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DIZIONARIO ENCICLOPEDICO ROVIGNESE-ITALIANO di Gianclaudio de Angelini |
Lantierna da S. Zuàne (la) top. - faro eretto sul piccolo
scoglio di San Giovanni in Pelago detto anche Scùio de la Lantièrna,
faro intermedio tra quello di Salvore e quello di Porer, visibile in mare
alla distanza di 14 miglia. Antonio Angelini nelle sue Cronache ci dice
che lo scoglio di San Giovanni fu venduto dal comune alla Borsa Mercantile
di Trieste, che vi fece erigere il faro, che venne inaugurato il primo
di agosto del 1853. Sempre da lui apprendiamo alcuni particolari tecnici
del suo funzionamento originale: "... mediante apparato Fresnel di terz'ordine,
che dà una luce continua alternata, bianca e rossa, all'altezza
di 70 piedi di Vienna". La torre del faro era alta 22 metri sul livello
del mare;
lanùz agg. - lanoso;
Lanzetta - nel censimento del 1° ottobre '45 erano presenti
2 famiglie;
Lanzi - Marco Lanzi o Lanzoni qm. Angelo da Pordenon, 1698.
Famiglia presto estinta di cui disponiamo però dello stemma: arma
d'oro, con leone rampante, d'argento, tenente una bandiera appuntita (o
lancia), scudo ovale. Da Antonio Angelini sappiamo che nel 1840 furono
appesi nella sagrestia di sant'Eufemia quattro quadri appartenenti alla
suddetta famiglia Lanzi aquistati dal Comune dagli eredi Manzoni;
lapàsa s.f. - coprigiunto usato per rivestire o rinforzare
un pennone od un remo intuià;
làpi s.m.inv. - matita, lapis;
làpida s.f. - lapide;
lapidàrio agg. - lapidario, calco it.;
làpis s.m.inv. - lapis, matita;
inbratacarte ch'i sà tigneî nama ch'el lapis in man:
imbrattacarte che sanno tenere soltanto la matita in mano;
làpisi s.m.inv. - lapis, matita;
lardalùz agg. - lardelloso;
làrdo s.m. 1. lardo, grasso di maiale usato preparare
il battuto; cheî ca vol el lardo, dievo ciù
anca la crudaga: chi vuole il lardo (cioè le cose buone),
deve prender anche la cotenna (cioè le cose cattive), prov.; 2.
grasso in generale, trippa; ara ca lardi chi ti iè!:
guarda come sei grasso!; Etim.: dal lat. Lardum, clas. Laridum;
............
làrgo avv. 1. lontano; a
li larghe da i pariguli, ca nu viegno gnalco dazgrasia: alla larga,
stai lontano, dai pericoli che non ne nasca qualche disgrazia; da
largo ma uò paristo tu frà: da lontano mi è
parso tuo fratello; 2. a largo, in alto mare; biegna
zì mondo largo par ciapà pisi: bisogna andare in alto
mare per poter prendere i pesci; la dazgrasia la
zì capitada a tri chiluometri a largo da Figarola: la disgrazia
è successa tre chilometri a largo dello scoglio di Figherola;
làri s.f. (pl. lare) - casa; Etim.: dai Lares, divinità
latine protettrici del focolare domestico e quindi della casa. A venezia
Arin o Larin indica il focolare, o meglio la parte dove si accende il fuoco;
làri (a li) loc. avv. 1. in libertà, per
le sue, via da casa; el zì zeî a li
lari: se ne andato via, se n'è andato per le sue; và
a li lari nu stame tra i peîe: vattene per le tue non starmi
tra i piedi; 2. tipico grido con cui il capogioco consentiva ai
partecipanti del così detto "gioco dei frutti" di mettersi in salvo
presso di sè;
làrize s.m. - larice; Etim.: dal lat. Laricem;
làro s.m. - ladro; Etim.: dal lat. latro-onis;
laruòio s.m. - orologio, forma con l'articolo concresciuto;
lasà v.tr. (i làso) 1. lasciare,
permettere; lasali fà, lasali deî...
teîo pensa ai fati tuovi, e ti vadariè ca preîma o puoi
sa stufaruò da barlumàte dreîo: lasciali fare,
lasciali dire... tu bada ai fatti tuoi, e vedrai che prima i poi si stuferanno
di sparlarti alle spalle; 2. lasciare, abbandonare; el
uò lasà la muier par quila zgurlasa da cal: ha lasciato
la moglie per quella donna da strada; Modi di dire: lasà
fòra: escludere; làsa fora
el Milan, ca zì da oûn'altro pianìta, li altre sa la
bato doûte: escludi il Milan che è di un altro pianeta
le altre hanno più o meno le stesse possibilità; lasà
li pìne: a. lasciare le penne, morire; anca
loû el uò lasà li pine soûn el fronto ruso:
anche lui è morto sul fronte russo; b. lasciar le penne,
rimetterci; el uò vusioû zugà
cuntro quil bulpon da Tuoni, ma ga uò lasà li pine:
ha voluto giocare contro quel furbone di Toni ma ci ha lasciato le penne;
lasà zeî: lasciar perdere;
làsa zeî, ca vì da fà cu quii beîlfi ti
iè sulo da pierdi: lascia perdere, che ad aver a che fare
con quei tipacci, hai solo da rimetterci; Etim.: dal lat. Laxare = allargare,
da Laxus = allentato;
lasàse v.rifl. (i ma làso) - lasciarsi;
la sa làsa cu 'l mareîn par zeî
alilàre cul maùco: si lascia col marito per andarsene
con il suo amante. Modo di dire: lasàse
zeî: lasciarsi andare, trascurarsi;
lascà v.tr. (i làsco) 1. allentare;
lasca oûn può, ca zì masa strento: allenta un
pò che è troppo stretto; 2. lascare, lasciare, non
prendere, evitare; lasca, ca l'aso baza la tuola:
non prendere, che l'asso di gioco è l'ultima carta di gioco;
3. (fig) abbuonare, farla passare liscia; i ta
lasco par stavuolta, ma la pruòsima nu zì radensio:
per questa volta passi, ma la prossima non c'è perdono;
làsco agg. - mollo, non teso, allentato, largo, spampanato;
làsco s.m. - eccessiva libertà; ti
ga daghi masa lasco a sta murieda: concedi un'eccessiva libertà
a questa ragazza;
làsito s.m. - lascito testamentario, donazione;
làso s.m. - asse di legno su cui portare le forme di
pane o di dolci a cuocere nel forno; la viva el làso
carigo da peînse: aveva l'asse di legno pieno di focacce pasquali;
làso s.m. - lasso, periodo; Etim.: dal lat. Lapsum, p.p.
di Labi = scorrere, scivolare;
làso s.m. - laccio; cheî
nu uò furtoûna nu vago a pascà, ciugo oûn laso
e sa vago a nagà: chi non ha fortuna non vada a pescare,
prenda un laccio e si vada ad annegare, prov.; i
vuoi iesi leîbaro da zeî anduve ma par, i nu vuoi vì
lasi nà inpidimenti: voglio esser libero di andare dove mi
pare, non voglio nè lacci nè inpedimenti; Etim.: dal lat.
pop. Laceum;
làso agg. - (poet.) - lasso, stanco;
laso zì el meîo cor da vuleî ben a oûna fimana
ca gnanca la me varda: stanco è il mio cuor di voler bene
ad una donna che neanche mi guarda;
làso s.m. inv. - lazos; par pudighe
favalà a bazugnaravo ciapalo cul laso, parchì el zì
senpro a turzolon: per potergli parlare bisognerebbe prenderlo al
lazos, perchè stà sempre in giro;
làso s.m. - lazzo, scherzo; sa
zughiva la tonbula fra lasi, radagade, fazuoi ca zbuliva... insuoma oûn
dazeîo! ma i sa davartiendi cume mati: si giocava alla tombola
fra scherzi, litigate, fagioli (usati come segna punti) che perdevano il
numero segnato... insomma una gran confusione! Ma ci divertivamo come matti;
lasoûn avv. - lassù; lasoûn
soûn li muntagne... : lassù, sulle montagne...;
lasoûn seî ca zì biel, qua a zì masa sufago:
lassù si che è bello, qui c'è troppa afa;
làsta s.f. 1. lastra di pietra; 2. tratto
del fondale marino caratterizzato da rocce lisce che dalla costa lentamente
digradano in mare. E' anche un toponimo tipico della costa rovignese;
Làsta da S. Andreîa (la) top. - indubbiamente la
più nota tra le làste di Rovigno, è un tavoliere
sommerso dal fondale roccioso che si estende per qualche centinaio di metri
verso occidente, ovviamente dipartendosi dall'isola omonima;
Làste (li) top. - piccolo altipiano e campagna presso
Làco Nùo, deve il nome al fatto che la configurazione
geologica del suo terreno è costituita da lunghe lastre di roccia;
lasteîn s.m. - dim. di làsta;
Lasteîni (i) top. 1. località sul versante
nord del Canal di Leme, tra Zùta la Stànsia e Val
de l'Agunièr, anche qui il nome è dovuto alla conformazione
a lastre di roccia liscia; 2. sul versante sud del Canal di Leme,
tra Rifrònto e la Sfìlsa, da non confondersi
con l'omonima località sul versante sud sempre dello stesso canale;
làstico s.m. - elastico, forma concresciuta di àstico;
biegna ca ti ma ganbi lastico ca soûn da lavà
a zì davantà lasco: bisogna che mi cambi l'elastico
che a furia di lavaggi s'è allentato; Etim.: dal lat. Elasticus
= che lancia, e questi dal gr. Elastes = che spinge;
lastizà agg. (f. -ada) - elasticizzato;
làstra s.f. 1. lente, lastra degli occhiali;
par fà el muona el sa uò ruto li lastre: per fare
lo sciocco ha rotto le lenti degli occhiali; 2. lastra generica,
qualsiasi corpo solido avente poco spessore e di varia larghezza; par
tiera a gira doûta oûna lastra da giaso, ti fivi catoûra
a stà in peîe: per terra vi era come una unica lastra
di ghiaccio, si faceva una grande difficolta a rimanere in piedi; 3.
lastra fotografica; 4. radiografia, lastra radiografica; el
miedago ga uò dà da pasà li lastre: il medico
gli ha prescritto di effettuare le lastre radiografiche; 5. (pesc)
strumento usato per la pesca con la fiocina o per la raccolta di grosse
conchiglie dal fondale marino, consistente in una cassetta di legno col
fondo di vetro; Etim.: dal lat. Lastricare;
làstra da fineîda s.f. - pietra da costruzione;
............
latàgne s.f.pl.inv. 1. rogazioni minori, cioè
processioni che si svolgevano per 3 giorni consecutivi prima della festa
dell'Ascensione, detta la Sènsa. Nei primi 2 giorni i fedeli
facevano visita processionalmente alle chiese campestri intorno Rovigno,
con la benedizioni dei campi per impetrare l'aiuto divino ed ipotecare
un buon raccolto. Il terzo giorno invece era riservato alla visita delle
chiesette poste nell'abitato di Rovigno. Si trattava di un'usanza antica
ed assai radicata, e la popolazione di Rovigno vi partecipava compatta
con grande entusiasmo. A seguito della deportazioni della quasi totalità
della popolazione, effettuata dall'Austria nel corso della prima Guerra
mondiale venne interrotta e non fu mai più completamente ripristinata.
Come molte altre costumanze connesse al mondo contadino, ha un antico
substrato pagano, riallacciandosi alle "Perambulationes" del mondo
antico latino-romano che si tenevano in onore di Cerere, dea delle messi,
con lo stesso identico scopo di quelle rovignesi: impetrare dal cielo un
buon raccolto, una buona annata. Dal nostro cronista Antonio Angelini,
che ne parla a metà dell'ottocento, abbiamo una descrizione di quando
l'antico rituale era ancora pressochè integro: "Le Rogazioni
minori durano tre giorni. Si visitano processionalmente il 1.o giorno le
Chiesette campestri del territorio a levante: si canta messa solenne alla
Madonna di Campo: e si benedicono le campagne alla Stazione di S. Damiano
in Palù. Nel 2.o giorno si visitano le Chiesette a tramontana: si
canta messa solenne a S.a Euffemia in Saline: e si da la benedizione, commovente.
Dalla barca si benedice il mare. il 3.o giorno si visitano le Chiesette
in Città: si canta messa alla Madonna delle Grazie, e si benedice
di nuovo la campagna. Ab antiquo vi era la corsa dei cavalli da Valdibora
in Riva-grande, e viceversa, nei due primi giorni (molti vanno alle Rogazioni
a cavallo) un'ora prima dell'entrata in Città della Processione:
e questa veniva accolta con giubilo, e sopra il Crocifisso gettavansi dal
popolo a piene mani fiori silvestri, e sulle persone eziando della
Processione. L'uso della corsa e dei fiori fu tolto con suo Decreto 2 ag.o
1828 N. 170 dal Diocesano Mons. Peteani, mosso da questo Capitolo sempre
nemico delle antiche consuetudini. Ab antiquo pure intervenivano a queste
Rogazioni tre Canonici per dovere, confermato col punto XIII.o dell'Accordo
12 dicemb. 1714 tra il Capitolo ed il Comune: inoltre spontaneamente molti
Preti semplici, e drizzavasi ogni giorno abbondante mensa per essi, e per
li poveri. L'uso di procedere in Campagna fu soppresso dal prefato Diocesano
con Decreto 25 aprile 1835 N. 206. Da ciò dissidio grave tra il
popolo ed il Capitolo, anche questa volta promotore di quella innovazione:
composto però a merito del sig.r Giacomo dott. Angelini, in allora
I.R. Commissario Distrettuale in patria, mediante Statuto 27 nov.e 1835.
Quindi ripristina l'immemorabile consuetudine l'anno dopo 1836. Da quell'epoca
in poi va un solo Canonico
con due Curati sebbene fu confermato l'uso antico di tre Canonici
col punto I.o del citato Statuto. Il 3.o dì si termina a mezzogiorno.
Sono questi per Rovigno tre giorni di divozione, di allegrezza, e di speranza
di ubertoso raccolto". Achille Gorlato, in Vita Istriana, ci informa
inoltre che: "Nelle Rogazioni di Rovigno e di Dignano il primo giorno
dalle croci pendono le spighe di frumento, il secondo i pampini di vite,
il terzo i ramoscelli d'ulivo. I tre simboli della vegetazione istriana".
El preîmo giorno sa zeîva in Paloû,
in Saline e a San Tuman el deî dreîo, vasteîdi da festa,
cu li bazase e li mulchiere culme e butase piene da bon veîn, ligri
su la gierba sa fiva el pasto. Despuoi sa turniva in paiz cantendo Salvanò
e Chirileleizon, mentro la zento na butiva dai balconi zanestre e mangreîz...
Ara, quile, quile li gira latagne! Quiste da ancui li zì piene da
magagne: il primo giorno si andava in Palù, in Saline e a
San Tuman il giorno dopo, vestititi di festa, con le bisacce e le sporte
cariche e le botti piene di buon vino, allegri si pranzava sull'erba. Poi
si tornava in città, cantando il "Salva nos" ed il "Kyrie eleyson",
mentre la gente dalle finestre ci gettava ginestre ed elicrisi. Quelle
erano erani rogazioni! queste qui del giorno d'oggi sono piene di magagne;
2. litanie, canti o preghiere liturgiche che si ripetono ossessivamente,
giaculatoria; deî li latagne ai Santi:
di le litanie, le giaculatorie ai santi; Etim.: dal lat. eccl. Litania,
gr. Litanèia, da Litè, preghiera. Non è del tutto
da escludere però una connessione con làgna, per i
canti intonati;
latamènto s.m. - allattamento;
Latànsio n. pr. m. - Lattanzio;
latànto s.m. e agg. - lattante;
latareîa s.f. 1. latteria, negozio in cui si vende
il latte ed i suoi derivati; vame ciù in latareîa
gize dieca da buteîro e oûn leîtro da lato: vammi
a prendere in latteria un etto di burro ed un litro di latte; 2.
(gerg) seno procace; ca latareîa ca la uò!:
che seno procace che ha, che tette!;
lateîn s.m. e agg. - latino; a
gira meo la misa in lateîn ca la zeîva ben par doûti...
taliani e cruati: era meglio la messa in latino che andava bene
per tutti... italiani e croati;
lateîna s.f. e agg. - vela latina;
lateîna s.f. - lattina, piccolo recipiente in latta;
latineîsta s.m. - latinista, studioso esperto della lingua
latina;
lateîne (li) s.m.pl.inv. - così veniva chgiamato
il ginnasio privato nell'ottocento a Rovigno, perchè vi si insegnava
tra l'altro il latino;
Latin - Zuanne da Foscolin, 1701;
latizeîn agg. - ceruleo, azzurrino;
li fimane li gira ben mudade, cu li carpite da burgo latizeîn a reîghe
ruse a pite cu i fascioi cumo bunbazeîna da leîn bianco da
nio sul cuolo. Qualcadoûna cu la pascaneîsa virda, parchì
la gira citeîna: le donne erano ben vestite con le gonne azzurrine
a righine rosse plissettate, i fazzoletti da collo sottili come un velo
di lino candido come neve. Qualcuna col copricapo verde perchè apparteneva
all'ordine delle Cetine;
latizeîni s.m. pl. - animella, ghiandola bianca e carnosa
presente nel bovino giovane;
làto s.m. - latte; a nu zì
pioûn quil bon lato da oûna vuolta: non c'è più
il buon latte di una volta; nu biegna piurà
sul lato versà: non bisogna piangere sul latte versato, prov.;
ura da lato, ura da uvi: ora di latte, ora
d'uova, prov. che vuol dire un pò così ed un po colà.
Modi di dire: làto da galeîna:
latte di gallina, usato in frasi del tipo: nu ga
manca gnanco el lato da galeîna: non le gli manca propuio
nulla, neanche il superfluo; làto dei feîghi:
lattice dei fichi; Etim.: dal lat. Lac-lactis;
làto s.m. - lato, calco it.; nu
ti siè gnanca quanti lati uò el triangulo izuosele:
non sai neanche quanti lati ha il triangolo isoscele;
Làto - s.n. della famiglia Benussi;
Lattanzio - nel censimento del 1° ottobre '45 erano presenti
2 famiglie;
latùrno (da) loc.avv. - nuovamente, di nuovo; - I ta
lu deîgo da laturno: te lo dico di nuovo;
............
làva s.f. - ape, forma concresciuta;
lavà v.tr. (i làvo) 1. lavare, detergere,
pulire; oûna man lava l'altra, e doûte
e du el moûz: una mano lava l'altra e tutte e due lavano la
faccia, prov.; - preîma da favalà, lavite
la buca, ca ti la iè mara cumo el fel: prima di parlare,
lavati la bocca, che ce l'hai amara come il fiele; 2. raccontare
dire frottole, ingrandire i fatti; su i afari da
i altri i nu ma son mai lavada la buca, i dascursi ca fà li duone
unurate li dievo stà sacriti cumo intul cunfasur: non sono
mai andata in giro ingrandendo gli affari altrui, i discorsi delle donne
devono restare segreti come nel confessionale; Etim.: dal lat. Lavare =
bagnarsi;
Làva s'ciaveîne - s.n. della famiglia Menotti;
làva-soûga loc. - letteralmente lava ed asciuga,
sta ad un indicare un capo di vestiario unico e molto usato, che quindi
se si vuol indossare il giorno dopo, va sia lavato che asciugato;
lavàcro s.m. - lavacro, lavanda; Modo di dire:
lavàcro intièrno: lavanda
gastrica;
lavàda s.f. 1. lavata, lavaggio; ugni
lavada, oûna fruada: ogni lavaggio, una consumata, prov. cioè
ad ogni lavaggio, la biancheria si comsuma sempre un pò, prov. come
l'analogo: oûna lavada e oûna suprasada
a zì oûna mieza fruada: un lavaggio ed una stiratura
sono una mezza usura; 2. (fig) ramanzina; a
ga dariè oûna biela lavada (da tiesta), ti vadariè
ca nu varuò pioûn vuoia da fà el muona: gli
farò una bella ramanzina, vedrai che non avrà più
voglia di fare lo stupido;
lavadoûra s.f. 1. lavatura, risciacquatura, il
residuo delle acque sporche dopo aver fatto il bucato o pulito i piatti;
2. per estensione i liquami che venivano gettati in mare; 3.
(fig) brodaglia; 4. epiteto offensivo;
lavadènti s.m. - schiaffone, slavadenti;
lavadùr s.m. - lavatoio;
lavàgio s.m. - lavaggio, in particolare indicava il lavaggio
della coperta delle imbarcazioni;
lavàgna s.f. 1. lavagna; 2. lastra di lavagna
o di eternit per rivestire i tetti; Etim.: dalla città di Lavagna,
da cui si estrae la pietra omonima;
lavagnìta s.f. - lavagnetta;
lavamàn s.m. - lavello, catino una volta di ceramica
o maiolica posto su di un treppiede metallico od anche incassato in un
mobile della camera da letto. Serviva per le abluzioni mattutine e serali.
Ora aggiornandosi il significato si è esteso ai moderni lavandini.
...........
lavateîvo s.m. - clistere;
lavateîvo agg. - lavativo, persona che non ha voglia di
far nulla, che frappone sempre scuse pur di non lavorare, svogliato;
ma par ca tu feîo el zì oûn lavateîvo da preîma
fuorsa: mi sembra che tuo figlio sia un lavativo di prima categoria;
Etim.: dal significato del sostantivivo, in pratica una persosa indisponente,
seccante come il dover subire un clistere;
lavatreîce s.f. - lavatrice, la moderna macchina per lavare
i panni che tanto ha contrubuito nell'alleviare l'altrimenti gravoso compito
della leîsia;
lavatuòio s.m. - lavatoio;
Lavatuòio top. - tratto della marina posto tra lo squero
e i Bàgni Nùvi, detto anche Preîmi Tarèni,
interrato nel 2° dopoguerra per costruirvi delle banchine per l'attracco
dei natanti turistici della compagnia Jadran. Un tempo le donne vi si recavano
a lavare i panni pesanti, dato che dal monte sovrastante sgorgava a mare
una sorgente d'acqua dolce;
laveîzo s.m. - vaso, pentola ricavata dalla pietra ollare;
Etim.: dal lat. Lapideus;
lavièl(o) s.m. - lavello;
laviòl s.m. (pl. -iòi) - pila, acquasantiera;
Etim.: dal lat. pop. Labellum, clas. Lavabrum, catino;
lavìz s.m. - vedi laveîzo;
lavìz s.m. - lapis, matita;
làvra s.f. - lastra di pietra, piastrella; Etim.: dal
lat.: Lapera o come volgiono altri da voce preromana indoeurepea *lawira
o *lawara (gestein);
Lavrì top. - tavoliere roccioso posto sott'acqua, che
continua per un tratto sulla terraferma nei pressi della Pònta San
Fìli; Etim.: vedi làvra. Esistono toponimi analoghi sia a
Trieste (Laveréi) che a Pola (Làvere);
lavùr s.m. - lavoro, opera frutto del lavorare;
lavur da braso, lavur da caso: lavoro manuale, lavoro che non conta
nulla, prov.; lavur par fuorsa nu val oûna
scuorsa: lavoro fatto per forza, cioè di controvoglia, non
vale nulla, prov.; el lavur fato de festa, el ven
drento la puorta, el và fora da la finiestra: il lavoro fatto
nei giorni di festa, va dentro dalla porta ed esce dalla finestra, prov.;
el lavur nu uò mai dizunurà nisoûn:
il lavoro non ha mai disonorato nessuno, prov.; el
Gatupardo seî, ca zì oûn biel lavur! nuò sti
munade d'ancui: il Gattopardo si, che è un bel film! non
queste stupidaggini che fanno oggi. Modi di dire: lavùr
par man: lavoro. affare in corso; mèti
in lavùr: incominciare, iniziare un lavore, un affare;
fà oûn lavùr: (pesc.)
calalare le reti; lavùr da ghièbe:
lavoro, affare intricato, difficile, complicato; Etim.: dal lat. Labor;
lavurà v.tr. e intr. (i lavùro) - lavorare;
vuoia da lavurà saltame aduoso, lavura teî
ca meî nun puoso: voglia di lavorare saltami addosso... lavora
tu che io non posso, prov.; cheî lavura magna,
e cheî ca nu lavura nu magna: chi lavora mangia e chi non
lavora non mangia, prov.; cheî nu lavura, gnanca
nu magna: chi non lavora, neanche mangia, prov.; cheî
nu vol lavurà, nu penso gnanco de magnà: chi non vuol
lavorare, non pensi neanche di mangiare, prov.; cheî
ca lavura uò oûna cameîza, cheî ca nu lavura na
uò dui: chi lavora ha una camicia e chi non lavora ne ha
due, prov.; lavura, lavura... teî magni pan
e savula: lavora, lavora e mangi pane e cipolla, prov.; a
cheî nu lavura el diavo ga leîca la man: a chi non lavora
il diavolo gli lecca la mano, prov.; cheî
lavura canpa ben, cheî nu lavura canpa maio: chi lavora campa
bene, e chi non lavora campa meglio, prov.; fà
e disfà, zì doûto oûn lavurà: a
far e disfare è tutto un lavorare, cioè un lavorare due volte,
prov.; el lavura doûto el santo giuorno cume
oûn mato, par fà soûn pioûn buori: lavora
tutto il giorno indefessamente per far più soldi; nu
stà zì dreîo da lavurà e dame bado par oûn
può ch'iè oûna ruoba sieria da deîte:
non seguitare a lavorare e stammi ad ascoltare per un attimo che ho una
cosa seria da dirti; Modi di dire: lavurà
a fògo: termine del fabbro che sta ad indicare l'operazione
della fucinatura, cioè lavorare il metallo dopo averlo ben arroventato;
lavurà a fièri: fare la calza, lavorarea maglia
la lana con gli appositi ferri; lavurà da schèna: lavorar
duro, di buzzo buono; lavurà drènto:
lavorare al chiuso; Etim.: dal lat. Laborare da Labor = fatica, pena;
...........
lèco s.m. - laico, ma più esattamente per i rovignesi
era colui che viveva in convento con i frati pur non avendo dato gli ordini
ed il cui compito era quello di assistere i frati nei lavori manuali;
lèco s.m. - eco, con concrezione dell'articolo;
Lèco - s.n. delle famiglie Benussi, Ive e Tromba;
leîba s.f. - tordo, pesce dell'ordine dei Perciformi della
famiglia dei Labridi, Labrus turdus. Ha il corpo allungato e fusiforme
con la bocca carnosa. Il manto di tale pesce può variare notevolmente,
dal rosso mattone, al giallo, al verde più o meno intenso. Mediamente
è lungo 20 cm, ma può toccare eccezionalmente anche i 45
cm. Le carni sono commestibili ma non particolarmente pregiate.
leîbaro agg. - libero; dieso i son
leîbaro da fà cume ca ma par: ora son libero di far
come mi pare; leîbaro cor, leîbara rigeîna:
libero cuore, libera regina, prov.;
leîbaro s.m. - libero, nel gioco del calcio il difensore
libero da marcature nel gioco ad uomo.
leîbro s.m. - libro; el leîbro
sa lasa screîvi: il libro si lascia scrivere; vardate
da quil d'oûn sul leîbro: guardati da quello di un solo
libro, cioè che vede tutte le cose in un solo modo e cioè
il suo, prov.; Modi di dire: leîbro
da mìsa: messale; leîbro
da litoûra: sussidiario; leîbro
da bùrdo: libro di bordo; mèti
li lànte in leîbro: socchiudere le ante; Etim.:
dal lat. Liber-libris;
Leîca - s.n. della famiglia Pascucci;
leîca-coûl s.m. - leccaculo, adulatore;
leîca-frànze s.m. - vale leîca muòne;
Leîca frànze - s.n. della famiglia Pascucci;
Leîca moûlizi - s.n. della famiglia Benussi;
leîca-muòne s.m. - donnaiolo;
leîca-peîe s.m. - leccapiedi, parassita;
leîca-piàti s.m. - leccapiatti, parassita, scroccone;
leîco s.m. - leccatura, cesellatura; ti
vadariè ca manco i leîchi dai frati nu rivaruò li nuote
da sfalsito ch'i ga fariè fà: vedrai che neanche le
cesellature dei frati arriveranno alle note in falsetto che gli farò
fare;
..........
leîpo s.m. - nome generico dei labridi, itt.;
leîquido s.m. - anticrittogamico, soluzione di solfato
di rame usato dai contadini per combattere la peronospera, malattia che
attaccano la vite; a ga vol dà el leîquido
a li veîdi: occorre irrorare le viti con l'anticrittogamico;
leîquido agg. - liquido; ti siè
ca nu ma piaz la maniestra masa leîquida: lo sai che non mi
piace la minestra brodosa;
leîra s.f. 1. lira, moneta italiana e veneta. Soldo,
denaro in generale. Notizie storiche: al tempo di Venezia erano
correnti sia le "Lire Grosse" che le "Lire Venete" dette
anche "Lire dei Piccoli", che erano la principale moneta in uso
in quel periodo, il cui rapporto proporzionale con il ducato d'oro, andò
con gli anni sempre più scemando. Se 1 lira veneta corrispondeva
nel '600 a lire italiane oro 1,20; nel 1640 era scesa ad un rapporto di
0,80, ridotto a 0,75 nel 1680, e nel 1740 era arrivata addirittura a 0,55.
Per un calcolo in assoluto ci si può rifare al valore intrinseco
dell'oro facendo un rapporto con il valore odierno sarebbe circa 18.955
lire attuali, oggi 26/7/96, anche se naturalmente il costo della vita e
le esigenze erano nettamente diverse da quelle odierne. La lira veneta
era suddivisa in 20 soldi; biato teîo ca ti
ciapi la paga in leîre, ca cui deînari nu ti ciughi oûn
caspe: beato te che prendi la paga in lire, che con i dinari non
compri nulla; i nu iè oûna leîra:
non ho un soldo; 2. libbra. Nel periodo veneto una libbra corripondeva
a 333 grammi, successivamente venne divisa in leîra gruòsa
pari a hg. 477 e leîra suteîl, pari a hg 301, la prima
formata da dodici ònse, la seconda da dodici onseîte;
Etim.: dal lat. Libra, unità di peso;
leîra s.f. - lira, strumento musicale; Etim.: dal lat.
Lyra;
leîsa s.f. - lisciatoio, ernese che serve per levigare
usato dai calzolai;
leîsa s.f. - con questo nome si indicano 2 diversi pesci
appartenenti all'ordine dei Perciformi ed alla famiglia dei Carangidae:
1. Lichia amia. Ha il corpo di forma ovale. La pinna dorsale, è
preceduta da una piccola spina rivolta in avanti e seguita da 7 corte spine
collegate da una membrana interradiale. La seconda pinna dorsale è
speculare con quella l'anale. La coda è forcuta. Il manto è
verde-argenteo sul dorso e bianco argenteo sul fianco e sul ventre. Può
toccare i due metri di lunghezza e pesare oltre 50 Kg. Vive in branchi
in acque profonde ed assai raramente si avvicina alla riva. Le sue carni
sono ottime; 2. leccia stella, Trachinotus glaucus. Simile alla
leccia comune, si distingue per le dimensioni più ridotte, non oltrepassa
i 45 cm. Il manto è grigio-azzurastro sul dorso, argenteo sui fianchi
e biancastro sul ventre. Le carni sono ottime. Nei nostri mari è
meno frequente della consorella più grande;
leîsia s.f. - bucato; la lavatreîce
na uò fato sparagnà tanta da quila fadeîga... ti vuoi
meti oûna vuolta cu la stagnada, la sienara el bugadur, la sagonda
man cu la savunada e cume oûltimo la razantada cul parleîn,
e sa gira drapi da culur sa zeîva razantali in mareîna, ugni
leîsia gira oûna s'ciupada in cuorpo, adieso al cunfrunto a
zì oûn zogo...: la lavatrice c'ha fatto risparmiare
tanta di quella fatica... vuoi mettere una volta con le mastelle, la cenere
il colino, la seconda mano con la saponata e per ultimo il risciacquo con
le palline blù di perborato, e se si trattava di panni di colore
si andava in marina, ogni bucato era una vera sfaticata, adesso al confronto
è un gioco...; Etim.: da il lat. Lixiva, da cui anche l'it. lisciva;
leîsina s.f. - corda ordinaria; Etim.: dal tardo lat.
Licium;
leîso agg. - liscio, levigato; el
uò li ganase leîse: ha le guance lisce;
l'afar zì zeî leîso cume l'uoio: l'affare è
andato liscio come l'olio; Etim.: dal lat. Lixare = levigare;
leîso s.m. - carta da gioco che non prende, scartina,
in particolare nel gioco della briscola; cume ti
vuoi veînsi cu doûti leîsi in man?: come vuoi
vincere con tutte scartine in mano?;
leîspio s.m. - sporco, sporcizia, untume; i
zuvani d'ancui? Barbe longhe, cavì ca ga magna el leîspio
del cuolo, ticara in spala e vuoia da lavurà saltame duoso:
i giovani d'oggi? barbe lunghe, capelli che cadono sulla sporcizia del
collo, chitarra in spalla e voglia di lavorare saltami addosso; Etim.:
da Lispo, sudiciume, probabilmente incrociato col lat. Hispidum;
leîspio agg. - stantio;
Leîspis - s.n. della famiglia Devescovi;
..........
lemènto s.m. - lamento;
Lemìn - s.n. della famiglia Vendrame;
lènbo s.m. - lembo;
lèngua s.f. 1. lingua, l'organo del gusto e della
favella; a nu biegna meti lengua là ca nu
tuca: non bisogna metter lingua là dove non bisogna, prov.;
la lengua bato anduve ca el dento diol: la lingua batte dove il
dente duole, prov.; li cateîve lengue li taia
a l'uorba, piezo de li fuorfe de i sarturi: le malelingue tagliano
alla ceca peggio delle forbici dei sarti, prov.;
la lengua nu uò uoso, ma la ronpi el duoso: la lingua non
ha osso, ma rompe il dorso, prov.; lengua gioûtame,
sa no i ta tàio: lingua aiutami, sennò ti taglio,
prov.; la lengua, stà ben intui denti:
la lingua sta bene tra i denti, prov.; la lengua
bastona el coûlo: la lingua bastona il culo, cioè da
contro se stessa, prov.; la lengua de li duone uò
siete tai: la lingua delle donne ha sette tagli, ovvero è
come una spada a sette tagli, prov.; 2. lingua, parlata, linguaggio;
i nu iè capeî gnanca che lengua i faviela, par meî pudaravo
iesi anca toûrco: non ho capito neanche che lingua parla,
per me potrebbe essere anche turco. Modi di dire: lèngua
lònga: lunga, linguacciuto, chiacchierone; lèngua
da biè-biè: lingua incomprensibile; Etim.: da
il lat. Lingua;
Lèngue - s.n. della famiglia Moschetti;
lènsa s.f. - lenza, usato soltanto nel senzo di furbone,
dal modo di dire italiano: che lenza!;
............
lènto s.f.pl.inv. 1. lenticchia, Lena osculenta;
lento, ti na magni oûna, ti na caghi sento:
lenticchie, ne mangi una e ne fai cento, prov.; iesi
uoio par quila lento: essere l'olio adatto per quella lenticchia,
prov.; sta sira par sena i ma fago lento e reîzi:
questa sera per cena mi preparo una minestra di lenticchie e risi; 2.
neo, lentiggini; Etim.: dal lat. Lens-lentis;
lènto s.f. - lente, strumento per ingrandire o rimpicciolire
le cose; a nu ma curo la lento par liezi cume teî
ca ti son uorbo: non mi serve la lente per leggere come te che sei
orbo; Etim.: dal lat. Lentem;
lènto agg. - lento; ti son masa
lenta: sei troppo lenta; cheî zì
lento da magnà, zì lento anca da laurà: chi
è lento nel mangiare, lo è anche nel lavorare, prov. identico
al più conciso: lento da laurà, lento
da magnà;
Lènto - s.n. della famiglia Malusà;
lentìsa s.f. - lentezza;
Leonardis - famiglia presente a Rovigno sin dal 1380, faceva
parte del Corpo dei Cittadini o Nobili di Rovigno, si estinse nel 1749;
Lèpre - s.n. della famiglia Budicin;
lèprio s.m. - lepre;
lèro s.m. - sonnolenza;
lèto agg. - eletto;
letùre s.m. - elettore; a ga vol
veîdi puoi i leturi cume ch'i la pansaruò: bisognerà
poi vedere come la penseranno gli elettori;
letrìco agg. - elettrico; culur
virdo letrico: color verde elettrico;
lèvaro s.m. - lepre; el curiva
cume oûn levaro spazamà: correva come una lepre spaventata,
cioè velocissimo; Etim.: con metaplasma dal lat. Leporem;
lèvro s.m. - lepre;
.............
libarà v.tr. (i libarìo) - liberare; i
ta libaremo sa ti na conti doûta la stuoria: ti liberiamo
se ci racconti tutta la storia; par meî el
vintiseînque nu zì la festa de la Libarasion ma al pioûn
quila da san Marco, parchide a nui i nu 'nda uò libarà nisoûn...
ansi!!: per me il venticinque (d'aprile) non è la festa della
Liberazione ma al piuù quella di san Marco, perchè a noi
n on ci ha liberato nessuno...anzi!!
libaradùr s.m. - liberatore;
libaràl agg. - liberale, prodigo;
libaràl s.m. - seguace delle teorie liberali o del partito
liberale italiano (PLI);
libaramènto s.m. - liberazione;
libaramènto avv. - liberamente;
libarasiòn s.f. 1. liberazione, sollievo; ca
libarasion nu vì pioûn da fà cun gila: che sollievo
non aver più nulla a che fare con lei; 2. liberazione da
uno stato di sudditanza, schiavitù, servaggio ecc ecc. La Libarasiòn
per antonomasia è stata quella ad opere delle truppe italiane della
I° G.M. che dopo più di cento anni liberava la nostra terra
dal dominio austriaco. Gia il 1° novembre 1918, in seguito alle notizie
prontamente diffuse della sconfitta dell'Austria, la città è
in festa e dappertutto spuntano vessili tricolari e si intonano canti patriottici.
Il 2 novembre viene nominato un Comitato cittadino composto da 24 persone
di ogni ceto, il cui presidente è Antonio Spongia. Mentre il 4 novembre
alle ore 15,30 compare il cacciatorpedinere Ardito della marina italiana
che, atteso con ansia, viene festeggiato da tutta la popolazione rovignese.
Per quanto riguarda invece la festa italiana della Liberazione del 25 aprile,
da noi, visto che non è mai avvenuta, non viene festeggiata, semmai
si festeggia San Marco, lui almeno non ci ha mai tradito; su
pare e su frà Ciano in tenpo da guiera zuta i tudischi, sconti int'el
caro, zuta el lidan e altro, squazi uogni giuorno i purtiva ruoba ai partizani
in in busco. Ma nu uò pasà dui giuorni duopo de la liberasion
del '45 ca, veîsto li bandere ca zvintuliva, i nu uò vulisto
pioûn a savigane da luri e sa na zì zeîdi veîa:
suo padre e suo fratello Ciano, in tempo di guerra, quando c'erano i tedeschi,
nascosti nel carro, sotto il letamo e altro, quasi ogni giorno portavano
rifornimenti ai partigiani in bosco. Ma non sono passati due giorni dopo
la liberazione del 1945, visto le bandiere che sventolavano, non hanno
voluto più saperne di loro e se ne sono andati via;
libaràse v. rifl. (i ma libarìo) - liberarsi;
libartà s.f. 1. libertà, i
nu vemo gnanca la libartà da favalà: non abbiamo neanche
la libertà di parlare; a gira da sielgi tra
davantà cumuneîsti e cruati o da rastà taliani, nui
anca cul dulur da cor i vemo sielto la libartà e i vemo lasà
doûto par vigneî in Italia: si trattava di scegliere
tra diventare comunisti e croati o di restare italiani, noi anche se con
il cuore pesante abbiamo scelto la libertà ed abbiamo lasciato tutto
per venire in Italia 2. agio; mative poûr
in libartà: mettetevi pure a vostro agio; Etim.: dal lat.
Libertas-libertatis;
.............
libulièl s.m. (pl. -èi) 1. piccola madia;
2. sorta di vaglio di legno senza buchi, quadrilungo, in cui si
mette il grano e simili per mondarlo. Usato anche dai contadini per caricare
terra od altro materiale sui carri. In questo caso viene detto anche
conca;
libulièlu s.m. - vedi libulièl;
licà v.tr. (i leîco) - leccare, anche nei
suoi significati figurati; a gira cuseî bon
da licà el piato: era talmente buono da leccare il piato;
el leîca doûto i capucioni: alliscia, lecca tutti i
capi; ti duvaravi licà anduve ca la cameîna:
dovresti leccare dove cammina. Modo di dire: licà
el coûl: arruffianarsi; Etim.: prob. dal germ. Lekkon,
ted. Lecken = leccare;
licada s.f. - leccata;
licadeîn s.m. e agg. - leccatino, persona eccesivamente
ricercato, affettato;
licadeîna s.f. 1. leccatina; 2. (fig) ritoccco;
la pitoûra la duvaravo bastà, ma manca
nama qualca licadeîna: la pittura dovrebbe bastare, mi manca
soltanto qualche ritocco;
licadìso agg. 1. leccaticcio, appiccicoso; 2.
ricercato nel vestire o nel parlare;
licapeîe s.m. - leccapiedi;
licapuò s.m. (pl. -uòdi) - tordo, pesce appartenente
alla famiglia dei labridi, ma di non sicura identificazione;
licàse v.rifl. (i ma leîco) - leccarsi,
umettarsi le labbra con la lingua. Modo di dire: licàse
i bàfi: a. leccarsi i baffi, pregustare, farci
la bocca; a gira tante da quii guluzisi, doûta
ruoba bona da licase i bafi: c'erano tante di quelle leccornie,
tutte cose buone da leccarsi i baffi; b. scordarselo, non farci
affidamento; teî ta puoi licate i bafi da ingubiate
cun ma feîa, ca gila nu la zì par un daspiantà cume
teîo: puoi scordarti di fidanzarti con mia figlia, che lei
non è per uno spiantato senza arte nè parte come te;
licaseîn s.m. 1. lecchino, adulatore, piaggiatore,
persona falsa; dieso, a sa na vido da cote e da croûde
in stu mondo da licaseîni: adesso se ne vedono di cotte e
di crude in questo mondo di lecchini; 2. persona dai gusti difficili
nel mangiare, schizzinosa; a quil licaseîn
a nu ga và mai ben gnìnte: a quello schizzinoso non
va mai bene nulla; nu biegna iesi licaseîni:
non bisogna esser schizzinosi, prov.;
licènsa s.f. - licenza; cu i reîvo
in licensa fame truvà oûn pier da astizi: quando arrivo
in licenza fammi trovare un paio di astici;
lichèti s.m.pl.inv. - persona schizzinosa nel mangiare,
quasi che invece di mangiare lecchi, quindi sta ad indicare anche chi mangia
poco come un uccellino; nu fà el licheti faghe
unur ala coga: non fare quello che mangia poco, fai onore alla cuoca;
licòr s.m. - liquore;
licoreîn s.m. - liquorino, bicchierino di grappa, cognac
od altro super alcolico;
licòtero s.m. - elicottero;
licuòtaro s.m. - elicottere;
lidamier s.m. - letamaio;
lidàn s.m. - letame. lidan fà
pan e nuò la mieîa santa man: il letame fa pane e non
la mia santa mano. Questo tipico proverbio rovignese pare sia nato dalla
risposta di un frate alla seguente richiesta di un contadino: Padre,
inbinideî el mieîo gran, parciò che el criso;
Etim.: dal lat. Laetus = fertile, da cui Laetamen = fertilizzante;
lidicatìse s.f. pl. inv. - delicatessen, leccornie;
lièba s.f. - piastra di sughero;
lièca s.f. - melma del fondale marino;
lièca s.f. - sbornia, ubriacatura;
...............
lièdo agg. - insipido, senza sapore; la
maniestra zì lieda... nu t'iè mìso el sal?:
la minestra è insipida... hai messo il sale?;
lièga s.f. 1. lega, comunella; ameîsi
cun doûti e liega cun nisoûn: amici con tutti e lega,
comunella, con nessuno; 2. lega metallica;
liège s.f. 1. legge; cheî
cumanda fà liege: chi comanda fa le leggi, prov.; fata
la liegie, stugiato l'ingano: fatta la legge, studiato l'inganno,
prov.; fata la liege, truvato l'ingano: fatta
la legge, trovato l'inganno, prov. opp.: la liege
del ri da Sardigna: cheî l'uò in coûl ca sa lu tiegna:
la legge del Re di Sardegna: chi c'e l'ha in culo se lo tenga, prov.; l'oûzo
fà la liege: l'uso determina la legge, prov.; 2. legge,
diritto; el uò studià liege a Paduva:
ha studiato diritto all'Università di Padova;
Lièlo - s.n. della famiglia Tromba;
lièlma s.f. - melma, fango pantanoso;
lièma s.f. 1. piagnucolio, frignare piagnucoloso;
nu stà fà la liema: non frignare,
non piagnucolare; 2. lagna, litania, cosa noiosa, uggiosa; chi
ti vuoi frà ca nu seîo narvuz... doûto el santo giorno
cu sta liema: cosa cuoi che non sia nervoso... tutto il santo giorno
con questa lagna; 3. lamentela, geremia; i
nu vuoi sinteî li tuove suolite lieme: non voglio sentire
le tuo solite lamentele;
lièpa s.f. - tordo nero, pesce appartenente all'ordine
dei Perciformi, Labrus merula. Facilmente riconoscibile per la sua inconfondibile
livrea scura brunastra che dopo la morte diventa ancor più tendente
al nero. Anche se allo stadio giovanile tende al verdastro. Le carni sono
commestibili ma non particolarmente pregiate;
Lièpa - s.n. della famiglia Millich;
Lièpa tàci - s.n. della famiglia Malusà;
lièpa zàla s.f. - nome dato a probabilmente al
tordo dorato e al tordo di fondale, pescui appartenenti alla famiglia dei
labridi che più costantemente presentano una colorazione arancione-giallastra.
Ma potrebbe indicare anche altri appartenenti a tale famiglia data la notevole
mutevolezza di colore del loro manto. Comunque come tutti i labridi le
carni hanno scarso pregio.
lièpi la lièpi - così era chiamato un tipico
gioco dei bambini rovignesi, che si faceva prendendosi per mano ed incrociando
le braccia dicendo la seguente filastrocca,uno scioglilingua senza senso,
che faceva così:
Liepi, la liepi
Liepi, liepi toûs. Loûca, la loûca Loûca, loûca toûs |
lièpo s.m. 1. cispa, umore che si forma agli angoli
degli occhi; 2. persona che vede poco, orbo; Etim.: dal lat. Lippus,
cisposo;
lièpo s.m. - nome generico dei labridi;
lièpo feîgo s.m. - tordo ocellato, pesce appartenente
all'ordine dei Perciformi, Crenilabrus ocellatus. Come tutti i Labridi
ha corpo ovale, labbra carnose, presenta il manto abbastanza variato ma
tendente al verdastro. Altra sua caratteristica costante è la presenza
di due macchie, una sull'angolo superiore dell'opercolo e l'altra a ridosso
della coda. Solitamente non supera i 13 cm. Le carni sono commestibili
ma di scarso pregio;
lièpo parpagà s.m. - tordo pavone, Crenilabrus
tinca, è simile agli altri labridi ma si distingue per la bellezza
e la varietà dei colori del suo manto, che gli sono valsi il nome
rovignese, parpagà-pappagallo, e quello in italiano di pavone. Le
sue carni al solito sono di scarso pregio.
lièpo peînco s.m. - tordo fischietto, Labrus bimaculatus.
Ha forma più allungata degli altri labridi. Si caratterizza per
due diverse livree: quella primaria tende al rosso acceso e la coda orlata
d'azzurro. Quella secondaria presenta il dorso bruno-olivastro con fasce
di colore violaceo od azzurro. Il ventre è roseo-giallastro. Il
capo marrone. La pinna dorsale è color arancio a volte orlata d'azzurro.
I maschi possono superare i 30 cm. Le sue carni sono mediocre.
lièro lièro s.m. - allegria, euforia; Etim.: da
una riduzione del nesso 'gr' come in ràpo per grappolo
............
ligàn s.m. 1. legame; 2. lunga corda usata
per legare sul carro sia il fieno che i covoni; Etim.: dal lat. Ligamen;
ligànbo s.m. - fettuccia, nastro che fermava la calza
al gambale, una sorta di reggicalze ante-litteram;
ligànsa s.f. - eleganza; ca ligansa!
ula ti vaghi cuseî in fistibus?: che eleganza! dove te vei
così tutto vestito a festa?;
ligànte agg. - vedi ligànto;
ligànto agg. - elegante; - El sa vesto senpro sai liganto:
si veste sempre molto elegante;
ligantòn s.m. - elegantone, gagà;
ligàse v.rifl. (i ma leîgo) - legarsi, vincolarsi;
ligàso s.m. - legaccio, impedimento, vincolo; a
nu ma piaz vì ligasi: non mi piace aver vincoli;
ligeîtima s.f. - la parte testamentaria che per legge
spetta agli eredi più diretti: coniuge, figli ecc.; Etim.: lat.
(Pars) Legitima;
ligeîtimo agg. - legittimo, consentito; nun
suolo zì liecito, ma zì anca ligeîtimo: non
soltanto è lecito, ma è anche legittimo;
a ma par oûn dazadierio
ligeîtimo, ma meî i nu puoi fà
gnìnte: mi sembra un desiderio legittimo, ma io non posso
far nulla; meî i son la ligeîtima cunsuorte;
io sono la legittima consorte; el banco uò
fato siete e miezo ligeîtimo rial: il banco ha fatto sette
e mezzo legittimo e reale, cioè il sette di denari con una figura;
el nu zì ligeîtimo, el zì nato
in poûf: non è un figlio legittimo, è nato al
di fuori del matrimonio; Etim.: dal lat. Legitimus, da Lex-legis;
ligèra s.f. 1. compagnia, gruppo di persone che
vivono di espedienti, che non hanno cioè un lavoro fisso e si arrangiano
elemosinando, rubacchiando ecc; 2. miseria, indigenza; 3. sventatezza,
leggerezza;
ligiareîsta s.m. - membro di una ligèra;
ligiarìsa s.f. 1. leggerezza; la
balava cun ligiarìsa: ballava con leggerezza; 2. (fig)
sventatezza, faciloneria, leggerezza; el ciapa doûto
cun ligiarìsa: prende tutto con leggerezza; 3. (fig)
errore commesso per sventatezza; la uò fato
oûna ligiarìsa, ma la zì oûna brava zuvana:
ha commesso una leggerezza, ma è una brava ragazza;
ligiaruòto s.m. - membro di una ligèra;
ligitimà v.tr. (i ligitimìo) - legittimare;
duopo tanti ani i uò ligitimà la loro
union: dopo tanti anni hanno legittimato la loro unione; i
vularavo ligitimà la druoga: vorrebero legittimare l'uso
della droga;
ligitimasiòn s.f. - legittimazione;
ligizladoûra s.f. - legislatura, calco it.;
ligizladur s.m. - legislatore, calco it.;
ligizlasiòn s.f. - legislazione, calco it.;
lìgna s.f. - legna, legname; ligna
da ardi: legname da ardere;
lignàda s.f. - legnata, bastonate;
el uò ciapà oûn fraco da lignade: ha presso
una sacco di legnate; li lignade a nu ga piaz gnanche
a li bies'cie: le bastonate non piacciono neanche alle bestie, prov.;
lignàmo s.m. - legname;
lìgne s.f. pl. inv. - legna da ardere;
li ligne par l'invierno: la legna per l'inverno;
Lìgne siche - s.n. della famiglia Sponza;
lignèra s.f. - legnaia; Etim.: dal lat. Ligniaria;
lignìto s.m. - legnetto, bastoncino; oûn
lignìto da soûcaro niro: un bastoncino di lignirizia;
lìgno s.m. 1. legno; oûna
vuolta sa fiva doûto cul ligno, dieso a zì squazi doûto
da plasteîga: una volta si faceva tutto col il legnoro, ora
quasi tutto con la plastica; oûn curtiel cul
manago da ligno: un coltello col manico di legno;
lìgno vardapìto: pezzo di legno posto a riparare il
torace quando si usa il trapano; Modi di dire: lìgno
doûro: persona sana e vigorosa;
lìgno vìrdo: giovine in tenera età;
2. imbarcazione; Etim.: dal lat.
Lignum = legna da ardere, da Legere = raccogliere, cioè (legna)
raccolta;
............
limentàre agg. - elementare, semplice; i
iè fato nama ca li scole limentari: ho fatto soltanto le
scuole elementari; anca loû duvaravo iesi bon
da falo, a zì oûna ruoba limentare; anche lui dovrebbe
essere in grado di farlo, è una cosa semplice, elementare;
limentari s.m.pl.inv. - negozio di alimentari;
limentàse v.rifl. (i ma limènto) - lamentarsi,
lagnarsi. Più comunemente si usa lamentàse:
Nu ma limento sulo da Cupeîdo
Ma de quil falso traditur de Amure Ma limento de 'l sil che 'l lu ten veîvo... |
Non mi lamento soltanto di Cupido
Ma di quel falso traditore d'Amore Mi lamento del cielo che lo tiene in vita... |
limènto s.m. - lamento;
limènto s.m. - alimento;
limièr s.m. - terreno fertile; Etim.: dal lat. Limus,
gr. Leimin = prateria umida, stessa radice di limo;
limièra s.f. - vedi limièr;
limigà v.intr. e tr. (i limighìo) 1.
piovigginare, gocciare; nu dazmantagà l'unbriala ca scumeînsia
a limigà: non dimenticare l'ombrello che incomincia a piovviginare;
2. incominciare a bollire; a limighià,
ancura oûn può a sa pol butà la pasta: incomincia
a bollire, ancora un pò e si può buttare la pasta; Etim.:
dal lat. *Limicare;
limighièr s.m. 1. mota, fanghiglia, guazza; 2.
pioggerella fitta che provoca la fanghiglia;
liminà v.tr. (i liminìo) - eliminare; quil
sensa Deîo liminaravo doûti i prieti e li muonaghe:
quell'ateo eliminerebbe tutti i preti e tutte le suore;
.........
Lìmo (Canàl da) top. - Leme, canal di;
lìmo s.m. - vedi leîmo;
limòn s.m. - limone; naransi e
limoni, scurìze da s'ciavoni: le arance ed i limoni, sono
scuregge degli slavi, detto prov.;
Limòna - s.n. della famiglia Pancrazzi;
limoûz agg. - vedi limùz;
Limoûz - s.n. della famiglia Sponza;
limunàda s.f. - limonata, spremuta di limoni, bevanda
al gusto di limone;
limunèr s.m. - albero di limone;
limùz agg. 1. limoso, sporco; 2. epiteto
off.; nu daghe bado a quila limuza: non dar
retta a quella sporcacciona;
limùz s.m. - cefalo, itt.; Etim.: per l'abbondante sostanza
oleosa che tale pesce presenta tra le squame.
limùzana s.f. - elemosina, carità; a
nu sa pol veîvi da limuzane: non si può vivere di elemosine;
Etim.: dal lat. eccl. Eleemosynam, e questi dal gr. Eleemosyne da Eleos
= pietà;
limuzinièr s.m. e agg. - elemosiniere, frate che chiede
l'elemosina per il proprio convento;
linbàstro s.m. e agg. - vedi lanbàstro;
linbeîco s.m. - alambicco;
linbièlo s.m. - incastro, connettitura; Etim.: dal. dim.
del lat. Limbus;
linbùro s.m. - salamoia; Etim.: forma concresciuta, da
inboûro;
linfartànto avv. - intanto, nel frattempo, nel mentre;
linfratànto avv. - intanto, nel frattempo, nel mentre;
lingiuòstruo s.m. - inchiostro, forma concresciuta;
lingrasiamènto s.m. - ringraziamento;
lingràso loc. avv. - all'ingrasso;
linguàgio s.m. - linguaggio;
linguàsa s.f. 1. linguaccia; 2. maldicente,
pettegolo; la zì oûna linguasa da sento
sierve: è una pettegola peggio di cento serve;
linguasòn s.m. e agg. - linguaccione, pettegolo;
linguàzo s.m. - linguaggio;
linguènto s.m. - unguento. Forma con concrezione dell'articolo;
linguièla s.f. 1. linguetta, linguetta delle scarpe;
2. parte del carro;
linguìta s.f. 1. vedi linguièla;
2. pettegolo, adulatore;
liniamènti s.m. pl. - lineamenti, fisionomia, tratti
del volto;
liniamènto s.m. - allineamento;
.................
liofànte s.m. - elefante, vedi lionfànte;
liòn s.m. 1. leone, il così detto re della
foresta, assurto quale simbolo di coraggio e di forza; el
uò oûn curaio da lion: ha un coraggio da leone; la
sira lioni, la miteîna cuioni: la sera leoni, la mattina coglioni,
cioè alla sera piena di vita ed alla mattina morti di sonno, rimbambiti,
prov.; cun quila cavaiada ti ma pari oûn lion
del busco: con quella massa si capelli mi sembri un leone della
foresta; i s'uò batoû cume lioni:
si sono battuti come dei leoni; 2. leone, segno zodiacale; Etim.:
dal lat. leo-leonis;
Lion da S. Marco s.m. - Leone di San Marco, il leone alato simbolo
dell'evangelista e poi della Serenissima. In quanto simbolo di Venezia
fu fortemente amato od odiato a seconda del rapporto instaurato dalla Dominante
con le popolazioni locali. Testimonianza dell'affetto di Rovigno per questo
simbolo che la collegava a Venezia sono i 4 Leoni attualmente presenti
nella città istriana: 1. Sulla Porta della Pescheria Vecchia
più comunemente conosciuta come Arco Balbi, essendo stata eretta
nel 1680 sotto il Podesta Daniele Balbi, vi è forse il Leone più
famoso, in pietra d'Istria (cm. 100x160 c.), opera di fine XV secolo. E'
raffigurato andante, con le zampe su onde e rocce, recante sul libro aperto
la scritta: VICTORIA TIBI MARCE EVANGELISTA MEVS. Altra sua precipua
caratteristica iconografica è la rappresentazione sia dei testicoli
che del pene della regale fiera. 2. il secondo, in moleca, è
posto sul palazzo Pretorio, ora sede del Comune. Opera della metà
del XV secolo in pietra d'Istria (cm. 60x60 c.), recante sul libro aperto
la più consueta scritta in caratteri gotici: PAX TIBI MARCE EVANGELISTA
MEUS. L'opera ben conservata proveniva dal Monte di Pietà che
era sito in Piàsa Granda; 3. il terzo è posto sulla
Torre dell'Orologio. Opera in pietra d'istria della seconda metà
del XV secolo (cm. 100x170 c.). Si tratta di un leone marciano rappresentato
andante verso sinistra, reggente il libro aperto su cui era incisa la seguente
scritta ora non più leggibile: ALLIGER ECCE LEO TERRAS MARE SIDERA
CARPO. Il leone precedentemente era posto sulla Porta del Ponte, edificata
nel 1563 e demolita nel 1843. Fu a lungo conservato in un deposito comunale,
venne posto sulla sua attuale ubicazione nel 1907. 4. Un piccolo
leone marciano coricato fa bella mostra di sè, dal 1990 circa, in
un tondo di fine XIX od inizio XX secolo, su di una vecchia casa recentemente
restaurata, al n.ro 31 dell'attuale Via Svalba, la storica Drio-Castiel.
Altri leoni nel corso dei secoli andarono distrutti o trovarono un'altra
ubicazione, come quello che era posto sul muro della Loggia della Sanità,
da cui venne tolto nel 1825. L'opera però venne salvata (o trafugata)
dall'imprenditore addetto alla demolizione, un certo Bernardo Molveg (?),
che la inviò a Trieste con lettera accompagnatoria datata 5 aprile
1854 al suo amico Andrea Battistello (recte Battistella?) tramite una imbarcazione
del rovignese Antonio Sbisà (notizie tratte dai Civici Musei di
Storia e Arte di Trieste). Attualmente si trova sul portico d'ingresso
(a destra) del Castello di S. Giusto di Trieste: leone marciano andante
risalente alla fine del XVI- inizi XVII secolo, in pietra d'Istria (cm.
39x80 c.). Invece del solito libro il leone regge in un ovale lo stemma
dei Boldù, che diedero due podesta a Rovigno: Marino 1586-1589;
e Benedetto 1617. Abbiamo notizia di altri due leoni storici: uno si trovava
sulla facciata del Fondaco di Piazza S. Damiano di cui abbiamo un disegno
del 1854 opera del Natorre. Pare sia andato perduto nel 1841 dopo il restauro
dell'edidificio. L'altro si trovava sull'Isola di Sant'Andrea nel chiostro
dell'antica abbazia benedettina. Venne abbattuto nel 1948-49 quando l'edificio
divenne sede della Casa di riposo del Comitato Centrale dei Sindacati di
Jugoslavia. E' l'unico leone, quindi, la cui scomparsa può farsi
risalire al periodo jugo-comunista. Alcuni resti del leone vennero ritrovati
negli anni '70 dopo una mareggiata. Di tali resti esiste soltanto una rappresentazione
fotografica presso il Museo Archeologico di Pola, poichè vennero
vandalicamente impiegati come materiale edilizio di riporto.
Liòna - s.n. della famiglia Devescovi;
lionfànte s.m. - elefante; Etim.: dall'incrocio di lion
= leone ed elefante, poichè una volta si riteneva che questo animale,
vista la mole, fosse feroce come un leone;
Lipanni - nel censimento del 1° ottobre '45 erano presenti
due famiglie;
Lippian - Matteo da Barbana, 1819;
lipìto s.m. - piccola marincola, itt.;
liquareîsia s.f. - liquirizia; Etim.: dal lat. Liquiritia,
a sua volta dal gr. Glykyrriza;
liqueîrisia s.f. - liquirizia;
liquidà v.tr. (i liquidìo) 1. definire,
risolvere una volta per tutte; in du paruole el uò
liquidà la quistion: con due parole ha risolto la questione;
2. liquidare, far fuori, eliminare, ammazzare, uccidere; i
nu siè quanti nimeîghi el uò liquida: non so
quanti nemici ha ucciso; 3. ricevere o corrispondere una somma a
totale remissione del debito; 4. (agr.) irrorare la vite con la
poltiglia bordolese, con l'anticrittogamico in genere, più usualmente
si dice dà el leîquido;
Liquidada - s.n. della famiglia Dapas;
liquidi s.m. pl. inv. - soldi contanti;
liquireîsia s.f. - liquirizia;
liquor s.m. - liquore;
lirigion s.f. - religione;
liruòio s.m. - orologio. i iè
ancura el liruoio da uoro de la preîma cumunion: ho ancora
l'orologio d'oro della prima comiunione. Vedi anche questo indovinello
la cui risposta è el liruòio:
Ganbe i nu iè,
Caminà i nu siè. Man i nu ga na iè, Ma ogni ura I bato e i batariè. |
Gambe non ho,
Camminare non so. Mani non ho, Ma ogni ora Batto e batterò. |
In oûn atimo da lisier In vui i ma iè veîsto. |
In un attimo di bonaccia In voi mi sono specchiato. |
lisièra s.f. - lisciatoio, vano dove si faceva il bucato,
lavatoio. Ora quasi completamente scomparso dalle case, soppiantato dalla
lavatrice, od eventualmente dalle vasche da bagno che vengono usate per
lavare a Mano con la tavola da lavare;
..........
liston s.m. 1. listone, accr. di lista; 2. (fig)
la passeggiata nei giorni di festa in Carera o lungo le Rive, cioè
lo struscio tipico di tutte le piccole città; Etim.: il secondo
significato oltre ad un etimo evidente, il lungo serpentone di gente che
passeggia per vedere e farsi vedere può ricordare un lungo elenco
di nomi, può risalire a Liston de Piazza, termine con cui secondo
il Boerio a Venezia si indicava lo stradone attiguo alle Procuratie presso
la Piazza San Marco, ove vi era per l'appunto l'uso di fare lo struscio;
lìta s.f. - letta, lettura, scorsa veloce; i
ga iè dà oûna lìta, e ma uò bastà
par capeî ca ura ca suna: gli ho dato una letta, e mi è
bastato per capire che aria tira;
litanèe s.f. pl. inv. - vedi latagne o taneîe;
lìtara s.f. 1. lettera; i
ga iè screîto oûna litara par vizalo ca i reîvo
el pruosimo miz: gli ho scritto una lettera per avvisarlo che arrivo
il mese prossimo; 2. lettera, la singola conponente di una parola;
sie par longo... lago de la Mierica. A zì
da uoto litare: sei verticale... lago dell'America. è di
otto lettere;
litaradoûra s.f. - letteratura;
litarario agg. - letterario;
litare s.f. pl. - lettere, letteratura; el
stoûgia litare a Tristi: studia lettere a Trieste;
liteîgio s.m. - litigio, lite;
liteîsia s.f. - letizia;
Liteîsia n.pr.f. - Letizia;
litièra s.f. - lettiera;
litigà v.intr. (i litighìo) - litigare,
far baruffa; i zi cume can e gato, i nu fà
nama ca litigà: sono come cene e gatto non fanno altro che
liticare; meî i nu litighìo par gnìnte:
io non litigo se non ne ho motivo; Etim.: dal lat. Liticare, da Lis-litis;
litiganto s.m. - litigante, attaccabrighe, persona che litiga
spesso e volentieri; lagalo stà, el zì
oûn litiganto da preîma fuorsa: lascialo stare, è
un vero attaccabrighe; tra i du litiganti, el tierso
guodo: tra i due litiganti, il terzo gode;
litigon s.m. - attaccabrighe, persona che litiga spesso e volentieri;
litigiuz agg. - litigioso;
litor s.m. - lettore;
litoûra s.f. - lettura; i son capità
in oûna managa da gnuranti, meî i giro l'oûnico da litoûra:
sono capitata in una manica d'ignoranti, io ero l'unico a saper leggere;
ma piaz mondo la litoûra: mi piace molto
la lettura, il leggere;
lìtra s.f. - vedi lìtara;
Litraso - s.n. della famiglia Curto;
litriceîsta s.m. - elettricista;
litrònico agg. - elettronico; anca
li canpane dieso li zì litroniche: anche le campane adesso
sono elettroniche;
litroûs s.m. - dim. di leîtro; cheî
iè bivoû? nama oûn litroûs da veîn:
cosa ho bevuto? soltanto un litruzzo di vino;
lituorio agg. - littorio;
litureîn s.m. - leggìo;
litureîna s.f. - littorina, locomotrice elettrica. Etim.:
la parola risale al periodo fascista (1933) in cui con tale nome che si
rifaceva chiaramente ai fasci littori il regime del duce chiamo una dei
locomotori ferroviari allora più moderni;
liuncuòrno s.m. - liocorno, mitico animale dei bestiari
medioevali;
liunfànte s.m. - elefante;
liunfànto s.m. - elefante;
liunìsa s.f. - leonessa;
liunseîn s.m. - leoncino, piccolo del leone;
Liupoldo n.pr.m. - Leopoldo;
lìva s.f. 1. leva, militare; el
muriè el zì da liva stu ano, da sigoûro zaruò
in mareîna: il ragazzo quest'anno è di leva, sicuramente
finirà in marina; 2. mobilitazione; a
uò da la liva in masa: hanno dichiarato la mobilitazione
generale;
lìva s.f. - leva, strumento; a
zì chi deîz ca co oûna liva a sa pudaravo sulivà
el mondo: c'è chi dice che con una leva si potrebbe sollevare
il mondo;
livà v.tr. (i lìvo) 1. levare, alzare,
togliere; i ma lìvo tanto da capiel!:
mi levo tanto di cappello!; lìva sta man ca
ti ma faghi caldo: leva, togli questa mano che mi fai caldo; el
uò livà el fiero: ha alzato l'ancora; 2. lievitare;
stu tenpo faruò livà i priesi del pìso:
questo tempo farà lievitare i prezzi. Modo di dire: livà
el moûz: tenere il broncio; 3. prendere, rilevare;
cheî tuca, liva: chi tocca prende, prov.;
ti siè ca i iè da zeî a livà
el peîcio a la stasion: lo sai che devo andare a prendere
il piccolo alla stazione; ma racumando, vème
a lìva a li sie in ponto: mi raccomando vienimi a prendere
alle sei in punto; Etim.: dal lat. Levare;
livà s.m. 1. l'impasto del pane lasciato a lievitare;
ten el livà zùta oûna strasa,
ca nu ciapo aria: tieni le forme di pane sotto una straccia, che
non prendano aria; 2. lievito. In tempo di guerra, facendo di necessità
virtù, mancando il lievito di birra, si usava il lievito di vino,
ottenuto con la schiuma del mosto e farina, fatto poi essiccare in
dischi rotondi che venivano poi sbriciolati nello impiego anche se naturalmente
aveva una minor capacità fermentativa di quello di birra, oppure
si usava la siminseîna, cioè della pasta di pane gia
lievitata; oûna vuolta el livà sa fiva
cu la siminseîna: una volta il lievito si faceva utilizzando
un pezzetto di pane già lievitato; sensa el
livà nu sa pol fà pan: senza il lievito non si può
fare il pane, prov.; Etim.: dal lat. Levatus, da Levare;
livàda s.f. 1. alzata, sveglia, levataccia; el
ma uò fato fà oûna biela livada: mi ha fatto
fare una bella levataccia; 2. estrazione, levata; i
vago par oûn noûmaro, fàme oûna bona livada ch'i
vuoi fà finalmentro tonbula: vado per un numero, fammi una
buona levata che voglio fare finalmente tombola; 3. smazzata, taglio
delle carte;
livadeîn agg. - leggermente lievitato;
livadeîn s.m. - pezzetto di pane lavorato in attesa di
lievitare;
livadoûra s.f. - lievitatura; ara
ca sa ciapa aria el pan va zù da livadoûra: guarda
che se prende aria va giù di lievitatura;
livadoûra s.f. 1. levatura, anche in senso morale;
el zì da oûn'altra
livadoûra: è di un'altra levatura;
2. elevazione, rialzo;
livànda s.f. vedi lavanda; la sa
parfuma senpro da livanda: si profuma sempre con la lavanda;
livànte s.m. - vedi livànto. Modo di
dire: fà el livànte:
calare le reti all'alba e ritirarle allo spuntar del sole;
livànto s.m. - levante; a ma par
ca da livanto a ven oûn navareîn zì meo rastà
in tiera ancui: mi sembra che da levante sta per giungere una tempesta
di mare, è meglio per oggi restare in terra;
livantièra s.f. - tempesta provocata da forti venti spiranti
da levante, cioè da est-sud-est, solitamente accompagnata dal fenomeno
dell'acqua alta;
livantòn s.m. - vento estivo asciutto e caldo, spirante
dal primo quadrante, foriero di tempo stabile
.............
lizer agg. - leggero; ti son visteî
masa lizer: sei vestito troppo leggero; i
iè oûn lizer mal da tiesta: ho un leggero mal di testa;
Etim.: dal tardo lat. *Levarius da Levis = di poco peso;
lizer (in) loc.avv. - leggermente; nu
fà stala, t'iè tuca in lizer: non fare storie, ti
ho toccato leggermente, cioè ti ho appena toccato;
lizièrta s.f. - lucertola; el staravo
doûto el giuorno al sul cume oûna lizierta: starebbe
tutto il giorno al sole come una licertola; Etim.: dal lat. Lacerta = lucertola;
Lizìta n.pr.f. - Lisetta, dim. di Elisabetta;
Locatelli - nel censimento del 1° ottobre '45 erano presenti
3 famiglie;
lògo s.m. 1. luogo, posto; a
nu zì nà ura nà logo par fà ciacule:
non è nè l'ora nè il luogo per far chiacchiere; la
manifastasion la varuò logo in piasa a li gize: la manifestazione
avrà luogo in piazza alle dieci; ti ta la
vaghi ciù in quil logo: te la vai a prendere in quel
posto. Modo di dire: nà fogo nà
logo: nè fuoco, nè luogo, antichissima espressione
per indicare l'estremo stato di indigenza, di miseria. Forse nasce dal
ricordo della terminologia giuridica, in cui ai banditi, agli esiliati
dal consesso civile, non bisognava accordare nà fogo nà logo;
2. podere, campagna, campo coltivato, possedimento agricolo. I contadini
anche nei loro piccoli appezzamenti di terreno si sentivano dei re senza
padroni, vedi il seguente vivace bozzetto che ne fa Giusto Curto nella
poesia:
Reîvo sul
mieîo logo, zmonto dal samier
|
Arrivo sul mio podere,
smonto dal somarello
|
3. vano, locale; oûna vuolte li caze
li viva oûn logo par pian: una volta le case avevano un vano
per piano; Etim.: dal lat. Locus, la voce due probabilmente nasce da logo
de canpagna, in cui col tempo la specificazione è stata omessa;
lòlo s.m. - vedi luòlo;
Lòlo marènsi - s.n. della famiglia Barzellato;
Lombardo - Giovanni Antonio, Podestà nel 1459;
Lombardo - Pietro, Podestà nel 1409;
lonbralàro s.m. - ombrellaio, forma con l'articolo concresciuto;
lònda s.f. - onda, forma con l'articolo concresciuto;
Lòne top. - la parte più rientrante della baia
sita tra lo squero e Muntràvo, più comunemente conosciuto
come Cul da Lòne;
lòngo agg. - lungo; el zì
longo da magnà: è lungo, è lento, nel mangiare;
el viva oûn longo curtiel: aveva un
lungo coltello; el zì pioûn curto ca
longo: è più corto che lungo. Modo di dire:
zeî lòngo: cadere disteso;
par lòngo: per lungo, per il
senso della lunghezza; Etim.: dal lat. Longus = lungo;
lòngo avv. - lungo; longo el mar
a gira oûna vicità ca sighiva: lungo il mare vi era
una vecchietta che strillava. Modo dire: zeî
da lòngo: seguitare, continuare;
Longo - Francesco, Podestà nel 1669;
Longo - Francesco, Podestà nel 1650;
Longo - Leonardo, Podestà nel 1684;
Longo - Polo, Podestà nel 1612;
Longo - Vincenzo, Podestà nel 1703;
Longo - Zuanne, Podestà nel 1472;
Longo - Zuanne, Podestà nel 1545-46;
Longo - Domenico qm. Piero da Segna, 1473. Nel censimento del
primo ottobre '45 risultavano 25 famiglie;
lòngo (a) avv. - a lungo, lungamente; - I lu iè
ciamà a longo: l'ho chiamato lungamente;
lònza s.f. - il filo della lama;
lònza s.f. - la parte dell'animale macellato corrispondente
ai lombi, lombata;
Lore - s.n. della famiglia Benussi;
....................
loû pr. pers. - lui, egli; a zì
stà loû ca uò vusioû cuseî: è
stato lui che ha voluto così; loû ma
uò deîto da vigneî: egli mi ha detto di venire;
ara ca loû nu fà nà du nà
tri e và da li vardie: guarda che lui non ci mette nulla
ad andare dalla pulizia; Etim.: dal lat. Illi-huic;
Loûca n. pr. m. - Luca; a san Loûca
li nispule sa mandoûca: per san Luca si mangiano le nespole,
prov.;
loûcamara s.f. - vedi lucamara; viro
seî, ch'el zlai zì masa vierto... i cugnuso pascaduri ch'i
fà pasà i pisi zuta i pionbi, mastigando loûcamara
e... ma zì meo tazi: è vero,
che i freni sono allentati... conosco pescatori che fanno passare i pesci
di nascosto, masticando erba amara e... ma è meglio tacere;
loûcido s.m. - licido per le scarpe;
ti ga iè dà el loûcido?: hai passato il lucido,
hai lucidato le scarpe?;
loûcido agg. - lucido, splendente; i
l'iè fato turnà loûcido cume preîma: l'ho
fatto tornare splendente come prima; Etim.: dal lat. Lucidus;
Loûcio n. pr. m. - Lucio;
Loûcio - s.n. della famiglia Biondi;
loûcro s.m. - lucro, guadagno; nu
lu fà par loûcro, ma par vadagno seî: non lo
fa per lucro, ma per guadagno si;
loûdro s.m. - otre, sacco di pelle per contenere liquidi;
Etim.: dal lat. Uter + art. concresciuto;
loûdro s.m. 1. rete da pesca molto grande con maglie
di circa 50 mm munita di lunghe funi alle quali vengono attaccate delle
frasche; 2. particolare tipo di pesca che si fa al largo della costa
utilizzando delle funi unite tra loro formanti un arco, con le due stremità
tenute a riva. Tirate quindi a riva provocano un fruscio che spaventa i
pesci spingendoli in un tratto fissato della costa. Una volta così
circoscritto il pesce viene catturato con delle reti a chiocciola. A tale
tipo di pesca, detta anche tirà li cuorde, partecipano insieme più
barche;
loûdro agg. - birbante, furfante, astuto; Etim.: forse
da il lat. Lurco-lurconis = ghiottone;
loûgaro s.m. - lucherino, fringuello dal piumaggio verde
sul dorso e giallo-verde sul petto, Fringilla spinus;
loûgaro s.m. - imbroglione;
loûgro s.m. - lucherino;
loûio s.m. - luglio, settimo meso dell'anno; apreîle
nu ta dascuprire, maio va adaio, loûio daspuiate: aprile non
ti scoprire, maggio vai adagio, luglio spogliati; loûio
sa bato el gran, el cuntadeîn sa cava la fan: a luglio si
batte il grano ed il contadino si leva la fame, prov.; loûio
scuneîso, agùsto indiluleîso, satenbre sipileîso:
luglio scombina, agosto indebolisce, settembre seppellisce, prov.; Etim.:
dal lat. clas. Julius, mese dedicato a Giulio Cesare, attraverso un supposto
*Lulius;
loûjo s.m. - luglio, variante grafica di loûio.
Dalla filastrocca sui dodici mesi dell'anno, ecco l'ottava a lui dedicata:
I son quil miz
da Loûjo, cusseî numato
De quil gran Loûjo Cizaro, rumano. El preîmo che foû Piiro incalserato, Elizabieta e revizitar cun mano. Ai veîntioûn, che ven de majur stato, La Mandalena in siil nu zì luntano. Ai veîntisinque ven quil de Galeîsia, El puorta trentaoûn, el veîvo cun liteîsia. |
I son quel
mese di Luglio, così chiamato
Da quel gran Luglio Cesare, romano. Il primo fu Pietro incarcerato, Elisabetta e rivisitar con mano. Ai ventuno, che giunge al maggior stato, La Maddalena in cielo non è lontana. Ai venticinque viene quello di Galizia, Ne ha trentuno, vive con letizia. |
Loûiza n. pr. f. - Luisa;
loûmaro s.m. - numero; ca loûmato
t'iè?: che numeto hai?;
loûme s.m. 1. lume, lampada;
vularavi vì el loûme a patruòlgio ca viva ma nuono:
vorrei avere la lampada a petrolio che aveva mio nonno; el
loûme sul cumuò uò la lanpadeîna bruzada:
il lume sul comodino ha la lampadina bruciata; 2. lume, luce; fàme
loûme: fammi luce, fammi chiaro; ti
ma fariè pierdi el loûme de i uoci: mi farai perdere
il lume degli occhi; Etim.: dal lat. Lumen per Lucmen, dalla radice Luc
= splendere;
loûme da ruòca s.m. - allume;
loûmina s.f. - pesca con il fanale, lampara; duman
saruò nuoto da loûmina: domani sarà una notte
adatta alla pesca con la lampara;
loûna s.f. - luna, il corpo celeste a noi così
familiare, uno dei due elementi della coppia astrale 'Sole e Luna'. Anticamente
venne divinizzata sotto vari nomi e varie divinità, quasi tutte
connesse però alla parte femminile dell'universo; infatti ad essa
da sempre è associata la donna per l'assonanza del ciclo mestruale
con le fasi lunari. Nella tradizione popolare continua ad avere un forte
ascendente, essendole universalmente riconosciuto il potere di influenzare
tutto ciò che cresce sotto il suo pallido sguardo, non ultima la
vita dell'uomo. Così in agricoltura, nel travaso del vino, nel taglio
dei capelli ecc. ecc. la giusta fase lunare era ed è considerata
essenziale per ottenere una buona riuscita. Naturalmente, stando così
le cose, innumerevoli sono i proverbi ed i modi di dire legati al nostro
pallido satellite che ha mantenuto il suo alone misterioso nonostante l'allunaggio
americano. Loûna triesa, marineri in peîe;
loûna in peîe, marineri triesi: luna coricata, marinai
in piedi; luna alta marinai coricati. In pratica vuol dire che con le notti
senza luna il tempo è favorevole alla pesca, contrariamente alle
notti di luna, in cui i pescatori rimangono coricati (trièsi)
nel loro letto. Altri invece interpretano il detto diversamente: con la
luna distesa, cioè prossima al tramonto il pescatore deve essere
pronto a lavorare, però io direi erroneamente perchè non
si capirebbe la seconda parte del prov.; loûna
a punente aqua crisente; loûna a livante aqua calante: luna
a ponente acqua crescente, luna a levante acqua calante, prov.; sul
far da la loûna, sardiele gnanca oûna: quando incomincia
ad apparire la luna non si riesce a prendere neanche una sardella, prov.;
loûna satanbreîna, siete loûne
ghe s'increîna: luna settembrina, sette lune si trascina,
prov.; el zì pioûn muona loû,
ca la loûna da Padua: è più stupido lui,
che la luna di Padova. Tale proverbio pare sia nato dall'ingenuità
di uno studente dell'Università di Padova che, tornato alla sua
città, asseriva che la luna di Padova fosse diversa da quella natia.
A seconda delle fasi lunari la luna può essere: loûna
pièna o
tòndo da loûna: luna piena;
loûna crisènte o carsènte:
luna crescente; loûna calànte:
luna calante. La luna nuova si indica con la frase: la
loûna muòstra i cuòrni. Modi di dire:
(iesi in) bon da loûna: periodo
propizio, favorevole; el sa uò livà
in bon da loûna: si è alzata di buon umore; el
zì nato in bon da loûna: è nato fortunato; (vì
la) loûna bona: buonumore, quando cioè tutto va
per il meglio; bundeî, sà Gaspara, bona
loûna ancui, cantemo...: buongiorno signora Gaspara, le cose
oggi vi vanno bene, cantiamo...; (vì la)
loûna par trieso: luna storta, essere di malavoglia; ciari
da loûna: chiari di luna, periodo di vacche magre. Tipico
modo di dire presente con lo stesso significato anche nella lingua italiana,
che nasce proprio dall'esperienza dei pescatori, come abbiamo visto nel
proverbio loûna triesa...; vì
li loûne: aver le lune, essere nervosi, aver le paturnie;
Etim.: dal lat. Luna da Lucere = splendere;
loûndi s.m. - lunedì; el
saravo duvoû iesi a caza loûndi pasà, ma el uò
boû oûn intùpo: sarebbe dovuto essere a casa
l'altro lunedì, ma ha avuto un contrattempo; loûndi
de i calighieri, ancui nu sa lavura: lunedì dei calzolai,
oggi non si lavora, prov.; Etim.: dal lat. Lunae dies = giorno dedicato
alla luna;
loûpa s.f. - fame canina; mal
de la loûpa: pseudiressia;
loûpo s.m. - lupo. Modo di dire: loûpo
da mar: lupo di mare, marinaio esperto; el
navareîn da girsira uò spazimà anca loû ch'el
zì oûn viecio loûpo da mar: la tempesta di ieri
sera ha spaventato anche lui che è un vecchio lupo di mare, un marinaio
esperto;
loûrido agg. - lurido, sudicio sia in senso fisico che
morale; el riesi senpro a vì li man loûride:
riesce sempre ad aver le mani luride: veîa
da i loûridi puosti da cumando: via dai luridi posto di comando;
loûsa s.f. - racimolo d'uva qualco
loûsa da oûva: qualco racimolo d'uva;
loûsco agg. - strabico; ti siè
ch'i son oûn può loûsco da oûn uocio: lo
sai che sono un pò strabico da un'occhio; Etim.: dal lat. Luscus
= guercio;
Loûsia n.pr.f. - Lucia. Riporto qui questo dialogo tra
una Loûsia un pò dura d'orecchie e una comare dal libro
di G. Pellizer, Liepi la liepi:
- Bun deî duona Loûsia.
- I son qua ch'i lavo oûn saco. - I va iè deîto bun deî! - Ma mare la lu uò cuzeî. - I signì mata o inbriaga? - I son la muier da bara Ghiergo ca 'l nu zì gnanca a caza. |
- Buon giorno signora Lucia.
- Sono qui che lavo un sacco. - Vi ho detto buongiorno! - Mia madre lo ha cucito. - Siete matta od ubriaca? - Sono la moglie del signor Gherco che non è neanche a casa. |
loûso s.m. - lusso; ca loûso!
a par da iesi int'oûna riegia: che lusso! sembra d'essere
in una reggia; el loûso custa: il lusso
costa, prov.;
loûstro s.m. 1. lucido; dà
el loûstro: lucidare, dare il lucido; 2. lustro,
fasto;
loûstro agg. 1. lucido, splendente, lustro;
la viva oûn palmento loûstro da spiciase: aveva un pavimento
lustro da specchiarsi; la viva i uoci loûstri:
aveva gli occhi lucidi. Modo di dire:
rastà al loûstro: restare senza il becco di un quattrino;
2. alticcio, brillo. L'accezione nasce per il fatto che chi beve
ha i uòci loûstri; el zì
turna a caza loûstro cume al suolito: è tornato a casa
brillo come al solito; Etim.: dal lat. Lustrum da Lustrare = illuminare;
Loûstro - s.n. della famiglia Curto;
loûto s.m. - lutto; la puorta ancura
el loûto e zà l'uò truvà el mauco: porta
ancora il lutto è già si è trovata l'amante; feînta
i ani trinta i pascaduri in signo da loûto piturìva oûna
strica da niro atùrno la barca: fino agli anni trenta i pescatori
in segno di lutto pitturavano una striscia nera intorno alla barca; Etim.:
dal lat. Luctus = pianto funebre;
loûtro s.m. - utero, forma con l'art. concresciuto;
loûvo s.m. 1. lupo, animale mitico ormai da lungo
tempo scomparso dal pesaggio rovignese, è però protaganista
in tante fiabe, proverbi e superstizioni popolari, in cui generalmente
gli viene affidato l'ingrato compito d'impersonare il ruolo del "cattivo";
el loûvo pierdo el peîl, ma nò
el veîsio: il lupo perde il pelo, ma non il vizio, prov.;
cheî và cu 'l loûvo, oûrla
cumo luri: chi va con il lupo urla come loro, cioè si comporta
come fanno i lupi, prov.; cheî và cui
loûvi, inpara a urlà: chi frequenta i lupi impara ad
urlare, prov.; cheî sa fà pegura, el
loûvo sa lu magna: chi si comporta da pecora, il lupo se lo
mangia, prov.; a carno da can, dento da loûvo:
a carne di cane, dente di lupo, prov.; la fan fà
vigneî fora (anca) i loûvi dal busco: la fame fà
uscir fuori (anche) i lupi dal bosco, prov.; i iè
oûna fan da loûvo: ho una fame da lupo; 2. persona
vorace, cattiva, rapace, famelica, prepotente, ecc;
veîva el pudastà nuvo, ch'el viecio gira oûn loûvo:
evviva il nuovo podestà, che il vecchio era un "lupo"; Etim.: dal
lat. Lupus;
loûz s.m. 1. luce; loûz,
piova a refoûz: quando piove e c'è il sole (loûz),
piove a catinelle (refoûz), prov.; 2. lume, lampada;
inpeîsa la loûz, ca nu sa vido gnanca
magnà: accendi il lume, che non si vede neanche a mangiare;
Etim.: dal lat. Lux-lucis;
loûz lietrica s.f. - luce elettrica. Quando venne messa
per la prima volta a Rovigno la luce elettrica, negli anni '25-26, circolava
questa graziosa canzoncina in veneto-istriano del maestro Carlo Fabretto:
Rovigno
Col ciaro
|
Rovigno
Col chiaro
|
loûze s.f. - vedi loûz;
loûzula s.f. - lucciola; oûna
vuolta a gira pien da loûzule: una volta era pieno di lucciole;
lòvo s.m. - lupo;
lòvo s.m. - nasello, pesce appartenente all'ordine dei
Gadiformi, Merluccius merlacius. E' caratterizzato dalla testa lunga e
leggermente piatta rispetto al corpo che è arrotondato, ed in cui
spicca la bocca grande con la mandibola prominente, armata su entrambe
le mascelle da temibili denti aguzzi. Il coloro del dorso è grigio
cenere con riflessi dorato-aranciati, il fianco ed il ventre sono di color
bianco sporco. Puo raggiungere e superare il metro di lunghezza, mediamente
misura intorno ai 30-40 centimetri. Le sue carni bianche sono assai pregiate.
Alcuni lo confondono col merluzzo, da cui si differezia per le pinne dorsali,
due anzichè le tre presenti nel merluzzo. Etim.: dal lat. Lupus;
Lovre - s.n. della famiglia Rocco;
lu pr. pers. - lo, lui, egli; lu, vularavo
senpro vì razon: (lui) vorrebbe sempre aver ragione; ma
lu uò dà tu pare: me lo ha dato tuo padre; Etim.:
dal lat. Illi-huic;
lu art.det.m. - il; a zì lu steîso:
è lo stesso; Etim.: da il lat. Illi-huic;
Lubisìta - s.n. della famiglia Rismondo;
lucàl s.m. (pl. -ai) 1. locale, osteria, bar;
sigoûro ti lu truvi al lucal da Tuoni a bati
carte: certamente lo puoi trovare nel bar di Toni a giocare a carte;
2. vano, stanza, locale; a gira oûna
caza granda cu sie lucai: era una casa granda con sei locali, sei
stanze; Etim.: dal fr. Local = locale;
lucaleîn s.m. - dim. di lucàl;
lucalìto s.m. - dim. di lucàl;
lucalizà v.tr. (i lucaleîzo) - localizzare,
calco it.; i nu uò ancura lucalizà
el rioplan ca zì caioû: non hanno ancora localizzato
l'aereo che è caduto;
lucamàra s.f. - dulcamara, Solanum Dulcamara. Con i ramoscelli
di questa pianta si preparano degli ottimi sciroppi;
.................
Ludiveîco n.pr.m. - Loduvico;
ludìvolo agg. - lodevole;
luduògno s.m. - bagolaro, Celtis australis. Albero di
medie dimensioni con legno piuttosto leggero utilizzato per lavori d'intarsio.
Ha foglie cuoriformi seghettate di color verde chiaro. I frutti sono delle
bacche color nero-violetto che maturano tra settembre ed ottobre, hanno
un grosso nocciolo con polpa giallastra commestibile assai gradiro dai
bambini, vedi anche brunbulièr;
Lueger - s.n. della famiglia Nider;
lugà v.tr. (i lùgo) - allocare, porre/lasciare/mettere
in un determinato luogo; a scola da li monaghe ta
lughivo, fora dai piriguli e a fate divigneî bon cristian:
a scuola dalle suore ti mettevo, fuori dai pericoli e a diventare un buon
cristiano;
lugàn s.m. - congedo; par zeîve
a la curta la vuò ciapà el lugan cu la suova criatoûra
e la zì zeîda da su mare: per farla breve, ha preso
il congedo con la sua creatura ed è tornata da sua madre;
lugànaga s.f. 1. salsiccia; a
zì pioûn deî, ca luganaghe da sparteî:
ci sono più giorni che salsicce da dividere, prov.; 2. (euf)
pene; Etim.: dal lat. Lucanica = (salsiccia) della Lucania;
Lugànaga - s.n. della famiglia Quarantotto;
lugànaga da crànio s.f. - salsiccia della Carnia,
craniolina;
lugànaga da Vièna s.f. - wurstel;
lugànaga dalmàta s.f. - altro nome della mignula
s'ciava, cioè del garizzo, maena vulgaris, itt.;
luganaghier s.m. - salsicciao;
lugànega s.f. - vedi lugànaga;
lùgaro s.m. - lucarino, Frigilla spinus, vedo loûgaro;
lugià v.tr. (i luògio) - alloggiare, ospitare;
a Ruveîgno i sa uò lugià da i
luri zarmani par veîa ca i utai a gira ful carighi da tudischi e
furiesti da veîa: a Rovigno si sono alloggiati da i loro cugini,
dato che gli alberghi erano tutti pieni di tedeschi e di forestieri;
lugiàdaga s.f. - rugiada, voce desueta riportata dall'Ive;
lugiàdaga s.f. - vedi ugiàdaga;
lugiài s.m.pl. - alloggi, voce usata quasi esclusivamente
nel seguente detto dei pescatori: nu vì lugiài
par lugiàli: non aver alloggi per alloggiarli, cioè
quando la pesca è talmente abbondante e ricca che non si sa neanche
dove stivare i pesci; ara, ancura oûna man
cuseî e i nu varemo gnanca lugiai par lugiali: beh, ancora
una retata così, non sapremo neanche dove stivare, dove mettere
i pesci;
lugiamènto s.m. - alloggiamento, usato per lo più
in senso ironico; la siura cuntìsa la zì
turnada nei suovi lugiamenti: la signora contessa e tornata nei
suoi alloggiamenti;
lughìto s.m. - campetto, campicello, piccolo terreno
agricolo, dim. di logo;
Lugrièsia n.pr.f. - Lucrezia;
Lugrièsio n.pr.m. 1. Lucrezio; 2. (fig)
furbastro, bel tomo, tipastro; ciù Lugrièsio
nu fà el foûrbo: ehi tu bel tomo, non far il furbo,
non ci marciare;
luìn s.m. - vedi luveîn e luvìn;
lulièla lulà loc. - (inf.) pipì; fà
lulièla lulà: far pipì;
lulìsa s.f. - pentola in bronzo od in terracotta; Etim.:
forse dal cr. Lonez (Cerasuolo-Pertusi);
lulisìta s.f. - dim. di lulìsa;
lulisòna s.f. - pentolona in terracotta;
lulivièr s.m. - olivo, forma con l'articolo concresciuto;
lumareîa s.f. - ave maria, la preghiera vespertina annunciata
dal suono delle campane; a sona zà lumareîa
nu fate pioûn spatà: suona già l'ave maria,
non farti più aspettare;
lumègnio s.m. - allumio;
lumeîn s.m. - lumino, lumicino, lucignolo; el
suovo lumeîn uò senpro cricà: il suo lumino
ha sempre sfrigolato, cioè è sempre stato un tipo chiacchierato,
prov.; ugni lumeîn inpisà ven el mumento
ch'el creîca: per ogni lumino acceso viene il momento in cui
sfrigola, arriva alla fine, prov.; zuta el quadrito
de la Maduona a gira oûn lumeîn inpisà: sotto
il quadretto della madonne vi era un lumino acceso; Etim.: da loûmo;
Lumeîn - s.n. della famiglia Veggian;
lumeînio s.m. - alluminio; nu lasà
la maniestra intùla pignata da lumeînio: non lasciare
la minestra nella pentola d'alluminio;
luminà v.tr. e intr. (i luminìo) 1.
illuminare; i suovi uoci i luminìa la
stansa: i suoi occhi illuminano la stanza; i
uò luminà la piasa a giorno: hanno illuminato la piazza
a giorno; 2. pescare con la lampara e la fiocina; stanuoto
i zemo a luminà: questa notte andiamo a pescare con la lampara;
luminà v.tr. (i luminìo) - nominare; Etim.:
per il passaggio della 'n' i 'l', cosa non del tutto infrequente nel rov.;
luminà agg. (f. -ada) - illuminato, rischiarato; el
tiatro el gira doûto luminà: il teatro era tutto illiminato;
par la cuntantìsa la viva la fasa doûta
luminada: per la contentezza aveva la faccia tutta illuminata, radiosa;
luminàl s.m. (pl. -ài) - abbaino, lucernaio, piccola
finestra posta sul tetto per dare luce;
luminària s.f. - luminaria;
luminasiòn s.f. - illuminazione; a
nu sa pol pioûn stà sensa luminasion: non si può
stare più senza l'illuminazione; sa doûti
i bìchi purtìso oûn lanpion, a Ruveîgno ca luminasion...:
se tutti i cornuti portassero un lampione, a Rovigno che illuminazione...
da una canzone popolare;
luminàse v.rifl. (i ma luminìo) - illuminarsi;
Luminàto - s.n. della famiglia Zonta;
luminùz agg. - luminoso, ricco di luce:
la cuzeîna la zì sai luminuza, a sa pol stà sensa inpisa
la loûz feînta sira tardi: la cucina è assai
luminosa, si può stare senza accendere la luce sino a sera tardi;
lumìta s.f. - lampada; pioûn
tuosto teîra soûn el pavir de la lumita ca ti vidariè
pioûn ciaro: piuttosto, alza sù lo stoppino della lampada
che vedrai più chiaro;
lunà agg. (f. -ada) - lunato, a forma di mezza luna;
Lunàrdo n. pr. m. - Leonardo;
lunario s.m. 1. lunario; ancui
zì dificultuz zbarcà el lunario: di questi tempi è
difficoltoso sbarcare il lunario; 2. calendario. Modo di dire:
fà lunàri: fantasticare,
arzigogolare, almanaccare;
Lunario - s.n. della famiglia Turcinovich;
lunatico agg. - lunatico, stravagante, persona dall'umore mutevole;
lunbraler s.m. - ombrellaio;
lunbrase v.rifl. (i ma lunbrìo) - adombrarsi,
ombrarsi; a ma par ca ti ta lunbrìi sai faseîle:
mi pare che ti adombri molto facilmente;
lunbreîa s.f. 1. ombra; 2. tenda della barca,
che protegge la tolda;
lunbreîzi s.m.inv. - ombreggio;
lunbreler s.m. - ombrellaio;
lunbrièla s.f. - ombrello; vierzi
lunbriela ca scumeînsia a piovi: apri l'ombrello che incomincia
a piovere; Etim.: da notare, così come nelle parole derivate, la
concrezione dell'articolo;
lunbrileîn s.m. - ombrellino, parasole;
lundi s.m. - vedi loûndi;
lungàgna s.f. 1. cosa lunga e noiosa, litania;
daghe oûn taio a sta lungagna ca nu iè
tenpo da pierdi: dagli un taglio a questa litania, che no ho tempo
da perdere; 2. lungo periodo di tempo, attesa lunga e pesante;
lungagna la ma zì sta luntanansa da ma feîa: mi sembrà
un lungo periodo di tempo che mia figlia sta lontano; 3. tirare
per le lunghe, fare le cose lentamente, impiegando più del dovuto;
la suova lungagna la zì pruvarbial: la sua lentezza esasperante
è proverbiale;
lungagnòn s.m. - spilungone; da
cheî uò ciapà quil lungagnon? da su pare nuò,
ca zì oûn miezo picion: da chi ha preso quello spilungone?
da suo padre no che è alto come un soldo di cacio;
lungaròn s.m. 1. trave usata per appoggiare pesi;
2. trave posta longitudinalmente all'interno dell'imbarcazione su di
cui si fissa il motore;
lunghièr s.m. - lunga striscia di terra seminata a grano,
fava ecc. che può essere o no in mezzo a due filari di viti. Per
estensione appezzamento di terreno lungo e stretto; Etim.: da un supposto
lat. *Longario;
luntàn agg. - lontano; cu sa zì
luntani da caza duopo oûn può a manca qualcuosa: quando
si è lontani da casa dopo un pò manca qualcosa;
uramai la zì zeîda masa luntana: ormai è andata
(a stare) troppo lontano; Etim.: dal lat. volg. *Lungitanus;
.............
luògia s.f. - loggia, porticato. A Rovigno apprendiamo,
sempre dal nostro cronista Antonio Angelini, che vi erano le seguenti logge:
1. Loggia della Riva: Sottomuro. In questa tenevansi i pubblici
incanti, 1422. Chiusa e ridotta in due locali per botteghe, 1704. Ivi fu
l'Offizio della Congregazione di Carità, 1844. Poi l'Offizio del
Comune, 1851. Ora l'Offizio della Dogana, 1853;
2. Loggia delle Carceri: in Riva-grande, ossia Piazza del
Porto, ora marcata Piazza della Riva. Anche in questa loggia tenevansi
i pubblici incanti, 1428. Poi fu chiusa ad uso di Beccaria; ignorasi l'epoca.
Indi ridotta sotto i primi austriaci a Corpo di Guardia con costruzione
in aggiunta di una tettoja, 1797. Ora ridotta a Bottega di Caffè
e Casino Commerciale dal 1857. Eretta, ov'era la tettoja, una bella Loggia
chiusa a vetri, 1859;
3. Loggia del Tibio: Nel Piazzale del Tibio, corrotto da
trivio, e quì rispondono tre vie. Dove fu fabbricato il Forno Sponza-Micalin
1852 eravi un antichissimo Casamento della famiglia Bevilacqua; il quale,
è voce, fosse stato in antico di pubblica ragione, anzi il Palazzo
Pretorio, di cui il pianterreno Loggia, in dove pure tenevansi i pubblici
incanti, 1447;
4. Loggia Piccola: In S. Damiano, sotto la Casa Comunale
civ.o n.o 1 atterrata l'anno 1856, e rifabbricata in altra forma l'anno
1857. Ivi tenevasi pubblica ragione, 1539. Fu chiusa, e ridotta in due
locali: uno per la Cancelleria del Comune, l'altro pel pubblico Archivio,
1738.
5. Loggia Grande: In Piazza della Riva, serviva per crivellare
i frumenti del Fondaco, 1678-79. Chiusa molto più tardi in tre locali,
ivi fu sino ai nostri giorni il Caffè Bazzarini. A proposito
della loggia riporto qui l'omonima poesia di Gabriele d'Annunzio, in cui
si parla della nostra bella regione:
Settembre, il tuo minor
fratello Aprile
fioriva le vestigia di San Marco a Capodistria, quando navigammo il patrio mare cui Trieste addenta co' i forti moli per tenace amore. Capodistria, succiso adriaco
fiore!
Orlaggiù, pel remaggio
senza solco,
E son deserti i nidi della
loggia,
Una colomba tuba dal bel fregio. |
luògica s.f. - logica, modo di ragionare razionalmente
ed anche la relativa scienza; zì viro seî,
ca la luogica nu sì stà mai el suovo fuorto: è
proprio vero che la logica non è mai stata il suo forte;
luògicamente avv. - logicamente;
luògico agg. - logico, chiaro, trasparente; a
nu ma par luogico ca i fati nu zì stadi cumo ca uò cuntà
quila ciaculona da Marioûsa: non mi sembrra per nulla chiaro
che le cose non sono andate come ha raccontato quella chiacchierona di
Mariuccia;
luògio s.m. - alloggio; ula t'iè
truvà luogio?: dove hai trovato alloggio?;
Luòi (Tristeîn) s.m. - Lloyd Adriatico, la compagnia
di navigazione triestina che tanta importantanza rivestì per molti
rovignesi imbarcati sulle sue navi; - El gira capitagno del Luòi
tristeîn e cu riviva a Tristi el fiva la mafia: era capitano del
Lloyd Ariatico, e quando sbarcava a Trieste gli piaceva lussare; - Ma nuono
uò navagà mondo da ani soûn i bapuri del Luòi
Triesteîn: mio nonno ha navigato molti anni imbarcato sulle navi
del Lloyd adriatico. Etim.: dal nome del caffettiere londinese del XVII
secolo, Enrico Lloyd, la cui bottega divenne il ritrovo dei capitani di
lungo corso, proprietari di navi ecc, che davanti ad un caffè od
un tè trattavano degli affari marittimi;
luòica s.f. - cosa lunga e noiosa, discorso o musica
monotona; nu stà scuminsià cun la suolita
luoica: non incominciare con la solita tiritera; ca
luoica! i nu siè cume ga fà a piazi sta moûzica:
che noia! non so come gli fa a piacere questa musica; Etim.: dal lat. Logicus,
a sua volta dal gr. Logikos, da Logos = ragionamento, discorso;
luòla s.f. 1. ciotola di legno usata per lo più
dai contadini; 2. (fig) sbornia, ubriacatura; chi
t'iè la luola! nu ti vidi ca son meî: che sei ubriaco!
non vedi che sono io;
luòlo agg. - sciocco, sempliciotto;
luòmino agg. - anonimo;
luòsche s.m. - persona che si comporta loscamente;
Luòsche - s.n. della famiglia Garbin;
luòsco agg. - losco;
luòta s.f. - lotta, combattimento; da
zuvani sa fiva insenbre la luota: da ragazzini giocavamo alla lotta
insieme; i zughiendi a luota, nu vulivo fàghe
mal: giocavamo alla lotta, non volevo fargli del male; ga
vularavo fà da nuvo la luota da libarasion, ma stavuolta nuò
cuntra i tudischi!: bisognerebbe far di nuovo la lotta di liberazione,
ma questa volta non contro i tedeschi;
luòtareîa s.f. - lotteria;
luòto s.m. 1. lotto, gioco che a Rovigno, non
godeva dell'apprezzamento dei benpensanti, almeno a sentire alcuni proverbi:
el luoto zì la tasa de i sulsi: il
gioco del lotto è la tassa degli stupidi; el
luoto zì el cunfuorto del dasparà: il lotto è
il conforto del disperato, prov.; el uò veînto
oûn tierno al luoto: ha vinto un terno al lotto; 2.
per est. colpo di fortuna; tazi ca t'uò tucà
oûn luoto a spuzame, altro ca nuò: zitto che hai avuto
una bella fortuna a sposarmi, altro che no; 3.
fortuna, ventura, sorte; puovara meîo! ca luoto
m'uò tucà!: povera me, che sorte mìè
capitata!;
luòto s.m. - lotto; anca loû
el gira del luoto: anche lui era del lotto;
Luòto - s.n. della famiglia Longo;
luòza s.f. - vedi luògia;
lupai s.m. - scalpello da falegname;
lupìn s.m. - lupino, Lupinus Albus, bot.;
lupinièla s.f. - lupinella, Onobrychis vicigolia. Pianta
dai grandi fiori di color rosa con venature purpuree dalle dense infiorescenze.
Fiorisce da luglio ad agosto ed è una pianta utilizzata come ottima
foraggera in genere mescolata al fieno dei prati;
lupiz s.m. - grande pentola con manico; Etim.: dal lat. Lapideu
dal significato di (oggetto) di pietra
............
Luseîn top. - Lussino, isola dell'Istria;
Luseîn gràndo top. - Lussingrande;
Luseîn peîcio top. - Lussinpiccolo;
lusiàno s.m. - oceano, forma con l'art. concresciuto;
Lusiàta n.pr.f. - Lucetta;
lusignàn agg e s.m. - abitante di Lussimpiccolo, di Lussino;
lusièrna s.f. - vedi lansièrna;
lusièrno agg. - oceanico; quila
la zì oûna navo lusierna: quella è una
nave oceanica;
Luziteîna - s.n. della famiglia Barzellato;
luspeîsio s.m. - ospizio, ospedale. Come in altre voci
rovignesi vi è la fusione o concrezione dell'articolo col nome:
lunbrièla, ombrello; liruòio, orologio;
làso, asse ecc ecc;
lustìso avv. - lo stesso, ugualmente, ciononostante;
lustìsu avv. - lo stesso, ugualmente, ciononostante;
lustrà v.tr. (i loûstro) - lucidare, lustrare;
la loûstra senpro i utoni ca par da uoro:
lucida sempre gli ottoni che paiono d'oro; li muntagne
loûstra, el siruoco froûsta: con le montagne nitide,
il vento di scirocco imperversa, prov.; Etim.: dal lat. Lustrare;
lustràda s.f. 1. l'atto e l'azione del pulire,
del lucidare; el uò dà oûna biela
lustrada, nu paro gnanca pioûn la stisa da preîma: ha
dato una bella ripulita, non sembra neanche più quella di prima;
2. (volg) coito;
lustradoûra s.f. - lucidatura, pulitura;
lustràse v.rifl. (i ma loûstro) - lustrarsi,
lucidarsi, pulirsi;
lustreîn s.m. 1. lustrino, paillette; 2. drappo
generalmente di alpagà, usato per lucidare le scarpe; 3.
utensile d'acciaio con cui il calzolaio dà il lustro al tacco ed
alla suola; 4. lucidatore, operaio addetta alla lucidatura;
lustreîsimo agg. - illustrissimo;
lustrìsa s.f. - lucentezza, splendore;
lustrofeîn s.m. - lucido per mobili;
lustrufeîn s.m. - lucido per mobili;
lusùz agg. - lussuoso;
lutà v.tr. e intr. (i luòto) - lottare,
combattere; i iè lutà doûta la
veîta par vì oûna cazìta: ho lottato tutta
la vita per poter avere una casetta; el luota tra
la veîte e la muorto: lotta ta la vita e la morte; Etim.:
dal lat. Luctari di origine incerta;
lutadur s.m. - lottatore;
lutareîa s.f. - lotteria; a ga vularavo
veînsi la lutareîa: bisognerebbe vincere alla lotteria;
lutareîn s.m. - vedi litareîn;
Luveîgi n.pr.m. - Luigi;
luveîn s.m. - lupino, Lupinus albus. Pianta erbacea autunnale
adoperata come foraggio. Presenta dei fiori bianchi, talvolta un pò
azzurrati che fioriscono da aprile a giugno. Il suo legume di color giallo
pallido viene venduto per strada e mangiato in cartoccetti, come le olive,
insaporito con un pò di sale; ma chi vide
in quila tiesta... scuorse da luveîn?!: ma cosa avete in quella
testa... bucce di lupino?!; luveîn, fimane,
luveîn: tipico grido del venditore di lupini; Etim.: dal lat.
Lupinnus;
luvìn s.m. - lupino, frusaglia;
lùvo s.m. - lupo. Varianti: lòvo e loûvo;
i luvi stà ben in busco: i lupi stanno bene nel bosco, prov.;
la muorto del luvo zì la saloûte de la pegura: la morte
del lupo è la salute della pecora, prov.; Etim.: da il lat. Lupus;
lùvo s.m. - nasello, pesce della famiglia delle Galidae,
vedi lòvo, vi è anche la variante lùo;
Etim.: da il lat. Lupus;
Lùvo - s.n. della famiglia Zaratin;
Lùvo Pavan - s.n. della famiglia Pavan;
luvucàto s.m. - avvocato, forma con l'articolo concresciuto;
luzantìsa s.f. - lucentezza, splendore;
luzeînga s.f. - lusinga;
luzento agg. - lucente, splendente;
luzingà v.tr. (i luzinghìo) - lusingare;
luzingase v.rifl. (i ma luzinghìo) - lusingarsi,
illudersi;
luzinghivolo agg. - lusinghevole;
luzmareîn s.m. - rosmarino, con passaggio della 'r' in
'l';
luzur s.m. - lucore;
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