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Il Cilento è una
subregione montuosa della
Campania che si protende come una penisola tra i golfi di
Salerno e di
Policastro. Anticamente il Cilento era parte della
Lucania (insieme con il
Vallo di Diano e il golfo di Policastro): di questo è
rimasto segno nel dialetto, nelle tradizioni gastronomiche e
nella toponomastica (Vallo
della Lucania,
Atena Lucana).
La zona è limitata a nord dall'Alburno
e ad est dal
Vallo di Diano. Il gruppo montuoso del Cilento è
a tavolieri, con allineamento principale verso l'Appennino,
ma, per l'erosione esterna che l'ha inciso in più sensi, ha
un'orografia complicata e confusa. È costituito da
calcare del
Cretaceo e da
dolomia, perciò vi si verificano dei
fenomeni carsici.
Le vette più importanti sono il
Monte Cervati (m. 1899), il
Monte Sacro (m.1705), il
Monte Bulgheria (m.1225) che, pur superato da altre cime ma,
spicca per il suo isolamento. Il Cilento ha boschi di faggi e di
lecci, è scarsamente popolato e impervio ed i suoi centri
maggiori si trovano a notevole altezza, anche sopra i 600 m.
Il Cilento si presenta ad un viaggiatore attento come un
ambiente in cui il confine fra mito, storia e paesaggio si
stempera e si confonde. Se il viaggiatore giunge dal mare le
spiagge e le scogliere, le falesie e le grotte si confondono con
il verde degli ulivi e della macchia, se invece arriva in treno
o in auto, entra attraverso piccoli borghi incuneati nelle
strette valli fluviali, o costeggiando le spiagge di Paestum.
Ancora oggi i miti si confondono con le certezze della storia a
dare anima e nobiltà ad un paesaggio eccezionale, vario e
movimentato: Palinuro ed Enea, Ercole e i
Vastasi (giganti del monte della Stella), l'arcangelo
Michele e i dolmen di San Mauro Cilento, la sirena
Leucosia, sepolta, si racconta, nei pressi di
Castellabate.
Lo stesso toponimo è avvolto nel mistero. Oggetto di
contrapposte analisi filologiche, le tesi più accreditate
giungono anche a mettere in dubbio la più accorsata
interpretazione di Cilento = cis-Alentum ''al di qua
dell'Alento'', giacché qualcuno avanza l'ipotesi che il nome
Cilento derivi dal greco bizantino Cyr-Alynthos
''città che domina l'Alento''. In ogni caso un mondo visto da
una parte precisa dell'Alento, quello di chi da Roma o da
Cava de' Tirreni era da qua dell'Alento, per significare
che quello era il confine.
Il Cilento, denominato Enotria da Erodoto, Plinio
e Stefano di Bisanzio, fu occupato dai Lucani nella parte
collinare e montuosa; la costa fu invece interessata alla
colonizzazione greca, della quale Posidonia/Paestum
ed Elea/Velia hanno tramandato testimonianze
significative. Mentre Velia resisterà alla pressione lucana,
Paestum ne subirà l'occupazione e l'inculturamento.
Con la conquista romana il territorio a sud del Sele, distinto
dalla Campania, e denominato Lucania, fu incluso nella
tertia regio augustea. Il passaggio dei Visigoti di Alarico
e dei Vandali di Genserico procurarono effetti negativi sulla
popolazione e sulle attività, in parte ripresi sotto i sovrani
ostrogoti. I bizantini ed i saraceni crearono nel Cilento
delle teste di ponte per contrastare i longobardi, che alla fine
se ne assicurarono il possesso.
In epoca moderna il Cilento ha riassunto i termini del
più ampio gastaldato longobardo di Lucania, con un
territorio compreso fra il fiume Sele a nord, il displuviale del
Vallo di Diano ad est, i fiumi Casaletto e Bussento
a sud, il Tirreno ad ovest.
Con i normanni la Baronia del Cilento, composta di ben 44
terre, fu concessa a Targisio di Sanseverino, la cui famiglia la
conservò quale unico ed organico complesso feudale fino al 1552,
allorché fu smembrata in numerosi piccoli feudi che caddero
nelle mani di funzionari e nuovi opportunisti: il Cilento si
trovò così ad attraversare un periodo di angherie che ne
determinarono l'arretramento, aumentando in tal modo il divario
socio - economico nei confronti delle altre aree del
Principato Citra.
Numerose le tracce dell'azione culturale greco - bizantina,
favorita anche dalla generosa politica dei principi longobardi e
convivente con quella chiesa latina, disseminate nei paesi e
villaggi cilentani.
Il ripopolamento delle terre e l'ampliamento delle colture si
consolidarono con la successiva presenza dei monaci benedettini,
che da Cava intesserono una discreta ramificazione nel
Cilento.
Le torri di guardia, frutto dell'azione di difesa delle
popolazioni costiere contro le incursioni saracene, costruite
dai privati e da università prima del 1566, e dopo questa data
per ordine del Regno di Napoli, lungo tutto il litorale da
Paestum a Policastro, oggi occhieggiano attraverso
qualche residenza privata, o qualche night alla moda, oppure
hanno lasciato sul terreno solo misere testimonianze, restano
comunque soffuse di un vago romanticismo per quello che hanno
rappresentato.
Nell'Ottocento, i fermenti, che a livello culturale affondavano
le radici nelle speranze illuministe del Settecento e del
Decennio francese, sfociarono nei moti politici del 1828 e del
1848, repressi dalla reazione borbonica; la zona di
Sapri fu teatro della sfortunata
spedizione di Carlo Pisacane; effimere nei risultati
furono anche le rivolte dei contadini, tese ad una equa
distribuzione delle terre, ma strumentalizzati e truffati dai
nuovi borghesi.
Venendo
all'oggi, se è stato lento il processo di questi ultimi decenni
per ridurre le distanze sociali ed economiche, va pure detto che
non si è disperso tuttavia un patrimonio di tradizioni. Ed è il
Parco Nazionale del Cilento e del
Vallo di Diano, e il suo corollario di strumento per lo
sviluppo compatibile, a rappresentare oggi l'occasione del
riscatto storico. Dopo i fatti del 1552, quando con la caduta
dei Sanseverino si ridefinì in gran parte l'assetto territoriale
dei feudi, il primo fondamentale atto di riorganizzazione
territoriale e funzionale, la ritrovata unità territoriale.
Il Cilento è soprattutto colline e montagne, se del
paesaggio non facessero parte piccole piane costiere ed il
Vallo
di Diano, una grande pianura interna, un tempo occupata da un
lago, oggi scomparso. Frastagliati i rilievi e continuo il
susseguirsi di dorsali montuose: alcune con versanti ripidi e
scoscesi, e colline rotondeggianti, variamente orientate, ed
incise da un fitto reticolo idrografico. Un territorio ricco di
contrasti, dove l'altimetria passa alquanto velocemente dalle
sabbiose coste ai quasi duemila metri (1.899, per l'esattezza)
del monte Cervati, e delle altre cime: il monte
Alburno (1.742 metri), il monte Gelbison (1.705
metri), concentrate verso l'interno, e il monte Bulgheria
(1.224 metri) e il monte della Stella (1.130 metri),
isolate, che scendono verso il mare creando suggestive coste
alte e rocciose.
Il Cilento è drenato da pochi bacini idrografici: l'Alento,
il Lambro e Mingardo, il Solofrone, il
Testene, la Fiumarella, il Bussento verso il
Tirreno, il Calore, il Sammaro ed il Tanagro
verso il Sele.
Circa ottanta chilometri di costa che regalano lunghe strisce di
spiagge, alla foce dei principali corsi d'acqua, l'Alento
e il Mingardo, scogliere e falesie anche spettacolari
come Punta Tresino vicino Agropoli, protetta anche
in mare da una zona di tutela biologica, di Punta Licosa,
delle Ripe Rosse di Montecorice e soprattutto della
Costa degli Infreschi. |