astuta";
màrdi s.m. - martedì, il secondo giorno della
settimana; nà da venare, nà da mardi,
da la caza no se parti: nè di venerdì, nè di
martedì dalla casa non si parte, prov.; Etim.: da Martis dies, cioè
giorno dedicato al dio romano della guerra Marte;
màre s.f. - madre, mamma; tu mare
(quila) greîga: tua madre quella greca, tipico insulto tra
ragazzi; mare fuorte, feîe puorche:
madri forti, laboriose, e figlie porche, cioè scansafitiche, poco
di buono, prov.; la mare cu la feîa zì
la maio cunpagneîa: la madre con la figlia è la miglior
compagnia, prov.; - mare muorta, pare uorbo:
madre morta, padre cieco, prov.; oûna mare
ragoûvara sento fioi, ma sento fioi nu ragoûvara oûna
mare: una madre assiste cento figli, ma cento figli non assistono
(neanche) una madre, prov.; a val pioûn oûna
mare, ca sento pare: vale di più una madre, che cento padri,
prov. Modi di dire: màre da bièco:
madre di pezza, ovvero una madre insensibile e snaturata; màre
de l'azì: massa gelatinosa che si forma nel vino e lo
trasforma in aceto, e quindi è come se fosse la madre dell'aceto;
Etim.: parola comune a tutta l'area indo-europea, rintracciabile con piccole
diversità in tutte le sue varie lingue: lat. Mater, gr. Meter, ted.
Mutter, ingl. Mother, rus. Mati, sanscrito Mata;
màre s.f. - parte dell'ancora ed esattamente l'estremità
della marra a forma triangolare;
màre da gròngo s.f. - motella di fondale, pesce
dell'ordine
dei Gadiformi, Gaidropsarus biscayensis. Caratterizzata dalla presenza
di tre cirri posti due sulle narici ed uno sotto la mandibola. Ha il color
grigio-cenere, raggiunge al massimo 1 15 cm., ma mediamente misura sugli
8-9 centimetri. Ha carni commestibili. Etim.: il Pellizer lo dice diretta
traduzione del croato Ugorova majka, cosa che mi sembra altamente improbabile.
Màre da sàso - s.n. della famiglia Sponza;
Màre dei càni - s.n. della famiglia Veggian;
Màre dei gàti - s.n. della famiglia Carpenetti;
Màre dei guài - s.n. della famiglia Sponza;
maredabuòi escl. - accidenti!, orpo!, perdinci!, cacchio!
ecc. ecc; maredabuoi! magara sa pudiso fà
cumo ti deîzi: accidentaccio, magari si potesse fare come
dici tu; Etim.: evidentemente da màre da buòi, cioè
vacca;
maredebòi escl. - vedi maredabuòi;
maregàse v.rifl. (i ma mareghìo) - rammaricarsi;
mareî s.m. (pl. -eîdi) - marito; li
bone muiere ingrasa i mareîdi: le buone mogli ingrassano i
mariti, prov.; nu biegna meti buca tra mareî
e muier: non bisogna metter bocca, mettersi di mezzo, tra marito
e moglie; Etim.: vedi mareîn;
.................
mareîna s.f. 1. marina, le rive lungomare; oûna
vuolta sa laviva i drapi in mareîna: una volta si lavavano
i panni sulla riva del mare; 2. marina, arma della; el
uò fato el militar in mareîna soûn la Caduorna:
ha svolto il servizio militare in marina, sulla nave da guerra Cadorna;
3. l'insieme delle navi militari, o mercantile;
Mareîna n.pr.f. - Marina;
Mareîna - s.n. della famiglia Rocco;
Mareîna top. - il tratto di riva che va dalla Piàsa
del Puòrto al Piasàl del Làco;
mareîncula s.f. - nome generico dei labridi allo stato
giovane, ed in particolare del Labrus julis, Lutanus core, Lutianus bidens.
Riporto questo gustoso contrasto tra:
La mareîncula e 'l sparito.
La mareîncula
uò fato guiera cu 'l sparito;
|
La marincolo ed il saraghetto.
La marincola
ha fatto la guerra al saraghetto;
|
Mareîncula - s.n. della famiglia Rismondo;
mareîo s.m. - marito, variante di mareî o
mareîn;
mareîtimo s.m. - marittimo, marinaio; ma
nuono el gira mareîtimo, inbarcà sul Cunte virdo: mio
nonno era marittimo, cioè faceva il marinaio, imbarcato sulla nave
"Conte verde";
mareîtimo agg. - marittimo, attinemte al mare; i
peîni mareîtimi: i pini marittimi;
maremieîa escl. - mammamia; maremieîa
ca dazìo: mammamia che confusione, che disordine;
marènda s.f. - merenda; Etim.: dal lat. Merenda, ger.
di Merere = meritare, forse anche connesso a Meridies;
Marènda - s.n. della famiglia Tamburin;
marendeîna s.f. - merendina, spuntino;
marèngo s.m. - antica moneta d'oro;
Marensàn - s.n. della famiglia Sponza;
Marenzi o Marenze - Nazario da Capodistria, 1733;
maresiàl s.m. - maresciallo, calco dall'it.;
Maressi - nel censimento del 1^ ottobre '45 erano presenti 3
famiglie;
Maressi - Andrea, di Pietro e Caterina Dapas, nato il 19 giugno
del 1904, guardia notturna e suonatore di contrabbasso nella banda cittadina.
Abitante con la moglie, Eufemia Rocco, in Androna S. Francesco 6. Venne
prelevato dai titini il 16 settembre del '43 nel negozio del barbiere Sponza,
"scomparso" dal 30 settembre '43;
.....................
marìgna s.f. - matrigna; li marigne
li zì maraguze anca sa li zì da soûcaro: le
madregne sono amare anche se sono di zucchero, prov.; maio
parigno, ca marigna: meglio il patrigno che la matrigna, prov.;
la mare deî ciapa, la marigna deî ti
vuoi?: la madre dice prendi, la matrigna dice vuoi?, prov.; Etim.:
dal tardo lat. Matrigna, dal clas. Mater;
Marìita n.pr.f. - Marietta, vezzeggiativo di Maria;
Marin - Francesco, Podestà nel 1643;
Marin - famiglia a Rovigno dal 1739 al milleottocento;
marinà v.tr. (i marinìo) - marinare il
pesce, generalmente le 'sardèle', cioè trattarlo con sale
ed aceto, aggiungendo cipolla e rosmarino, una volta fritto. Il tutto viene
detto savòr; Etim.: era un tipico cibo dei marinai, poichè
più rimane sotto la concia e più si mantiene ed insaporisce;
marinareîa s.f. - marineria. la
marinareîa ruvigniza la zì senpro stada oûna fonto da
richìsa e da lavur: la marineria rovignese è da sempre
stata una fonte di ricchezza e di lavoro. Da sempre la marineria è
stata uno degli assi portanti dell'economia rovignese, città nata
sul mare e che da esso ha sempre tratto sostentamento. Già nel periodo
comunale si possono vedere tracce della sua propensione marinare nel trattato
commerciale firmato nel 1188 con la repubblica dalmata di Ragusa. Per avere
dati statistici d'un certo rilievo occorre però risalire al decennio
1770-1780, in cui su di una popolazione attiva di 3.670 abitanti, ben il
47% era occupato in occupazioni attinenti il mare: 1165 erano pescatori,
555 marinai e padroni di barca. Le attività marinare subirono un
drastico calo, nel turbolonto periodo tra la fine della republica veneta
ed il secondo ritorno austriaco. Nel 1813, ad esempio, il porto di Rovigno
subì un'incursione inglese che distrusse gran parte del naviglio.
Dal Registro degli esercenti commercio ed industria, redatto nel 1852,
risultavano a Rovigno ben 112 padroni di barca che davano lavoro a 319
marinai e 107 ragazzi. La flotta risultava composta da 54 pielaghi, 36
brazzere, 14 bragozzi, 6 barchini ed una peota. I maggiori contribuenti
all'erario austriaco risultavano i "Padroni": Francesco Rismondo q. Alvise
col Pielego Leo; Giuseppe Pergolis con la Brazzera Maria Eufenia; Giusto
Rocco con il Pielego Quieto; Giacomo Bartoli con il Bragozzo Monte Santo;
Antonio Pergolis con la Brazzera Sibbila; Domenico Davanzo com il Pielego
Mincio; Gaetano Sponza con il Pielego Florio; Giuseppe Rocco col Pielego
Spartana e Nicolò Sbisà col Pielego Elena. Vi erano poi 69
barche da pesca con 300 pescatori, oltre a cinque squeri, tre officine
di velai ed alberanti per navigli. Nel 1886 la marineria di Rovigno vedeva
aumentato il numero delle imbarcazioni da pesca, 95 anzichè le 69
del 1852, che impiegavano complessivamente 441 persone. La flotta inoltre
poteva contare su 26 grosse imbarcazioni da trasporto, con 84 uomini d'equipaggio
e 86 barche di minor stazza con altri 203 uomini, per complessive 728 persone.
Il calo dei marittimi e in numero assoluto e in percentuale rispetto alla
popolazione attiva è solo apparente, perchè molti erano i
capitani e marittimi imbarcati sulla marineria triestina che in quegli
anni aveva avuto un notevole sviluppo. Intorno agli anni '20 di questo
secolo il numero delle imbarcazioni si aggirava intorno al centinaio, per
lo più dedite alla pesca locale con barche che di solito non superavano
i 10-12 metri di lunghezza: 31 batài, 38 batàne
cuvièrte, 1 batàna miezacuvierta, 13 batane,
5 barcheîni, 2 goûsi, 2 braguòsi,
2 braguseîti, 1 brasièra, 4 gaìte
e 3 barche varie. (dati desunti da una ricerca di G. Pellizer del
1987). In questo elenco manca stranamente il trabaculo che pure
si sa che veniva costruito negli squeri di Rovigno ed è del tutto
scomparso il pielago, forse ora genericamente chiamato batièl.
marinarìto s.m. - marinaretto, giovane marinaio;
Marinarìto - s.n. della famiglia Giuricin, che ha dato
il nome al curto dei Marinariti;
Marinàta - s.n. delle famiglie Fagherazzi, Sandri e Sponza;
Marini - Canciano qm. Piero dal Friul, 1739;
marinièr s.m. - marinaio, marittimo; el
sapadoûr seî ca zì el master pioûn biel dal mondo,
a fà el marinier sa zì senpro in pareîgulo da la veîta:
il contadino sì che è il mestiere più bello del mondo,
a fare il marinaio si è sempre a rischio della vita; i
ta fago el ratrato d'i vieci marinieri... el riceîn a la ricia sanca,
sul pito la cruz da uton, e sul braso i poûpi par la veîta:
ti faccio il ritratto dei vecchi marinai... l'orecchino sull'orecchia sinistra,
sul petto una croced'ottone, e sul braccio un tatuaggio;
marinièr agg. - marinaro, attinente sia ai marinai che
alla capacità di navigare; da peîcio
ma mare la ma vastiva a la mariniera: da piccolo mia madre mi vestiva
alla marinara; parciùo ca la seîo oûna
bona barca mariniera, ga vol ch'el lignò seîo da quil bon
e 'l manago ancura meo: affinche la barca sia buona e capace di
stare bene sul mare, ci vuole che il legno sia di quello buono ed il manico,
cioè chi la costruisce sia ancora meglio;
marinièr s.m. - crostaceo isopode, Sphaeroma rugicauda.
Tipico crostaceo delle rocciose coste rovignesi, che se
molestato usa appallottolarsi;
marinièr s.m. - tipico insetto che si trova rivoltando
i massi o nei muri ricchi di umidità, è detto anche porcellino
di terra od onisco.
marinoûn s.m. - l'odore acre del pesce o del fondale marino che
per la bassa marea rimane allo scoperto;
Màrio n.pr.m. - Mario;
Màrio Peînco - s.n. di Mario de Angelini, canottiere
e atleta noto per le sue scommesse, per esempio di andare a nuoto d'inverno
dopo aver mangiato da Rovigno a Santa Caterina. Faceva inoltre il pompiere
e fece parte della squadra del col. Harzarich che si dedicà al recupero
delle salme degli infoibati dai comunisti slavi e, purtroppo anche italiani.
In particolare cercò di recuperare la salma del fratello Cristoforo,uno
dei primi infoibati di Rovigno, non riuscendo però a rintracciarne
il corpo tra quelli orribilmente sfigurati che vi aveva rinvenuto;
mariòlo s.m. - vedi mariuòlo; da
giuvarieri, i nostri sapaduri visteîdi cul mariolo i zèva
a le sò fore a tendi i lavuri, inveîse la dumenaga cul vastì
de la festa i fiva cumuniela cui siuri: nei giorni di lavoro, i
nostri contadini vestiti col camisaccio da lavoro, andavano a curare i
lavori delle loro campagne, invece allla domenica vestiti di festa facevano
comunella con i proprietari terrieri;
mariòlo s.m. - furfante, persona furba e disonesta;
Marioûcia n.pr.f. - Mariuccia, dim. di Maria;
Marioûsa n.pr.f. - Mariuccia, dim. di Maria;
marìta s.f. 1. maretta, mare leggermente agitato;
2. (fig.) trambusto, situazione confusa, contrasto; a
gira oûn può da marìta tra mareîn e muier:
c'era un pò di maretta tra marito e moglie
..................
maroèle s.f.pl. - emorroidi;
maròn agg. - marrone, color castano scuro; visteî
in maron nu ta piaz: vestito in marrone non mi piaci; Etim.: dal
colore dei maròni;
maròn s.m. 1. marrone, castagna pregiata, Castanea
vesca; 2. (fig) testicolo, coglione; 3. (fig) errore, castroneria;
nu stà fà maroni: non fare castronerie;
4. (fig) danno, guaio, magagna; dupo spuzà
zì vignoû fora el maron: dopo sposato sono saltate
fuori le magagne, si sono scoperti gli altarini; fà
el maron: far danno, combinare un guaio; Etim.: voce alpina, indicante
prima la castagna e poi il anche il colore relativo. Dalla grossezza del
frutto nacquero i vari significati figurati di fallo, errore, castroneria,
sproposito presenti nei vari dialetti italiani, vedi il romanesco pijà
in castagna. Evidente invece il significato di coglione dalla stretta
somiglianza di forme;
maròn s.m. - accr. di mar;
maronada s.f. - castroneria, errore marchiano, cavolata;
maroûbio s.m. - tipo di pianta, Marrubium vulgarem;
maroûbio s.m. - forte oscillazione della marea; Etim.:
da mar + la vc. ven. Rubio = ruvido, rozzo;
maroûbio s.m. - persona burbera, austera, ruvida;
Marovich - nel censimento del 1^ ottobre '45 erano presenti
due famiglie;
màrsa s.f. - pus, putridume;
marsàn s.m. 1. coltello per tagliare le marze;
2. (fig) scure, accetta; el zì taià
cul marsan, nu 'l sà pruopio cume cunpurtase cu li fimane:
è un tipo grezzo, tagliato con l'accetta che non sa proprio come
comportarsi con le donne;
marsaròl s.m. (pl. -òi) - piccolo turbine, dispettoso
mulinello, piccolo vortice di vento; el marsarol
g'uò scuvierto el panurama, ga s'uò veîsto fenta li
mudande: il mulinello gli ha alzato le gonne, scoprendola sino alle
mutandine;
marsaròl agg. (pl. òi) - relarivo al mese di màrso;
marseî v.intr. (i marseîso) - marcire; par
li masa piove el racuolto marseîso: a causa delle abbondanti
piogge il racccolto marcisce; a zì zà
tri ani ch'i marseîso in parzon sensa vì fato gnìnte:
sono già tre anni che marcisco in prigione innocente; Etim.: dal
lat. Marcere, marcire;
marseîna s.f. - marsina;
marseîzmo s.m. - marxismo, da Karl Marx, alle volte usato
come sinonimo di socialismo o di comunismo; la cuolpa
da doûto zì stà preîma del faseîzmo e puoi
del marseîzmo: la colpa di rtutto è stata prima del
fascismo e poi del comunismo;
Marsìia top. - Marsiglia, città della Francia;
t'iè oûn può da savon da Marsìia:
hai un pò di sapone di Marsiglia;
marsìiz agg. e s.m. - marsigliese, abitante o cosa attinente
alla città di Marsiglia;
marsìiza s.f. - la marsigliese, il famoso inno dei rivoluzionari
francesi;
marsiòn s.m. - ghiozzetto pelagico, pesce appartenente
alla famuglia dei Gobidi, Pseudaphia pelagica (De Buen 1931);
màrso s.m. - marzo, il terzo mese dell'anno; marso
mato: marzo matto, prov.; marso bufon, ura
treîsta, ura bon: marzo buffone, ora cattivo e ora buono,
prov.; marso el nu sa na và s'el nu li fà:
marzo non se ne va, se non le fa, cioè se non combina dei guai,
prov.; marso mato, marso de li viduve, el rabalta
li barche, puoi el sa na reîdo: marzo matto, marzo delle vedove,
rovescia le barche, e poi se ne ride, tutti proverbi relativi al mese di
marzo noto per la sua capricciosa instabilità. Ma anche: marso
uò la pileîsa al siete, al dizisiete al vintisiete:
marzo porta la pelliccia al sette, al diciassette ed al ventisette, cioè
tradizionalmente si riteneva che questi fossero i giorni più freddi
del mese, vedi anche quest'altro detto proverbiale: al
miz de marso, su mare ga uò cunprà la pileîsa par tri
deî: al mese di marzo, sua madre le ha comprata la pelliccia
per tre giorni; marso soûto, gran pardoûto:
marzo asciutto, grano dappertutto. Ovvero se il mese di marzo viene con
poca pioggia, vi sarà un buon raccolto di grano, prov.; marso
soûto, apreîl bagnà, maio tanparà, biato queîl
vilan ca uò samanà: marzo asciutto, aprile piovoso,
maggio mite, beato il contadino che ha seminato, prov.; marso,
par la cuda i ta also: par treîsto o bon ch'el seîa, el bò
a la gierba, el can a la lunbreîa; e s'el ven treîsto da raturno,
el bò in stàla e el can in furno: marso, per la coda
ti alzo: per buono o cattivo che sia, il bue al pascolo ed il cane all'ombra;
e si ritorna a far brutto tempo, il bue in stalla e il cane nel forno,
prov. Nella filastrocca popolare sui dodici mesi dell'anno, il mese di
marzo parlando in prima persona così si autodefinisce:
I son quil viecio Marso, piligreîno,
Nei vieci e nei pastur gran tema meto. A ven ai seîe el bon Tumazo Aqueîno, Al dudeze Griguorio in siil fu elito. Ai vintioûn quil Sperito diveîno, Luminato devuoto Benedito. Ai veînti seînque la nostra Avucata, De l'Anzolo Garbiil la foû nunsiata. |
Io son quel vecchio Marzo, pellegrino,
Nei vecchi e nei pastori gran tema metto. Viene il sei il buon Tommaso d'Aquino, Al dodici Gregorio in cielo fu eletto. Al ventuno quello Spirito divino, Illuminato devoto Benedetto. Al venticinque la nostra Avvocata, Dall'Arcangelo Gabriele fu annunziata. |
Etim.: dal dio lat. Mars-Martis, dio della guerra, che generalmente
iniziavano in marzo con la fine della cattiva stagione;
màrso agg. 1. marcio; i
g'uò tirà uvi marsi: gli hanno tirato delle uova marce;
ma daspiazo, ma cume al tu suolito, t'iè tuorto
marso: mi dispiace, ma come al tuo solito, hai torto marcio; sta
froûta la zì doûta marsa: questa frutta è
tutta marcia; 2. autentico, stretto; i navudi
nu lu capeîso cu el faviela in ruvigniz marso: i nipoti non
lo capiscono quando parla in rovignese stretto; Etim.: dal lat. Marcidus,
marcio, fradicio;
marsoûn s.m. - marciume;
marsoûpio s.m. - marsupio; el cangoûro
uò el marsoûpio anduve ca li fimane li ten i peîci:
il cangura è munito del marsupio, dove le femmine pongono i piccoli;
Marspinìti - s.n. delle famiglie Benussi e Maraspin;
marsuleîn agg. - marzolino, relativo al mese di marzo;
marsuleîn (òrzo) s.m. - orzo che si semina a marzo;
..................
marteîn s.m. - gabbiano giovane. Il più grande
poeta rovignese Ligio Zanini, ha dedicato una raccolta di poesie al gabbiano
Marteîn Muma;
Marteîn top. - chiesetta posta su di un colle isolato
sopra il Canale di Leme, nota ai pescatori e marinai, in quanto per la
sua collocazione è usata come punto nave.
Marteîn n.pr.m. - Martino, nome usato proverbialmente
in frasi del tipo di: par oûn ponto Marteîn
uò pierso la capa: per un punto Martino ha perso la cappa,
il mantello, frase che si usa quando si vince o si perde con il minimo
scarto. Pare che il detto nasca da una leggenda della vita del santo in
cui si narra che per un errore di punteggiatura abbia perso la cappa priorile.
Il santo era molto popolare data la sua vocazione di protettore dei poveri,
vedi questo canto tratto da una raccolta del Levi:
Oûna vuolta oûn santo puvareîno,
a doûti quanti la carità el ga dumandìva; el gira cuseî noûdo e tapinièlo, crido ca dal gran frido loû tramiva. Ningoûn nu viva cunpasion da ìlo. Muolti baroni i lu bufuniva... talgia la pruopria vesta San Marteîn. |
Una volta un santo poverino,
a tutti quanti la carità dumandava; era così nudo e meschinello, credo che dal gran freddo lui tremava. Nessuno provava per lui compassione. Molti signoroni lo sbeffeggiavano... taglia la propria veste San Martino. |
Vi era anche una conta dedicata ad un non meglio identificato
Siur Marteîn:
Siur Marteîn zì zeî in sufeîta
A truvà la su nuveîsa. La nuveîsa nu ghe gera, Siur Marteîn zì zeî par tiera, El s'uò ruto oûna culata, El s'uò miso oûn buliteîn, Puvarito siur Marteîn. |
Il signor Martino è andato in soffitta
A cercare la sua novizia. La novizia non c'era, Il signor Martino è andato per terra, Di è rotto una chiappa, Si è messo un ceretto, Poveretto signor Martino. |
Marteîn de i gialàti - s.n. di Martino Zovich, che
era proprietario di una latteria sita in Piàsa Grànda
e che d'estate girava col suo carrettino dei gelati lustro di ottoni;
martèrio s.m. - martirio; stalo
scultà a zì oûn marterio par li ricie: starlo
ad ascoltare è un martirio per le orecchie;
martièl s.m. (pl. -ai) - martello; martiel
e ciuodi zì intela casieta de i urdigni in zgabuseîn, vali
a ciù sa ti vuoi ca ta inpeîco i tuovi quadrìti:
martello e chiodi sono nella cassetta degli utensili in sgabuzzino, vammeli
a prendere, se vuoi che appenda i tuoi quadretti; ara
i son tra l'ancoûzine el martiel: beh, mi trovo tra l'incudine
ed il martello; Etim.: dal lat. pop. Martellus, dim. di Martulus, a sua
volta dim. del classico Marcus = martello;
Martièl - s.n. della famiglia Garbin;
martileîna s.f. - tipo di martello avente un taglio affilato
dalla parte opposta a quella dove si batte;
màrtire s.m. e f. - martire; nu
stà fà senpro la martire, ca nun ti ta puoi lamantà
da tu mareîn... almieno loû nu ratuorna doûti i giuorni
a caza inbriago cume el mieio: non fare sempre la martire, che non
ti puoi lamentare di tuo marito... almeno lui non ritorna tutti i giorni
a casa ubriaco come il mio;
Martire - nel censimento del 1^ ottobre '45 era presente una
famiglia;
martirizà v.tr. (i martireîzo - i martirizìo)
- martirizzare;
martirizà agg. (f. -ada) - martirizzato; la
zì oûna puovara fimana martirizada... coûn sie omani
par caza: è una povera donna martirizzata... con sei uomini
per casa;
màrtiro s.m. - martire; meî
i son el viro martiro, nuò gila...: io sono il vero
martire, non lei...;
martìro s.m. - martirio;
martuòrio s.m. - mortorio, situazione poco allegra, poco
vivace; ca martuorio! chi ca uò suno ca vago
a duormi: che mortorio! chi ha sonno vada a dormire;
marturià v.tr. (i marturìo) - martoriare,
tormentare; la marturìa cun la suova giluzeîa:
la tormenta con la sua gelosia;
marturià agg. (f. -ada) - martoriato; la
uò i zanuoci marturiadi soûn da pragà: a le
ginocchia martoriate a furia di pregare; el viva
li carno marturiade ch'el fiva pacà vìdalo: aveva
le carni martoriate che faveva compassione solo a vederlo;
marturièlo s.m. 1. martora; 2. donnola;
maru agg. - amaro; oûn cafiè
maru cume el fiel: un caffè amaro come il fiele;
maruièle s.f.pl. - emorroidi;
maruòcia s.f. - deposito, morchia del vino o dell'olio;
Etim.: dalla vc. prelatina Marra = ammasso, mucchio;
Maruòco top. - Marocco;
maruògna s.f. 1. scoria, residuo, rifiuto in parricolare
riferito al carbon fossile; 2. (fig.) robaccia, pecca, malanno;
a sinteî gila, el uò doûte li
maruogne da stu mondo: a sentir lei, ha tutti i malanni di questo
mondo; Etim.: da una vc prelatina Marra = masso, mucchio;
maruòidi s.f.pl. - emorroidi; nu
magnà masa picanto, ca puoi ta ven li maruoidi: non mangiar
troppo piccante che poi ti vengono le emorroidi; Etim.: dal gr. Haimorrhois-idos,
composto di Haima = sangue + Rheo = scorro;
maruòta s.f. - burchio, "serbatoio in forma di barca
tutto chiuso e bucherallato e che usasi per conservare viventi i pesci"
(Ninni);
Marusich - nel censimento del 1^ ottobre '45 erano presenti
2 famiglie. In rovignese il cognome diventa Maroûsici;
maruvièle s.f.pl. - emorroidi;
marzameîn s.m. - marzemino, qualità di uva nera;
marzapàn s.m. - marzapane; ma pare
el viva fato oûn ciastiel cu i fiuri da marzapan: mio padre
aveva fatto un cestello con i fiori di marzapane;
marzuòco s.m. 1. uccello notturno; 2. (fig.)
allocco, sciocco;
Mas'uòio - s.n. della famiglia Benussi;
màsa s.f. - mazza, grosso e pesante martello; - Ciù
la masa par spacà el saso: prendi la mazza per frantumare il sasso;
Etim.: dal lat. pop. Mattea, dal clas. Mateola = clava;
màsa avv. - troppo; i 'nda iè
magnà masa: ne ho mangiato troppo; a
iesi masa boni, sa pasa par muoni: ad essere troppo buoni, si passa
per sciocchi; cu zì masa, zì masa:
quand'è troppo è troppo; i suoldi nu
i zì mai masa: i soldi non sono mai troppi; Etim.: dal lat.
Massa = ammasso, dal greco Maza = pasta. Dal significato di pasta in latino
è passato a significare ogni tipo di mucchio di oggetti che formasse
una massa;
masà v.tr. (i màso) - ammazzare, uccidere;
almieno loû el zì stà masà
in guiera: almeno lui è stato ucciso in guerra; i
lu uò masà cumo oûn can, gnanca fuoso stà oûn
beîlfo: lo hanno ammazzato come un cane, neanche fosse stato
un diavolaccio; par Nadal i masaremo el deîndio:
per Natale ammazzeremo il tacchino. Modi di dire: masà
el vièrmo: mangiare qualcosa per fermare l'appettito;
soûn magna qualcuosa nama par masà el
viermo: dai, mangia quacosa tanto per fermare l'appetito; nu
t'iè meînga masà!: (e che t'avrò fatto
mai!) non ti ho mica ucciso (con le mio osservazioni, con una botta ecc.);
rastà masà: restar di
sasso, rimanere di stucco rimanere male; la m'uò
dà oûna raspuosta ca m'uò fato rastà masà!:
mi ha dato una risposta che mi ha fatto rimaner male; Etim.: da màsa,
cioè colpire con la mazza;
Màsa càni - s.n. della famiglia Bertuzzi;
Màsa càvare - s.n. della famiglai Paliaga;
Màsa la muòrto - s.n. della famiglia Sponza;
Màsa piòni - s.n. della famiglia Sponza;
màsa siète s.m. - ammazzasette, spaccone;
Màsa siète - s.n. della famiglia Abbà;
masabòna loc. avv. - vc composta da masa = troppo
e bona = buona, bene per cui ha il valore di troppo bene, troppo
buona; masabona la zì zeîda i sa pudariensi
doûti nagà: è andata anche troppo bene, ci potevamo
annegare tutti;
Masacàn top. - località presso il Laco de la
Furtoûna;
masacàni s.m. - accalappiacani; metaghe
el cular, ca ga zì i masacani: mettigli il collare che girano
gli accalappiacani. Il corpo degli accalappiacani fu istituito a Rovigno
su ordine dell'i.r. Capitanato Circolare dell'Istria nel 1854, salariato
dal sovrano erario.
..............
màscara s.f. - maschera; ti vaghi
stasira al balo in mascara de li tabacheîne?: vai questa sera
al ballo in maschera che danno le ragazze che lavorano alla fabbrica tabacchi?;
mascarà v.tr. (i màscaro) - mascherare;
mascarà agg. (f. -àda) - mascherato, vestito in
maschera; a gira omi mascaradi da fimane e fimane
mascarade da omi: vi erano uomini mascherati da donne e donne mascherate
da uomini;
mascaràse v.rifl. (i ma màscaro) - mascherarsi;
mascareîna s.f. - mascherina, furbacchione, bel tipo;
ta cugnùso mascareîna!: ti conosco mascherina!;
mascarìta s.f. - dim. di màscara, riferito
soprattutto a bambini o ragazzi in maschera; quila
mascarìta da dameîna la zì sai insastuza: quella
fanciulla mascherata da damina è assai graziosa;
mascaruòto s.m. - ??
Mas'ceîn top. - vedi scuio da Mas'ceîn;
maschìta s.f. - scalmiera;
mas'cià v.tr. (i màs'cio) - filettare,
effettuare una filettatura;
mas'ciadoûra s.f. - filettatura;
mas'cièr s.m. - frutto di mare, Microcosmo solcato. Mollusco
della famiglia dei Cordati, rivestito da una spessa tunica che ne avvolge
tutto il corpo, ha una caratteristica polpa color giallo limone con delle
striature rossastre. Ha un gusto pungente, ma secondo alcuni è una
vera prelibatezza;
mas'cio s.m. 1. agugliotto; 2. maschio, arnese
che serve per filettare; Etim.: dal lat. Masculus = maschio, dim. del clas.
Mas-maris = maschio, di sesso maschile;
mas'cio s.m. e agg. 1. maschio, uomo adulto; dieso
ti son teî el mas'cio da caza: ora sei tu l'uomo di casa;
2. di sesso maschile;i fioi mas'ci dà
mieno panseri: i figli maschi danno meno pensieri; 3. maschio,
virile;
mas'cion agg. - maschione;
mas'cìta s.f. - ragazza che si comporta da sbarazzina
come un vero maschio;
mas'cìta (patanà ala) loc. - ragazza con i capelli
tagliati corti, un pò a caschetto, come era la moda degli anni 20;
mas'cìto s.m. e agg. - maschietto, ragazzino;
màscolo s.m. - agugliotto del timone, "Il ferro vicino
alla testa del timone; l'altro più in basso e conformato ad anello
vien detto 'femena'. Entrambi si adattano a due altri ferri che son posti
sulla barca in senso inverso" (Ninni);
masedà agg. - vedi masadà;
maseîdio s.m. - eccidio, sterminio, massacro, macello;
cu zì rivadi i cuzeî dieti "libaraturi"
i uò fato oûn maseîdio: quando sono arrivati
i cosiddetti "liberatori" hanno fatto un macello; Etim.: da masà,
oppure tramite un rifacimento della voce it. Omicidio;
maseîso agg. - massiccio;
Masella - nel censimento del 1^ ottobre '45 era presente una
famiglia;
masièla s.f. - mascella;
masièlo s.m. 1. macello, mattatoio; 2.
(fig.) macello, confusione; 3. (fig,) macello, strage;
masièr s.m. - mazziere;
màsima s.f. - massima, detto sentenzioso; Etim.: dal
lat. Maxime, avv. di Maximus, superl. di Magnus = grande;
masimàl avv. - al massimo;
masimàl s.m. (pl. -ai) - massimale; la
sigurasion g'uò alsà doûti i masimai: l'assicurazione
gli ha alzato tutti i massimali;
Masimeîn n.pr.m. - Massimino;
masimamèntro avv. - massimamente, particolarmente, specialmente;
Màsimo n.pr.m. - Massimo;
masinegàver s.f. - mitragliatrice, mitraglietta; Etim.:
dal ted. Maschinengewehr;
.................
mastèr s.m. - mestiere, lavoro; el
master pioûn biel dal mondo zì el sapadur: il mestiere
più bello al mondo è quello del contadino; a
nu sa truva pioûn chi vol fà i vieci masteri: non si
trova più chi voglia fara i vecchi mestieri; Etim.: dal lat. Ministerium,
forse attraverso il fr. Mestier;
Mastèri - s.n. della famiglia Simetti;
mastièl s.m. (ol. ài) - mastello, secchio, tinozza;
Etim.: dal gr. Mastes = coppa;
mastièla s.f. - secchio, mastella, tinozza. Recipiente
una volta in legno doghettato o di metallo smaltato od in rame ed ora più
comunemente di plastica; la mastiela de la leîsia
zì cariga da drapi da lavà: la tinozza del bucato
è stracarica di panni da lavare; Etim.: dal lat. med. Mastellus
= stesso significato, dal gr. biz. Mastos = (recipiente) a forma di mammella;
mastigà v.tr. (i masteîgo - i mastighìo)
1. masticare; masteîga biel preîma
da ingiuteî: mastica per bene prima d'inghiottire; 2.
(fig.) rodere; el masteîga maro par veîa
da su frà: mastica amaro, si rode a causa di suo fratello;
Etim.: dal tardo lat. Masticare, dal gr. Mastax-akos = bocca;
mastigàda s.f. - masticata, l'azione del masticare;
mastigasiòn s.f. - masticazione;
mastrusà v.tr. (i mastroûso) 1. schiacciare,
comprimere; par fà i gnuochi ga vol mastrusà
li patate: per fare gli gnocchi occorre schiacciare le patate; 2.
sgualcire, stropicciare; nu stà cavalà
li ganbe ca ti mastroûsi li braghe piena suprasade: non accavallare
le gambe che sgualcisci i pantaloni appena stirati;
mastrùsapatate s.m. - schiacciapatate;
masuòca s.f. 1. grosso pennello usato per imbiancare
le pareti; 2. legno nodoso ad una estremità; 3. grosso
martello di legno usato dai pescatori; 4. generico per mazza, bastone;
Etim.: da masa = mazza;
màta s.f. - la matta. Cioè il re di denari delle
carte italiane od il jolli in quelle francesi;
Màta (val) top. - valle situata nel Canal di Leme;
Màta Piri - pazza per antonomasia; cume
ti ta son visteîda... ti ma pari la Mata piri: come
ti sei vestita, mi sembri una matta;
matàda s.f. - mattata, pazzia. Più esattamente
azione pazzarella, improvviso scatto giocoso, spensierato; - I siè
ca zì stà oûna matada, ma ma zì vignoû
da fà cuseî: lo so che è stata una pazzia ma m'è
venuto di far così;
matafiòn s.m. - cordicella per ridurre le vele o le tende;
Matagòn - s.n. della famiglia Rocco;
matalòn s.m. - mattacchione;
matàn s.m. - pastinaca, pesce dell'ordine dei Raiformi,
Dasyatis pastinaca. Ha il caratteristico corpo delle razze, di forma romboidale
con l'apice terminante leggermente a punta. La coda è lunga e munita
di un grosso aculeo, la pelle è liscia di color brunastro, grigio-azzurrastro
o grigio-giallastro picchiettato da macchioline biancastre. Il ventre è
biancastro, tranne all'estremità delle pinne in cui assume una colorazione
bruno-rossatra. Può raggiungere i 2,5 metri. I denti dei maschi
sono appuntiti, quelli delle femmine arrotondati. Il suo aculeo è
assai temuto dai pescatori perchè fortemente tossico e può
provocare sia il tetano che la cancrena; Etim.: secondo il Pellizer dal
lat. Matara = picca, alludendo al pericoloso pungiglione di cui è
dotato queste pesce. Però potrebbe derivare dalla credenza che una
sua puntura faccia diventar matto, o per il fatto che le sue carni sono
poco prelibate;
matàna s.f. - mattana, estro, comportamento da pazzo;
Matàna - s.n. della famiglia Rocco;
matanièra s.f. - uncino robusto di acciaio attaccato ad un manico;
mataràn s.m. - amicone, compagnone, persona allegra e
gioviale;
matariàl s.m. (pl. ài) - materiale;
i nu siè da qual matarial zì fato: non so di quale
materiale sia fatto;
matariàl agg - materiale, che pensa soltanto alle cose
materialo, poco spirituale, rozzo, insensibile; chi
ti vuoi pratendi da quil omo matarial: che vuoi pretendere da quell'uomo
rozzo;
matariel(o) s.m. - matterello;
Matè - s.n. della famiglia Sponza, vedi anche il curto
omonimo;
Mate Zdei s.m. - Mater Dei;
Mateîo n.pr.m. - Matteo;
mateîo s.m. 1. stramberia, pazzia, colpo di pazzia;
meo lasàlo stà cu ga ciapa i culpi
da mateîo: meglio lasciarlo astare quando gli prendono i cinque
minuti, gli attacchi di pazzia; 2. sghiribizzo, estro; ma
zì saltà el mateîo da ingubiame: mi è
venuto il ghiribizzo di fidanzarmi; Etim.: da mato;
Mateîo Salèn loc. - corruzione scherzosa di Matusalemme,
che secondo la bibbia visse ben 969 anni. Usato soprattutto nell'espressione:
viecio cume Mateîo Salen: vecchio
come Matusalemme, cioè vecchissimo;
Mateîosaleîn n.pr.m. - Matusalemme, il vegliardo
biblico, vedi anche Mateîo Salèn;
....................
matrimògno s.m. - matrimonio, una delle tante forme in
uso accanto a matirmògno, matrimuògno, matrimuònio...
anche se il rovignese usa sovente al suo posto spuzaleîsio;
matrimugnàl agg. - matrimoniale; oûn
cuvartur matrimugnal: un copriletto matrimoniale:
matrimuògno s.m. - matrimonio; a
zì stà oûn matrimuògno nama ca biel:
è stato un matrimonio veramente bello; chi
dizìde i fiendi stu matrimogno?: che dite, lo facciamo questo
matrimonio?;
matrimuònio s.m. - matrimonio. In Istria, almeno sino
al XIV sec., era in uso il matrimonio detto a "Fratello e Sorella"
e negli atti notarili "Ut frater et soror", in cui vi era la comunione
universale dei beni. Gli sposi si vincolavano con un vero e proprio contratto,
ed essi stessi negli atti venivano detti Jugali o Giugali,
termine risalente al latino Jugum, per indicare appunto che con
il matrimonio si erano uniti indissolubilmente allo stesso carro da condurre
insieme sino alla fine dei loro giorni. Del resto anche il termine rovignese
ingubiàse per fidanzarsi, ribadisce lo stesso concetto di
persone unite dalla stessa sorte, indicando il termine goûbia,
la coppia di buoi uniti allo stesso giogo. L'altro tipo di matrimonio era
quello dotale, che era però un'eccezione, ad imitazione dell'uso
di Venezia. In questo tipo di matrimonio la bazàdaga era
sostituita dall'uso di dare alla sposa una controdote nel latino notatire
detta "dos et contrados", che aveva lo scopo di salvaguardare la
posizione della moglie soprattutto in caso di vedovanza;
matrimuniàl agg. - matrimoniale; lieto
matrimunial: letto matrimoniale;
matrizà v.intr. (i matreîzo) - tendere ad
assomigliare alla propria madre; preîma da
ingubiate stà vardà la mare, ca preîma o puoi doûte
li fimane
matreîza: prima di fidanzarti guarda
la madre (della ragazza) che prima o poi tutte le donne tendono ad assomigliare
alla propria madre; cu el mas'cioto matreîza
el pare stà in suspieto: quando il maschietto tende ad assomigliare
alla madre, il padre sta in sospetto;
matròn s.m. 1. flatulenza, pesantezza di stomaco;
2. (fig) magone, mammatrone, nodo alla gola; e
tanto giro scunìa e mesedada, ch'el matron ma vigniva soûn
par la gula: e tanto ero sconvolta ed agitata che il magone mi veniva
sù per la gola. Da i Lementi di Pietro Angelini;
matruòna s.f. - matrona, donna imponente, grande e grossa;
la batana la gira a pil d'aqua par el pizo da doûte
quile matruone: il bordo della barca rasentava il pelo dell'acqua
per il peso di tutte quelle matrone; Etim.: dal lat. Matrona = donna maritata;
Mattessich - Biasio da Pisin, 1800;
Matticchio - nel censimento del 1^ ottobre '45 erano presenti
5 famiglie;
Mattias - Mattio Mattarandi qm. Andrea detto Mattias, 1420;
matunièla s.f. - mattonella, piastrella; ta
piaz li matuniele a fiuri ch'iè in cuzeîna?: ti piacciono
le piastrelle a fiori che ho in cucina?; li zì
biele, ma par meî sti matuniele li zì masa ciare: sono
belle, ma per me queste mattonelle sono troppo chiare;
Matusalèn n.pr.m. - Matusalemme;
matùrlo s.m. e agg. - lunatico, bizzoso; nu
dà bado a quil maturlo: non dar retta a quella persona lunatica;
matuteîn agg. - mattutino; ca ta
zì nato ca ti son cuseî matuteîna?: cosa ti è
successo che sei così mattutina?;
maùco s.m. - amante, ganzo; deîme
quil ca ti vol, ma nu ga crido ca la uò el mauco: dimmi quello
che ti pare ma non ci credo che ha l'amante; Etim.: dal ted. Moechus =
amante, drudo;
Màurisio n.pr.m. - Maurizio;
Màuro n.pr.m. - Mauro;
Mauro - nel censimento del 1^ ottobre '45 erano presenti quattro
famiglie;
màus s.m. - gioco d'azzardo di carte; Etim.: dal ted.
Maus, topo;
màuz s.m. neol. - mause, il cursore dei nuovi personal
computer;
mavòna s.f. - vedi maòna;
mazà s.m. - ufficio notarile, voce desueta;
mazaghèn s.m. - magazzino; và
in mazaghen e ciù i rimi: vai nel magazzino e prendi i remi;
oûna vuolta sa baliva nel mazaghen de la Garbanati:
una volta si ballava nel magazzino della signora Paliaga, detta Garbanati;
Etim.: dall'ar. Mahzen;
màzana s.f. 1. macina; cheî
zì preîmo, uò li mazane: chi arriva per primo
ha a disposizione le macine (del mulino per macinare il grano) vale il
"chi tardi arriva, male alloggia", prov.;
li mazane li và ca zì oûn viro piazir: le macine
vanno che è un vero piacere; 2. grancella, granchietto delle
rocce, Portunus depuratur, Carcinus maenas. Conosciuto anche come scanpeîcia;
Etim.: dal lat. Machina = congegno, invenzione, macina; dal greco-italico
Machanà. Il granchietto si chiama così per il costante movimento
della bocca e delle chele, o dal conseguente rumore che produce, tutte
cose che ricordano le macine;
mazanà v.tr. (i mazanìo) - macinare; mazanìa
el cafiè: macina il caffè; Etim.: dal lat. Machinare,
da Machina;
mazaneîn s.m. - macinino, del caffè, del pepe,
del sale, eccetera;
mazanìta s.f. 1. piccola grancella, granchietto;
2. (euf) segatura; t'iè li mazanìte
intel sarvel: hai la segatura nel cervello; Etim.: per il rumore
di macina prodotto da questi animaletti;
mazaràso s.m. 1. muro diroccato tirato a secco;
2. pietrame, cumulo di pietre;
mazareîa s.f. - mezzaria, punto o linea mediana;
màzaro s.m. - marangone, uccello predatore dal piumaggio
nero;
Màzaro - s.n. della famiglia Sciolis;
mazaròl s.m. (pl. -òi) 1. folletto, essere
soprannaturale; 2. piccolo turbine, vortice. Nella credenza popolare
del veneto il Massariòl è un folletto alto più
o meno 30 cm, robusto e gioviale, noto per gli scherzi che organizza alle
spalle dei contadini soprattutto durante il periodo della semina o del
raccolto. Uno dei suoi tipici scherzi è quello di scompigliare la
criniera o di legare tra loro le code dei cavalli, oppure di montare loro
in groppa cavalcandoli per tutta la notte, facendoli poi ritrovare il giorno
dopo in stalla madidi di sudore. A volte si diverte a disturbare le notti
d'amore dei freschi sposini. Ad Orsera viene descritto come: un omo
picio, ma grosso, duto vestì de rosso, co 'na calota rossa in testa.
Sempre nella regione veneta è conosciuto anche il Mazarül,
folletto più tranquillo ma assai goloso. Vedi anche questa gustosa
strofetta in veneto-istriano:
Massariol massariol,
piè de galo, ocio de bò, che tu pare no te pol, e tu mare no te vol. |
Massariol massariol,
piede di gallo, occhio di bue, che tuo padre non ti può, e tua madre non ti vuole. |
Etim.: dal ted. Mara = incubo + suffisso;
Mazaròl - s.n. della famiglia Benussi;
mazaròla s.f. - botticella che si pone al centro delle
grandi reti;
màzena s.f. - vedi màzana;
mazèra s.f. 1. muro a secco, tipico della campagna
istriana; 2. cumulo di sassi rovinati; Etim.: dal lat. Maceria =
muro a secco;
mazèra (a) loc.avv. - a fianco, a lato;
mazièl s.m. (pl. -ài) - gemello; intù
la fameîa da ma muier ga zì dui coûpie da mazai:
nella famiglia di mia moglie ci sono due coppie di gemelli; i
gira cume du mazai: erano amiconi, cioè come due fratelli
gemelli; i signemo crisoûdi insenbre cume fradai,
ansi cume du mazai: siamo cresciuti insieme come fratelli, anzi
come due gemelli; Etim.: tipica isoglossa dell'istrioto, che nasce da una
metatesi del lat. Gemellus;
Mazièla - s.n. della famiglia Calucci;
mazièra s.f. - massaia, casalinga; ti
ga pol deî doûto ma nuò ca nu la seîo oûna
brava maziera: gli puoi dir tutto ma non che non sia una brava donna
di casa; lasa pierdi quila zgurlasa e truvate oûna
brava maziera: lascia perdere quella fraschetta e trovati una brava
massaia;
mazìgno s.m. - pietra arenaria;
mazìgula s.f. - pezzo di sughero si cui si avvolge la
lenza. Ora è anche in materiale plastico; cu
sta mazigula i ma fariè oûna biella tugnita: con questo
pezzo di sughero mi farò una bella lenza;
mazinacafiè s.m. - macinino del caffè, macinacaffè;
la sa uò cunprà oûn mazinacafiè
lietrico e la uò butà quil viecio ca gira cuseî biel:
ha comprato un nacinacaffè elettrico ed ha buttato via quello vecchio
che era così bello;
mazinàda s.f. - macinata; daghe
oûna biela mazinada: dagli una bella macinata;
mazineîn s.m. - macinino; i iè
cunprà el mazineîn del sal e quil del pilvare: ho comprato
il macino del sale e quello del pepe;
mazinìta s.f. - vedi mazanìta;
mazìvula s.f. - vedi mazìgula;
Mavìvula - s.n. della famiglia Doblanovic;
mazìvula da bavuza s.f. - uova di razza;
màzo s.m. - segnale delle reti;
mazoûrca s.f. - mazurka, noto ballo di orine ungherese;
...............
meîncia s.f. - miccia; nu sa meto
la meîncia rento la banpa: non si mette la miccia vicino al
fuoco, prov.; nu son stà meîo a inpisà
la meîncia: non sono stato io ad accendere la miccia, ad iniziare
le ostilità. Modo di dire: dàghe
fògo a la meîncia: a. iniziare la festa,
la baldoria; b. iniziare le ostilità;
meînga avv. - mica, per nulla, per niente; el
nu pansiva meînga da vigneî scuvierto in falo: non pensava
mica di venir scoperto in fallo;
Meînghi - s.n. della famiglia Manghi;
meîngula s.f. - briciola; la tuola
zì piena da meîngule: la tavola è piena di briciole;
el nu 'nda uò lasà gnanca oûna
meîngula: non ce ne ha lasciato neanche una briciola; Etim.:
dal lat. Mica, attraverso il dim. Minicula;
meînguleîna s.f. - briciolina, per estensione esserino,
piccolino; ara quila meînguleîna la vularavi
cunpieti cun meî: toh, quell'esserino vorrebbe competere con
me;
meînguloûsa s.f. - briciolina;
meînima agg.sost.f. 1. pensione, paga minima; el
zì zeî in pansion cu la meînima: è andato
in pensione con la minima; 2. temperatura minima; li
meînime e li masime: le temperature minime e le massime;
meînimo agg. - minimo; Fiemi: "La
staruò veîa mondo da Ruveîgno?" - Tuneîna: "Cume
meîmino la faruò el geîro del gluobo, la dievo zeî
a Pareîgi, Viena, Ruma...": Eufemia: "Starà parecchio
via da Rovigno?" - Tonina: "Come minimo farà il giro del globo,
deve andare a Parigi, Vienna, Roma...; cume
meînimo ti ma dievi dà li spize: come minimo mi devi
pagare le spese; Etim.: dal lat. Minimum;
meînio s.m. - minio, perossido di piombo, usato per lo
più come anti ruggine; uogni ano ga vol daghe
oûn man da meînio: ogni anno bisogna passare una mano
di minio; Etim.: dal lat. Minium = cinabro;
Meînio - s.n. della famiglia Fiorin;
meîo avv. - meglio, variante dei più usati mèo
e màio; Etim.: dal lat. Melius, da Melior = migliore;
meîra s.f. 1. mira; ciù
la meîra e puoi stroûca el buton: prendi la mira e poi
schiaccia il pulsante; nu iè pioûn oûna
bona meîra, i ani pasa par doûti: non ho più
una buona mira, gli hanni passano per tutti; 2. mira, fine, scopo;
ta fariè pierdi li tuove meîre da grandìsa:
ti farò perdere le tue mire di grandezza; la
suova meîra zì da ingaià qualco reîco pulastriel
in ghieba: il suo scopo è quello d'intrappolare qualche ricco
polastrello in gabbia;
Meîra i cupi - lett. guarda le tegole, s.n. della famiglia
Zaratin;
(da) meîrche e da peîrche loc.avv. - di tutti i
colori, di cotte e di crude; ga na uò cunbinà
da meîrche e da peîrche: gli nè ha fatte di cotte
e di crude;
meîser s.m. - signore, messere, arc.; meîser
seî, i vì razon: messersì, avete ragione;
meîser pàre s.m. - signor padre, era così
che il figlio ammodo si rivolgeva al proprio genitore in segno di rispetto,
faceva il paio con dùna màre;
finchì ti son in caza, ti fariè cume i deîz meîser
pare e duna mare: finchè starai in casa, farai come dicono
il signor padre e la signora madre;
meîsto agg. - misto; intuli scole
meîste a sa stoûgia meo: nelle ascuole miste si studia
meglio; i vuoi oûn tuoco da carno meîsta
da fà in broû: voglio un pezzo di carne mista per il
brodo;
meîstro s.m. 1. mastro, esperto; ga
vol iesi meîstro par savì giudicà el lavur:
bisogna essere un esperto per saper giudicare il lavoro; 2. appellativo
di rispetto o di riguardo; Etim.: dal lat. magister;
meîstro Teîta - personaggio di fantasia, che potrebbe
anche avere un riferimento al romano Mastro Titta, l'ultimo boia papalino,
che compare in una conta dei bambini rovignesi:
Tri meîstro Teîta,
Furmaio fa la freîta, Freîta, frità, Furmaio fa cantà. Viro viruò, Quanti cuorni Uò el bubuò? |
Tre mastro Titta,
Formaggio fa la fritta, Fritta, frittà, Formaggio fa cantare. Vero o vero sia, Quanti corni Ha il babao? |
meîtria s.f. - mitra, conchiglia gasteropode fusiforme,
Mitra ebanus;
meîtria s.f. - mitria, eccl.;
meîzaro agg. - misero, poverino;
li ga capeîta doûte a quil meîzaro feîo:
capitano tutte a quel poverino; e meî ca son
meîzara e mischiniela i nu ma spuzariè: ed io che son
misera e meschinella non mi sposerò;
mèl s.m. - miele; preîma
la gira doûta lato e miel, duopo spuzada l'uò butà
fora li magagne: prima era tutta latte e miele, dopo che ci siamo
sposati ha mostrato i suoi difetti; la zì
dulsa cume el mel: è dolce come il miele;
la uò doûti i omi intoûrno cume musche gnanca la viso
el mel: tutti gli uomini le sbavano intorno, neanche avesse il miele;
uoio da zura, veîn da miezo e mel d'in fondo:
olio di sopra, vino in mezzo e miele in fondo, frase idiomatica; a
sagonda da anduve li sa pasculia el mel pol iesi pioûn o mieno penguz:
da quello che si nutrono (le api) il miele può essere più
o meno fisso; Etim.: dal lat. Mel-mellis;
Mèla - s.n. della famiglia Budicin;
Melchiòr n.pr.m. - Melchiorre, uno dei tre Remagi;
Melchiòr frèda - s.n. della famiglia Casanovich;
Memo - Nicolò, Podestà nel 1570;
Memo - Vido, Podestà nel 1521 - 1524 - 1534;
Mena n.pr.f. - diminuitivo di Filomena;
menà v. tr. (i mèno) - menare, condurre,
guidare, portare; soûn ch'i ta meno a caza:
sù che ti porto a casa; uogni sena, in lieto
mena: ogni cena, porta a letto, prov.; Etim.: dal lat. Minare, condurre
gli animali con grida di minaccia, d'incitamento;
menadì (a) loc. avv. - a menadito;
..............
mènto s.f. 1. mente, intelligenza, cervello, testa
ecc.; chi ta ti son mieso in mento: cosa ti
sei messo in mente; ara, cu la suova mento pudaravo
anca davantà oûn sinsiato: beh, con la sua intelligenza
potrebbe anche divenire uno scienziato; 2. mente, memoria; tigneî
ben a mento quil ca zì capità par nu vuleî dà
bado a vostro pare: ricordatevi, tenete bene in mente, fissate per
bene nella memoria, quello che è successo per non aver voluto dar
retta a vostro padre; Etim.: dal lat. Mens-mentis;
mèntro avv. - mentre; in quil mentro
zi rivà el bapur da Tristi: in quel mentre è arrivato
la nave da Trieste; mentro ch'i son al marcà
tendi la caza: mentre sto al mercato, cura la casa; Etim.: dalla
locuzione lat. Dum Interim, da cui l'it. ant. Domentre;
mèo agg. e avv. comp. - meglio; zì
meo stà in bona cun doûti: è meglio stare in
buoni rapporti con tutti; a nu zì gnìnte
pioûn da meo ca oûn bon bicier da veîn rente al fogoler
cu fora piovo e teîra vento: non c'è niente di meglio
di un buon bicchier di vino accanto al focolare quando fuori piove e tira
vento; gnìnte ca pioûn da meo:
non c'è niente di meglio; mèo sui,
ca mal cunpagnadi: meglio soli, che male accompagnati, prov.; Etim.:
dal lat. Melius;
mèo agg. - mio. meo mareîn
zì l'om pioûn bon dal mondo: mio marito è l'uomo
più buono del mondo. Modo di dire: mèo
da meî: rafforzativo di mio: è tutto mio, è
proprio mio; Etim.: dal lat. Meus;
mèo pr.pers. - me, io; mèo,
ma feîa: io, mia figlia. Risposta data da un vecchio Rovignese
ad un pubblico ufficiale che chiedeva chi fossero, facciamo un esempio:
Malusà Piero, Malusà Eufemia. Naturalmente il poveretto che
non era di Rovigno, non riuscendo aver altra risposta e non capendoci nulla
se ne andò via scornato;
meòl s.m. - midollo; el giasoûn
ma zì rivà fenta el meol: l'umidità m'è
arrivata sino al midollo;
meràsa s.f. - finocchio; Etim.: dal gr. Marathro;
Mèri n.pr.f. - dimimuitivo di Maria, Mary;
Mèri - s.n. della famiglia Budicin;
...............
meti v.tr. (i mèto) - mettere; metite
da zura la s'ciaveîna ca ancui zì mondo frido: indossa
il mantello pesante che oggi fà assai freddo;
ta duvaravo meti oûn boûlto par doûte li cativerie ca
teî deîzi: ti dovresti mettere una maschera, per tutte
le malignità che dici. Modi di dire: mèti
man: iniziare, incominciare; biegna meti
man al lavur sa teî vol fineîlo par duman: occorre iniziare
il lavoro se vuoi terminarlo entro domani; mèti
a man: incominciare ad usare; meti a man
el veîn nuvo, ch'el viecio el zì fineî: inizia
il vino nuovo, che quello vecchio è gia terminata; mèti
da bànda: tralasciare, mettere da parte; mèti
fòra: spargere delle calunnie, delle maldicenze, calunniare;
mèti in cantinièla: socchiudere
le finestre o le imposte; mèti in tàio:
a. inserire, infilare qualche cosa per il verso del taglio, ossia
per la parte più stretta, per esempio meti
in taio la carta nel maso: infila per il verso del taglio la carta
nel mazzo; meti in taio el leîbro: infila
il libro, (tra gli altri); b. risparmiare, mettere da parte, mettere
a pizzo; par loû a sa duvaravo senpro meti
in taio doûta la paga, cumo s'i magnendi aria: secondo lui
si dovrebbe sempre risparmiare tutta la paga, come se mangiassimo, se campassimo
d'aria; mèti la pasìta:
intromettersi, dire la propria anche se non si è richiesti, impicciarsi
in un discorso; la vol meti la pasita soûn
doûto: vuole sempre impicciarsi di tutto; mèti
mirasiòn: fare caso, osservare attentamente, notare,
metterci attenzione; mèti soûn:a.
unire, connettere; b. allestire; meti soûn
caza par i spuzeîni ancui zì senpro pioûn difeîsile:
allestire una casa nuova per degli sposini oggi è sempre più
difficile; c. seminare zizzania, aizzare, istigare; chi
t'uò miso soûn cuntra da meî?: chi ti ha istigato
contro di me?; meti zù: mettere
giù, deporre, posare; Etim.: dal lat. Mittere;
Mèto - s.n. della famiglia Quarantotto;
metruòpuli s.f. - metropoli; nu
sa pol deî ca Ruveîgno seîo oûna metruopuli, ma
gnanca oûn paizito: non si può dire che Rovigno sia
una metropoli, ma neanche un paesino;
Metti - nel censimento del 1^ ottobre '45 erano presenti 3 famiglie;
mezàn s.m. e agg. 1. mezzano, di mezzo; el
pioû grando lavura a la frabica tabachi, el mezan el zì militar,
el pioûn peîcio zì ancura a scola dai saleziani:
il maggiore lavora alla manifattura tabacchi, il fratello di mezzo fà
il militare ed il più piccolo frequenta ancora la scuola dei salesiani;
2. mezzano, ruffiano;
mèzaro agg. - misero;
Mezzo (del) - Bernardin qm. Zorzi, Podestà nel 1718-19;
mià s.f. - zia del lato paterno, forma aferica di àmia;
miagulà v.intr. (i miagulìo) - miagolare,
fare il verso del gatto;
Micalàso n.pr.m. - Michelaccio, passato ad identificare
il pelandrone, lo scanzafatiche, il perdigiorno, il gaudente; el
ga piazo fà la veîta del Micalaso, magna e bivi e zeî
a spaso: gli piace far la vita del perdigiorno, mangiare e bere
ed andare a zonzo, oppure el fà el mas'cer
da Micalaso... magna bivi e zeî a spaso, prov.; Etim.: dal
fr. Miquelet, che indicava i pellegrini del santuario di San Michele, per
cui in seguito passò ad indicare vagabondi e perdigiorno con il
suffisso peggiorativo -aso equivalente all'it -accio;
.............
Miculian (el viecio) - s.n. dato ad un appartenente alla suddetta
famiglia, diventato proverbiale per l'abitudine d'infarcire i suoi discorsi
di proverbi: ti son cume el Viecio Miculian ch'el
faviela senpro in pruvierbi: sei come il Vecchio Miculian che parla
sempre per proverbi;
mìda s.f. - meta, segnale per indicare le secche;
mìda s.f. - pagliaio, covone, mucchio di fieno a forma
di cono con nel mezzo un lungo palo detto mideîl; Etim.: dal lat.
Meta = mucchio;
Mìda n.pr.m. - riccone, dal re Mida;
mìdago s.m. - medico, dottore; nu
bazuogna zeî a sercando el mal cume i midaghi: non bisogna
andare in cerca del male come fanno i dottori, prov.;
i dievo zeî dal mìdago: devo andare dal medico; Etim.:
dal lat. Medicus;
mideî s.m. - mezzogiorno;
mideîl s.m. (pl. mideîi) 1. stallo,
lungo e solido palo attorno al quale si dispone la paglia per formare il
pagliaio; 2. palo disposto al centro della meta per segnalare le
secche;
midigà v.tr. (i midighìo) - medicare, curare;
i lu uò midigà a la biel e meo e puoi
i lu uò mandà da nuvo al fronto: lo hanno medicato
alla bene e meglio e poi lo hanno rispedito al fronte; Etim.: dal lat.
Medicare;
midigasiòn s.f. - medicazione;
midigàstro s.m. - medicastro, dottoruculo;
midigamènto s.m. - medicamento; oûn
può da santuonico a zì el meo madigamento par el mal da stumago:
un pò d'infuso fatto l'artemisia, è il migliore medicamento
per il mal di stomaco;
midisinàl s.m. e agg. (pl. -ài) - medicinale;
la viva oûn'intiera anta del bagno, caraga da doûti i midisinai
da stu mondo, ca nu curivà zeî dal spisier: aveva un'intera
anta dell'armadietto del bagno piena di ogni sorta di medicinali, che non
serviva andare dal farmacista;
Miditaràgno s.m. - Mediterraneo;
midizeîna s.f. 1. medicina; dà
la midizeîna: dare la medicina, ma nel parlato dei contadini
ha il significato di irrorare le piante con degli antiparassitari o con
degli anticrittogamici; li midizeîne ca li
fà meo zi quile mare: le medicine che giovano di più
sono quelle amare; 2. la facoltà e la scienza che studia
la medicina; el uò stugià du ani midizeîna
a Padua: a studiato per due anni medicina a Padova;
midizièla s.f. - diminuitivo di mìda, piccolo
covone di fieno; in zoûgno sa sfalsa i pràdi
e puoi sa ingroûma el fien a midiziele: in giugno si falciano
i prati e poi si raccoglie in piccoli covoni, in monticelli;
midùl s.m. - midollo;
mièa agg.f.s. - mia, variante di mèa e mieîa;
Mièca (la) n.geog.f. - La Mecca, usato in frasi del tipo:
và a La Mièca: vai a La Mecca,
vai a quel paese;
mièco loc. - com me, meco; vigneî
mieco ca nu zbalgiarìde: venite con me, seguitemi, che non
sbaglierete; Etim.: dal lat. Mecum;
Mièco - s.n. della famiglia Tromba;
mièdago s.m. - medico, dottore;
nu stà a lamantate, và dal miedago e puoi bon: non
stare a lamentari, vai dal medico e falla finita;
la pratandaravo savigane pioûn dal miedago: pretenderebbe
saperne più del medico;
.............
Miènago n.pr.m. - Domenico; i lu
viva ciamà Mienago, par veîa ch'el gira nato la dumenaga:
lo avevano chiamato Domenico, visto che era nato di domenica. Riporto qui
questa filastrocca-sciolingua con protagonista Mienago dal manàgo:
Mienago dal manago
Fame oûn pier da managhe, Par ma sor Menaga, Ca la li mataruò dumenaga. |
Domenico del manico
Fammi un paio di maniche, Per mia sorella Domenica, Che le metterà domenica. |
Miènago de la farsoûra - s.n. della famiglia Dapinguente;
Miènago de l'apalto - s.n. della famiglia Garbin;
Miènago de la viecia - s.n. della famiglia Bodi;
Miènago del furnìto - s.n. della famiglia Budicin;
Miènago de l'uòste - s.n. della famiglia Veggian;
Miènago graso - s.n. della famiglia Benussi;
Miènago lata - s.n. della famiglia Vidotto;
Miènago maiàn s.m. - sempliciotto, stupidone;
Miengàsi - s.n. della famiglia Bernardis;
Mièngo - s.n. della famiglia Baffi;
Mienguòsi - s.n. della famiglia Devescovi;
mièno avv. - meno; a mieno da nu
zeî a Tristi nu sa truva pioûn gnìnte da cunprà
par veîa da la guiera: a meno di non andare a Trieste, non
si trova più nulla da comprare a causa della guerra; ga
vol ca ti meti mieno sal, ti siè che a tu pare nu ga piaz magnà
salamora: occorre che tu metta meno sale, lo sai che a tuo padre
non piace mangiare salato; pioûn o mieno i
signemo pari: più o meno siamo pari; a
ga vol fà mieno ciacule e pioûn fati: bisogna fare
meno chiacchiere e più fatti; mieno mal ca
signì rivadi in tenpo: meno mala che siete arrivati in tempo;
Etim.: dal lat. Minus;
mièno s.m. - meno, il trattino che indica le sottrazioni
o le cifre al negativo; cul signo mieno sa fà
li sutrasioni, inveîse cul signo pioûn li adisiuni:
col segno meno si fanno le sottrazioni, invece col segno più le
addizioni;
mieno (el) s.m. - la cosa, la parte minore, il minimo; cheî
ca uò fato el pioûn, ch'el fago anco el mieno: chi
ha fatto la parte maggiore, che faccia anche la parte minore, cioè
il poco che resta ancora da fare, prov.; ara, quisto
zì el mieno... spieta ca ta conto el riesto: beh, questo
è il minimo... aspetta che ti racconti il resto;
mienocheî (a) loc. avv. - a meno che, se non che; mienocheî
nu zì stà Miciel, nu siè cheî pol vì
ciulto el giurnal: a meno che non sia stato Michele non so chi possa
aver preso il giornale;
mienumàl loc. avv. - meno male, per fortuna;
mièo agg.s.m. - mio; ara doûto
quil ca ti vidi zì mieo: beh, tutto quel che vedi è
mio;
mièr s.m. - migliaio; iè
cugnusoû oûn mier da fimane, ma nisoûna cunpagna a gila:
ho conosciuto un migliaio di donne, ma nessuna simile a lei;
miera s.f. 1. migliaia, grande quantità; la
piasa gira cariga a miera par vidi el papa e ciù la binidision:
la piazza era piena di gente per vedere il papa e prendere la benedizione;
oûna vuolta i giariendi a miera, uora i signimo
quatro gati: una volta eravamo in migliaia, in tanti, adesso siamo
quattro gatti; 2. sino al 1928 i pescatori rovignesi erano usi trattare
le sardelle non per peso ma a migliaia, stipandone 200 per cassa, per facilitarne
il computo; i na vemo ciapà vinti miera:
abbiamo preso venti mila sardelle; Etim.: dal lat. Miliarum pl. di Milia
................
mièrlo s.m. 1. merlo, Turdus merula; el
mierlo uò el bieco zalo: il merlo ha il becco giallo. Vedi
anche la poesia di Giusto Curto, "El mierlo":
Come oûn veînto ca carisa i buschi
cuseî el tuovo fas'cio viloûda i animi quanti sureîzi da buche sulse quante rice sa firma al buoto. Canta canta mierlo... tanto
|
Come un vento che accarezza i boschi
così il tuo fischio velluta gli animi quanti sorrisi di bocche sciocche quante orecchie si fermano al suono. Canta canta merlo... tanto
|
2. sempliciotto, persona facile da ingannare e per antifrastica
anche furbacchione; reîdi, reîdi mierlo,
ca mama uò fato i gnuòchi: ridi, ridi merlo, che mamma
ha fatto i gnocchi; 3. merlo, merletto;
Mièrlo - s.n. della famiglia Benussi;
Mièrlo bianco - s.n. della famiglia Godena;
Mièrlo da graia s.f. - furbone;
Mièrlo nigro - s.n. della famiglia Sponza;
miètado s.m. - metodo, modo; el
uò oûn mietado da fà, ca nu ma piaz: ha un modo
di fare che non mi piace; i vuoi cuntinuà
el suovo mietado: voglio continuare il suo metodo;
.................
mièza agg.sost.f. 1. mezzanotte;
iè spatà feînta la mieza, duopo i son zeî a duormi:
ho aspettato sino alla mezzanotte, dopo sono andato a dormire; 2.
mezzogiorno; ara ca sa magna doûti insenbre
a la mieza in bruca: guarda che si mangia tutti insieme a mezzogiorno
in in punto; la mieza duopo el buoto: le dodici
e trenta;
Mièza brènta - s.n. della famiglia Godena;
Mièza ciàve - s.n. della famiglia Dapiran;
Mièza coûca - s.n. della famiglia Pavan;
mièza loûna s.f. - mezza luna, primo ed ultimo
quarto;
Mièza murièda - s.n. della famiglia Dapiran;
mièzaloûna s.f. - mezzaluna; el
lion da san Marco uò senpro cunbatoû cuntro la miezaloûna:
il leone di san Marco ha senpre comattuto contro la mezzaluna, cioè
i turchi;
miezanàve loc.avv. - a mezza nave;
miezanuòto s.f. - mezzanotte; magna
bivi e canta a zì vignoû la miezanuoto e doûti urmai
a gira inburissadi par veîa del taran ch'i viva bivoû a cripapiele:
mangiando, bevendo e cantando è arrivata la mezzanotte e tutti ormai
erano euforici per tutto il vino terrano che avevano bevuto;
Miezanuòto - s.n. della famiglia Bartoli;
miezàsta (a) loc.avv. - a mezzasta, in origine indicava
la bandiera posta a metà dell'asta od antenna ad indicare un segno
di lutto, per estensione calze che scendono sui polpacci, palpebre abbassate
da sonno ecc.; va duormi ca t'iè i uoci a
miezasta: vai a dormire che le palpebre ti cascano dal sonno;
Miezateîn - s.n. della famiglia Vidotto;
mièze managhe s.f. 1. mezze maniche, maniche corte;
2. impiegato, impiegatucolo;
miezinfìrmo s.m. - seminfermo;
mièzo s.m. 1. mezzo, metà; i
son miezo muorto da suno: sono mezzo morto dal sonno; in
miezo al mar a zì oûn cameîn ca foûma:
in mezzo al mare vi è un camino che fuma; nu
curo radagà, femo miezo e miezo: non occorre litigare facciamo
metà ciascuno; miezo paron nu fà mal
a ningoûn: metà ciascuno, non fa male a nessuno; el
zì senpro da miezo: sta sempre in mezzo, cioè s'immischia
sempre. Modo di dire: mièza intrada:
così così; 2. mezzo, modo, maniera, strumento in generale;
i nu siè cun qual miezo, sulsuoto ch'el zì,
ga uò riuseî a ciù la patento: non sò
in che modo, stupido com'è, gli sia riuscito d'avere la patente;
3. mezzo di trasporto, autobus; par zeî
a lavurà i dievo ciù tri miezi: per andare a lavorare
devo prendere 3 mezzi di trasporto; 4. mezzo litro; ancura
oûn miezo da quil bon: ancora mezzo litro di quello buono;
Etim.: dal lat. Medius = posto in mezzo, dalla radice Med;
mièzo (da) loc. avv. - di mezzo, di torno;
Mièzo fravo - s.n. della famiglia Perrara;
Mièzo metro - s.n. della famiglia Sponza;
Mièzo muriè - s.n. della famiglia Santin;
mièzo piciòn epiteto off. - piccoletto, persona
con scarsa presenza;
miezoboûsto s.m. 1. mezzobusto; 2. (neol.)
giornalista televisivo, dal fatto che fino a pochi tempo fa appariva esclusivamente
ripreso dalla cintola in sù;
miezodeî s.m. - mezzogiorno;
miezogiuòrno s.m. - mezzogiorno;
miezogrùpo s.m. - nodo semplice;
miezomarinièr s.m. - gancio per l'accosto;
miezosupràno s.m. - mezzosoprano;
mièzu s.m. - mezzo, usato per lo più nei composti;
miezùra s.f. - mezzora; a zì
miezura ca i speto el tran: è mezzora che aspetto il tram;
miezudeî s.m. - mezzogiorno, mezzodì; miezudeî,
el pan rusteî; miezozurno, el pan in furno: mezzodì,
il pane arrostitito; mezzogiorno il pane in forno, prov.;
miezugiòrno s.m. - mezzogiorno;
miezurìta s.f. - mezzoretta; i
vago oûna miezurita a butàme: vado una mezzoretta a
riposare;
miezozùrno s.m. - mezzogiorno;
.............
Milischi - pronunzia rovignese del cognome del Conte Ignazio
Karol de Korvin Milewski. Personaggio diventato emblematico per le sue
notevoli ricchezze, per cui il suo cognome era usato in vari modi di dire
ormai devenuti proverbiali: ara cheî ti cridi
da iesi? el feîo del conte Milischi??: e che ti credi di essere
il figlio del conte Milewski??; frase che serviva a redarguire chi si dava
delle arie, o voleva apparire per quello che non era;
milìsia s.f. - polizia, milizia; soûn
fì meno gheto, sanuò i saruò custrìto a ciamà
la milisia: sù fate meno chiasso altrimenti mi vedrò
costretto a chiamare la polizia;
milisian s.m e agg. 1. poliziotto; 2. miliziano;
milità v. tr. (i mileîto) - militare;
militanto agg. e s.m. - militante;
militàr s.m. - militare, soldato; i
fago el militar in mareîna: faccio il soldato nell'arma della
marina; militar da mareîna: marinaio
della marina da guerra; militar da tiera:
fante, soldato di fanteria;
...........
minciòn s.m. - minchione; cheî
zì mincion, ca riesto a caza: chi è un cretino, resti
a casa, prov.; anca i mincioni magna pan:
anche i minchioni mangiano pane;
minciunà v.tr. (i minciòno - i minciunìo)
- minchionare, prendere in giro, canzonare; nu stame
minciunà, lu siè ca nu zì puseîbilo:
non cercare di prendermi in giro, lo so che è impossibile;
mindeîco s.m. - mendicante, mendico; Etim.: dal lat. Mendicus,
che ha difetti fisici (mende);
mindizeîna s.f. - medicina, vedi midizeîna;
Mineîn - s.n. della famiglia Privileggio;
Mineîni - s.n. della famiglia Malusà;
mineîstro s.m. - ministro; Etim.: Minister-mininistri,
servitore. Mai parola si è allontanata dal suo significato originario;
minènsa s.f. - eminenza; suova
Minensa el Viscuvo de Parenso el zì vignoû in veîzita
a Ruveîgno par la fiesta da Sant'Ufiemia: sua Eminenza il
vescovo di Parenzo è venuto in visita a Rovigno per la festa di
sant'Eufemia;
minènsa s.f. - la sufficienza, il voto minimo per superare
l'esame;
minènte agg. - imminente; el bateîzo
dievo iesi minente: il battesimo deve essere imminente;
Mingheîn - s.n. della famiglia Dapas;
mìnghi mànghi locuz. - capricci, ghiribizzi;
minghirleîn agg. e s.m. - mingherlino;
Mingotti o Mengotti - Piero, 1728;
mingulièr s.m. - usato nell'espressione idiomatica: fà
oûn mingulier: sminuzzare eccessivamente il pane, far
briciole;
Minguòsi - s.n. delle famiglie Devescovi e Bernardis;
Minguòti - s.n. della famiglia Mengotti;
Minigheîta n.pr.f. - dim. di Miènaga;
minièla s.f. 1. minutaglia, scarto; a
zì rastà sulo miniela, doûti i meo pìsi li uò
ciulti i tureîsti: non sono rimasti che scarti, tutti i pesci
migliori se li sono accaparrati i turisti; 2. piccola quantità,
scarsità, poca quantità; par zeî
vanti doûta el meîz ga diva oûna miniela...: per
tirare avanti tutti il mese le dava due soldi...; Etim.: dal lat. Mina,
peso di 100 dracme, pari a circa 8 Kg. Anticamente anche misura italiana
per liquidi;
minièr s.m. 1. pescatore di frodo che per la pescaimpiegava
una mina rudimentale, detta in gergo rovignese ceîca. Non
era raro che qualcuno di loro rimanesse ferito dallo scoppio, perdende
qualche dito della mano; quii fioi de cani da minieri
i zeîva a pascà cu li ceîche a la Tavulìta, ma
nu ga zèva sempro ben parchide i iè veîsto parieci
da luri sensa qualco dì de la man: quei farabutti andavano
a pescare con le mine alla 'Tavulìta', ma non gli andava sempre
bene, perchè ho visto più di uno di loro senza qualche dito
della mano; 2. lavoratore alle cave di pietra, addetto a far brillare
le mine;
minièra s.f. - miniera; ga vuliva
el curaio da quii stumagoûzi a mandà in miniera ma pare ch'el
viva fato el partizan: ci voleva il coraggio di quei poco di buono
a mandare a lavorare in miniera mio padre che aveva fatto il partigiano;
Minighin - s.n. della famiglia Dapas;
Minigoûcia n.pr.f. - dim. di Domenica;
Minigoûcio n.pr.m. - dim. di Domenico;
.............
minoû agg. (f. -da) - minuto, piccolo, sottile, esile;
el uò el dideîn sai minoû:
ha il mignolo molto minuto; par iesi la feîa
da quil caluogero e quila maona, la gira mondo minoûda: per
essere la figlia di quell'omone e di quella grassona era assai minuta;
Etim.: dal lat. Minutus, da Minuere = diminuire; dalla radice Men che indica
piccolezza;
minoûda s.f. - minuta; dieso nu
ma riesta ca meti in biela la minoûda e puoi i cunsignariè
el cuonpito in claso: adesso non mi resta che scrivera in bella
la minuta e poi consegnerò il compito in classe;
Minoûda - s.n. della famiglia Budicin;
minoûti s.m. pl. - legumi in genere; a
ma piaz squazi doûti i minoûti: lento,
fazuoi, pisioi e beîzi, sulo li fave li nu ma và par coûl:
mi piacciono quasi tutti i legumi: lenticchie, fagioli, ceci e piselli,
soltanto le fave non mi vanno proprio per niente;
minoûto s.m. - minuto; ancura oûn
minoûto e puoi i son da vui: ancora un minuto, un attimo,
e poi sono da voi; e alurà? sisanta minoûti:
ed allora? sessanta minuti; Etim.: dal tardo lat. Minutum;
minteî v.tr. (i minteîso) - mentire;
mintidùr s.m. - mentitore, bugiardo;
minudàia s.f. 1. minutaglia; 2. pesce minuto
di scarto; in pascareîa zì rastà
doûta minudaia: in pescheria è rimasto tutto pesce
di scarto; 3. insieme di cose insignificanti, scarti; Etim.: dal tardo
lat. Minutalia = insieme di piccole cose;
minudièl agg. (pl. -ai) - piccolino, esile; la
galeîna minidiela, la par senpro pulastriela: la gallina piccolina,
sembra sempre una pollastrella, prov.;
minuìto s.m. - minuetto, il tipico ballo settecentesco.
Per estensione salamelecco, cincischiamento, leziosaggine;
mìnula s.f. - vedi mìgnula;
minuleîn s.f. - piccola mìgnula;
Minuleîn - s.n. della famiglia Benussi;
minuòto - minotto, vc. di incerto significato, usata
nella seguente espressione, tipica del gioco della tombola: uoto
minuoto, li bale cul soûbioto: otto minotto le palle col fischietto;
Minuòto - s.n. della famiglia Menotti;
minùr agg. comp. - minore; nu ch'i
zì par luri, ma i uò salgisto el mal minur: non è
che tengono per loro, ma hanno scelto il male minore;
minuransa s.f. - minoranza; uramai i semo
davantadi oûna peîcia minuransa: oramai siamo diventati
un'esigua minoranza;
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minzoûra s.f. - misura; cun quila
minzoûra ca sa mizura sa ven mizuradi: con quella misura che
si misura si viene misurati; ga vol ciù li
minzoûre: bisogna prendere le misure;
mìo s.m. - miglio, Panicum miliaceum. Pianta a fusto
alto con foglie larghe rispetto alle altre graminacee: Il fusto peloso
termina in una pannochia di piccolissime spighette con un solo fiore ciascuna.
I frutti sono assai piccoli, rotondi e giallicci. Viene impiegato come
mangime per gli uccelli; Etim.: dal lat. Milium;
mirà v.tr. (i meîro) 1. mirare, prendere
la mira, puntare; i iè mirà quil sulsuoto,
inveîse iè ciulto in pien el prufasur: ho mirato quello
stupido, invece ho colto in pieno il professore; 2. fissare, guardare
con attenzione; 3. ammirare; meîra ca
biel spataculo: ammira, guarda che bello spettacolo;
miràcolo s.m. - miracolo; altro
ca miracoli ga vol sudur da fronto e tanta tansion: altro che miracoli
occorre tanta fatica e tanta attenzione;
miraculà agg. (f. -ada) - miracolato;a
ma par da iesi oûn omo miraculà da nu vì pioûn
da fà cun gila: mi sembra di esser un miracolato a non dover
aver più niente a che fare con lei;
miràculo s.m. - miracolo; cheî
nu crido al santo vol vido el miraculo: chi non crede al santo vuol
vedere il miracolo, prov.; el zì oûn
caga miraculi: è un tipo che esagera sempre, frase idiom.;
par miraculo i son riuseî a magnande oûna:
per miracolo sono riuscito a mangiarne una; ga vularavo
oûn miraculo par salvà sta situasion: vi vorrebbe un
miracolo per salvare questa situazione; Etim.: dal lat. Miraculum;
miraculùz agg. 1. miracoloso, portentoso, straordinario;
la ma uò dà oûna pumata miraculuza:
mi ha dato un unguento miracoloso, straordinario; 2. esagerato,
persona che ingrandisce ogni cosa; ti siè
cumo zì miraculuza tu sor, par uogni munada la fà oûn
mondo da stuorie: lo sai com'è esagerata tua sorella per
ogni minima stupidaggine fa un sacco di storie;
mireîn s.m. - mirino; i lu vivo
intul mireîn e i ma lu son fato scanpà: lo avevo nel
mirino e me lo sono fatto scappare;
miricàn s.m. e agg. - americano; el
vol fà el mirican, ma el zì nato in Funtana: vuol
farsi passare per americano, ma è nato a Rovigno in contrada Fontana;
li fimane miricane li ma par doûte poûpe
lenci: le donne americano mi sembrano tutte delle Barby;
Miricàn - s.n. della famiglia Sponza;
miricanàda s.f. - americanata, smargiassata, spacconata;
mirità v.tr. (i mièrito - i miritìo)
- meritare; el sa l'uò biel mirità:
se lo è ben meritato; i ta dariè quil
ca ti mieriti: ti darò quello che ti meriti; i
nu ma maritio doûti sti ranpruvari: non mi merito tutti questi
rimproveri;
miritar s.m. - militare; anduve t'iè
fato el miritar?: dove hai fatto il militare?;
miritìvolo agg. - meritevole; par
meî i signide doûti miritivoli: per me siete tutti meritevoli;
mìsa s.f. - messa, funzione religiosa; la
dumenaga ga vol zeî a mìsa: la domenica bisogna andare
a messa; soûn moveve che vostra mare va spieta
par zeî a misa: su sbrigatevi che vostra madre vi attende
per andare a messa; sa và senpro anduve ca
deî la misa: detto idiom. che vale: si seguono sempre le proprie
convinzioni; deî mìsa: dire messa.
A secondo del tipo abbiamo: mìsa preîma: la prima messa delle
ore 7; mìsa grànda: messa
delle 10, messa solenne, messa cantata; oûltama
mìsa: messa delle ore 11; mìsa
cantàda: messa cantata; Etim.: dal lat. eccl. Missa;
Mìsa grànda - s.n. della famiglia Sponza;
Mìsa preîma - s.n. della famiglia Sponza;
misàl s.m. (pl. -ai) - messale; ugnidn
vol lezi sul su misal: ognuno vuol leggere sul proprio messale,
prov.; a la larga da quii ca vol lezi senpro sul
su misal: lontano da chi vuol leggere sempre dal proprio messale,
prov.;
Misaleîna n.pr.f. - Messalina, assurta ad emblema della
donna dissoluta;
mis'ceîn s.m. e agg. - v. mischeîn;
mischeîn s.m. e agg. - meschino, misero, striminzito,
povero, infimo; zì stà oûn ato
mischeîn, nu daghe la man: è stato un atto meschino
non stringergli la mano; Etim.: dall'ar. Miskin = povero;
mischinièl s.m. e agg. - dim. di mischeîn; - I
son oûna puovara mischiniela bandunada da doûti: sono una povera
tapinella abbandonata da tutti;
mischinièla s.f. - piccineria, meschineria, atto meschino;
i nu ga dago bado a li suove mischiniele: non do bado alle sue meschinerie,
alle sue piccinerie;
................
misià v.tr. (i meîsio) - mescolare, mischiare;
par nu fà vigneî gruopuli ga vol misià
senpro: per non far venire dei grumi bisogna mescolare sempre; meîsia
li carte, ca nu ti iè ancura veînto: mischia le carte
che ancora non hai vinto. Modo di dire: misià
el stumago: rimescolare lo stomaco, far star male al solo pensiero,
sconvolgere; và pian! ca ti ma faghi misià
el stiumago: vai piano! che mi fai andare lo stomaco di traverso;
ma sa meîsia el stumago a talafunà a
ma nuona, uogni vuolta la na uò oûna nuva: sto male
al solo pensiero di dover telefonare a mia nonna, ogni volta ha una malattia
o un accidente nuovo da raccontare; Etim.: dal lat. Miscere = mischiare;
misiàse v.rifl. (i ma meîsio) - mescolarsi,
darsi da fare, introfularsi; el sa uò misià
mondo par faghe vì oûn inpigo al cumun, ma nu zì stà
gnìnte da fà: si è dato da fare molto per fargli
avere un posto al comune, ma non è stato possibile;
misiàda s.f. - mescolata, rimescolata, smucinata (rom.);
daghe oûna biela misiada, ch'i vago par oûn:
dai una bella mescolata che vado per uno (cioè per un numero);
misiamènto s.m. - rimescolamento, mescolamento, confusione;
cun doûti sti misiamenti nu sa capeîso
pioûn oûn caspe: con tutti questi rimescolamenti non
si capisce più nulla;
misiamìsia s.f. - rimescolanto, confusione, un darsi
da fare frenetico; a zì doûto oûn
misiamisia: è tutta una confusione;
misiànsa s.f. - mescolamento, confusione, guazzabuglio;
uramai a Ruveîgno zì doûta oûna
misiansa... taliani, cruati, sierbi, albanizi e veîa scurando:
oramai a Rovigno è tutto un mescolamento (di razze)... italiani,
croati, serbi, albenesi ecc. ecc.;
misièla s.f. - miscela; ti iè
da dàme oûn può da misiela par el mutureîn?:
hai da darmi un pò di miscela per il motorino?; ca
misiela ti aduopari? a zì doûto
cafiè moka: che miscela usi? è
tutto caffe moka;
misiernò loc. - signornò, nossignore; misiernò,
ca nu zì sta oûna biela ruoba da fase: nossignore,
che non è stato una bella cosa da farsi; misiernò!
i fago cume ca ma par: nossignore! faccio come mi pare;
misierseî loc. - sissignore, signor sì; misierseî!
iè fato doûto cumo la ma uò cumandà:
signorsì! ho fatto tutto come mi ha ordinato;
misiòn s.m. 1. missione, compito, incarico, vocazione;
2. missione religiosa;
misiòto s.m. 1. miscuglio, mescolanza, trambusto;
2. intruglio;
misìr s.m. - suocero, voce desueta;
...........
mità sieculo da veîta loc. - nel popolare gioco
della tombola con questa frase si definiva il numero quarantacinque. Evidentemente
la speranza di vita dei vecchi rovignesi era abbastanza ottimistica;
mitànte agg. - imitante;
miteîn s.m. 1. mattutino (eccl.); 2. mattino,
mattina, la parte iniziale del giorno; el bon giuorno
a sa vido dal miteîn: il buon giorno si vede dal mattino,
prov.; el miteîn uò l'uoro in buca:
il mattino ha l'oro in bocca, prov.; da miteîn
nu uò mai sunà l'urasion: al mattino non ha mai suonato
l'orazione, prov.;
miteîna s.f. - mattina; cu el galo
canta la miteîna, pariciate el capuoto e la s'ciaveîna:
quando il gallo canta alla mattina, preparati il cappotto e la mantella
pesante, prov.; la miteîna miteîn: di
mattina presto, all'alba, di buon mattino; la mateîna
fà ancura frischìto: la mattina fa ancora frescolino,
freschetto; Etim.: dal lat. Matutina
mitènte s.m. - mittente, calco it.;
miticulùz agg. - meticoloso, pignolo;
mitigà v.tr. (i mìtigo - i mitighìo)
- mitigare, lenire, stemperare; el tenpo mitiga i
duluri: il tempo mitiga i dolori;
Mito - s.n. della famiglia Carlevaris;
............
miz s.m. 1. mese, periodo composto mediamente di 30 giorni.
I 12 mesi dell'anno nelle forme più correnti in rovignese sono:
zanièr, fabràro, màrso, apreîl, màio,
zoûgno, loûio, agùsto, satènbro, utuòbre,
nuvènbre, dasènbre. Nella tradizione popolare, ed in
particolare in quella istriana, era vivo il cosiddetto contrasto dei mesi
detto anche la "Corona dei Mesi", in cui ogni mese parlava in prima persona
descrivendo le sue qualità. Come ci racconta il Babudri in Istria
vi era la tradizione a fine anno di fare una vera rappresentazione in cui
"L'anno vecchio con la barba bianca e lo scettro tra le mani, camuffato
da Arlecchino, così da avere nei ritagli del suo costume una guisa
di tutte le stagioni, invitava ogni mese a declinare le proprie generalità
e a sciorinare i propri pregi e i propri meriti..." La mascherata,
in cui dodici persone impersonavano i rispettivi mesi dell'anno camuffandosi
in modo da richiamare le caratteristiche più spiccate del mese,
avveniva nel divertimento generale e finiva inmancabilmente in una grande
mangiata di frittelle e baccalà (freîtule e bacalà).
Anche in rovignese esiste un'opera popolare in cui i dodici mesi dell'anno
narrano i propri pregi e difetti, i cui versi ho riportato alle voci relative.
soûn sie mizi i pasa priesto: sù,
sei mesi passano presto; - Ara ch'el miz zì longo e lu spago zì
curto: guarda che il mese è lungo e lo spago corto, cioè
i soldi sono pochi ed il mese non finisce mai, prov.; 2. mestruo;
la uò el miz: ha le mestruazioni; Etim.:
dal lat. Mensem;
miz Mariàn s.m. - mese mariano, il mese dedicato alla
liturgia della Beata Vergine. Da Antonio Angelini apprendiamo che: "L'anno
1859, sotto la Vice-prepositura, stante vacanze, del Canonico don Antonio
Onofrio ebbe principio in questo Duomo il cosiddetto Mese di Maggio, ossia
la pratica divota del Nome di Maria dietro promozione del Capitolo".
mizaràbile agg. - miserabile, infimo; - El zì oûn
omo mizarabile, bon da sparlasà anca da su mare: è un uomo
miserabile, capace di parlar male anche della propria madre;
mizaricuòrdia s.f. - misericordia; a
nu zì mizaricuordia, chi fala paga e caine pardon: non c'è
misericordia, chi sbaglia paga senza possibilità di perdono;
mizaricuòrdia! escl. -mizaricuordia,
chi iè fato!: accidenti, cosa ho combinato!;
mizaricurdiùz agg. - misericordioso, caritatevole;
mizarière s.m. 1. miserere, canto liturgico, preghiera
per le anime dei defunti; 2. (fig.) cosa o situazione che da un'idea
di miseria, o di noia; chi zì stu mizariere,
soûn femo oûna cantulada: cos'è questa mosceria,
sù facciamo una cantata, mettiamoci a canticchiare;
mizarière (mal de li) s.f. - peritonite; cul
mal de li mizariere oûna vuolta nu gira gnìnte da fà:
con la peritonite una volta non vi era nulla da fare; Etim.: data la mortalità
della malattia;
Mizateîn - s.n. della famiglia Vidotto;
mizièria s.f. 1. miseria, estrema povertà;
mizieria ciama mizieria: poverta chiama povertà,
prov.; el pianzi mizieria, ma el zì pien da
buori: piange miseria, ma è pieno di soldi; 2. poco,
pochissimo; lu iè paga oûna mizieria:
l'ho pagato una miseria, pochissimo; 3. tristezza; inpisa
la loûz, ca a scoûro ma fà mizieria: accendi
la luce che il buio m'intristisce; Etim.: dal lat. Miseria;
Mizièria - s.n. della famiglia Dapiran;
miziricuòrdia s.f. - vedi mizaricuòrdia;
miziricurdiùz agg. - misericordioso;
mizmàs s.m. - guazzabuglio, mescolanza, coacervo, caos,
confusione; chi ti vuoi, in quil mizmas, nama ca
loû ga capeîso: cosa vuoi in quel guazzabuglio ci capisce
soltanto lui; a gira oûn mizmas ca nu ta deîgo,
cheî ca scampa da quà, cheî ca scanpa da là:
c'era una notevole confusione, un parapiglia, chi fugge di qua, chi fugge
di là; Etim.: dal ted. Misch-Masch, a sua volta formato sul lat.
Miscere = mischiare;
............
mòlo s.m. (pl. -òi) - merlano, vedi muòl,
Merlangius - merlangus merlangus; Etim.: dal lat. Mullus;
Momo - s.n. della famiglia Quarantotto;
mon s.m. - monte, forma tronca usata per lo più nei composti,
vedi: Monmurasi, Mondalaco, Mon Tuncàz ecc. ecc.; Etim.:
da il lat. Mons-Montis;
Mon Butàso top. - in località San Prùti,
deve il nome alla sua forma alquanto grossa ed arrotondata, tale da richiamare
la forma di una grossa botte;
Mon da Sicoûle top. - sinonimo di Monto Muleîni;
Mon dei Arni top. - sede di un antico castelliere sito nella
campagna di Rovigno;
Mon Gusteîn top. - località in prossimità
di Varava;
Mon Lebre top. - al confine col territorio di Valle;
Mon Tuncàz top. - nei pressi di Valalta, terreno
montuoso ricoperto da boschi;
............
Mon Zuvanièl top. - sovrasto il Laco de la Furtoûna,
probabilmente deve il nome alla famiglia Giovanelli oppure da zuàno
= giovane;
mònaga s.f. 1. monaca, suora; quila
sulsuota la vol fàse monaga, inveîse la duvaravo bazà
el banbeîn ca quil magnamai l'uò lasada: quella
cretinetta vuole farsi monaca, invece dovrebbe fare salti di gioia che
quel poco di buono l'ha lasciata; 2. mantide religiosa, ortottore
voracissimo d'insetti e per ciò benvisto dai contadini; 3.
razza monaca, Raja Oxyrhynchus; 4. s.m. sciocco, cretino; nu fà
el monaga: non fare lo scemo; Etim.: dal tardo. lat. Monacha, che viene
dal gr. Monakhe, da Monos = solo. La vc. due dal caratteristico atteggiamento
orante, simile a quello di una monaca e la vc. tre probabilmente dalle
ali della razza che possono ricordare quelle di alcuni copricapi monacali,
mentre per la vc. quattro per l'assonanza con muòna;
mònago s.m. - monaco;
Mònago - s.n. della famiglia Sponza;
mondesòn s.m. - pattumiera;
mòndo s.m. - mondo; da cu zì
el mondo: da sempre; chi moro el mondo lasa,
chi veîvo sa la spasa: chi muore lascia il mondo, e chi vive
se la spassa, prov.; suovo mondo, suovo tondo:
suo mondo, suo tondo, ovvero se va bene a lui va bene a tutti, prov.; a
stu mondo cheî và soûn cheî và zù,
cume i fazuoi in pignata: in questo mondo (c'e) chi va sù
e chi va giù come fagioli in pentola, prov.; el
mondo zì tondo, cume l'uvo da Culonbo, opoûr mondo, mondo,
fato tondo cumo l'uvo da Culonbo: il mondo è fatto tondo,
come l'uovo di Colombo, prov.; zì cuseî
ch'el mondo geîra, nu sa pol farmalo mai: è così
che gira il mondo, non si può fermarlo mai; el
mondo zì tondo... cheî l'uò coûrto, cheî
l'uò longo: il mondo è tondo... c'è chi ce
lo ha lungo e chi ce l'ha corto, prov.; a stu mondo
duopo el broûto ven el biel: in questo mondo dopo il brutto
viene il bello, prov.; ara i signemo omi da mondo,
sierte ruobe a nu curo gnanca deîle: beh... siamo uomini di
mondo, certe cose non occorre neanche dirle; ara,
in stu mondo i siemo doûto da pasagio: beh, in questo mondo
siamo tutti di passaggio; Etim.: dal lat. Mundus;
mòndo agg. avv. e pron. - molto, tanto, assai; sta
storia la zì mondo broûta: questa storia è molto
brutta; a zì mondo meo ca la seîo zeî:da
cuseî: è molto meglioche sia andata (a finire) così;
a ga vol mondo?: ci vuole assai? manca molto?;
nuò, a nu ga vol mondo: no, non ci
vuole molto, manca poco; a zì mondo ca vularavi
turnà a Ruveîgno: è da tanto che vorrei tornare
a Rovigno; a gira oûn mondo da fimane ca vuliva
ingubiase cu el meo Piereîn: vi erano tante ragazze che volevano
fidanzarsi col mio Pierino; cheî mondo ta leîca,
el sta par zgrafate: chi molto ti lecca, t'alliscia, sta per graffiarti,
prov.; i ga vuoi oûn mondo da ben: gli
voglio tanto bene. Modi di dire: mòndo
ciàro: raramente, di rado; mondo
ciaro ti na truvi oûna ca la seîo cume ca ga vol: assai
raramente ne trovi una che sia come si deve; mòndo
làrgo: assai lontano, lontanissimo; la
uò ciulta mondo larga, ma puoi el zì rivà sul masal:
l'ha presa molto alla lontana, ma poi è arrivato in argomento;
mòndo mal: molto male, assai male, malissimo; mondo
mal, ti pudivi fà da manco da zeî alilare: assai male,
potevi far a meno di andartene via; Etim.:dal lat. Mundus;
Mòndo n.pr.m. - Edmondo;
Mòne (li) - s.n. della famiglia Davanzo;
Monfalcòn top. - Monfalcone;
Monfalcòn - Francesco da Parenzo, 1730;
mòngo s.m. - pianta delle leguminacee, usata come foraggio,
Vicia ervilia, Lathytus cicera;
mòngo s.m. - stronzo galleggiante sul mare. Del resto
sino a poco tempo fa, in mancanza di fognature i liquami domestici venivano
riversati in mare; - Oûna vuolta ti pudivi vidi i monghi a vilo:
una volta potevi veder galleggiare sul pelo dell'acqua i rifiuti umani.
Modo di dire: magnà mònghi
coûrti e lònghi: a. mangiare un cibo inesistente;
b. inghiottir rospi;
Monmuràsi top. - antico castelliere nei pressi di Mun
dei Càrpa, da mun, monte + muràso = cumulo
di rivine;
mònta s.f. - monta, come nell'it.;
montacarighi s.m. - montacarichi, calco it.;
montizièl s.m. - monticello;
Montella - nel censimento del 1-X-45 era presente una famiglia;
Monteverde - s.n. della famiglia Dapas;
Monticeîma - s.n. della famiglia Benussi;
Mònto top. - la parte vecchia di Rovigno, edificata sull'originaria
isola, poi collegata alla terra ferma. Che si trova per l'appunto su di
una sommità; zeî a Monto: recarsi
nella parte vecchia di Rovigno, a Sant'Eufemia. Vedi anche la bella poesia
di Ligio Zanini:
A Monto
A Monto
|
A Monto
A Monto
|
mònto s.m. - monte, presente anche nelle forme mon e mun;
i son stà in Zveîsara e i nu vivo mai
veîsto monti cunpagni: sono stato in Svizzera e non avevo
mai visto monti simili; cava, cava: anca oûn
monto ven a la feîn: togli e togli, anche una montagna viene
a finire, prov.; Etim.: dal lat. Mons-montis;
mònto agg. 1. tanto, assai; el
viva oûn monto da suoldi: aveva tantissimi soldi; 2. carico,
pieno; el zì oûn monto da leîmo:
è un tipo pieno di sporco, sporchissimo;
mònto s.m. 1. monte di pietà, una volta
tale attività era svolta da la Congregazione di carità; 2.
il fondo d'ammortamento dei pescatori. Modo di dire: mandà
a monto: mandare a monte, annullare: el
pratandaravo mandà a monto parchì s'uò veîsto
oûna carta: pretenderebbe annullare la partita perchè
si è scoperta una carta da gioco;
Mònto Carmagnàsa top. - monte presso Mongusteîn;
Mònto Chisièr top. - in prossimità di Mongusteîn;
mònto da limo s.m. - epiteto offensivo, persona sporca,
lercia;
Mònto de li Cavàle top. - località nei
pressi di Vìstro;
mònto da mièrda s.m. - sacco di merca, epiteto
off.;
Mònto dei Curgnai top. - località nei pressi della
città, detto così per la ricchezza di corgnoli;
Mònto del Bizato top. - tra Monbrù e
Paloû, il nome deriva dalla presenza di anguille, dette in dialetto
bizato;
Mònto del Gaz top. - adiacente al conservificio del pesce,
sulla sommità del colle in cui si trovava sino al 1959 l'officina
del gas;
mònto dî pigni s.m. - monte dei pegni;
Mònto Mierla top. - nei pressi di Monmurasi;
Mònto Muleîni top. - colle sulla costa, prospicente
allo Scùjo da Santa Catareîna, sino al 1710 vi si macinava
il grano a mano con il pistrino. In seguito i fratelli Veneri di Venezia
vi installarono un mulino a vento;
Mònto Purseîdi top. - nei pressi di Munlebro,
probabilmente dal soprannome Purseîdi, vedi Sà Purseîd,
però viene detto anche Monto Pruseîdi;
Mònto San Franseîsco top. - colle di fronte al
Mònto Sant'Ufièmia, un tempo separato da questo, mediante
il fuòso, interrato nel 1763, dato che per l'ingrandirsi della città,
la terza cinta di mura dalle contrade di Zùta Moûr
e di Dreîo Castièl, non erano più adeguate per
contenere l'aumentata popolazione. Sulla cima del colle si trova il monastero
dei Francescani, edificato nel 1702;
mòntu s.m. - vedi mònto;
Montulòngo top. - detto anche Mulòngo o
Monlòngo, in prossimità di Mon Lebre;
Montureîco top. - in località Valàlta,
rocco di caverna, in cui si dice vi siano stati ritrovati dei tesori;
..........
Moûce Siche (li) top. - tavoliere sommerso, in cui si
alternano zone coperte da alghe scure a zone rocciose, di colore più
chiaro formando cioè quel tipico fondale che i pescatori rovignesi
chiamano biànco e nìro. Alcuni nella conformazione
ineguale del fondale vi hanno voluto vedere i resti di qualche edificio
romano, per lo più di un porto inabissato, ma potrebbe trattarsi
assai più probabilmente dei resti di una diga foranea, posta a protezione
della Val di Polari;
Moûcia (la) top. - piccolo scoglio a Val di Bora,
da cui si tuffavano i ragazzini;
moûciaro agg. - silenzioso, taciturno; el
favaliva mondo puoco, moûciaro da tanparamento: parlavai assai
poco, taciturno di temperamento;
moûcio s.m. 1. mucchio, tanto, assai, grossa quantità;
a gira in taiatro oûn moûcio da zento:
c'era in teatro un mucchio di gente; 2. mucchio di covoni, solitamente
10, che provvisoriamente si fa sul campo in attesa di unire i covoni in
un unico mucchio, v. rudièl; Etim.: dal lat. Mutulus;
moûda s.f. 1. muta, cambio di vestiario; 2.
muta il cambio della pelle in alcuni animali; 3. la muta del sub,
neologismo su calco dell'it:; 4. il gioco completo della vele,
il dispiego totale della velatura di un'imbarcazione;
moûfa s.f. - muffa; a rastà
a Ruveîgno ti faghi la moûfa: a rimanere a Rovigno fai
la muffa;
moûfo agg. 1. muffo, ammuffito; 2. moscio,
persona senza brio, con poca verve, permalosa;
moûgo s.m. - odore; el uò
fato oûn dascurso sensa soûgo nà moûgo:
ha tenuto un discorso insipido, cioè senza sapore ne odore;
moûla s.f. - mula, femmina del mulo;
Moûla can - s.n. della famiglia Borsani;
Moûla roûsa - s.n. della famiglia Barcaricchio;
moûlo s.m. 1. mulo, il noto quadrupede che nasce
dall'incrocio di un asino e di una cavalla; 2. per estensione, vista
la fama che gode tale animale, ha il significato di persona testarda, ostinata;
3.spugna di cavallo, carnaccia, Hippospongia comunis. In effetti
non si tratta di una vera e propria spugna, ma di un animale marini della
famiglia delle Keratosa; Etim.: dal lat. Mulus;
moûlo s.m. - ragazzo di Trieste, e poi ragazzo in generale;
la uò el moûlo: ha il ragazzo;
moûlta s.f. - multa, ammenda, contravvenzione; ara
chi ta fà la moûlta: attento che ti multano, ti fanno
la multa; ma uò tuchisto pagà la moûlta
anca s'iè razon: m'è toccato pagare la multa anche
se ho ragione; Etim.: dal lat. Multa;
moûma s.f. 1. scimmia; i
ta fariè el coûl ruso cume li moûme: ti farò
il sedere rosso come quello delle scimmie; 2. cretinetto, stupidotto;
nu stà fà el moûma e dà
bado a la maìstra: non fare il cretinetto e stai ad ascoltare
la maestra; 3. burlone, mattacchione, impunito; 4. persona
dispettosa, appunto come una scimmia; el fà
li ruobe nama par fà cicà, quil moûma ca nu zì
altro: fa le cose solamente per farti arrabbiare, quel dispettoso
che non è altro. Modi di dire: moûma
in pièrgolo: epiteto offensivo, letteralmente vuol dire
scimmia sul trespolo; moûma da piàio:
tipo da spiaggia;
Moûma - s.n. delle famiglie Dandolo e Dapinguente;
moûr s.m. - muro; favalà
cun gila e cul moûr a zì doûto cunpagno: parlare
con lei e col muro è la stessa cosa; el g'uò
dà oûna poûgno ch'el moûr ga na uò dà
oûn'altro: gli ha ammollato un pugno (così forte, che
il muro gliene ha dato un'altro. A seconda del tipo di muro abbiamo:
moûr a boûgne: muro bugnato; moûr
da matòni: muro di mattoni; moûr
in sàso da fineîda: muro di scisti; moûr
in tàio: muro accoltellato; moûr
maièstro: muro maestro; Etim.: dal lat. Murus;
moûra s.f.inv. - mura, muro alto; a
sa veîndo ancura parto de li viecie moûra ca zèva turno-turno
Ruveîgno viecia: si vedono ancora parte delle mura, della
cinta muraria, che circondavano Rovigno vecchia;
moûra s.f. - conformazioni di nubi, muraglia di nubi;
stà vidi ca moûra nigara ca ven:
guarda che muraglia compatte di nubi nere che sta arrivando;
moûro s.m. - vedi moûr; doûro
cun doûro, nu fà bon moûro: duro con duro non
fa un buon muro, prov.;
.............
moûscolo s.m. - muscolo; fà
el moûscolo: fai il muscolo, tendi il muscolo;
moûso s.m. - moccio, moccolo, muco nasale; forbite
el naz ca t'iè el moûso ca peîca: pulisciti il
naso che hai il moccio che ti sgocciola; el zì
oûn magna moûsi: è un poveraccio;
moûso s.m. - (mar) mozzo; a zì
maio iesi paron d'oûna siesula, ca moûso de vasiel:
meglio essere padrone di una sessola, che mozzo di un vascello, prov.;
moûsolo s.m. - vedi moûsulo; Etim.: prob. dal lat.
Musculus;
moûsula s.f. - tipo di stoffa, tessuto di maglia rada
ed alquanto grossolano; Etim.: dal nome di Mosul, città dell'Irak;
moûsula s.f. - folade, Pholas dactylus, itt.;
moûsulo s.m. - arca di Noè, muscolo. E' uno dei
principali frutti di mare, col dàtulo ed i mas'cèri,
della dieta povera, ma assai varia e gustosa della cucina rovignese; Etim.:
dal lat. Musculus, da cui anche l'inglese Mushel. Ad esemplificare lo stretto
rapporto di questo frutto di mare con Rovigno riporto, dalla raccolta Buleîstro
di Ligio Zanini, questa bella poesia:
Passando par l'Uratuorio
|
Passando per l'Oratorio
|
Moûsulo - s.n. della famiglia Mauro;
moûto s.m. e agg. - muto; par iesi
moûto el sa fà biel capeî: per essere muto, si
fa capire molto bene; nu stà in panser...
i sariè moûto cume oûn pìso: non preoccuparti,
sarò muto cumo come un pesce; cheî zì
stà? el moûto: chi è stato? il muto. Tipica
risposta per scagionarsi incolpando un ipotetico muto, che naturamente
non ha modo di controbattere. Frase idiomatica, che ha più o meno
lo stesso significato di: cheî zì stà?
el gùa! La risposta il muto o l'arrotino vuol dire che non
si sa, oppure non si voglia dire, chi è stato; Etim.: dal lat. Mutus;
Moûto - s.n. della famiglia Massarotto;
Moûto Biriteîn - s.n. della famiglia Massarotto;
Moûto pàie - s.n. della famiglia Benussi;
moûtria s.f. - testone, zucca, muso arcigno o pieno di
sussiego; a ga vol pastaghe la moûtria par
faghe capeî li ruobe: bisogna pestargli quel suo testone per
fargli capire le cose; Etim.: dal gr. mod. Mutra = faccia;
moûtuo s.m. - mutuo; i iè
ancura el moûtuo da pagà e i nu siè cume i fariè
zeî vanti: ho ancora il mutuo da pagare e non so come farò
ad andare avanti;
moûz s.m. - muso, faccia, volto; ancui
el uò el moûz: oggi ha il muso; i
li iè truvadi ch'i stiva moûz cun moûz: li ho
trovati in tête a tête; chi ti iè
ancui, cun quil moûz calà: cosa hai oggi, con quella
faccia abbattuta. Modi di dire: moûz
da emantàl: faccia da emmemthal, epiteto scherzoso. Questa
strana espressione con molta probabilità mimetizza quest'altra espressione:
moûz da muòna: faccia
da cretino, epiteto offensivo;moûz da moûma:
faccia da scimmia, epiteto offensivo; moûz
da pipiòl: letteralmente faccia da capezzolo artificiale,
succhiotto, epiteto scherzoso; moûz da puòrco:
faccia da porco, epiteto offemsivo; ciù, moûz
da puorco, vame fora dai uoci, ca ti ma li iè zgiunfadi:
ehi, faccia da porco, non farti più vedere che mi hai proprio rotto
le scatole; moûz in vìrta sìra:
faccia distesa, allegra, contenta; moûzi:
mai che, mai una volta, col cavolo, neanche per idea; moûzi
ch'el ta dago bado: col cavolo che ti dà mai retta, mai che
ti dia retta;
Moûz da buldòn - s.n. della famiglia Veggian;
Moûz da cane - s.n. della famiglia Bulessi;
Moûz da manièra - s.n. delle famiglie Curto, Fagarazzi
e Sponza;
Moûz da mònaga - s.n. della famiglia Sponza;
Moûz da puòrco - s.n. delle famiglie Dessanti e
Caenazzo;
Moûz in bàrba - s.n. della famiglia Brionese;
moûzica s.f. - musica. Scriveva il compianto maestro Carlo
Fabretto: "Rovigno è musica, e la musica per noi è Rovigno".
Da sempre Rovigno è stata connotata dalla spiccata attitidine alla
musica dei suoi concittadini, che ha caratteristiche sue peculiari. Un'ampia
antologia di vecchi canti di Rovigno fu raccolta da Achille Gorlato nel
suo libro "Vita Istriana"; resta comunque fondamentale, soprattutto
per i testi, l'opera antologica "Canti popolari istriani", raccolti
però dall'Ive quasi tutti a Rovigno, sua città natale. Il
canto popolare rovignese si può dividere in quattro nette categorie:
1. Laudi: canti devozionali che si rifanno alla musica rinascimentale italiana;
2. Canto corale: sul tipo dei canti polifonici dell'Italia settentrionale
(cori alpini veneti, villotte friulane);3. Bitinada, esclusiva di Rovigno,
nella quale attorno alla voce solista del tenore o del soprano, gli altri
cantori ne accompagnano il canto imitando vocalmente il suono degli strumenti
musicali; 4. Arie notturne ovvero le àrie da nuòto: è
questa una forma musicale tipicamente rovignese, coro polifonico in cui
predominano i falsetti dalla melodia.fiorita di ricami, quasi a ricordare
le nenie orientali, tanto da far azzardare al Fabretto addirittura una
ipotetica derivazione fenicia. Più realisticamente si tratta di
una volgarizzazione del canto madrigalesco cinque-seicentesco. A queste
forme base vanno aggiunte le canzonette popolari che a partire dall'ottocento
si innestarono sui tre suddetti schemi musicali. Create soprattutto in
occasione delle manifestazioni canore che si tenevano nell'ambito dei festeggiamenti
del carnevale, un pò come nella manifestazione musicale napoletana
di Piedigrotta, pure essendo opere d'autore, si diffusero tanto da diventare
un bagaglio comune del popolo, subendo per questo gli aggiustamenti, le
varie versioni che caratterizzano l'anonimo canto popolare. Per l'educazione
musicale dei rovignesi già nel 1765 sorse l'Accademia dei Filarmonici
e sempre a partire da tale data era presente a Rovigno un organista regolarmente
stipendiato. Presso l'Oratorio dei Salesiami sorse, per merito dell'appassionato
maestro Locatelli, una scuola per strumenti a fiato. Una scuola di violino
era tenuta dal maestro Carlo Fabretto, non mancavano le bande musicali
come quella della Schola Cantorum dei frati francescani, la banda dei Salesiani,
quella Comunale, della Fabbrica Tabacchi, e la Fanfara
del Circolo Democratico, ecc. ecc. Innumerevoli inoltre erano i cori,
tra cui rimase famoso quello che nel 1933 vinse il primo premio tra i Cori
italiani, cantando a Roma davanti al Duce.
Moûzica - s.n. della famiglia Dapisin;
moûzo s.m. - muso, faccia, volto; nu
iè el moûzo da prazantame a caza: non ho l'ardire di
presentarmi a casa, frase idiomatica, così come: e
ti iè el moûzo da fate vidi in geîro duopo doûto
quil ca t'iè cunbina?: ed hai la sfacciataggine di farti
vedere in giro dopo quello che hai combinato?; moûzo
ruto, barita fracada: muso rotto, berretto schiacciato, prov. Con
questa frase proverbiale si indicavano gli impuniti ed i rissosi che non
avevano paura di nulla. Modi di dire: moûzo
calà: mogio, persona giù di morale, afflitta,
abbattuta; el stiva mucelo, mucelo cul moûzo
calà ca ma uò fato pruopio
pacà: stava lì zitto zitto
con l'aria afflitta che mi ha fatto proprio compassione; moûzo
cun moûzo: tête à tête; moûzo
da punticiuò: persona col mento prominente, scucchia;
moûzo da surzo: faccia da topo,
epiteto off.; moûzo da semula:
volto lentigginoso, persona dispettosa, per la credenza popolare che chi
avesse le lentiggine fosse capriccioso; zì
viro seî... cheî ca uò el moûzo da semula zì
pruopio daspatuz: è proprio vero... chi ha la faccia lentigginosa
è proprio un dispettoso; moûzo doûro
(a): a brutto muso; el ga li uò
zbarade a moûzo doûro: gliele ha cantate a brutto muso;
moûzo rùto:
impunito, sfacciato, faccia tosta;
Moûzo da carnaval - s.n. della famiglia Devescovi;
Moûzo da paradeîz - s.n. della famiglia Malusà;
moûzo da siura Fièmia s.m. - modo scherzoso per
indicare il tordo musolungo, Crenilabrus scina, che si caratterizza tra
gli altri labridi per la testa grande col muso allungato ed incurvato verso
l'alto munita di una piccola bocca ma protrattile che gli conferisce un
caratteristico profilo.;
Moûzo sa sùrzo - s.n. della famiglia Tromba;
Moûzo d'invierno - s.n. della famiglia Sponza;
moûzodoûro s.m. - capone ubriaco, Trigloporus lastoviza;
moûzorùto s.m. - imounito, sfacciato;
.............
mucà v. tr. (i mùco) 1. tagliare,
mozzare; muca li seîme, ca puoi el criso meo:
taglia le cime, che poi cresce meglio; 2. scapolare, evitare, filare;
mucadeîso s.m. - freddo umido intenso... quasi da tagliare
le orecchie;
mucàse v.intr.pr. (i ma la mùco) - battersela,
andarsene via zitto zitto, filarsela, tagliare la corda; cu
i veîdo sierte fati i ma la muco: quando vedo certi fatti
io me la batto;
muceî v.intr. (i moûcio) - tacere, star zitto;
senti, veîdi e moûci: ascolta
vedi e stai zitto, prov.;
muchi-muchi loc. avv. - espresione di rifiuto, netto diniego;
i ga iè inpradagà ma loû m'uò raspuosto muchi
muchi: io glielo detto e ripetuto ma lui mi ha risposto picche,
ha rifiutato categoricamente;
mucèlo agg. - silenzioso, tacito, taciturno;
mucèlo-mucèlo loc.avv. - zitto zitto, quatto quatto,
sornionamente; mucelo-mucelo el sa fà i pruopi
afari: zitto, zitto si fà i propri affari;
Mucele (li) top. - nel territorio di Paloû, potrebbe
derivare il nome da un s.n.: le silenziose;
mucì escl. - zitti! tacete!;
mùci escl. - silenzio! zitto-i!; mucì!
i nu vuoi senteî zbulà na mieno oûna musca: zitti!
non voglio sentir volare neanche una mosca;
Mucia (la) top. - promontorio presso l'Ospedale;
muciacia s.f. - scherz. ragazza; ti ta
iè fato oûna biela muciacia: sei diventata una bella
ragazza; Etim.: chiaramente dallo spagnolo Muchacho;
Muciar (el) top. - fondale rocciosa che si protende gradatamente
sotto il livello del mare verso Pònta da Montràvo
partendo dalla punta sud-orientale dell'isola di Santa Caterina per circa
duecento metri;
muciàro-muciàro loc. avv. - vedi mucèlo-mucèlo;
mucicheîn s.m. - fazzoletto da naso;
mucìto s.m. - mucchietto; el viva
tira soûn oûn biel mucìto da buori cu la bona man:
si era fatto un bel mucchietto di soldi con le mance;
Muciubàn top. - in vicinanza di Saleîne,
detto anche, ma più raramente Mun Ciubàn;
mùco s.f. 1. l'estremita carbonizzata dello stoppino,
che produce fumo nero, che fumiga; 2. stella filante, cometa; Etim.:
Dal lat. Mucus, da cui l'it. moccolo. La seconda vc. probabilmente deriva
da un'estensione della prima;
mùco muorto s.m. - meteorite;
muculà v.intr. (i muculìo) - smoccolare;
muculùz agg. 1. moccoloso, moccioso, con il moccio
al naso; ma nuona vuliva ciamà ma pare Feroûcio,
ma puoi l'uò veîsto oûn peîcio ca sa ciamiva cuseî
ch'el gira muculuz, a alura l'uò ciamà Armando:mia
nonna voleva chiamare mio padre Ferruccio, ma poi vide un piccolo con i
mocci al naso che aveva quel nome ed allora lo ha chiamato Armando; 2.
epiteto offensivo;
............
mùdo s.m. - modo, maniera; ara,
meîo al tuovo puosto i ma mataravi oûn boûlto. Favalà
in stu mudo, cu oûn mareîn ca uò oûn'intrada da
fà inveîdia: bah, io al tuo posto mi metterei una maschera
per la vergogna. Parlare in questa maniera tu che hai un marito che ha
un guadagno da far invidia; ura i faride a mieîo
mudo: ora farete a modo mio; cui bai mudi
sa cava da pioûn da tu pare: con le belle maniere si ottiene
di più da tuo padre; nà mudo nà
maniera: nè modo nè maniera;in
nisoûm mudi iè pudisto cunveînsi tu frà:
in nessuna maniera ho potuto convincere tuo fratello; femo
a mudo de i
rumani: facciamo come fanno i romani;
i nu siè in qual mudo ma i ma son ratruvà a reîva sano
a salvo: non so come, ma mi sono ritrovato in riva sano e salvo;
mudònche escl. - tipica esclamazione d'approvazione incondizionata
ed entusiastica. Naturalmente può essere usata ironicamente anche
ne il senso contrario, cioè come negazione; - Sagondo loû,
el zì l'om pioûn bon del mondo.. Mudònche! secondo
lui, è l'uomo più buono del mondo.. Eccome! E come no!
mùdua s.f. - muta, cambio di vestiario;
mudula v.tr. (i mudulìo) - modulare;
Mufalcona - s.n. della famiglia Devescovi;
mufeî v. intr. (i mufeîso) - ammuffire; cu
sta umidità doûte li ruobe mufeîso: con questa
umidità tutte le cose ammuffiscono;
Mugla (de) - Raphael, Podestà nel 1323;
mugnàca s.f. - ammoniaca; i iè
lavà partiera cun aqua e mugnaca: ho lavato per terra con
acqua ed ammoniaca;
mugoûgno s.m. - mogugno; oûna
leîra da mieno ma cul migoûgno: una lira di meno, ma
(col diritto) di mogugno. Frase tipica che si riferisce al fatto che una
volta pur di avere il diritto di protestare i marinai accettavano una riduzione
del loro compenso;
mugriè (fà el) loc. verb. - stare appresso a qualcuno
per ottenere qualcosa;
mugroûn s.m. - il nausenta odore della sporcizia, lezzo,
puzzo di grasso di unto rancido, di sudore raffermo, di afrore animale,
ecc.;
mugugnà v.intr. (i mugùgno) - mugugnare;
i mugugna, i mugugna ma puoi i zbasa la tiesta: mugugnano, mugugnano
ma poi abbozzano;
Mùi da Muntràvo top. - erano moli, ora inesistenti,
che servivano per il carico dei massi della cava di pietra sovrastante,
destinati per lo più a Venezia, molti dei suoi più importanti
edifici storici sono stati costruiti con la pietra d'Istria proveniente
da Rovigno;
muièr s.f. - moglie; nu i zemò
pioûn dacuòrdo meî e ma muier: non andiamo più
daccordo mia moglie ed io; cheî ciù
muièr, ganbia panser: chi prende moglie, cambia opinione,
prov.; cheî ciù muier fà ben,
e cheî nu la ciù fà meo: chi prende moglie fa
bene, e chi non lo fa, fa meglio, prov.; cheî
vol bati la muier uogni scoûza cata: chi vuol battere la moglie
trova ogni scusa, ogni pretesto, prov.; su muier
seî, ca la zì brava da cuzinà: sua moglie sì,
che è brava di cucinare; i stà insenbre
cume mareîn e muier: convivono come marito e moglie; Etim.:
dal lat. Mu(l)ier = donna, moglie;
muìn s.m. - biscotto friabile da intingere nel caffè
o nel te; li ciaculiva dal pioûn e dal mieno
tuciando muini e sugiardi: parlavano del più e del meno inzuppando
biscotti e savoiardi;
muiòl s.m. (pl. -oi) - mozzo, pezzo centrale della ruota
a cui sono fissate le estremità dei raggi;
mul s.m. (pl. mui) - molo;
Mul da Calsànta top. - piccolo molo rovinato dai marosi
posto al termine della spiaggia di Sottomuro, rivolto verso l'isola di
Santa Caterina. Più volte il comune ebbe in animo la sua riedificazione,
1567-1680-1689-1727-1797, sotto i veneti e nel 1830-1844-1844 sotto gli
austriaci, ma sempre senza alcun esito. I lavori iniziarono finalmente
nel giugno 1856. L'Angelini nelle sue Croniche dice che: "Il lavoro
è veramente bello e monumentale, utile e decoroso compito il 28
maggio 1859, con nostra soddisfazione e lietezza, perchè tanto desiderato,
tanto dai tempi difficoltosi, tanto da circostanze sfavorevoli dilazionato".
Attualmente è chiamato Mul Gràndo.
Mul da Cùda top. - posto sul versante sud del Canal di
Leme, tra la Culuona e Ponta Binoûsi;
Mul da Cuòla top. - sito nel Canal di Leme;
Mul da Puluògno top. - molo sito sul versante nord del
Canal di Leme, su cui una volta si caricavano le pietre proveniente dalla
vicina cava di proprietà della famiglia Apollonio;
Mul da Purtòn da Biòndo top. - molo sconnesso
situato davanti all'entrata del podere Biondi;
Mul da Siruòco (el) top. - molo che sorge al centro dell'isola
di Santa Caterina verso mezzogiorno;
Mul da Val da Pabuòre top. - è un molo di recentissima
costruzione per scopi turistici, dato che attualmente vi sorge il Villaggio
Turistico di Monsena;
Mul da Vìstro top. - molo che un tempo usato dai velieri
che venivano a caricare la pietra d'Istria, estratta nella vicina cava;
Mul de l'Aquàrio top. - molo posto difronte all'istituto
di Biologia Marina, con annesso acquario, che espone la maggior parte della
ricca fauna marina del mare di Rovigno;
Mul de Cipicì top. - piccolo molo, distrutto quando si
edificarono le rive del molo di Riva-Grande, 1820. Viene detto anche Mul
Peîcio;
Mul de la Mìrna top. - molo costruito recentemente davanti
allo stabilimento Mirna, l'ex Ampelea, fabbrica conserviera che produce
sardine ed altro pesce inscatolato, per l'attracco dei pescherecci che
vi portano il pescato che dovrà essere poi lavorato nello stabilimento;
Mul de li Gàte top. - era così chiamato il molo,
ora completamente scomparso, che si trovava in Val de Luspeîsio,
e che pare fosse d'epoca romana;
Mul del Purtòn da Biòndi top. - molo dove una
volta si caricavavo i velieri che trasportavano i blocchi di pietra istriana
squadrati per i vari edifici di Venezia, presso l'omonima località;
Mul Gràndo top. - sorge ove rovinò l'antico Mul
da Cal Sànta, detto anche Purpurièla;
Mul Nùo de la Val dei Fràti top. - si tratta di
un molo di recente costruzione adibito ad usi turistici, sull'isolotto
di Mas'ceîn;
Mul Nùvo (el) top. - molo di recente costruzione rivolto
verso nord e cioè verso Rovigno posto sull'isola di San Giovanni;
Mul Peîcio top. - piccolo molo situato nella parte interna
del porto a delimitare l'andana, nella parte sud di Rovigno;
.............
mulchièra s.f. 1. piccolo recipiente in legno
usato come tegamino dai contadini per portare il cibo da consumarsi in
campagna; 2. staio, recipiente per il grano; Etim.: dal lat. Mulgarium
poi Mulcaria, vaso per la mungitura;
Mulchièra - s.n. della famiglia Curto;
Mulecàr top. - sito in prossimità della città
detto anche Munlecàr;
muleîn s.m. - mulino; cheî
và al muleîn, s'infareîna: chi va al mulino s'infarina,
prov.; doûti teîra l'aqua al su muleîn:
tutti tirano l'acqua al proprio mulino, prov. Notizie storiche:
una volta, almeno sino al 1710, venivano usate delle piccole macine, munite
ruote a mano, dette pistreîni. Proprio da tale data risale
il primo mulino di Rovigno impiantato dai fratelli Veneri di Venezia proprio
sulla sommità del colle che prese il nome di Mònto Muleîni,
che divennero in seguito due. Ancora agli inizi del 1780 a Rovigno vi erano
ben 360 pistrini. Inoltre lungo il tratto di costa che va dalla chiesa
di S. Nicolò alla Manifattura Tabacchi, fu costruito il Mulino Istriano.
In tale località, allora ancora estranea al nucleo della città,
sorgevano sin da epoche remote ben cinque piccoli squeri, due dei quali
rimasero in attività sino al 1927. Tale mulino venne in seguito
distrutto a seguito di un violento incendio scoppiato nel 1907. Dall'Annuario
edito nel 1874, pubblicato dalla Società Agraria Istriana, risulta
che nella nostra città e circondario si erano raccolte 1.785 staia
di frumento, 187 di orzo, 90 di segala e 59 di granoturco. I mulini di
Rovigno oltre a soddisfare il fabbisogno della città, esportavano
tramite velieri, il macinato verso altre città adriatiche;
mulèna s.f. - mollica; el magnaravo
sulo la grosta, la mulena nu ga và par coûl: mangerebbe
soltanto la crosta, la mollica non gli va giù, non gli piace; -
stu pan zì doûto mulena: questa
pane è tutto mollica; a sa fà oûna
baluota cun la mulena: si fa una palla con la mollica: Etim.: dal
lat. Mollis = molle;
mulène s.f.pl. - mucillagine, sorta di porifero che,
dopo le mareggiata, si attacca alle reti da pesca;
mulìche s.f.pl. - granchio col carapace molle, cioè
subito dopo la muta. Fritto è una tipica specialità della
cucina veneta, che oramai è sempre più difficile gustare
se non a Muggia o in qualche trattoria delle zone più popolari di
Venezia. Il Ninni ci precisa che in particolare il termine si riferisce
al Carcinus moenas; cu i gransi zì in muliche
zì boni freîti: quando i granchi sono nello stato di
muta sono buoni fritti; Etim.: dal lat. Mollis;
............
multòn s.m. - montone; Etim.: dal lat. volg. Multo, con
lo stesso significato. Voce di probabile origine gallica;
Mumaiàn top. - presso Barbariga, detto anche Mon Maiàn;
Mumaiùr top. - sulla riva meridionale del Canal di Leme,
sede di un antico castelliere. Contrariamente al nome non è il colle
più alto della zona, misurando soltanto 71 metri, contro gli oltre
123 metri di Muntèro;
mumènto s.m. - momento; ca bai
mumenti i iè pasà!: che bei momenti ho passato!; nama
ca in quil mumento iè capeî ch'i ma uò tanfà
i suoldi: soltanto in quel momemto ho capito che mi hanno rubato
i soldi; a uogni situasion el suovo mumemto:
ogni situazione ha il suo momento; nu zì quisto
al mumento da favalà da suoldi: non è questo il momento
di prlare di soldi. Modo di dire: a
mumènti: a. per poco, per un pelo; a
mumenti i ma maso: per poco non mi uccido; b. tra poco, tra
breve; el saruò a caza a mumenti: sarà
a casa tra breve;
mùmia s.f. - mummia, per estensione persona senza verve,
taciturna; cun quila mumia nu sa pol fà oûn
dascurso: con quella mummia non si può fare un discorso;
mumificà agg. (-ada) - mummificato;
mun s.m. - vedi mon;
Mun Castalèr top. - in località San Màrco,
toponimo assai diffuso in tutta l'Istria, ove sta ad indicare la presenza
di un castelliere, gli antichi fortilizi di epoca preromana;
Mun da Pùso top. - presso il Laco nùo, al centro
vi si trova un pozzo;
Mun dei Càrpa top. - in località Murbuòi,
deve il nome molto probabilmente all'abbondanza di carpini nel suo boschetto
o da un soprannome;
Mun Gardièl top. - monte in prossimità delle Bravunière,
il nome dovrebbe derivare da gardièl = cardellinio, uccello
assai diffuso nella zona;
Mun Grumàso top. - sul confine con Villa di Rovigno,
antica sede di un castelliere, di cui si possono ancora vedere le rovine,
da cui il nome;
Mun Palùz top. - in prossimità di Val de li
Sàvie, così denominato per la sua rada vegetazione, quasi
una peluria;
Mun Paradeîz top. - in località Vìstro,
probabilmente deve il nome alla magnifica vista che si gode dalla sua cima;
Mun Zanistùz top. - nelle prossimità della Calchièra,
corruzione de il rovignese zanestrùz, ricco di ginestre;
munàda s.f. 1. stupidata, cretinata, scempiaggine;
nu zì oûna da li suove suolite munade, quista vuolta a zì
viro: non si tratta di una delle sue solite scempiaggini, questa
volta è vero; 2. quisquiglia, inezia, piccolezza; - Nu zì
da fà stala par oûna munada: non bisogna fare tutto questo
baccano per un'inezia;
...........
munighièla s.f. 1. il due di spade; ca
coûl! zì zà du man ca ga ven la munighiela: che fortuna!
son già due mani che gli viene il due di spade; 2. gioco
di carte omonimo, in cui tale carte è quella che ha maggior valore
e consente di ritirare tutte la posta in gioco; 3. organo sessuale
femminile; 4. grullo, cretinetto, scioccarello, bel tomo; ca
munighiela son stà!: che sciocco son stato!; nu
stà fà el munughiela: non fare il cretininetto; Etim.:
Goldoni nella prefazione alla commedia "Una delle ultime sere di Carnovale",
ci fornisce una preziosa descrizione del gioco, e anche un tentativo etimologico
della parola che nel veneziano italianizzato è Meneghella: "Principiando
dall'etimologia del nome, dirò che Menega in Veneziano vuol dir
Domenica e Meneghella è il diminuitivo, come chi dicesse Domenichella
o Domenichina. La carta che chiamasi la Meneghella è il due di spade..........
Le spade, per esempio in varie parti sono impresse dirette, ed in Venezia
ritorte, a guisa di sciable. Il Due di Spade è composto di due di
queste sciable, che incrocicchiando le guardie e le punte, formano un ovale
nel mezzo, nel cui vacuo è scritto il nome del fabbricator, ed ordinariamente
si legge: Messer Domenico Cartoler, all'Impresa della Perletta. Io credo
che il nome di Domenico abbia dato il nome Domenichina, o Domenichella,
e in veneziano di Meneghella: almeno questa etimologia è molto più
onesta di quella che alcuni libertini ritrar pretendono da la figura".
Nelle ultime parole, il Goldoni tradisce la vera etimologia, avallata oltre
che dal rovignese, in cui tra l'altro è più evidente che
nel veneziano, anche dal romanesco "Sorchetta" che, come dice lo stesso
Goldoni, nasce dalle due "sciable ritorte" sì da formare un ovale
().
muniseîpio s.m. - vedi muneîcipio;
munisiòn s.m. - munizione;
munisionèr s.m. - munizioniere, addetto alle munizioni.
Nel periodo veneto, funzionario addetto alle armi ed alle munizioni del
Comune, di cui aveva il compito di curare la manutenzione ed il buon assetto,
detto anche Massaro delle Armi. Durava in carica per 1 anno con la paga
di 1 ducato dal 1562 al 1571, portata a lire venete 13.8 dal 1571 e poi
dal 1597 a 24 ducati annui. Durante il periodo veneto è un susseguirsi
di richieste di armi e di lamenti per la scarsa efficienza di quelle pre
senti nel Palazzo Pretorio, od in altri siti strategici. Su richiesta del
Magistrato delle Artiglierie di Capodistria, con lettera del 12 gennaio
1753, al Podestà Daniele Balbi, di fornire la lista e la qualità
dell'armamento che muniva la,piazza di Rovigno, il Capo Munisioner Antonio
Segala precisava che vi erano: "Sopra le mura di S. Eufemia cannoni
di ferro fa 9 N. 6; Nel pretorio Palazzo cannoni di ferro N. 4, due
da dodici, e due da nove. Letti da cannon con le ruote per altro patite
da caroli (tarli) N. 10, sei mancanti di pironi e lame di ferro. Nelle
munizioni palle di ferro da nove N. 184, e da dodici N. 22. Nè cazze
di rame, nè mobili da scovolo, nè calcador, nè scartozzi,
nè scovoli. Schioppi di ragione del comune N. 132, tutti a mal ordine,
mancanti di azzalini e di casse, e le casse in rovina e rotte. Nel Castello
della polvere barili N. 6, da molto tempo spedita, nè mai dopo visitata,
nè soleggiata e spolverizata, e perciò forse anche patita".
munisipàl agg. - municipale;
Munpadièrno top. - in prossimità di Munlòngo,
un tempo era il sito di epoca romana, detto Mons Paternus;
Munruvinàl top. - nelle campagne di Rovigno, antica sede
di castelliere, di cui si vedevano le rovine, da cui il nome;
Munsèna top. - monte e canale che si trova un poco prima
di Leîmo, probabile l'etimologia dal lat. Sinus = insenatura;
Munsìpa top. - adiacente a Pulàri, sembra
che il nome derivi dal rovignese sìpa, che vuo dire seppia,
ma anche un tipo di lucertola;
munsòn s.m. - monsone;
Munspùrco top. - monticello presso Sarizòl,
sede di un antico castelliere;
muntà v.tr. (i mònto) 1. montare,
salire; ga vol scansà i piriguli ch'el diavo
monto in carìta: bisogna evitare i pericoli che il diavolo
salga sul carro, cioè che succedano guai; el
zì muntà sul caro dei vinsidori: è salito sul
carro dei vincitare; 2. in culinaria k'azione di far crewscere sbattendole
con una forchetta (o sbattitore) le chiare d'uova, o la panna o altro;
ga vol muntà tri ciare da uvo: bisogna
montare tre chiare d'uovo; 3. montare, mettere insieme, comporre;
monta i tuochi del macano e ti vadariè ca biel rioplan ca vignaruò:
componi i pezzi del meccano e vedrai che bell'area che verrà fuori;
el nu fà altro ca muntàla e dazmuntàla
sensa capeîghe oûn caspe: non fa altro che montarla
e smontarla senza capirci nulla; 4. mettere sù; in
quatro e quatro uoto la uò munta oûn pransìto cui fiuchi:
in quattro e quattrotto ha messo sù un pranzetto con i fiocchi.
Modi di dire: ièsi mal muntà:
essere mal disposto, di cattivo umore; Etim.: dal lat. pop. Montare, da
Mons-montis = monte;
muntadoûra s.f. - montatura;
muntàgna s.f. 1. montagna;
in muntagna biegna vì li scarpe cu li bruche: in montagna
bisogna avere le scarpe chiodate, prov.; sa la muntagna
nu và da Maumito, Maumito zaruò da la muntagna: se
la montagna non va da Maometto, Maometto andrà alla montagna, prov.;
2. mucchio, grossa quantità, caterva; el
viva oûna muntagna da leîbri ca nu saviva pioûn gnanca
ula metali: aveva una caterva di libri, che non saperva più
neanche dove metterli; iè oûna muntagna
da drapi da suprasà da fà pagoûra: ho un mucchio
di panni da stirare da far paura;
muntagnùz agg. - montagnoso;
muntàn agg. - montano; Etim.: dal lat. Muntanus;
muntàn s.m. - fringuello montano;
muntanàro s.m. 1. montanaro; 2. persona
rozza;
Muntargàr top. - sito nei pressi di Vultignàna;
Muntaròl - s.n. della famiglia Malusà;
Muntaròl Atila - s.n. della famiglia Malusà;
Muntaròl ciècio - s.n. della famiglia Malusà;
Muntaròl Talìa - s.n. della famiglia Malusà;
muntàse v.rifl. (i ma mònto) - montarsi,
ritenersi di più di quello che si è, diventare supponenti
e boriosi; da cu zì stà in tilivizion
el s'uò muntà la tiesta: da quando è apparso
in televisione si è montato la testa;
munteîcio s.m. - binda per sollevare pesi (Ros. V.G.);
Muntèro top. - valle e monte nei pressi di Canal di Leme,
sede di un antico castelliere, con doppia o forse tripla cinta difensiva;
Muntizài top. - in prossimità di Vìstro,
ove vi sono varie colline da cui il nome, che propriamente vuol dire monticelli;
muntizièl s.m. - monticello, poggio, collinetta;
Muntizièl Arèn top. - sito nei pressi di Valtìda;
nuntòn s.m. - montone;
muntoûra s.f. - divisa, uniforme; el
fiva la mafia in muntura da ufisial: si pavoneggiava con la divisa
da ufficiale; Etim.: dal fr. Monture, da Monter = montare, assettare; c'è
chi invece la vuole voce di diretta derivazione dal lat. Munitus, p.p.
di Munire = armare, guarnire, attraverso Munitura;
Muntràvo top. - promontorio a sud di Rovigno, che chiude
il porto di Val del Scuièro. Noto per le cave di pietra calcarea.
Anticamente veniva detto in forma più dotta, Montauro, che
farebbe derivare il nome dal latino Mons Aurum, ma l'etimologia
più corretta dovrebbe essera quella che lo fa derivare da "Mon
lauro", per l'abbondanza di detta vegetazione, o per le sue cave, potrebbe
derivare da "Mon cavo". Con le pietre estratte da Montravo vennero
edificati vari palazzi di Venezia, tra cui le Procuratie nuove. L'Angelini
c'informa che in epoca francese, sulla sua sommità era stato collocato
un telegrafo con palo e cesti, il quale corrispondeva da un lato con quello
di Orsera e dall'altro con quello di Punta Promontore, usato per lo più
a scopi militari;
...............
Munvì top. - dirimpetto a Muntràvo, la
voce è corruzione di Monte San Vito, dato che ai piedi del monto,
verso l'interno della campagna vi era una chiesetta dedicata ai Santi Vito
e Modesto. La località circonstante si chiama per l'appunto San
Veîn. Ora vi è una balera e vari edifici di divertimento;
muò avv. - ora, adesso. Vedi il romanesco mò.
In rovignese è usato quasi esclusivamente nel detto proverbiale:
ma e muò i gìra fradài:
ma e mò erano fratelli. Frase che viene detta per prendere in giro
chi inizia il discorso con un "ma" a cui fa seguito una pausa, che anche
se breve, da modo di infilarci la suddetta frase. Il tutto fa il paio con
altre risposte ironiche, oppure senza senso, tipiche delle canzonature
tra ragazzi:
- Parchì..? Parchì du nu fa tri;
- E può? La vaca l'uò fato el bò; - Spoûsa? Naza la tuova parto; - T'inpuorta? Baza la puorta; - Ta dol la pansa? teîra oûna scuransa; - T'iè fan? Grata curamo! - T'iè sì? Grata carieghe! |
- Perchè..? Perchè due non fà tre;
- E poi? La vacca ha fatto il bue; - Puzza? Annusa la tua parte; - T'importa? Bacia la porta; - Ti duole la pancia? Fai una scureggia; - Hai fame? Gratta il cuoio! - Hai sete? Gratta l,e sedie! |
muòbile s.m. - mobile, mobilio; nu
la fa altro ca ganbià puosto ai muobili: non fa altro che
cambiar posto ai mobili; cu i sa vemo spuzà
i viendi nama quatro muobili... el lieto, oûna tuola cun quatro careghe,
oûn viecio armaron e oûn baoûl da ma nuono da cu gira
mariner: quando ci siamo sposati non avevamo che quattro mobili...
il letto, un tavolo con quattro sedie, un vecchio armadio ed un baule di
mio nonno che risaliva al tempo che faceva il marinaio;
........
muòda s.f. - moda; culeîe
ca vol zeî a la muoda li puorta doûto in piasa e gninte in
caza: quelle che vogliono andare alla moda indossano tutto in piazza
e niente in casa, prov.; nu biegna curi dreîo
li muode: non bisogna seguire le mode; nu
zì pioûn da muoda spuzase in ceza, ma ti ti ma faghi el favur
da fà cume i tuovi barbani: non è più di moda
sposarsi in chiesa, ma tu mi fai il favore di fare come tutti quelli che
ti hanno preceduto; stu ano và da muoda el
curto: quest'anno va di moda vestirsi in corto;
muòl s.m. 1. ammollo; meti
in muol i fazuoi ch'i vuoi magnà la iota: metti in ammollo,
a bagno, i fagioli che voglio mangiar la minestra di crauti e fagioli,
jota; 2. terreno zuppo, molle, fradicio di pioggia. Vedi il detto:
muol e piova zura: tereno zuoppo e pioggia
sopra, ovvero piove sul bagnato. Etim.: dal lat. Mollis;
muòl s.m. (pl. -òi) - merlano, pesce appartenente
all'ordine dei Gadiformi, Merlangius merlangus merlangus. Presenta il corpo
allungato, compresso ai lati, con la testa a punta, così da formare
un rombo molto allungato. Il colore del dorso varia dal grigio-verdatro
al grigio-giallastro al bruno-oliva. Le sue carni sono ottime. I
ma fago oûna frizada da muoi par marenda: mi faccio una frittura
di merlani per merenda; Etim.: v. mòlo;
muòl da cuòrpo s.m. - sciolta, diarrea;
muòlge s.f. - moglie;
muòlo agg. - molle, allentato; t'iè
la pansa muola e la carno fiapa: hai la pancia molle e la carne
flaccida; lasa poûr i tanpagni muoli ca puoi
li strenzo tu frà: lascia pure i dadi allentati, che poi
li stringe tuo fratello; Etim.: dal lat. Mollis;
muòlto agg. - molto, poco usato;
muòna s.f. 1. organo genitale femminile. Anche
se questo è il termine più usato, vi sono svariati sinonimi
anche molto fantasiosi: Beîga - Ceîcia - Du da spade - El
taio - Feîga - Fileîpa - Freîtula - Galeîna uorbula
- La "ì" - Munighièla - Mus'ciaruola - Muzeîna -
Palandara - Sor (uorba) - Spoûsula - Sparoûsula. Varie
sono anche le frasi idiomatiche con questo termine: la
muona da tu mare ca t'uò fato; La muona da tu mare ca t'uò
dà el lato; La muona da tu santula ca ta uò ciapà
in traviersa; Và in muona ecc. ecc. Tutte frasi che alle
volte hanno un carattere scherzoso o confidenziale. Teîra
pioûn oûn pil da muona ca oûna goûbia da manzi:
tira più un pelo di fica, che una coppia di manzi, prov.; 2.
stupidone, cretino, cazzaro; ti son stà pruopio
muona: sei stato propio cretino; el m'uò
fato rastà cume oûn muona: mi ha fatto restare inebetito,
di stucco, come un cretino. Modi di dire: a
la muòna veîa: storditamente, scioccamente, senza
saper come, senza metterci particolare attenzione;
a la muona veîa i ma son truvà davanti caza suova: così,
senza saper come, mi sono trovato davanti a casa sua;
a pene di segugio; fà el muòna:
fare il cretino, far lo stupido, fare lo gnorri; nu
fà el muona, ca zì oûna ruoba sieria: non far
lo stupido, che è una cosa seria; ti son
pioûn muòna teî, ca la loûna da Pàduva:
grullo, sciocco, cretino per antonomasia. Tale modo di dire pare sia dovuto
ad uno studente mandato all'università di Padova, che al ritorno
a Rovigno, non faceva altro che vantare le meraviglie di Padova, asserendo
che lì anche la luna era più bella; ti
son pioûn muòna ca loûndi: sei più
sciocco di lunedi, cioè sei più cretino dell'altra settimana;
l'ura del muòna: il momento
della stupidaggina, l'ora del cretino; a doûti
a stu mondo ga ven l'ura del muona: tutti a questo mondo hanno il
loro momento di cretinsggine; 3. stupidità, corbelleria.
Con questa accezione è usato soprattutto nel detto proverbiale:
oûn suoldo da muona in scarsiela, nu vasta
mai: un soldo di stupidità in tasca non guasta mai; Etim.:
dal gr. Mouni, stesso significato, o dall'antico appellativo di Monna =
mia signora, oppure da un incrocio tra le due voci. Per il secondo significato
oltre ad un chiaro collegamento con il primo, vi potrebbe essere un incrocio
con lo spagnolo Mona = scimmia;
Muòna - s.n. della famiglia Sferco;
Muòna reîsa - s.n. della famiglia Buranello;
muònaga s.f. - monaca;
muònago s.m. - monaco; - L'abeîto nu fà
el muonago: l'abito non fa il monaco, prov.;
Muònago - s.n. della famiglia Sponza;
Muonareîn - s.n. della famiglia Dellamotta;
muòrbio agg. - morbido;
.............
muòro agg. e s.m. 1. moro, negro; zì
da uoro? seî da quil ca caga el muoro: è d'oro? si,
di quello che ha cacato il moro, cioè oro falso, matto; el
zì giluz piezo del Muoro de Vaniesia: è geloso peggio
del Moro di Venezia; 2. moro, persona dai capelli corvini, o dalla
carnagione scura; la zì oûna biela muora:
è una bella mora; 3. scuro, nero, oscuro; tiera
muora fà bon pan, tiera bianca sa cripa da fan: terra scurra
fa buon pane, terra bianca si muore di fame, prov.; Etim.: dal lat. Mauros
= abitante della Mauritania, dal gr. Mauros = oscuro;
muòro s.m. - razza bianca, pesce dell'ordine dei Raiformi,
Raja alba Lacépède. Ha il dorso spinuloso con spine più
o meno evidenti, il colore varia molto a seconda dell'età e del
sesso. Negli adulti la parte superiore e grigio, grigio-giallastra, grigio-bluastra
o cenere con riflessi perlacei. Il ventre è sempre biancastro. I
giovani invece hanno il dorso grigio-bruno o bruno-rossiccio senza punteggiature
biancastre presenti invece nella specie adulta. Il ventre presenta talvolta
una larga banda nerastra. La pelle è ricoperta da una sostanza viscida,
ricca di muco ed attaccaticcia come quella della razza monaca detta per
l'appunto bavùza. Raggiunge dimensioni considerevoli, due
metri di lunghezza ed un metro e mezzo di larghezza, ed è la specie
appartenente alla famiglia della rajidae di maggiori dimensioni presente
nei nostri mari. Un rappresentante eccezionale di tale razza, pesante ben
4 quintali venne catturato nel 1923 dal barcheîn di Michele
Millia, Urìz, a largo della Lasta dell'isola di Sant'Andrea. Le
carni sono discrete.
Muòro - s.n. delle famiglie (de) Angelini, Benussi, Della
Pietra, Malusà, Nadovich, Tromba e Vendrame;
Muòro canuciàl - s.n. della famiglia Benussi;
Muòro garbava - s.n. della famiglia Gherbassi;
muòrmora s.f. - mormora, Lithognathus mormyrus;
muòrmoro s.m. - merlano pontico, Gadus merlangus euxinus;
muòrsa s.f. - morsa, morsetto; el
viva li man ca pariva du muorse: aveva le mani che sembravano due
morse; strenzi la muorsa ca zì ancura oûn
può da lasco: stringi la morsa che c'è ancora un pò
di lasco. Morse particolari: muòrsa d'inìsti:
tipo di morsa usata in agricoltura per stringere gli innesti; muòrsa
muòbile: morsetto di forma quadrangolare con asta assai
lunga che serve per unire insieme i legnami, ed è usato soprattutto
nella cantieristica navale; Etim.: da Morsum, p.p. di Mordere;
muòrsago s.m. - morso, morsico;
muòrte s.f. - vedi muòrto;
muòrto s.f. - morte: cheî
sa ciama la muorto nu moro mai: chi si chiama la morte, cioè
desidera morire, non muore mai, prov.; a la feîn
dei guai, la muorto nu manca mai: alla fine dei guai, la morte non
manca mai, prov.; la muorto nu raspieta ningoûn:
la morte non rispetta nessuno, prov.; i nu ga bramo
la muorto a nisoûn: non desidero la morte per nessuno; nà
dal biebito nà da la muorto, sa pol scanpà: nè
dai debiti nè dalla morte si può fuggire, cioè sono
due cose inevitabili, prov.; muorto tuova, veîta
mieîa: morte tua, vita mia o meglio il "mors tua vita mea"
dei latini, prov.; mal longo, muorto sigoûra:
malattia che va alle lunghe, morte sicura, prov.; muorto
da mareîn, dulur da comio; muorto da muier, dulur da zanucio:
morto di marito, dolor di gomito; morte della moglie, dolor di ginocchio,
prov.; i giro pioûn muorto ca veîvo:
ero più morto che vivo. Modi di dire: bramàse
o ciamàse la muòrto: desiderare, invocare la morte;
zì la muòrto: detto di cosa fatta controvoglia,
che non piace per nulla; zeî a scola, par loû
zì la muorto: andare a scuola per lui è uno vero strazio;
zì la muòrto suòva:
è la morte sua, come in italiano indica il modo migliore per cucinare
e quindi mangiare una particolare pietanza; la scarpena
in burdito zì la muorta suova: lo scorfano in brodetto è
il modo migliore da cucinare lo scorfano è in brodetto (zuppa di
pesce); Etim.: dal lat. Mortem;
muòrto s.m. e agg. - morto, defunto; muorto
oûn papa, sa na fà oûn'altro: morto un papa,
se ne fà un altro, prov.; muorto meî,
oûn foûlmano chi riesta: una volta che sono morto io,
un fulmine a chi resta, prov.; piurà el muorto
par ciavà el veîvo: piangere il morto per fregare il
vivo, prov.; cu el muorto vuolta canton, pasa la
pasion: quando il morto gira l'angolo, finisce il dolore, prov.;
maio muorto ca zuta paron: meglio morto che sotto padrone, prov.;
muorto Creîsto, dastoûda li candile:
morto Cristo, spegni le candele, prov.; i muorti
lagali stà: lascia stare i morti, prov.; ti
siè la stuoria da quila fimana muorta da dulur da cor: la
sai la storia di quella donna morta di crepacuore. Modi di dire:
muòrto da sì: asetato,
morto di sete; muòrto da fan:
a. morto di fame, affamato; b. poveraccio, persona che non vale,
che non conta nulla; muòrto da sùno:
a. morto di sonno, assonnato; b. persona poco sveglia, tonta,
senza iniziativa; muòrto da frìdo:
morto di freddo; muòrto in peîe:
a. persona che non sta in piedi, deboluccia, stanchissimo; b.
persona che non ha iniziativa; muòrto
da spazàmo: morto dallo spavento, terrorizzato; muòrto
in bùsco: caduto in bosco, ovvero morto facendo il partigiano;
muòrto in cànpo: soldato
caduto sul campo di battaglia; fà la muòrto
o fà el muòrto: fare il morto a galla; gnànca
muòrto: proprio per niente, neanche morto; Etim.: dal
lat. Mortuus;
muòrto ca pàrla s.m. - nella tombola il numero
47;
muòrto ca sparlàsa s.m. - nella tombola il numero
48;
muòrto viveînto s.m. - zombie, morto vivente;
............
muòto s.m. 1. motto, parola d'ordine; el
nostro muoto zì senpro aligri, mai pasion: il nostro motto
è sempre allegri, mai una preoccupazione; 2. parola, verbo;
nu iè fato muoto: non ho detto una
parola; Modo di dire:muoto ca: a.
sembra che, pare che, segno che; muoto ca sa uò
zveià: mi sembra che si sia svegliato; b. zitto, zitto
che; muoto ch'el uò nazà el tandacio:
zitto che ha sgamato le intenzioni; Etim.: dal tardo lat. Mottum;
muòto s.m. 1. cenno, segno; m'uò
fato da muoto da tazi: m'ha fatto cenno di tacere; 2. nella
briscola segno convenzionale per indicare al proprio compagno di avere
una delle breîscule visteîde,
cioè dall'asso al fante ed esattamente: l'aso, sporgendo
le labbra; el tri, strizzando l'occhio; el ri, alzando gli
occhi; el caval, alzando una spalla; el fanto, sporgendo
la lingua a sinistra. Vi erano inoltre ulteriori segni: spalancare la bocca
per indicare di aver carico, sfregare indice e pollice per segnalare di
avere delle briscolette ecc. ecc. Fermo restando tale sistema di segni
alcuni utilizzavano il metodo di fissare una carta come muoto per
poi indicare le briscole utilizzandolo come punto di riferimento base.
Per esempio fissando il Re come muoto si ha: el muoto: il re; zbaso
oûn: il cavallo; also oûn: il tre, ecc. ecc.; fà
i muoti: fare i segni; ti siè cume
sa fa capeî da vì el tri da breîcula sa scheîsa
l'uocio: lo sai come si fa intendere di avere il tre di briscala
si strizza l'occhio; a trisiete nu sa fà muoti
e nu sa faviela: a tressette non si fanno segni e non si parla;
Etim.: dal lat. Movere;
mùra s.f. - mora, frutto del gelso o del rovo; ma
mare la fiva la marmalada da mure: mia madre faceva la marmellata
di more; Etim.: dal lat. Morum;
mùra da saraia s.f. - mora di rovo, mora prugnola;
mùra da speîn s.f. - mora di rovo;
murà v.tr. (i moûro) - murare, chiudere
con delle mura; ga vularavo murà el boûz
ca zì pariguluz par i fioi: bisognerebbe murare il buco che
è pericoloso per i bambini;
muraceîn s.m. e agg. - morettino;
muràcio s.m. e agg. - moraccio, scuro di carnagione e
di capelli;
Muràco Lonàgo - s.n. della famiglia Sponza;
muràda s.f. - murata;
muradài (a) loc. avv. - fanciullescamente, alla maniera
dei ragazzi;
muradòl s.m. (pl. -oi) - fanciullo, ragazzino, ragazzetto,
diminuitivo di muriè; cu i giariendi
muradoi i sa zughiendi cu i tapi da lata: quando eravamo razazzini
giocavamo con i tappi di latta;
muradòla s.f. - gruppo di ragazzini;
muradùr s.m. - muratore;
murageîa s.f. - emorragia;
muràl s.m. (pl. -ai) 1. murale, sostegno per embrici;
2. travicello di legno squadrato impiegato nelle costruzioni; 3.
parietaria, Parietaria officinalis. Erba della famiglia delle Urticacee,
con delle infiorescenze verdastre formate da minuti fiori scellari che
fioriuscono da giugno ad ottobre. Ha dalle caratteristiche foglie appiccicaticce,
generalmente cresce sui vecchi muri ricchi di umidità. Veniva usata
per pulire l'interno di bottiglie e damigiane di vetro; Etim.: dal lat.
Murus;
muràndo ger. pres. - innamorando;
Murante - s.n. della famiglia Sponza;
muràro s.m. - Gelso, Morus alba. Albero dalle foglie
ovate e prive di lobi. I fiori sono di color verde-giallognolo, quelli
femminili dopo la fecondazione diventano carnosi costituendo il frutto,
la ben nota mora di gelso dal gusto delicato e gradevole. Fiorisce in aprile
e maggio. L'albero era coltivato per la bachicultura, costituendo le sue
foglie il principale nutrimento dei bachi da seta.
Muràsi top. - aggromerato di scogli in Val Scaraba;
Muràsi - s.n. della famiglia Bradetich;
muràso s.m. - murazzo;
mùrbado agg. - morbido;
murbeîlo s.m. - morbillo;
murbeîn s.m. - gioia di vivere, allegria, eccitazione,
euforia, brio, vivacità; oûna cupa da
bon veîn, fà curaio e fà murbeîn: una
coppa di buon vino rende coraggiosi ed allegri, scritta che tuttora appare
sull'asso di coppe delle carte triestine; li mule
da Tristi li uò el murbeîn: le ragazze di trieste sono
briose, son piene di gioia di vivere; el veîn,
fà murbeîn: il vino rende euforici, prov.; Etim.: da
mùrbio, nel senso di rigoglio delle piante, oppure da Morbus
= malattia, usato per antifrasi;
murbideî v.intr e tr. - (i murbideîso) -
ammorbidire; metilo a bagno ch'el sa murbideîso:
mettolo a bagno che si ammorbidisce; ti vadariè
ca cu li biele tu mare lu murbideîso: vedrai che con le belle
(maniere) tua madre lo ammorbidisce, lo ammansisce;
murbinùz agg. - pieno di murbeîn;
mùrbio agg. - morbido, molle, fradicio; Etim.: dal lat.
Morbus;
murbùz agg. - morboso; el uò
oûn tacamento murbuz par su pare: ha un attaccamento morboso
verso suo padre;
mùrca s.f. - morchia, feccia, residui della lavorazione
dell'olio; Etim.: dal lat. clas. (A)murca;
murcadeîsi s.m.pl. - densi avanzi di olio, sovrastanti
la morchia; Etim.: da mùrca + suffisso;
..............
muriè s.m. (pl. muriedi) - ragazzo; cu
giro muriè nu vivo panseri: quand'ero ragazzo non avevo preoccupazioni.
Modi di dire: muriè da barca:
mozzo, anche se alle volte poteva avere una certa età, era sempre...
il ragazzo della barca; muriè da butìga:
garzone;
murièda s.f. - ragazza. le ragazze di Rovigno erano famose
per la loro bellezza briosa e sbarazzina, abituate sin da piccole ai lavori
domestici e poi alle altre attività lavorative, tipo le tabachine,
erano spigliate ed assai indipendenti. Una gustosa canzoncina musicata
dal maestro Giuseppe Peitler, con i versi di Alvise Rismondo, ne traccia
un simpatico e vivo bozzetto:
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murièl s.m. (pl. -ai) 1. in generale la parte centrale,
la parte migliore; 2. in particolare, fetta di pesce tagliata tra
capo e coda, nella parte centrale; 3. caratteristico toponimo della
costa rovignese, che sta ad indicare la parte mediana di una valle o di
una insenatura;
Murièl da Coûvi top. - amena località poco
distante da Scaraba dove oggi vi sono degli insediamenti turistici, ove
sino al 1941 vi era una peschiera gestita dalla famiglia Benussi (Canalòn);
Murièl da Culuòne top. - è la parte mediana
della valle omonima, in prossimità della parte meridionale del molo;
Murièl da Lone top. - è così chiamata la
parte centrale della Val da Lone;
Murièl da Val Faburso top. - punto centrale dell'omonima
valle, dove sono ancora visibili ampie vasche d'epoca romana, che si ritiene
servissero alla fabbricazione della porpora;
murièr s.m. - albero di gelso che da le more, Morus celsa;
Etim.: dal lat. Morus = gelso;
murièr nìro s.m. - albero di gelso nero, Morus
nigra;
murièr biànco s.m. - albero di gelso bianco, Morus
alba;
Murignàn top. - sito circostante il Laco dei Speîni;
muriteîn s.m. e agg. - morettino, giovane dai capelli
corvini; ti siè chi zì quila biela
muriteîna?: sai chi è quella bella moretta?;
murìto s.m. - muretto; nu stà
pinculate dal murìto: non sporgerti dal muretto;
murlàca s.f. - vento proveniente da est, dall'interno
slavo, abitato appunto dai morlacchi; in ste zurnade
da nuo la murlaca zbarnacìa i nenbi: in queste giornate,
nuovamente il vento da est, sbrindella le nuvole; quii
puvariti, cusseî, i 'nda prapara la Murlaca nua: quei poveretti,
ci stanno preparando, così, la Morlacca nuova, cioè la nuova
tempesta causata dalle beghe interne degli slavi, vedi "La caiòuda
de l'albaro" di Zanini;
murlàche s.f.pl. - qualità di verze dal tronco
alto;
Murlachìa s.f. top. - le terre abitate dai morlacchi
e più genericamente dai contadini slavi, ovvero l'entroterra dalmata
ed in parte istriano.
murlàco s.m. e agg. 1. morlacco, montanaro, pastore
dell'interno dell'Istria e del retroterra dalmato. In origine con tale
termine erano definite le popolazioni rumene slavizzate, che si dedicavano
per lo più alla pastorizia, poi per estensione la voce passò
a significare uomo rozzo, villano in contrapposizione agli abitanti della
costa. Notizie storiche: l'elemento morlacco immigrò in Istria
negli anni 1534-1554 e verso la metà del XVI secolo ne costituiva
circa il 17% della popolazione. A Rovigno che in quegli anni contava appena
quasi 2.000 abitanti erano circa duecento, quindi con una incidenza sulla
popolazione di circa il 10%. I morlacchi occuparono la piccola cittadina
a cinque miglia da Rovigno, detta Villa di S. Antonio Abbate, ed ora Villa
di Rovigno. Nel 1857 era abitata da 431 morlacchi con 94 casolari. Il capo
detto Zupano era eletto fin dal 1526 dal Podestà e dal Consiglio
di Rovigno, ma dal 1851, approfittando della legge sovrana sui comuni del
1848 si ritenne libero comune, eleggendo da sè i suoi rappresentanti;
2. qualità di ciliegia, con cui si prepara il Cherry brandy;
3. attinente alla Morlacchia; Etim.: dal tardo lat. Maurovlaco,
costruita su calco del gr. per Valacco nero, ove il termine Valacco sta
ad indicare le popolazioni latine, ed in particolare quelle rumene, così
come il ted. Walach, bulg. e serbo Vlach, russo Voloch, polacco Woloch,
magiaro Olach, termine affine al Vallone dei belgi francofoni;
Murlacoûso - s.n. della famiglia Millich;
Murlèna - s.n. della famiglia Budicin, vedi anche il
curto omonimo;
Murlèna bragheîni - s.n. della famiglia Budicin;
Murlèna giudeîn - s.n. della famiglia Budicin;
Murlèna pulpa - s.n. della famiglia Budicin;
Murlèna triganbe - s.n. della famiglia Budicin;
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murtièr s.m. - mortaio; Etim.: dal lat. Murtarium;
Murtier (el) top. - buco del diametro circa di un metro, altrettanto
profondo, da qui la similitudine con un mortaio, sito posto sulla riva
nord dell'isola di Santa Caterina;
murtificà v.tr. (i murtifichìo) - mortificare;
nu murtificalo cume tuovo suolito: non mortificarlo
come fai di solito;
murtificanto agg. - mortificante;
murtificasiòn s.f. - mortificazione;
murtuòrio s.m. 1. avviso funebre; 2. necrologio;
a liezi el suovo murtuorio a pararavo ca fuso stà
oûn angiulìto, inveîse...: a leggere il suo necrologio
sembrerebbe che fosse stato un angioletto, invece...; 3. mortorio,
riunione poco allegra, come se partecipasse a una veglia funebre; ca
zì stu murtuorio, femo oûna cantulada: cosa sono queste
facce appese, sù mettiamoci a cantare; cuto
ca ta deîgo a gira oûn viro murtuòrio, nisoûn
viva vuoia da favalà: cosa vuoi che ti dica era veramente
una situazione poco allegra, nessuno aveva voglia di chiacchierare;
murùz s.m. e agg. - innammorato, fidanzato;
murùza s.f. - sagartide. Il termine rovignese comprende
la Tealia felina, la Sagartia troglodites e l'Anemonia sulcata;
Murùza - s.n. della famiglia Sponza;
muruzà v.tr. (i muruzìo) - amoreggiare;
la zuvantoû d'ancui zì bona sultanto da muruzà par
li sconte, da piturase e da nu fa gnìnte in caza: la gioventù
d'oggi giorno è buona buona soltanto di amoreggiare di nascosto,
di imbellettarsi e di non saper fare nessun lavoro domestico;
muruzìso s.m. 1. amoreggiamento; 2. comportamento,
tipico atteggiamento dell'innamorato;
muruzìto s.m. - fidanzatino;
mus s.m. 1. asino: liga el mus,
induve ch'el paron cumanda: lega l'asino dove vuole il padrone,
prov.; fà cagà el mus par fuorsa:
pretendere l'impossibile, frase prov.; e meî
cul tran e teî cul mus: ed io col tram e tu con l'asino; 2.
(fig.) testone, stupido, zoticone, screanzato, bestia; el
zì pruopio oûn mus: è proprio una bestia; Etim.:
forse dal greco Mousmon = animale di Sardegna;
musà v.tr. (i mùso) 1. mozzare; sa
rivo a ciapà chi ca uò musà la cuda al can!:
se arrivo a prendere chi ha mozzato la coda al cane!; 2. (agr.)
potare i pampini delle viti per evitare un esagerato sviluppo frondoso;
musàto s.m. 1. zanzara, insetto; i
musati ma uò becà dapardoûto, i nu fago ca gratame:
le zanzare m'hanno punto dappertutto, non faccio altro che grattarmi; vuravi
iesi oûn musato par sinteî i luro dascursi: vorrei essere
un insetto per poter ascoltare i loro discorsi; 2. persona fastidiosa,
noiosa, appunto come una zanzara; Etim.: dal lat. Mustio-onis = piccola
mosca, o forse meglio ancora da Muscea = moscerino, con l'accrescitivo
in -ato;
mùsca s.f. - mosca, insetto; vuravi
iesi oûna musca par scultà quil ca ciacula quile babe:
vorrei essere una mosca per poter ascoltare cosa dicono quelle pettegole;
s'a ugni musca ga sa dà paca, nu riesta manco
man: se ad ogni mosca si dà uno schiaffo, non rimangono neanche
le mani, prov.; a teîra pioûn musche
oûna gioûsa da mel ca oûn bareîl d'azì:
attira più mosche una goccia di miele che un barile d'aceto, prov.;
li musche ga và ai samieri cu li piaghe:
le mosche vanno dai somari con le piaghe, piagati, prov.;
li musche và su i cani magri: le mosche vanno sui cani magri,
prov.; i nu vuoi sinteî zbulà oûna
musca: non voglio sentir volare una mosca; el
zì fastidiuz piezo de li musche: è fastidioso peggio
delle mosche; Modi di dire: ciàro
cùme li mùsche biànche: cosa, situazione
chiarissima, lampante, evidente; seîto e
mùsca: zitto e mosca; Etim.: dal lat. Musca, stesso significato;
Mùsca top. - Mosca;
Mùsca - s.n. delle famiglie Dandolo e Paliaga;
muscàrda s.f. - qualità d'uva, dolce come il moscato;
Muscàrda - s.n. delle famiglie Da Dignan e Vidotto;
muscardeîn s.m. 1. moscardino, bellimbusto, elegantone;
a gila nu ga manca i muscardeîni ga ca curo
dreîo: a lei non mancano i bellimbusti che le fanno la corte;
2. volpone, furbacchione; ara ca quil muscardeîn
ta dà da intendi pioûn pan ca furmaio: stai attento,
che quel furbastro ti fa credere una cosa per l'altra, ti imbroglia; 3.
tipo ameno, stravagante, bel tipo, bel tomo; ciuò
muscardeîn, ara ch'i deîgo a teî: ehi tu bel tomo,
guarda che dico a te; 4. piccolo polipo;
muscardeîna s.f. - donna graziosa, spigliata e dai modi
disinvolti;
muscatà s.m. e agg. (f. -ada) 1. vino liquorato,
con aggiunta di moscato; 2. aromatizzato, che sa di moscato; Etim.:
dal basso lat. Muscatus, da Muscus = muschio, per il vago sapore di muschio;
muscatièl s.m. - moscatello;
Muscatièl - s.n. della famiglia Devescovi;
Muscàti nigri - s.n. della famiglia Longo;
muscàto s.m. - vino liquoroso, moscato, da cui il significato
di cosa dolce in genere; dulso cume el muscato:
dolcissimo; Etim.: dal basso lat. Muscatus;
muscatòn s.m. - uva simile al moscato;
muscheîa s.f. - nugolo di mosche;
muscheîn s.m. - moschino, moscerino;
muschìta s.f. - pizzetto, o meglio il pizzetto sotto
il labro inferiore;
Muschìti - s.n. della famiglia Veggian;
muschìto s.m. - moschetto, la tipica arma da fuoco in
dotazione al nostro esrcito durante la 1^ e la 2^ G.M.;
muschìto s.m. - fitta rete, generalmente metallica, a
protezione di mosche e moscerini;
mus'cià agg. (f. -àda) - muschiato, moscato;
gratame oûn fià da nuza musc'iada: gratta un pò
di noce moscata;
mus'ciaròl s.m. (pl. -uòi) - granchio giovane,
con ancora il carapace molle;
mus'ciaruòla s.f. - termine eufemistico per indicare
l'organo sessuale femminile e quindi per le donne in generale; ah!
Gieva, Gieva, teî la iè fata spurca cul fate insinganà
da quil beîlfo da sarpento indamugnà. E ca deî da quil
sulso da Damo ca t'uò dà bado? Ma sa sà... sti omi
zì doûti uguali, ga basta oûn boûlto da mus'ciaruola
par faghe pierdi la tramuntana: ah! Eva, Eva, l'hai combinata bella
col farti stregare da quel diavolo di un serpente indemoniato. E che dire
di quello sciocco di Adamo che ti ha dato ascolto? Ma si sà... questi
uomini sono tutti uguali, gli basta un bel visetto di "donna" per fargli
perdere la tramontana; Etim.: da mus'ciaròl;
mus'cìdi agg. - inzaccherato, fracido, bagnato;
mùs'cio s.m. - vedi moûs'cio;
Mus'cìto - s.n. della famiglia Rocco;
...........
mustaceîn s.m. e agg. - baffettino, baffino, mustaccino;
Mustaceîn - s.n. della famiglia Brunetti;
mustacièra s.f. 1. grandi baffoni a manubrio;
ma nuono el viva oûna mustaciera, ca da peîci
na fiva pagoûra nama vidala: mio nonno aveva dei baffoni che
quando eravamo piccoli ci intimorivano soltanto a vederli; 2. mostacchiera,
strumento in panno per tener in piega i mostacchi; 3. (est.) il
labbro superiore;
mustàci s.m.pl. 1. mustacchi, baffi; oûn
omo cui mustaci a par ca seîo senpro pioûn grando: un
uomo con i baffi, con i mustacchi, sembra sempre più grande (d'età),
più maturo; 2. (est.) segno a forma di baffi; forbite
la buca ca t'iè i mustaci: pulisciti la bocca che hai un
segno come di baffi;
mustàci (da feîl) da fièro s.m. - persona
autoritaria, severa;
Mustàci da feîl da fiero - s.n. della famiglia
Fragiacomo;
Mustàci da veîn s.m. - ubriacone;
Mustàcia - s.n. della famiglia Sfettina;
mustàcio s.m. 1. mustacchio, baffo; 2.
tralcio di vite pieno d'uva, probabilmente perchè assomigliante
a dei baffi spioventi per il peso dei grappoli; Etim.: dal lat. Mustacium,
dal greco Mystaks-mystakos = labbro superiore, baffi;
mustaciòn s.m. e agg. 1. baffone; 2. persona
severa, burbera, autoritaria;
Mustioli - s.n. della famiglia Devescovi;
mùsto s.m. - mosto; Etim.: dal lat. Mustum;
mustrà v.tr. (i muòstro) - mostrare, indicare,
far vedere, mettere in mostra; cheî muostra
guodo e cheî veîdo cripa: chi mostra gode e chi vede
crepa, prov.; ai fioi biegna vulighe ben e nu mustragalo:
ai figli bisogna volergli bene ma non farglielo vedere, prov.; i
ga iè mustrà anduve ca stà la ruoba: gli ho
fatto vedere dove sta la riba. Modi di dire: mustrà
i feîghi: a. fare gli scongiuri; b. negare,
rifiutare facendo uno sberleffo; cu m'uò ciamà
par zeî cun luri meî i ga iè mustrà i feîghi:
quando mi hanno chiamato per andare con loro io gli ho fatto marameo; mustrà
li varguògne: farsi vedere nudo, mostrare i genitali;
mùstu s.m. - mosto;
musuleîna s.f. - mussolina;
Musuleîni n.pr. - Mussolini, per estensione prepotente,
dittatore;
musulièr s.m. 1. rete di pesca per prendere i moûsuli;
2. mangione di moûsuli;
Musulièr - s.n. della famiglia Rocco;
musulùz agg. - moccoloso, moccioso, epiteto off.;
............
muzeîna s.f. - salvadanaio; el uò
la muzeîna cariga da buori: ha il salvadanaio pieno di soldi.
Modo di dire: fà muzeîna:
risparmiare, mettere da parte. Vedi anche l'omonima poesia di Giusto Curto:
Gira oûna muzeîna da tiera cota piturada
casafuorto puzada su li ale da sugno fantazeîa ca s'incuntriva cu la virità da palido uguizmo da alba apena nata. Quil suoldo su la sfilsa da carità dunada
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Era un salvadanaio di terracotta pitturata
cassaforte appesa sulle ali del sogno fantasia che s'incontrava con la verità di pallido egoismo di un'alba alpena nata. Quel soldo sulla fessura di carità donata
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2. organo sessuale femminile. Questa accezione deriva dalla fessura
del salvadanaio; Etim.: dal tardo lat. (Elee)mosyna, dal gr. Eleemosyne.
Derivato di Eleeo = ho pietà. O forse più prosaicamente perchè
in genere il salvadanaio è a forma di muso di maiale;
muzicà v.tr. (i muzichìo) -musicare, mettere
in musica;
muzicànto s.m. - musicante, musicista, suonatore, strumentista;
muzicariòl s.m. (pl. - òi) - come muzicànto;
muziceîsta s.m. - musicista;
muzicuòto s.m. - scheggia di legno, pezzetti di legno;
muziècia s.f. - musono, faccione grande e brutto;
muzièo s.m. - museo;
muzìto s.m. 1. musetto, visetto; 2. (fig)
persona impunita, superba, altezzosa, indispinente;
muzodoûro s.m. - capone ubriaco, pesce dell'ordine dei
Perciformi, Trigloporus lastoviza. Simile a l'ànzalo e al capòn,
si caratterizza dal colore interamente rosso vivo oppure marrone aranciato
sul dorso, più chiaro sui fianchi e biancastro sul ventre. Mediamente
misura dai 20 ai 25 cm, ma può raggiungere eccezionalmente anche
40 cm.
muzòn s.m. 1. musone, barbogio; 2. broncio;
muzòn s.m. - paraurti posto sull'asta di prua di una
imbarcazione;
muzucuòto s.m. - vedi muzicuòto;
muzulièra s.f. - museruola;
muzunà agg. (f. -ada) - arrabiato, con il muso;
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