Vesuvio

Storia del Vesuvio


Eruzione del 1631

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(18 giorni dal 15 dicembre 1631 al 2 gennaio 1632)


Oltre 5.000 morti. È l’ultima eruzione a carattere esclusivamente esplosiva che si è verificata al Vesuvio. Tragico e distruttivo evento della storia veusviana, si verificò dopo un lungo periodo di quiete (circa 150 anni).
Certamente vi furono notevoli segni precursori, acqua calda sul fondo del cratere e sollevamento dello stesso, fenomeni vari legati alla variazione della falda freatica e a fatti fumarolici e sismici; l’aspetto della zona vesuviana, che era notevolmente diverso da oggi, per una serie di eventi cumulativi, assunse poi, nel corso degli anni, l'aspetto attuale.

Il 16 dicembre, alle sette del mattino, si aprono fratture alle pendici, nel fianco sud-occidentale del vulcano, e la fuoriuscita di una colonna eruttiva alta da 13 a 19 km. Fortissime le esplosioni e intensa la caduta di ceneri accompagnata da forti temporali; il giorno successivo nubi ardenti e colate di fango distrussero tutte le coltivazioni e interi paesi e villaggi furono rasi al suolo; il mare si ritirò dalla spiaggia come ad accogliere l’immensa colata.
Il Vesuvio, dopo l'eruzione, risultò decapitato di 400 metri.

L’eruzione durò pochi giorni ma il terrore e i danni ingentissimi spinsero decine di migliaia di persone a rifugiarsi nella città di Napoli.
Subito dopo la grande eruzione del 1631 il condotto principale restò aperto e l’attività erutiva fu continua e rilevante. Paurosi boati e muggiti, legati ad altrettanti eventi eruttivi, furono rilevati nel 1649, 1660, 1685 e 1689.
L’attività vulcanica successiva al 1631 provocò delle variazioni morfologiche di cui le manifestazioni più appariscenti furono il sollevamento del fondo della voragine e la formazione del nuovo Gran Cono che passò da 750 m iniziali a circa 1200 m circa di altezza.

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