Cambio di potere

 Il tramonto dell'impero


 L'impero in pericolo

Dizionario

Atlante

Cronologia

 


In questa pagina

 

1. Difesa e "militarizzazione"

2. L'impero unificato

    Caracalla, l'imperatore dittatoriale

3. Le esigenze della difesa

4. Eliogabalo e i nuovi culti 

 

Riassunto 

L'agonia del vecchio potere 193-284

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'estensione dell'impero nel II e III secolo d.C.

 

 

 

Consulta

Mappa della frontiera europea (Illiria)

 

 

 


Confronta

I nemici dell'Impero: germani, persiani e nomadi asiatici

 

 

Le radici della crisi economica

L'impero romano si è sempre basato sullo sfruttamento schiavistico delle campagne e il mercato non ha mai avuto un ruolo importante. Ora che le conquiste sono cessate, le casse dello stato non possono più essere riempite grazie ai bottini di guerra.

 

 

Segni della crisi

Durante il governo dell'imperatore filosofo Marco Aurelio (161-180) si sono avuti i segni premonitori della crisi. L'imperatore ha impiegato tutto il suo regno per combattere i germani e i parti. Per affrontare le guerre Marco Aurelio ha adottato dei sistemi, che poi saranno tipici dei secoli successivi. Ha gestito il potere utilizzando il principio della spartizione con un collega e, per pagare i soldati, è ricorso all'impopolare aumento della tassazione, nonché alla diminuzione della percentuale di metallo puro all'interno del denarius, la moneta d'argento dedicata agli scambi commerciali quotidiani.

 

Dizionario dell'impero

Atlante dell'impero

L'avvio della crisi


193 - 235

 

Soldati sulla colonna di Marco Aurelio (II secolo). La famosa corazza dei legionari (lorìca segmentata) troppo costosa per la produzione di massa in tempi di crisi, non viene più usata dal III secolo in poi. 

Il nord-africano Settimio Severo (193-211) fonda una dinastia che baserà il proprio potere sulla classe dei militari.

 

Gli attacchi di nuove pericolose popolazioni esterne costringono l'esercito imperiale sulla difensiva. Le esigenze della difesa diventano prioritarie: la vecchia aristocrazia viene "esautorata" dalla direzione del governo e lo stato affidato a un'amministrazione militare sempre più ramificata.

Nel 193, dopo vari omicidi politici, una lotta fra le istituzioni conduce al potere un generale (legatus) dell'esercito romano, nato in Africa. Già da molto tempo i governanti provengono da zone distanti dall'Italia, la cultura greco-romana e anche quella orientale sono diffuse un po' ovunque. In tutti i paesi orientali si parla greco. Negli occidentali latino. Il mondo è unificato e, se vogliamo, "globalizzato". Fra l'altro il mercato è totalmente libero.

Il governo di Severo avvierà un processo di "militarizzazione" che continuerà ininterrottamente fino alla caduta dell'impero. Per decenni l'impero creato da Roma è stato considerato talmente forte, che era sufficiente la sola presenza dell'esercito, lungo il limes di frontiera, per scoraggiare i tentativi di attacchi nemici. La popolazione, protetta dalle legioni di confine, ha goduto di un lungo periodo di pace e tranquillità, dando credito all'idea di un impero benevolo e durevole. Le città interne si sono potute sviluppare senza bisogno di mura o milizie difensive. I traumi e le guerre del passato sono diventati parte della storia. 

Non scordiamoci che la popolazione globale in questo periodo è molto meno numerosa di oggi. In tutto l'impero, dall'Inghilterra all'Irak, ci sono circa 100 milioni di persone. Così, in tempi di pace, solo in due o tre grandi città, come Roma, Lione e Gerusalemme, si deve ricorrere all'intervento delle forze armate per i compiti di polizia. A differenza delle montagne, le pianure urbanizzate sono considerate luoghi sicuri.

Da una ventina d'anni, però, la preoccupazione continua a crescere. Nel 166 i popoli del nord sono riusciti a sfondare i confini dell'impero con pericolose incursioni. Le attuali tribù di «barbari» si sono ingrossate, e minacciano le frontiere sia in «Germania» che in Britannia, in genere con tecniche militari non convenzionali, come la guerriglia. Ma anche a sud-est del Mediterraneo ci sono problemi analoghi, causati dalle popolazioni nomadi africane e arabe. Per di più, ai rinnovati attacchi dei «barbari», si ripropone l'eterno confronto con l'impero persiano, le cui schiere di cavalieri corazzati diventeranno un pericolo costante. 

Dal nostro punto di vista, scientificamente distante, tutta questa pressione è dovuta al naturale sviluppo demografico dell'uomo. Ma all'interno dell'impero il clima di cambiamento aleggia nell'aria e la tensione si fa sentire. In molti credono che l'impero sia ancora abbastanza forte ed efficace. Molti altri, invece, vedono e prevedono un capovolgimento di sorte. Si diffondono numerose previsioni catastrofiche. E se nel IV secolo l'impero verrà "restaurato", nel quinto tutto l'occidente cadrà in mano ai germani.

Intanto la pressione esterna provoca una decisa accellerazione nel cambiamento del potere politico interno. Nei quarant'anni di governo della dinastia fondata dall'africano Severus si verifica una profonda frattura fra l'imperatore e il senato, ossia fra il capo supremo dell'esercito e l'istituzione che rappresenta la vecchia "nobiltà" e che possiede circa la metà delle terre coltivabili, la ricchezza di allora. Severo, senatore proveniente da una famiglia estranea ai consueti circoli aristocratici, non utilizza più senatori di "sangue nobile" per i compiti amministrativi. Al loro posto chiama solo «cavalieri», uomini benestanti, non nobili, arricchitisi con il commercio oppure attraverso la carriera di ufficiale dell'esercito. Il senato non viene direttamente esautorato dalla direzione politica. Severo rispetta tutte le leggi tradizionali romane, ma, quando può, preferisce affidare le posizioni di potere ai professionisti della guerra. Il potere non passa totalmente nelle mani dell'imperatore e del suo esercito: la nobiltà terriera ha ancora il potere di guidare alcuni reggimenti.

Il senato stesso non fa nulla per rovesciare la dinastia afro-siriana, finché nel 235 sarà un militare qualsiasi a reclamare il titolo imperiale. Allora, e per altri trent'anni, i senatori saranno ancora in grado di guidare alcuni reggimenti legionari con cui tenteranno di riportare il governo nelle loro mani. Ormai, però, l'ordine dei «cavalieri», che prima era giuridicamente di secondo livello, avrà lo stesso prestigio della classe senatoriale. E questa lotta civile fra aristocratici e cavalieri darà il nome a quel periodo chiamato di "anarchia militare" (235-284).

Per il momento, sotto la guida dell'esperto comandante africano, le truppe imperiali hanno successo in oriente, conquistando alcune regioni della Mesopotamia settentrionale, ma poi vedranno il profilarsi di una interminabile guerra di difesa, sulla stessa frontiera orientale, come su tutte le altre. Questa inusuale situazione di guerra difensiva comporta gravi perdite finanziarie, che mettono in netta evidenza i problemi dell'economia imperiale. Con Settimio e suo figlio "Caracalla" le imposte vengono aumentate notevolmente, gravando non solamente sui bistrattati contadini, ma anche su artigiani, mercanti, e sulla popolazione più agiata, come gli ex-privilegiati senatori, e gli stessi «cavalieri». I militari però, avendo ormai un potere indispensabile al governo, rispondono alla pressione fiscale alzando notevolmente il tono delle richieste.

Anno dopo anno la "militarizzazione" dello Stato e delle finanze diverrà sempre più evidente e la pressione fiscale opprimerà sia il popolo, sia i «cavalieri», sia i senatori. Stretti nella infelice congiuntura politico-economica, i «cittadini romani» si occupano sempre meno del mercato, della cura della città e della cultura. Il ceto medio di artigiani e piccoli commercianti si sta impoverendo, e nel corso del tempo finirà per perdere libertà e tutele secolari. La presenza in città dei soldati, più massiccia che nei decenni precedenti, alimenta l'ostilità dell'intera popolazione. Le proteste e le ribellioni dei ceti sociali più deboli, o delle etnie minori, vengono represse con la forza. 

In una certa misura, comunque, anche il dissenso è permesso. Gli intellettuali che si sono convertiti al cristianesimo possono manifestare, quasi sempre, il loro sdegno per la politica militare del governo. I cristiani ormai non sono più una "setta" minoritaria. La loro presenza, anche se controvoglia, è stata accettata dalla società civile, ed è anzi definitivamente consolidata. Oltre ai cristiani, anche gli intellettuali "classici" tengono viva la cultura, entrando spesso in polemica coi "colleghi" monoteisti. Anzi, in alternativa alla forza emergente del cristianesimo, anche la cultura classica è tornata ad essere religiosa e sta rinnovando la sua consueta visione degli dèi. Il tentativo degli ultimi autori "pagani" è quello di considerare sia l'importanza della fede nella spiritualità, sia l'importanza dell'analisi razionale sulla parte materiale della realtà. Ma, oltre al cristianesimo, dall'oriente "magico" ed "esotico" si verifica un'impennata nella crescita di tutte le religioni tendenzialmente monoteiste, come quella del dio Sole, professata nell'esercito come alla corte imperiale.

In questo frangente di militarizzazione e crisi culturale permangono, quindi, aspetti che si possono definire di "buon governo". In generale la giustizia e la legge, con l'estensione della cittadinanza a quasi tutti gli 80 milioni di abitanti dell'impero, sembrano essere più uniformi e regolari rispetto alle tradizioni élitarie del passato. Ad esempio, il fatto di appoggiarsi ai «cavalieri», anziché alla nobiltà, fa sì che ai soldati semplici vengano concessi alcuni "normali" diritti, proibiti dall'antica dirigenza senatoriale, come quello normalissimo di metter su famiglia, che non era più rispettato da nessuno, ma che la legge prescriveva ancora. L'unificazione politica ha portato poi la diffusione dell'alta cultura greca nel resto del mondo. Tanto che per il III secolo si è parlato anche di "democratizzazione" della cultura.

In questa pagina

 

1. Difesa e "militarizzazione"

2. L'impero unificato

    Caracalla, l'imperatore dittatoriale

3. Le esigenze della difesa

4. Eliogabalo e i nuovi culti 

 

Confronta

La diffusione della militia christi (145-260)

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L'impero in pericolo

1. Il governo di Severo. Difesa e "militarizzazione" della società


Settimio Severo (193-211) fonda una dinastia che baserà il proprio potere sulla classe dei cavalieri. Il "vecchio" senato, ancora formalmente dotato dei suoi poteri, viene esautoranto dalle decisioni di governo. 

Durante il suo lungo regno (193-211), Settimio Severo esautora, nella pratica, il senato dalla direzione del governo, dando vita a una dinastia ereditaria che durerà quarant'anni, fino all'assassinio del suo ultimo discendente, Alessandro Severo, nel 235, da parte di un militare qualsiasi.

Subito dopo l'elezione formale, nel 193, il generale di origine africana licenzia i soldati delle coorti pretoriane, il potente corpo di guardia imperiale, l'unico che, fra truppe sovranazionali, era ancora formato da soldati italiani. L'accusa è di essere sfacciatamente corrotto e di aver sfruttato la propria posizione privilegiata, praticamente mettendo all'asta il posto da imperatore. Così i famigerati militari italiani vengono sostituiti dai soldati scelti che Severo aveva guidato sul Danubio, e che erano stati reclutati in quella regione (Illyria).

L'esercito imperiale

per un approfondimento sull'esercito consulta il dizionario dell'impero oppure collegati a uno di questi siti internazionali:

The Roman Army Page

Army Models

 

Mappe

Frontiera europea e popoli germanici

Mesopotamia e confine orientale

 

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Lo spirito prima del tramonto

 

Riassunto 

L'agonia del vecchio potere 193-284

Se tutte le frontiere subiscono pressioni da parte dei nemici schierati oltre le fortezze legionarie romane, quella illirica è una delle più tartassate. La prima avvisaglia che il "periodo d'oro" stava terminando è avvenuta proprio nella zona nord del Danubio, fra le attuali Austria e Ungheria, verso il Veneto, la zona di confine fra Italia e Illyria. Dopo centinaia d'anni senza irruzioni dall'esterno, l'imperatore filosofo Marco Aurelio (161-180) ha dovuto affrontare un'invasione di popoli germanici, constringendoli a tornare oltre il grande fiume blu. Poi ha intrapreso una campagna militare nei territori dei marcomanni, protratta per quattordici lunghi anni, fino alla morte avvenuta durante le operazioni stesse. Il figlio di Marco, l'imperatore Lucio Aurelio Commodo (180-192), al contrario, ha abbandonato la campagna di conquista, regalando ai cittadini, lontani dalle frontiere, un ulteriore decennio di pace.

Le truppe di frontiera, però, si dicevano preoccupate per la scarsa "attenzione" del nuovo sovrano nei confronti della "macchina militare" romana. Commodo, in tutta risposta, lamentava la mancanza di fondi, si circondava di soldati privati e soggiornava a Roma, distante dai problemi. La crisi economica era incipiente, la tensione cresceva nel popolo come negli eserciti. La pressione e le insistenze dei soldati, sia quelli imperiali sia quelli esterni, non accennava a diminuire. E così, nel 192, l'imperatore "pacifista" è stato ucciso in un complotto, accusato un po' da tutti di aver sperperato i fondi dell'impero per fini personali e di aver trascurato le minacce esterne. D'altronde in quel momento nessuno sospettava che le minacce dei "barbari" sarebbero durate per secoli.

La crisi economica

L'impero si è sempre basato sul latifondo schiavile e il mercato è sempre stato trascurato. Ora che le conquiste sono cessate, le casse dello stato non possono più essere riempite grazie ai bottini di guerra.

 

Dopo sei mesi di scompiglio causati dall'uccisone di Commodo, gli eserciti di frontiera hanno deciso di intervenire personalmente, scavalcando le intenzione della guardia imperiale (pretorianes) e forzando l'opinione del senato, i due vecchi rappresentanti del potere politico. Così nel 193 Septimius Severus, un valido generale (legatus augusti) da poco entrato nell'aristocrazia, marcia velocemente fino alla capitale, con tutte le truppe che al suo comando presidiavano la zona del Danubio. 

Estraneo ai tradizionali circoli governativi, Severo è il primo imperatore dello Stato costruito da Roma, nato in Africa. Ormai, infatti, l'impero è unificato: non si tratta più di un dominio militare dell'Italia sugli altri paesi. Da almeno un secolo anche i senatori e tutti gli imperatori provengono da paesi al di fuori della penisola. D'altronde la stessa legione "romana" di una volta, formata da cittadini volontari nati a Roma o in Italia, non esiste più. Ora i contingenti militari, sia legionari che ausiliari, sono costituiti da unità internazionali di soldati professionisti che cooperano per la difesa di un gigantesco stato sovranazionale. 

L'esercito imperiale

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Mappe

L'Illyria invasa da goti e sarmati

 

Dato che la potenza di Roma si è sempre basata sul controllo militare, vediamo in cosa consiste la "militarizzazione" di Severo. Innanzitutto l'imperatore non ha, e non vuole, l'appoggio del senato. L'amministrazione e la burocrazia vengono, di conseguenza, affidate a uomini che si sono distinti nell'esercito, o a «cavalieri» provenienti dall'Africa e dalla Siria, piuttosto che ai senatori tradizionalisti. Severo affida le nuove cariche esclusivamente ad alti ufficiali dell'esercito o a suoi amici di famiglia. L'aristorcrazia, però, viene mantenuta laddove era già presente. Fra una battaglia e l'altra, intanto, vengono fatte varie concessioni ai militari, di ogni origine e fede, che passano una dura vita in frontiera, combattendo contro britanni, alamanni, goti, sarmati, persiani, arabi e «barbari africani». 

I soldati semplici possono ottenere uno status giuridico migliore di quello di partenza, cosa che in precedenza non era concepibile, se non nell'arco di svariate generazioni. Inoltre viene abolita una vecchia legge, ormai sorpassata dalla consuetudine, che legava il soldato romano, "di una volta", solo allo stato di Roma, proibendo che i suoi figli fossero riconosciuti legalmente se derivavano da relazioni avute durante il servizio militare.

La ricca famiglia di Settimio, solo di recente entrata nell'ordine senatorio, è di formazione cosmopolita: i suoi parenti sono italiani, africani e siriaci. 

Le antiche origini si perdono nella notte dei tempi, quando i fenici della costa libanese avevano fondato la colonia di Cartagine, prima della conquista romana. 

Il fulcro culturale della dinastia, nei suoi quarant'anni di regno (193-235), verrà tenuto presso il circolo femminile residente in Siria. Lì saranno educati i nuovi sovrani.

 

 

Nella Roma senatoriale i posti e i ruoli all'interno dell'esercito venivano assegnati in base alla nascita: i senatori diventavano generali, i cavalieri componevano i quadri ufficiali, la plebe restava nei ranghi. Ora invece c'è un sistema "meritocratico". L'esercito viene "ammodernato", gli stipendi vengono aumentati (cosa non comune nell'antichità) e dotato di nuove funzioni amministrative, strappate alla vecchia dirigenza. Attento ad evitare un'inutile demagogia, comunque, Severo da abile generale, cerca di mantenere l'esercito funzionale ed efficiente. Ad esempio, la sua guardia privata, composta dai nuovi pretorianes illyriciani, deve sopportare ancora le limitazioni "arcaiche" della tradizione e rimanere rigidamente legata alla più ferrea disciplina romana. Lo scopo ufficiale è di redigere una migliore organizzazione, sia contro le minacce esterne sia contro le opposizioni "più intolleranti", come quelle cristiane in Africa, all'interno dell'impero. 

 

La tensione, in effetti, è decisamente alta. I nemici sono in continua crescita, soprattutto per l'espansione dei germani dalla Scandinavia verso sud, e per l'avanzata dei cavalieri nomadi attraverso le steppe erbose della Russia meridionale. L'ottimo generale sirio-africano riesce ad effettuare l'unica conquista di tutta la storia romana dopo il 117, annettendo il nord della Mesopotamia. Ma il bottino di guerra è lontano dal soddisfare le esigenze del bilancio imperiale. In più, la spesa dello stato viene aggravata dal reclutamento di tre interi reggimenti legionari completamente nuovi, e dal moltiplicarsi dei contingenti militari distaccati nelle varie città, in particolar modo a Roma, da dove si teme possano svilupparsi pericoli per il governo. 

 

Per pagare i nuovi soldati e i nuovi amministratori, l'imperatore tende ad incrementare il peso fiscale. Lo stato romano non ha mai avuto una solida base commerciale o produttiva, che gli consentisse un accumulo di capitali statali: così per pagare gli eserciti e l'amministrazione vengono continuamente aumentate le tasse sui cittadini, e viene diminuita drasticamente la percentuale di argento all'interno delle monete, una misura che dimostrerà le sue tragiche conseguenze sull'inflazione solo negli anni a seguire.

Approfondisci

 

La crisi delle città e della politica nell'ambito economico. Impero e militarizzazione. 

 

Città, campagne e schiavi

La crisi incipiente

La militarizzazione 

Dalle città all'imperium organizzato

 

La svalutazione della moneta e la depressione economica

Impoverimento, schiavitù e servitù

 

2. L'impero unificato


 

La classe aristocratica dei senatori sta perdendo i suoi antichi privilegi. Rispetto alla comune idea di "impero", finora quello romano non ha mai avuto un solido apparato burocratico che ne gestisse l'organizzazione. Lo stato era, per scelta, una sorta di confederazione fra città aristocratiche autonome. Dopo l'azione bellica di conquista, la situazione sociale pre-esistente all'annessione veniva lasciata grosso modo intatta, creando così un dominio aristocratico accettabile piuttosto che una dittatura autocratica insopportabile

 

 

 

 

Mappe

Frontiera europea e popoli germanici

Mesopotamia e confine orientale

 

Marco Aurelio Antonino detto Caracalla (211-217). È stato accusato di aver esteso la cittadinanza romana a tutto l'impero solo per motivi fiscali.

Alessandro Magno è il mito cui si ispira Caracalla. Nel 300 a.C. il sovrano macedone riuscì in pochi anni a conquistare l'enorme impero persiano che si estendeva ad est della Grecia. Da allora in poi il medio oriente è andato incontro a una forte "ellenizzazione" e ha fatto da ponte fra occidente ed estremo oriente. Quando Asia Minore, Siria, Palestina ed Egitto sono stati conquistati dai romani erano ancora retti da sovrani di provenienza ellenica.

Per circa nove secoli, le entrate di Roma erano arrivate nella stragrande maggioranza dalla "rapina" dei tesori nei paesi sottomessi. Nell'ultimo secolo e soprattutto negli ultimi decenni, data la mancanza di nuove conquiste che portassero ricchezza, le tasse sono aumentate un po' per tutti: non solo per i sudditi dei paesi conquistati, ma anche per i «cittadini romani», quindi anche per gli stessi «cavalieri» e per i senatori, che stanno perdendo peso politico. Già nel primo, ma soprattutto dal secondo secolo, mentre l'influenza aristocratica diminuiva, i governi reclutavano nuovi amministratori e ufficiali imperiali, che non sono più i ricchi nobili di una volta, ma dei semplici dipendenti dell'imperatore. Per pagarli viene aumentata continuamente l'imposizione fiscale. Nel terzo secolo le tasse sui «cittadini romani» diventano così alte che quando il figlio di Settimio, Marco Aurelio Antonino detto Caracalla (211-217), stabilisce per legge la piena cittadinanza romana a tutti gli uomini liberi dell'impero (212) non si tratta più della concessione di un privilegio, come lo sarebbe stata due secoli prima, ma della presa di coscienza di un dato di fatto. 

 

Da un punto di vista generale, questa dinamica porta a una specie di conquista "democratica": col tempo è stato raggiunto l'ideale civile di unificazione (o "pacificazione") dei popoli, perseguito almeno dal primo secolo avanti Cristo. Anche grazie alla diffusione della cultura greca molti cittadini spagnoli, galli, balcanici, africani e orientali si sentono parte di un'unico stato, concepito come una grande confederazione di città. Ormai non ci sono più i «sudditi proviciali» (peregrini): tutta la popolazione è formata da veri e propri «cittadini». Gli abitanti delle campagne, che rappresentano forse l'80-90% della popolazione, rimangono, come sempre, "sfruttati, oppressi e mal pagati", ma al di là delle differenze sociali, la maggior parte dei popoli romanizzati si percepisce come un'unica civiltà, contrapposta ai "barbari" esterni.

 

Confronta

Dalle città autonome all'imperium organizzato

Prima del declino: nobili «cittadini» dell'impero

3. Le esigenze della difesa. I soldati semplici contro i nobili


 

Una volta estesa la cittadinanza romana in tutte le terre imperiali, tutti i cittadini, se non davanti alla legge, appaiono "uguali" sicuramente rispetto alle richieste del fisco. Con "Caracalla" (211-217) l'attenzione della burocrazia si fa sempre più guardinga: la gestione della riscossione viene tolta alle ricche élite di cittadini, discendenti degli aristocratici locali, e affidata a un'autorità centrale che l'impero non ha mai avuto. Praticamente l'apparato militare stesso, che occupa gran parte delle spese imperiali, diviene il responsabile dell'esazione fiscale.

 

L'imperatore basa in modo evidente il proprio potere solo sul consenso degli eserciti, aumentandone i poteri, circondandosi di informatori e proteggendosi con guardie private. Ma, paradossalmente, nell'impero romano si fa fatica a trovare uomini che difendano lo Stato. Nell'esercito non ci sono più i "romani guerrafondai" di una volta e nemmeno gli italiani in generale. In queste terre "pacificate" da tempo le guerre vorrebbero essere evitate. La maggior parte della popolazione, vissuta per decenni in pace e tranquillità, non è affatto attirata dal rischioso mestiere delle armi. L'attività militare è diventata una vera "professione", un lavoro ben pagato, ma anche rischioso, cui si dedicano principalmente gli uomini di frontiera. La gente comune non gradisce la continua militarizzazione: le truppe imperiali, sguinzagliate nelle città, più che contingenti di pace, appaiono come una sorta di "polizia segreta" che spia, dirige e controlla un po' tutto.

 

Abbiamo visto che durante i primi due secoli dopo Cristo l'indebolimento della classe senatoriale ha portato all'aumento di possibilità di carriera un po' per tutti. In altre parole si è passati da un governo aristocratico tradizionalista ad uno meritocratico moderno. La carriera, però, si può fare solo nell'esercito. La "militarizzazione" consiste nel fatto che i nuovi ufficiali, sebbene più efficienti della "decadente" classe senatoriale, siano dei rudi militari, poco dotati dello spirito civico e culturale della tradizione romana. Essendo a corto di volontari e reclute, il governo offre a tutti i militari, compresi i contadini, lauti stipendi e qualche possibilità di carriera all'interno dello Stato. Durante il "primo impero", almeno fino al 150 d.C., per la "plebe rusticana" (contadini) non c'era la minima possibilità di avanzamento sociale. Invece ora, appena si inizia a salire nei gradi, si può usufruire di una sorta di "diritto di associazione" prima insesistente e, sembra, si possa addirittura entrare nell'ordine dei «cavalieri», anche se la famiglia era di origine "umile", cosa mai permessa in precedenza. 

 

Ora anche i contadini extra-italici sono considerati "cittadini romani" e possono arruolarsi nelle legioni, ambendo anche a ruoli più importanti. La nuova situazione giuridica, con l'estensione universale della cittadinanza romana, rende obsoleta la tradizionale distinzione fra legiones composte da «cittadini romani» (legionari), e auxilia composti da «sudditi provinciali» (ausiliari). Nel corso di pochi decenni gli imperatori saranno espressi dai ranghi dell'esercito e non più dalla vecchia cultura nobiliare. In breve tempo il capo dello stato, del governo e delle milizie - l'imperatore - sarà "di umile origine", appartenente alla classe contadina, a volte quasi analfabeta.

Riassunto 

L'agonia del vecchio potere 193-284

 

L'esercito imperiale

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La crisi economica

L'impero si è sempre basato sul latifondo schiavile e il mercato è sempre stato trascurato. Ora che le conquiste sono cessate, le casse dello stato non possono più essere riempite grazie ai bottini di guerra.

 

La crisi delle città

La formazione di un vasta burocrazia, la pacificazione interna, gli assalti esterni e la crisi economica concorrono alla perdita di potere politico, decisionale ed economico da parte delle città.

 

 

L'assimilazione dei germani nell'esercito

La potenza politica dell'aristocrazia tradizionale è del tutto scomparsa. Il senato, però, è ancora proprietario di vaste terre e, con la sua ricchezza tradizionale, fornisce buona parte delle tasse. Il diritto romano, inoltre, non si può eludere da un giorno all'altro. L'imperatore, anche in nome del popolo, deve rispettare la legge: la vecchia classe dirigente non può essere sostituita di colpo. Alcuni senatori, infatti, resteranno dei potenti avversari politici per i prossimi decenni, e cercheranno di riportare la situazione com'era in passato, riuscendo a guidare qualche legione (o "reggimento") almeno fino al 260

 

Caracalla, appassionato del mito di Alessandro Magno, ottiene alcuni successi in Mesopotamia utilizzando lo schieramento a falange, cioè di lanceri che avanzano in modo compatto, tipico della Grecia antica, ma nel 217 cade assassinato in una congiura di militari, che si dichiarano esasperati dal clima dittatoriale e dall'oppressione degli agenti segreti dell'imperatore. Per la prima volta viene eletto imperatore un militare dell'ordine dei «cavalieri». Ma il suo regno durerà solo pochi mesi. 

 

Confronta   Germani e romani alla frontiera. Migrazioni e razzie

 


Il tempio di Baal e di Venere in Siria (II secolo)

4. Eliogabalo e i nuovi culti 


Un anno dopo l'uccisione di Caracalla, il potente circolo femminile della casa dei Severi ribalterà il colpo di stato militare, presentando a Roma il rampollo della famiglia, Eliogabalo, o Elagabalo (218-222). Giovane e inesperto, l'imperatore cresciuto in Siria esibisce in occidente un cerimoniale mistico ed esotico, schernito dai "vecchi" senatori, ma rappresentante di un progressivo cambiamento sociale. La classe senatoriale che perde potere ha sempre visto la propria decadenza politica come diretta conseguenza della "bassezza morale" dei nuovi governanti. I senatori incriminavano per esempio le norme imperiali quali l'aumento delle tasse, oppure la provenienza extra-italica dei nuovi governanti, con le loro usanze non tradizionali.

 

Piano piano, in contrasto con la religione greco-romana classica, civica e razionale, anche fra i ceti elevati si stanno diffondendo culti monoteisti mediorientali, che predicano la giustizia in terra e la salvezza dell'anima individuale nell'aldilà. In un'epoca pervasa dall'idea di pace dei popoli, ma dominata dai soprusi, dall'insicurezza, dall'inflazione e dal ristagno economico si stanno imponendo alla storia quei valori universali che sono sempre stati negati dalla società antica. Il dominio aristocratico deve fare i conti con l'altra faccia della medaglia: le angosce del mondo femminile, la disperazione dei poveri, la paura della morte, la speranza in un futuro migliore. Anche il politeismo tende a forme di unificazione, ovvero di sincretismo o pan-teismo. Gli dèi vengono considerati nella loro globalità. I singoli dèi non sono più vere entità indipendenti, ma rappresentano una certa "qualità" di quella sfera divina complessiva, mai negata, comunque, dalla società politeista. Nell'esercito si adora una di queste divinità sovrane, il dio Sole, che ha inglobato anche le caratteristiche di Apollo, e di cui l'imperatore Eliogabalo è addirittura un sacerdote.

 

Così anche gli intolleranti monoteisti cristiani, nonostante la diffidenza dei "pagani", si possono muovere apertamente, grazie a lunghi periodi di tolleranza religiosa. Gli amministratori ecclesiastici hanno un certo spazio nella vita civile. Fra loro ci sono molti servi e schiavi affrancati, che stanno facendo i primi passi nella gestione fondiaria, ma soprattutto puntano a gestire i problemi della vita cittadina: appoggiandosi ai prestiti delle precarie "banche" private o sovvenzionati da alcuni nobili convertiti, si occupano del sostentamento alle vedove e ad altre categorie urbane poco tutelate dallo Stato e quindi a rischio di impoverimento, come operai, artigiani e commercianti.

 

Eliogabalo e il suo successore, Alessandro Severo (223-235), sono costretti a rivedere l'eccessiva politica fiscale di Caracalla, ma nel 235 Alessandro sarà il primo di una lunga serie di imperatori fatti e disfatti dalle turbolente richieste delle truppe, in difficoltà contro i germanici goti. Una volta l'aristocrazia controllava rigidamente un po' tutto, arrogandosi il diritto di governare, ma garentendo un governo saldo e il ferreo rispetto delle regole. Ora la situazione sta cambiando e i più competitivi ne vogliono approfittare. Le sorti dell'impero sono affidate in tutto e per tutto alla direzione della classe militare e il governo si trova alla mercé di cruente lotte per il potere. Nel gioco politico vengono coinvolti sempre meno senatori e sempre più ufficiali, che dovranno concertare i problemi di tutte le categorie di contribuenti con le richieste economiche dei loro soldati professionisti

 

Confronta  La diffusione della militia christi 
Approfondisci  L'uccisione di Alessandro Severo e le incursioni «barbariche» 

Mappa dell'oriente

 

La diffusione del cristianesimo

 La diffusione della militia christi (145-260)

 

L'incontro-scontro con la romanità

La 'grande chiesa'

Le grandi persecuzioni

La milizia pacifista

Le diatribe teologiche e le eresie

 

 

La diffusione della religiosità orientale al governo

Dopo la parentesi di Eliogabalo e dopo gli anni dell'anarchia militare, il culto del Sole sarà ufficializzato da Aureliano (270-275). 

I nuovi imperatori

 

Diocleziano (284-305) porterà a corte definitivamente  il cerimoniale orientale

L 'incarnazione del divino

 

 

La diffusione della militia christi (145-260)

 

Riassunto 

L'agonia del vecchio potere 193-284

L'agonia e il cambio di potere (193-476)

L'impero in pericolo

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Cronologia