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Il promontorio su cui sorge Agropoli vide la presenza dell'uomo
fin dal neolitico, ma solo nelle successive età del bronzo e del
ferro fu abitato, come sembra, in modo stabile e continuo da
popolazioni indigene dedite alla caccia ed alla pesca.
Dato
che ad est dei promontorio, alla foce dei fiume Testene, detto
in antico Foce, si apriva una riparata baia naturale, oggi quasi
interamente insabbiata, i Greci prima e dopo la fondazione della
vicina Poseidonia (circa 625 a.C.) la utilizzarono per i loro
traffici con le popolazioni locali, chiamando il promontorio con
vocabolo greco Petra ed edificando su di esso un tempio
dedicato ad Artemide, dea della caccia.
In età
romana sul litorale dell'attuale S. Marco, ad oriente dei
promontorio ed alla destra dei Testene, si sviluppò un borgo
marittimo chiamato ERCULA, che fiori, come è stato accertato,
tra il I sec. a.C. ed il V sec. d.C., allorchè il porto di
Poseidonia (allora detta dai Romani Paestum) subì un processo di
progressivo insabbiamento a seguito dei bradisismo litoraneo.
Quando
nel corso dei V secolo, le incursioni dei Vandali provenienti
dall'Africa resero difficile la vita ad Ercula, i suoi abitanti
si ritirarono sul prospiciente promontorio, che offriva maggiori
possibilità di difesa.
Nel
corso dei Vi secolo, svolgendosi la guerra greco-gotica
(535-553), i Bizantini ebbero necessità di un approdo sicuro e
protetto a sud di Salemo e, pertanto, fortificarono questo sito,
dando ad esso il nome di ACROPOLIS, cioè di "città
posta in alto". Verso la fine dei Vi secolo l'invasione
longobarda costrinse il vescovo di Paestum a rifugiarsi ad
Agropoli, che divenne allora non solo sede di vescovato ma anche
il centro principale dei superstiti territori bizantini della
Lucania tirrenica.
Agropoli rimase in mano ai Bizantini fino all'882 quando la
cittadina cadde in potere dei Saraceni, che vi crearono una
temibile base fortificata, un ribát secondo la voce
araba, da cui si sparsero a depredare e terrorizzare i territori
circostanti fin sotto le mura della stessa Salerno, finchè nel
915, scacciati dal campo trincerato che essi nel frattempo
avevano costituito al GarigIiano, fu sgombrata pure Agropoli,
che tornò sotto la giurisdizione dei vescovi, che in quel
periodo avevano stabilito la loro sede a Capaccio.
Da
allora tutta la restante storia medioevale
della cittadina si svolse sotto la tutela dei vescovi, che
possedevano anche il vasto territorio comprendente i centri
abitati di Eredita ed Ogliastro, oltre agli scomparsi villaggi
di Lucolo, Mandrolle, Pastina, S. Marco di Agropoli e S. Pietro
di Eredita. Questo vasto comprensorio formava il Feudo di
Agropoli, che, concesso ai vescovi di Capaccio in epoca
normanna, fu da essi posseduto, eccetto brevi periodi, fino ai
primi decenni dei XV secolo.
Infatti
nel 1412 i Feudi ecclesiastici di Agropoli e Castellabate furono
ceduti dal pontefice Gregorio XII al re Ladislao di Durazzo
(1386-1414) come parziale pagamento di alcuni debiti di guerra.
Ancor prima, però, che la Corona ne entrasse formalmente in
possesso, come di fatto avvenne nel 1443, il re Affonso
d'Aragona il 20 luglio 1436 concesse i Feudi di Agropoli e
Castellabate a Giovanni Sanseverino, conte di Marsico e barone
di Cilento, con l'obbligo di pagare al vescovo di Capaccio
un'annualità di 12 once d'oro.
I primi
dati statistici su Agropoli risalgono al 1445, quando la
cittadina, compresi i villaggi dipendenti, contava in tutto 202
fuochi, corrispondenti ad altrettanti nuclei familiari. Con
alterne vicende, tra le quali va ricordato il temporaneo
trasferimento (1505-1507) a Rodrigo d'Avalos marchese di Vasto,
Agropoli ed il suo feudo fu tenuto dai Sanseverino fino al 1552,
allorchè il principe Ferrante, ultimo rappresentante di questa
famiglia, accusato di tradimento, fu costretto a rinunciare a
tutti i suoi possedimenti.
Agropoli successivamente passò ai D'Ayerbo d'Aragona (1553), ai
Grimaldi (dopo il 1564), agli Arcella Caracciolo (1597), ai
Mendoza (1607), ai Filomarino principi di Roccadaspide (1626),
ai Mastrillo (1650), temporaneamente agli Zattara ed, infine, ai
Sanfelice duchi di Laureana (1660), che tennero la cittadina
fino all'abolizione della feudalità (1806).
Agropoli fu particolarmente colpita dalle incursioni barbaresche
dei XVI e XVI I secolo, che la spopolarono al punto da ridurne
gli abitanti a solo qualche centinaio. Particolare menzione
meritano il saccheggio che subii il 21 aprile 1544, quando
furono catturate circa 100 persone, e quello dei 29 giugno 1630,
in cui gli Agropolesi con l'aiuto di una folta schiera di
Cilentani respinsero l'assalto di 700 corsari turchi, che
tuttavia riuscirono a portar via sulle navi un notevole bottino
e molti prigionieri, ma furono decisamente sconfitti, lasciando
anche diversi morti sul terreno.
Oggi la
cittadina di Agropoli, che solo nel corso dell'Ottocento
incominciò ad espandersi oltre il perimetro delle mura
medioevali, conserva intatto il centro antico e gran parte dei
circuito delle mura difensive coi portale seicentesco
d'ingresso. Sul vertice dei promontorio resta il castello
angioino-aragonese (su impianto bizantino di Vi sec.), mentre ad
ovest dell'attuale porto turistico s'innalza a picco sul mare la
torre costiera (XVI sec.) detta di S. Francesco, accanto ai
resti rimaneggiati dell'omonimo convento.
Nell'Antiquarium
comunale sono raccolti notevoli reperti archeologoci, dalla
preistoria all'età medioevale. |