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Di tipo esplosivo, è citata da Dione Cassio nella Historia Romana.
Ne parlano Marcellino Comes nel Chronicon e Procopio di Cesarea, del VI sec. d.C. Comincia forse il 6 novembre 472; i prodotti eruttaticostituiti da pomici verdastre, cristalli sciolti e frammenti di lava con al di sopra depositi di surge e diflusso piroclastico. Questi depositi arrivarono fino a 30 km di distanza e una sottile cenere che venne emessa si spinse molto ad est, tanto da oscurare Costantinopoli, da dove l’Imperatore Leone I, terrorizzato, voleva scappare. Ad Ottaviano sono stati rinvenuti depositi di oltre 2 m di spessore e di ben oltre 15 m a Pollena Trocchia.
Certamente si verificarono alluvioni di fango e comincị a diffondersi il culto di S. Gennaro in relazione all’attività vesuviana.
I danni derivanti da questo grande “incendio” furono così rilevanti da indurre Teodorico, Re dei Goti, a condonare le imposte ai danneggiati dalle lave e dalle ceneri. Ne parlano Procopio di Gaza e Cassiodoro.
Avvenne nel mese di marzo, sotto l'imperatore Costantino IV.
Sabellico, Sigonio e Paolo Diacono parlano di molti segni precursori e di colate di lava che raggiunsero il mare.
Sembra sia stata di tipo esplosivo.
In questi anni avvennero varie altre eruzioni con colate di fango, piogge di proietti e lave imponenti che, spesso, raggiusero il mare.
È riportata dai monaci di Cava e Cassino. Si ricordano copiose lave sgorgate dai fianchi del vulcano e giunte sino al mare.
Fu caratterzzata da lungo periodo di itensa attività esplosiva durata circa due secoli.
Incerti i riferimenti. Ambrogio Leone riferisce di una eruzione, ma altri autorevoli studiosi ritengono vi sia stato un lungo periodo che inizia nel 1140 e arriva fino al 1631, durante il quale vi furono segni precursori di vario genere ma non molto forti, testimonianze e incisioni dell'epoca riportano il monte inattivo e coperto di vegetazione.