I nemici dell'Impero | Il tramonto dell'impero |
Guerrieri goti 180 - 300 |
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La tribù germanica dei goti assunse notevole importanza nel III secolo compiendo numerose incursioni nell'Europa dell'est, passando il Danubio e colpendo il territorio romano. Probabilmente migrati dalla Scandinavia qualche secolo prima, arrivarono sulle sponde del mar Nero verso il 220-230, insieme agli affini gepidi. Vicino al fiume Dnstr - il Tyras dei romani - edificarono semplici villaggi. Fra il 235 e il 270 fecero numerose irruzioni in territorio imperiale, saccheggiando città e villaggi poco fortificati. In breve tempo, insieme agli eruli e ai popoli delle steppe, divennero abili anche nella pirateria. Sconfitti pesantemente dall'imperatore Claudio II (268-270) - che per questo ricevette il titolo gothicus - si ammansuirono per qualche tempo e si stabilizzarono politicamente, mettendo in evidenza la differenziazione in due entità "statali" ben separate, gli ostrogoti e i visigoti. Per mezzo secolo i cittadini romani nei Balcani, in Grecia e in Asia Minore avevano subito incendi e rapimenti. In seguito a queste incursioni i reggimenti balcanici divennero un focolaio di ribellioni, ma anche un serbatoio di ottimi generali. Proprio da queste terre nacquero gli imperatori che "restaurarono" l'impero. |
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I primi spostamenti La nostra maggiore fonte storica sui goti è Giordane - Jordanes, goto romanizzato, forse vescovo di Crotone - che scrisse la storia del suo popolo verso il 552 d.C. Secondo il suo racconto, i goti migrarono dalla Scandinavia meridionale - probabilmente dall'isola che ancora oggi si chiama Gotland - fino alle foci del fiume Vistola, arrivando sul continente, nell'attuale Polonia. Adorando il suo popolo, Giordane commise un grosso errore: confuse gli antichi geti per antenati dei goti. In questo modo lo storico dei goti dotava il suo popolo di un passato prestigioso e illustre, a contatto con gli antichi greci. Per Giordane la migrazione avvenne in un'epoca mitica, prima di Alessandro Magno, verso il V secolo a.C. Secondo gli studi moderni, è molto probabile che la migrazione sia avvenuta attorno al I secolo a.C. |
Confronta con |
Gli studiosi pensano che i goti fossero pastori seminomadi, quindi ad un grado di civilizzazione che si suol definire "primitivo". Prima di spostarsi, conoscevano sicuramente il continente grazie ai mercanti che percorrevano la via dell'ambra, una tratta commerciale che parte dalla Vistola e si estende in due rami, uno in Ucraina attraverso il fiume Dnster fino al mar Nero e l'altro più direttamente a sud verso il mar Adriatico. Comunque fu evidente, fin da subito, la supremazia guerresca che avrebbe contraddistinto i goti nei secoli a venire. Approdati sul continente, probabilmente in qualche migliaio, sconfissero i rugi e i vandali, impossessandosi di territori e villaggi che si erano arrichiti grazie al commercio di ambra. Questi dati, desunti da varie fonti, sono confermati anche dagli storici greco-romani Strabone, Tacito e Plinio. Tutti questi storici, Jordanes compreso, ci informano che la società dei goti era organizzata nelle tipiche sottotribù germaniche - le sippen - cioè in famiglie allargate, paragonabili alle gens romane e ai clan celtici. Le super-famiglie germaniche non erano così rigide come quelle romane, ma comunque erano rette da un forte patriarcato. Mentre altre tribù avevano una specie di "senato", come lo chiama Cesare (100-66 a.C.), cioè una sorta di consiglio di sicurezza, fra i goti in maniera evidente comandavano solo dei capi che agivano come padroni indiscussi. |
civiltà
e civilizzazione
Nei termini usati dagli storici, civiltà e
civilizzazione hanno come riferimento la vita in città, e lo sfruttamento
dell'agricoltura come metodo di sopravvivenza. Anche se spesso hanno assunto un significato implicito di superiorità,
soprattuto a confronto con quello di barbarie, ora che sono stati svuotati dal prodotto della
presunzione, possono essere usati in modo comparativo e descrittivo, per permettere una conoscenza
sincera, obiettiva, e senza pregiudizi, ma che resti chiara ed analitica.
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La saga epica dei Gothi Attorno al 150 d.C. i goti iniziarono ad attraversare la vastissima pianura, ricoperta di boschi, paludi ed enormi distese d'erba, che dalla Polonia raggiungeva il Mar Nero. Jordanes, lo storico italo-goto del VI secolo, ci informa che il viaggio avvenne sotto la guida dei leggendari re Berig e Filimero, figlio di Gandarig. Fra il 180 e il 196, secondo le fonti romane, fu interrotto il commercio dell'ambra. È ipotizzabile che furono i goti stessi a provocare questo fenomeno, sconfiggendo nuovamente rugi e vandali, ma questa volta in modo pesante, determinandone il movimento verso sud, fino all'attuale Baviera. Si può ipotizzare che anche i precedenti attacchi dei marcomanni, i primi verso l'impero - nel 166 - siano stati in qualche modo influenzati dalla migrazione dei goti, con le successive battaglie che tale migrazione comportò. |
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Le varie tribù migravano assieme. In testa c'erano le famiglie più importanti, come quella degli Amal. Prima del 200 esse avrebbero esteso il proprio dominio fino ai Carpazi. Forse affrontarono i romani che si volevano espandere in Boemia, e forse provocarono tumulti fra i daci (214-218). Infine sembra certo che fra il 220 e il 230 si stabilissero finalmente nell'odierna Ucraina, intorno alla Crimea e sulle circostanti sponde del mar Nero. Il territorio era chiamato Scizia dai greci e Sarmazia dai romani, a seconda dei popoli - nomadi - che l'avevano abitato. I goti lo conoscevano come Ovim. Qui costruirono le loro capanne, di legno e paglia. In seguito questa avventura della migrazione sarebbe stata narrata nella saga epica degli Amelunghi - uno dei clan più potenti probabilmente da identificare con gli Amal - racconto epico analogo alle saghe celtiche, ai canti omerici, e prototipo dei cantari germanici medievali. I goti non conoscevano la scrittura e non la conobbero ancora per circa un secolo. I canti venivano quindi declamati ad alta voce, con l'accompagnamento di uno strumento musicale, simile alla cetra. Probabilmente le gesta epiche degli antenati erano narrate la sera, attorno al fuoco. Jordanes parla di sanguinosi sacrifici al dio principale, il dio della guerra, identificato ovviamente con Marte. I germani antichi, al contrario dei celti, non erano molto abili nell'uso della spada. E infatti Jordanes cita come loro principale abilità l'uso dell'arco. In Crimea, sul mar Nero, i goti trovarono i villaggi e le città fortificate degli eredi degli scyti, un popolo di antiche origini nomadi, parzialmente ellenizzato ma non romanizzato, che aveva costruito delle città-stato indipendenti, sul modello greco. Queste città erano come dei piccoli regni, su di esse si hanno scarse notizie, ma si sa che erano alleate dell'impero, col quale commerciavano soprattutto grano. Gli sciti avevano resistito anche alle incursioni dei sarmati, un grande popolo nomade che arrivava a cavallo dalle steppe russe. La loro capitale si chiamava Neapolis, come la colonia della Magna Grecia, e probabilmente non fu mai conquistata dai goti. Sulla fine del III secolo, dopo un periodo di buon vicinato, Olbia (l'attuale Odessa) sarebbe caduta nella mani dei goti, senza opporre resistenza. Altre città portuali rimasero neutrali, in modo da fornire uno sbocco commerciale di cui si potevano avantaggiare entrambe le popolazioni ai lati opposti del confine. Infatti dal 235 al 270 i goti avrebbero compiuto numerosi incursioni nei territori romani, al di là del Danubio e del mar Nero. Nelle città indipendenti potevano trovare un posto di ristoro e acquistare i beni necessari. In più rivendevano parte del bottino e soprattutto facevano riscattare i prigionieri facoltosi. Il popolo germanico subì l'influenza culturale e il fascino di questa gente ellenizzata, così come quello dei romani e delle nuove popolazioni che arrivavano dall'oriente, i sarmati. Nel terzo secolo dopo Cristo, in questi luoghi a nord del mar Nero, confluirono varie tribù di sarmati, alto-iranici, e varie tribù germaniche a seguito dei goti. Spesso nelle fonti romane di questo periodo compaiono, all'improvviso, i nomi di alcune tribù abitanti in questi luoghi, il cui comportamento era molto simile. L'influenza nel costume e nell'armatura che gli asiatici trasmisero agli europei è talmente alta che a volte non è facile capire l'origine di queste tribù. Ad esempio i gepidi e gli eruli, nonostante il costume orientaleggiante, da cavalieri delle steppe, sembra che fossero di natali germanici. |
Confronta
L'avvio della crisi. La dinastia di Severo e la militarizzazione della società (193-235) |
Incursioni «barbariche»
Verso il 220-230 i germanici goti erano giunti nell'odierna Ucraina. A stretto contatto con le popolazioni nomadi asiatiche, i battaglieri goti, e le altre tribù germaniche migrate assieme a loro, subirono l'influenza delle società nomadi orientali. Queste ultime, i sarmati, sebbene vivessero in tende di pelle, avevano una lunga storia alle spalle, erano socialmente più organizzati, combattevano da decenni contro l'impero, ed erano abituati a una vita fatta di battaglie, ma anche di diplomazia. Per quanto riguarda l'arte della guerra, i goti non erano ancora adatti a combattere contro i romani, ma nel giro di pochi anni poterono affinare l'uso del cavallo, dell'arco, e della spada, nei quali eccellevano i cavalieri di origine alto-iranica. Nel contempo tutti i «barbari» si stavano pericolosamente ammassando sull'interminabile linea di confine che si stendeva lungo il Reno e il Danubio. Durante il "periodo d'oro" dell'impero Marco Aurelio (161-180) aveva respinto i Marcomanni oltre il limes. Nei successivi quarant'anni di "militarizzazione" Severo e Caracalla avevano evitato qualsiasi irruzione esterna. Invece l'imperatore romano Alessandro Severo (223-235) - l'ultimo della dinastia "siriaca" fondata da Settimio nel 193 - avviò l'offensiva contro i germani che si ammassavano sul confine. Durante le trattative che Alessandro stava conducendo con gli alemanni, le truppe organizzarono un colpo di stato e trasferirono il potere a uno sconosciuto ufficiale danubiano che aveva fatto carriera nell'esercito. Alessandro fu eliminato: era ritenuto troppo giovane e facente parte di una dinastia "troppo spirituale". Il nuovo imperatore, Massimino (235-238), era originario proprio dei Balcani. Ostacolato da più parti, dovette affrontare immediatamente, e con successo, le trame che miravano alla sua eliminazione. Subito dopo cercò di proseguire il programma indispensabile di difesa. Si volse contro gli alemanni respingendoli pesantemente, e poi, senza un attimo di tregua, accorse dal Reno al Danubio. Qui vinse i sarmati e i «daci» (probabilmente si trattava della tribù dacica dei carpi, forse insieme ai goti) e infine si mosse verso l'Italia, per ribadire la sua elezione. Il senato, che nei quarant'anni precedenti era stato messo in ombra dalla dinastia di Severo, aveva ratificato controvoglia l'elezione di Massimino, ma nel frattempo stava allestendo un esercito da inviargli contro. L'esercito di Massimino, avendo affrontato numerose battaglie in un breve lasso di tempo, si era trovato con ingenti perdite e così il sovrano aveva arruolato un esercito di mercenari «barbari», fra cui numerosi goti - famosi fra gli stessi germani per la loro bellicosità. La prima apparizione "a livello internazionale" di alcune bande gotiche non fu però coronata da successo: l'esercito mercenario si dimostrò inefficace e fu sconfitto da quello "senatoriale". Il senato potè così rieleggere un suo uomo: il proprietario terriero nord-africano Gordiano III (238-244). |
Confronta L'avvio della crisi. La dinastia di Severo e la militarizzazione della società (193-235) Anarchia militare: l'impero in pericolo (235-284)
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Due anni dopo, però, nell'attuale Bulgaria i goti, indisturbati, poterono saccheggiare la città di Istrus, alla foce del Danubio, facendo prigionieri vari cittadini, anche di famiglie ricche. Nella negoziazione col governatore della regione - la Mesia - ottennero che l'impero pagasse un contributo annuo in cambio della restituzione dei prigionieri e dell'astensione da future razzie. Inizialmente lo stato romano cedette al nuovo potere dei goti, ma successivamente si preoccupò di rinforzare la difesa di frontiera, di reclutare nuovi soldati e di riorganizzare i compiti degli ufficiali. Così nei Balcani ci fu qualche mese di tranquillità durante i quali, secondo alcune versioni, Gordiano III (238-244) assoldò un contingente di goti per la spedizione in oriente contro i persiani, che, non dimentichiamolo, continuavano a premere sull'altro confine caldo, in Mesopotamia. Questa volta ad approffitare della guerra e della tensione che serpeggiava nell'esercito, sia a occidente che in oriente, fu un militare arabo. Come Massimino, Filippo (244-249) era un «cavaliere», ma come la dinastia "troppo orientale" dei Severi, era di tendenze monoteiste. I goti approfittarono della continua tensione nell'esercito e invasero ancora la Mesia (Bulgaria e Serbia), denunciando che non gli era stato pagato il soldo promesso (forse quello di Massimino, forse quello di Gordiano per l'ipotizzata partecipazione alla spedizione persiana). Le tribù germaniche si stavano organizzando per meglio affrontare un grosso esercito regolare, com'era sempre stato, tradizionalmente, quello romano. Ora i goti erano diretti da un potente capo guerriero - Kniva - il cui nome evoca una lama spietata. L'impero subì una grossa irruzione, ma l'avanzata fu fermata alle mura di un'importante città in Bulgaria, Marcianapoli, che i goti cercarono inutilmente di conquistare. Culturalmente "arretrati", vivevano in capanne o case di paglia e legno, e, sebbene guidati da una sorta di aristocrazia guerriera, erano ancora a digiuno di tattica militare e completamente sprovvisti della tecnica per la costruzione di macchine d'assedio. Nello stesso anno i territori romani subirono una lunga serie di incursioni minori. Ma la serie fu talmente grande che la Mesia fu addirittura sul punto di passare totalmente nelle mani dei goti. Molti soldati dell'esercito imperiale, natii di quelle terre, privi di amor patrio verso la lontana Roma, erano passati alle file degli avversari. Da vari anni le irruzione dei goti sembravano facilitate dagli stessi militari danubiani. Durante i festeggiamenti per l'anno 1000 dalla fondazione di Roma (248 d.C.), l'imperatore Filippo, detto l'Arabo, per la sua origine, rischiava l'ennesima ribellione di una intera divisione (legione). Per questo motivo Filippo sostituì il governatore generale di Mesia e Pannonia (Bulgaria, Serbia e Ungheria) - responsabile dell'intero settore - col governatore della città di Roma, di ricca famiglia italiana, ma nato in un villaggio presso il Danubio. In sei mesi il nuovo generale-governatore, Decio, portò ordine fra l'esercito e i soldati. Ma poi ci fu il quarto "golpe" militare nel giro di vent'anni. Decio stesso fu eletto imperatore. Si diresse in Italia e sconfisse Filippo l'Arabo in battaglia. Anche il nuovo regno, però, caratterizzato dal "tradizionalismo aristocratico" e dalle persecuzioni anti-cristiane, sarebbe stato breve: durò soli due anni. |
Confronta L'avvio della crisi. La dinastia di Severo e la militarizzazione della società (193-235) Anarchia militare: l'impero in pericolo (235-284)
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Infatti una nuova invasione di goti procurò all'impero il quinto cambio di guardia. Nel 250 Un enorme gruppo di goti, praticamente un'esercito, di nuovo alla guida di Kniva, si riversò sul già bistrattato territorio balcanico. I germani si divisero in due schiere. Il nuovo governatore senatoriale designato da Decio al suo stesso posto - Treboniano Gallo - non fu in grado di arrestare l'avanzata del nemico, e le orde germaniche poterono saccheggiare più volte le attuali Bulgaria, Serbia e Kosovo. Nel frattempo l'imperatore Decio raggiunse il luogo dell'invasione e, insieme al suo governatore, sfidò i goti sul Danubio. I tempi in cui i generali romani preparavano con la massima cura ogni più piccolo dettaglio strategico e tattico erano molto lontani. Così - dopo i numerosi scontri minori degli anni precedenti - ci fu una grande battaglia campale, che fu persa dai romani. Dopo 279 anni di successi internazionali, Decio fu il primo generale-imperatore a perdere una guerra e morire in battaglia. Forse l'eliminazione del sovrano legittimo fu comunque dovuta al tradimento di Treboniano Gallo, che durante la battaglia, e anche prima, si era dimostrato "stranamente" inefficace nei confronti di qualsiasi iniziativa avversaria. Il fatto è che le truppe scampate alle lame dei goti proclamarono come nuovo imperatore proprio il nobile Gallo (251-253). Così per la seconda volta consecutiva proprio lo stesso uomo che era stato deputato a fermare gli attacchi nemici, si era ribellatto al proprio imperatore e l'aveva sostituito. Il neo-eletto Gallo lasciò che i goti tornassero nelle proprie terre, con tutto il bottino e i prigionieri. E per di più promise loro nuovi tributi per gli anni successivi, mettendo l'impero - gravato da una pesante crisi economica - in una situazione ancora peggiore di quella da cui proveniva. L'impero stava attraversando un periodo di crisi (235-284), caratterizzato da un continuo avvicendamento al trono imperiale e da lunghe guerre intestine, combattute fra «cavalieri» e senatori, ai comandi delle legioni dello stesso esercito romano. Approfittando del momento, goti e sarmati compirono diverse incursioni in territorio imperiale, aumentando e prolungando l'insicurezza dello stato romano. Le bande di guerrieri misero a dura prova i reggimenti dell'esercito imperiale, che, oberati dalle guerre civili, non furono più in grado di prevedere e arrestare le trame avversarie, al di là del confine renano-danubiano. I soldati romani non potevano più vantarsi di essere imbattibili e furono costretti ad apprezzare il valore guerresco dei «barbari». Solitamente i tentativi di razzie germaniche erano diretti contro le campagne o i villaggi minori. Ma ora che i contingenti militari lasciavano ampi spazi di manovra, a causa dell'impegno interno e della contemporanea presenza di nemici alle altre frontiere, i goti dal Danubio, gli alemanni e i franchi dal Reno puntarono verso le città interne, che non avevano guarnigioni militari fisse, né mura a loro difesa. |
Confronta L'impero in pericolo (235-284)
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Pirati! in allestimento Erano passati vent'anni dal loro arrivo sulle sponde del Danubio e del mar Nero. L'impero si trovava in una crisi economica, politica e militare mai vista. I goti avevano guadato spesso le acque del Danubio e le pianure paludose dell'odierna Bulgaria, che allora si chiamava Mesia. Presto sarebbero diventati anche pirati, solcando con agili barche il Damubio e il mar Nero. Dopo secoli di sicurezza navale, i romani avevano allentato l'attenzione, lasciando perdere la marina e le sue tattiche. Nel 253, insieme a burgundi e carpi, i goti arrivarono in Asia Minore (Efeso, Pessino). respinti da emiliano. 254 tessalonica non espugnata -> Tracia e Macedonia. insieme i nuovi arrivati nelle steppe ucraine, eruli (?) (o sciti? o sarmati?). si dedicano alla pirateria. prendono navi dagli stati del bosforo 256 insieme ai carpi invadono la Dacia. altra spedizione navale -> calcedonia presa senza combattere, varie città in Bitinia date alle fiamme, fra cui Nicomedia e nicea. |
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Insieme ai goti, sotto Valeriano, gli alemanni attaccarono le attuali Svizzera, Austria e Baviera. I franchi fecero la loro prima apparizione a livello internaziomnale. E sul fronte orientale i persiani, che erano stati tenuti a bada per 30 anni, riuscirono a spezzare il fronte imperiale, conquistare tutta la Mesopotamia, parte della Siria e dell'Asia Minore. Per badare a questa offensiva l'impero dovette subire una divisone in tre "sotto-imperi" autonomi. Nel 262-67, sotto Gallieno, un gruppo di barbari che comprendeva i futuri ostrogoti gli eruli, invasero ripetutamente i territori romani, dalla Tracia alla Bitinia, anche con incursioni navali, riducendo in cenere abitazioni e santuari ellenici protetti da consuetudini secolari. 262 Ellesponto (tempio di efeso), Galazia, Cappadocia. 266 Eraclea in Bitinia. L'impero si era diviso in tre. per l'Italia e i Balcani, Gallieno cambiò finalmente la strategia di difesa, adottando piccole formazioni mobili di cavalleria che potessero correre rapidamente sul luogo dell'irruzione. Cionoonstae gli ufficiali dell'esercito balcanico si ribellarono ancora, coem nei precedenti decenni. Ma finalmente avevano acquisito la giusata abilità militare per affrontare i nuovi pericoli. Nel 268 inizia il periodo degli "imperatori illirici", che durerà quasi per un secolo. Claudio II, Aureliano, Diocleziano, Costantino e Valentiniano |
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Due gruppi differenti in allestimento Non è sicuro, ma è probabile che verso il finire del III secolo siano state fondate delle città vere e proprie lungo le rive del Dnestr, in Ucraina. Comunque, a partire dal 268 gli storici cominciano a parlare di due gruppi distinti di goti che in seguito formeranno vere e proprie entità statali distinte. Secondo Jordanes già all'arrivo in Ucraina i gruppi principali sarebbero stati due: la tribù dei visigoti guidati dalla famiglia dei Balti, gli ostrogoti guidati dalla famiglia degli Amal. Altre fonti invece nominano varie tribù maggiori, da quattro a sei. Il grande storico "classico" del IV secolo, Ammiano Marcellino, duecento anni prima di Jordanes chiama le due tribù principali, contro le quali combatté in prima persona, tervingi e greutungi. I tervingi sarebbero gli "antenati" dei visigoti, il cui nome fu forse "inventato" da Alarico attorno all'anno 400, quando unificò le varie tribù "visigote" sotto il suo comando centrale. Nell'altro gruppo gli ostrogoti sarebbero stati presenti da molto tempo, ma avrebbero assunto importanza solo dopo il periodo di sottomissione agli unni (375-451). Secondo lo storico Herman Schreiber ostrogoti significa... e visigoti goti saggi. Sintetizzando, gli "ostrogoti" abitavano a est del Dnestr, nella steppa, i "visigoti", a ovest, nelle foreste. Questi gruppi misti (aristocrazie guerriere) devastarono i Balcani e le Coste dell'Egeo (268-270). Nel periodo in cui l'impero romano si rafforzò i goti dovettero stipulare trattati di pace e rispettarli. Nel 269 li sconfisse pesantemente l'imperatore Claudio II (268-270), che nell'occasione si guadagnò il titolo di Vincitore dei Goti (gotichus maximus); nel 271 i visigoti occuparono la Dacia, abbandonata da Aureliano (270-275). 275, Marco Claudio Tacito sconfisse goti ed alani in Asia Minore. Probo li scacciò di nuovo da quei territori. Per un po' di tempo furono pacifici e fornirono contingenti militari ai romani, in genere di piccole dimensioni. Durante la tetrarchia (284-305) i goti furono pacifici e fornirono contingenti all'impero per la guerra contro i persiani (296). Gli imperatori d'occidente sconfissero più volte i ribelli gallici e britannici, nonché i germani del Reno (franchi, alemanni e burgundi). Diocleziano e il suo vice Galerio combattono sul Danubio contro le popolazioni "pre-gotiche" di quell'aria, come i nomadi Sarmati, i pastori Carpi, e alcuni germani: gli Eruli, affini ai goti, e i Bastarndi che erano fra i primissimi germani ad essere arriviti qui, ben cinquecento anni prima dei goti. I soldati dell'impero romano combatterono anche contro i "bosforiani", quelle popolazuioni mercantili foprmatisi attorno alla Crimea, come confluenza degli antichi greci e degli antichi sciti. In questo periodo i goti poterono organizzare meglio le proprie istituzioni, mettendo così in evidenza la separazione della popolazione in due gruppi distinti, gli ostrogoti e i visigoti, che rimanevano uniti per la tradizione e la lingua, ma erano governati da due capi - o re - autonomi.
Negli anni 320-32 quelli che si schierarono contro Costantino (soprattutto visigoti), dovettero subire delle umilianti e ripetute sconfitte, che portarono ad una pace armata trentennale. i goti alleati coi sarmati avevano invaso i Balcani, ma Costantino li respinse e li inseguì fin oltre il Danubio. Qui li costrinse a un accordo che prevedeva la fornitura di 40.000 uomini, ogniqualvolta ce ne fosse bisogno. Questo contingente rimase costantemente a far parte delle truppe imperiali. Secondo giordane c'era un re solo, GErberico, ma se la notizia viene riportata da Dexippo forse è del III secolo, no? Numerosi gruppi germanici si stanziano come alleati (foederati) all'interno del confine. |