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27
novembre 2002
This-is-a-pen.
Buon viaggio piccoletto. Londra è fantastica!
26 novembre 2002
Perchè un blog non è un diario (again)
Perche' un blog non e' un diario? Perche' e' pubblico, inutile nasconderlo.
Quando scrivi un diario sei praticamente certo che nessuno lo leggera'
e scrivi davvero quello che ti passa per la testa in quel momento. Quando
scrivi sul blog sei praticamente certo che qualcuno lo leggera' e non
c'e' giustificazione che tenga, questo dato incide sulla tua scrittura.
Ma non e' vero che sul blog si scrive per gli altri; sarebbe come dire
che nei romanzi non c'e' verita' perche' ogni scrittore sa che verra'
pubblicato. Invece la verita' c'e', ma e' "romanzata".
Sicuramente il diario e' piu' vero, perche' non ci sono filtri. Ma a chi
interessa la cruda verita'? Chi non si annoierebbe a leggere pagine e
pagine di un diario qualsiasi?
Il blog, a differenza del diario, suscita interesse. E lo scarto sta proprio
nella consapevolezza che le nostre parole verranno lette. L' operazione
di scrittura si fa piu' complicata quando si sa di essere letti perche',
piu' o meno consapevolmente ed efficaciemente, si tenta una dissimulazione
di cio' che vogliamo dire, che nel diario diremmo molto piu' direttamente
e semplicemente. In questa dissimulazione sta tutta la bellezza del blog,
il divertimento di chi scrive e l'interesse di chi legge. In questa dissimulazione
sta anche l'artisticita' della scrittura, non solo del blog. Ogni romanzo
e' la messa in forma artistica di pensieri e opinioni personali dello
scrittore, che ben poco interesse susciterebbero se fossero spiattellate
in poche righe. La forma serve a veicolare il messaggio, come l'aspetto
voluttuoso di un cioccolatino. Se l'odore, il colore, il sapore non avessero
importanza assorbiremmo carboidrati endovena invece di comprare Ferrero-Roche.
Ecco, un diario personale e' come spararsi una flebo di una soluzione
chimica che in quel momento ci serve. E' pura, diretta, utile al suo scopo
ma assolutamente insapore. Un blog e' trasformare quella soluzione in
una densa crema alla nocciola racchiusa in un guscio di cioccolato, fa
lo stesso effetto ma procura piacere al palato.
Dare forma ai propri pensieri e' l'unico modo che chi scrive ha di far
passare le sue sensazioni e quanto piu' e' capace tanto meglio riuscira'
a descrivere, disegnare, elaborare l'aspetto e il sapore dei suoi pensieri
Scrivere sapendo di essere letti e' percio' divertente, anche se faticoso.
Proprio perche' ogni volta si gioca a mettersi alla prova nel tentativo
di raggiungere l'altro attraverso un percorso che abbiamo scelto noi,
tagliato su misura per il nostro pensiero...un po' come una complicata
costruzione di domino, di cui si sistemano i pezzi considerando bivi e
curve, salite e discese e che una volta attivato il primo pezzo deve funzionare
e portare fino alla fine nel modo scelto da noi.
La cura dei dettagli in tutto questo gioco e' figlia dell'urgenza di scrivere,
quando scrivere e' necessita', bisogno di raccontarsi per sapere di essere,
sinonimo dello stesso pensare.
25 novembre 2002
brum brum
La mia raganella è arrivata :)
23 novembre 2002
Oliver, twist, again.
Amici miei,
Avete mai sentito parlare di qualcosa che ti spacca il cuore in due come
un karateka?
A me successe, un tempo non molto lontano. Ecco, ora fatevi un po’
più accanto. Qui vicino a me, perché io possa riscaldarmi
al calore dei vostri cuori che sembrano ancora funzionare così
bene!
Proverò a raccontarvelo anche se, nonostante cinque o sei rammendi
quasi invisibili -e un paio sono ormai dolorose cicatrici- il mio cuore
non riesce proprio più a funzionare.
Proverò, e siate indulgenti per i miei sussulti, le pause e le
interruzioni: a volte non trovo il filo da cucito del colore giusto, altre
volte non bastano quei quattro colpi all’altezza del petto, per
farlo ripartire.
Quindi perdonate i miei indugi, prestatemi orecchio, e ascoltate.
C'è stato un tempo, mentre ero impegnato -come ebbe modo di dire
quel tipo con gli occhialini, Lennon mi pare- a fare altre cose, che la
vita mi “successe”.
O meglio, mi si parò di fronte l'amore, come un gendarme. Intimandomi
l’alt, con il palmo della mano ben rivolto verso la mia faccia.
Dietro, un paio di occhi di quelli che a guardarli ti precipitano inesorabilmente
in un bacio.
E uno scricciolo coi capelli rossi e scarponcini anfibi.
Oh, amici miei, se mai oggi dovessi disegnare Cupido lo farei tale e quale
a lei! Quegli occhi, quei capelli arruffati da criceto impazzito, gli
anfibi slacciati, un paio di alucce e un sorriso allegro e beffardo mentre
ti infilza coi suoi dardi.
Ma non era possibile. “Questo qui non può essere l’amore!”,
pensai allora. “L’amore, quello con le maiuscole e i riccioli
giusti sulle vocali non è mica così!”.
“Io so bene com’è”, pensai. “E’ ben
vestito. L’amore, quello con la emme che ti si scioglie in bocca
come un boero ha lunghi capelli, neri neri, dita sottili e affusolate,
bocca di pesca e profumo di muschio!”.
Lei mi guardò ancora più intensamente di prima. Forse percepiva
il mio sospetto, ma continuava a sorridere.
Oh, provatevi voi oggi a contraddire l’Amore!
Continuava a sorridere, l’impostore, nonostante io fossi certo che
"quello" non era l’amore.
“Togliti dalla mia strada, imbroglione!” le gridai. “Io
so bene com’è fatto l’amore! Guarda che sono un grafico
io,
e te lo dimostrerò subito!"
Così feci. Tirai fuori dalla giacca la mia agendina e tracciai
con il lapis rosso un grosso cuore, perfetto, vermiglio e palpitante.
Poi spavaldo le mostrai il disegno. “Contenta ora?!” tuonai
beffardo “…Ecco! Questo è l’amore!”
Amici miei, non c’era nulla da fare. Lei continuava a sorridere.
E quegli occhi stavano facendo di tutto per trarmi sempre più in
un vortice ipnotico.
Indignato e furente -avendo ben cura di coprirmi gli occhi per non scivolare
in quello sguardo magnetico- cominciai a scagliarle contro qualunque cosa
mi capitasse a tiro. Mi tolsi le scarpe -perfino le calze!- e gliele tirai
addosso. Più oggetti le tiravo contro più lei schivava.
E non reagiva. Continuava a sorridere, cercando di avvilupparmi con quello
sguardo di miele di mille delizie e mille dolcezze.
Raccolsi delle pietre e gliele tirai contro. Mi sfilai la giacca e la
colpii in faccia, una due tre volte.
Fin quando non cominciò a vacillare. “…A-ah! Stai perdendo
colpi!” le gridai contro con forza. Cadde a terra. Io la guardai
solo per un momento –badate bene, avendo però sempre ben
cura di non guardarla mai negli occhi-.
E qui, amici miei, perpetrai l’immonda vergogna che mi costringe
oggi a celare il volto dietro un paio di occhiali scuri e questa folta
barba incolta.
Caricai la gamba destra e le mollai un calcio, forte e ben assestato.
Lei rantolò, socchiuse gli occhi e ruzzolò un po’
più in là e –che Iddio non indulga, lo imploro, per
questo infame gesto- la superai, voltandole le spalle.
Ecco, fu allora che l’amore mi spezzò il cuore. Mentre le
voltavo le spalle, per l’ultima volta.
Oggi ho voluto raccontarvi questa storia, amici miei, perché mai
a nessuno di voi accada di non riconoscere l’Amore. Mai. Perché
ti spacca il cuore in due, come un karateka.
Charles Mocs Dickens
22 novembre 2002
Oggi non mi perderò Lanfree allo IED di Roma per un workshop sul
web design. Presenze annunciate: Daniele
Tabellini, Manuel
Perfetti, Luca
Alagna, Lorenzo
Griffi, Massimo Kunstler e altri.
Continuo a stupirmi di come tutti ne parlino male ma tutti continuino
ad andare quando il grande Foffo chiama a raccolta :-)
21 novembre 2002
Audiblog
Un'idea
carina di Claudio
Sabelli Fioretti, Ludik
e Melba
per segnalare che programma hai visto in tv e farci il nostro auditel
personale.
Mi chiedevo: cosi' come i referrers ci dicono quali sono (oltre che quanti
sono) i visitatori di un sito, sarebbe il caso di sapere anche chi
guarda cosa in tv, oltre che in quanti?
20 novembre 2002
Lunatica
Ieri sera ero li', che mi guardavo il mio Amores Perros storcendo
la bocca dalla pena per quei poveri cani, e ad un certo punto ho pensato
stessero sbarcando gli ufo. Una luce blu inondava il mio terrazzo e i
ciclamini. Sono uscita e in un cielo cobalto brillava altissima una luna
prepotente. Scacciate dalla sua luce le nuvole avanzavano verso di me,
minacciose e gonfie, come il fumo denso di un'esplosione.
Sono tornata a guardare quei cani che continuavano a morire dissanguati,
ma il peso sullo stomaco non è andato via nemmeno quando il film
è finito. Mi sono accorta che non volevo dormire da sola, allora
ho messo la sveglia nella borsa e sono uscita in quella luce strana. Le
cose proiettavano ombre scure sotto la luna piena. A parte qualche uccellino
notturno i fruscii dei teli da giardino erano l'unico rumore. Per il resto
tutto immobile: le auto parcheggiate, i semafori, gli alberi. Solo un
paio di jeans sventolavano su un filo. Quando all'una di notte mi sono
presentata da mia madre, l'ho fatta uscire per guardare di nuovo quel
cielo.
Fosse stato più caldo, avrei passato la notte fuori. A ululare.
In foto
...noo, non è Raul Bova. Molto più accessibile
;-)
19 novembre 2002
My best friend's blogging
E' la seconda volta che mi succede in un anno. E stavolta è l'altro
mio amico. Si passa dieci anni insieme e ad un certo punto ti accorgi
che non ci hai capito nulla. Che ti sembrava di conoscerlo ma no, c'era
un universo tutto nascosto, bellissimo, molto più bello di quello
che avevi sempre conosciuto. E allora un pochino ti senti come una mamma
alla quale il figlio un giorno dice "mamma, sono stato tossicodipendente,
ma adesso sto bene". E tu li', incredula a chiederti "ma dov'ero
tutto il tempo?". Cosi' io.
Ma poi si capisce che tutti, anche i propri figli, nascondono una gran
fetta di loro stessi; il famoso giardino segreto che tanto difendo quando
si tratta del mio. E che un blog evidentemente mette in luce.
Il blog mette in evidenza le cose più nascoste, non necessariamente
più vere, perchè la verità è complessa, fatta
anche di come ti sbrodoli sulla camicia, di come scoppi a ridere, di come
rispondi al telefono. Di sicuro una cosa come il blog da' sbocco a ciò
che è dentro quel pozzo che collega la superficie della nostra
pianura assolata alle viscere della terra, e da lì escono suoni
e riverberi indistinti che sono come poesia per gli ingranaggi della nostra
mente sempre in stupido movimento.
E non necessariamente in fondo al pozzo è buio e scomodo. A volte
a quelle profondità si aprono luoghi caldi e pieni di luce, come
questa casa,
dove mi è bastato entrare per essere investita dal calore, dalla
delicatezza, dalla profondità, dall'ironia, ma soprattutto da quanto
un cuore piccolo piccolo possa contenere tanto tanto amore.
18 novembre 2002
Per ridurre gli effetti collaterali somministrare dosi di umiltà
o consultare un medico
Credo di aver raggiunto vette di egocentrismo insospettabili quest'anno.
Probabilmente mi serviva, come quando si è carenti di ferro, di
zuccheri, di sali minerali.
Però questa cura (che in pratica consiste nel "fai quel che
cazzo ti pare, come ti pare, quando ti pare") ha una terribile controindicazione:
anestetizza le emozioni. Non le sento. Me le ricordo, razionalmente so
cosa provo, ma i sensi non mi seguono.
Mi sento come dentro una camera che conosco benissimo, ma al buio. So
com'è in tutti i suoi dettagli, so di che colore è il tappeto,
e dove si trovano esattamente tutti gli oggetti, ma non li vedo.
E se comincio a muovermi pretendendo di vederci non posso che sbattere
e rompere qualcosa.
17 novembre 2002
Questa immagine cosi', da sola, con tutto questo spazio intorno,
la trovo triste...non so, mettici una bella foto colorata.
Week end ballereccio. Serata salentina venerdì, con cena, film
e danze. Un intero centro sociale che balla la pizzicata per due ore.
Ieri sera lo spettacolo della Compagnia Montalvo all'Olimpico, un'ora
e mezza di energia coloratissima sul palco tra bonghi, balli da strada,
breakdance e contorsionisti. Il piacere di sentire i bambini in sala che
ridono ad ogni cosa buffa.
Poi ancora a ballare al Testaccio Village, dimentichi del fatto che il
sabato è serata gay. Un mucchio di energumeni muscolosi ma curatissimi,
e di donne (poche) scaricatori di porto. La vincitrice del premio "la
donna ha da puzzà" se l'e' aggiundicato una tipa con capelli
a spazzola di un biondo ossigenato, pantaloni della tuta e scarpe da ginnastica,
magliettina blu con il numero 23 stampato sulla schiena accompagnato dalla
scritta "bucio de culo".
Ma se mandassi avanti velocemente questo weekend ne uscirebbe fuori un
blob eloquente. Infatti sono riuscita a collezionare in sole 36 ore:
Credo di poterti capire - Ti difendi troppo - Dai balla senno' sembri
seria - Come sei brava! - Come sei seria - Mi raccomando, vai piano! -
Come sei dura - Come sei carina stasera - Wow, stai benissimo stasera!
- Vorrei abbracciarti tanto stanotte..Oltre a quella finita nel titolo
(che credo le racchiuda tutte).
Sono seria, sono dura, sono triste? Mi chiedo dove cazzo guarda la gente...
Chissà, magari ho sbagliato tutto. Dovrei uscire piu' spesso con
la minigonna e gli stivali, avere piu' persone nella rubrica del cellulare,
anche quelli che non sento da anni, frequentare più gente, e che
importa se quelli a cui tengo davvero si sentirebbero mescolati in un
calderone ed estranei. Forse dovrei evitare le discussioni, smettere di
osservare le cose e smettere di rimanere affascinata dalla bellezza, che
poi sembro seria quando sono assorta.
Forse dovrei cambiare espressione, dovrei cambiare linguaggio. Perchè
quando scodinzolo pensano tutti che sono nervosa, e quando ho le orecchie
basse credono stia per attaccare.
Non lo so. Mi sa solo che sono difficile e non potrò mai fare finta
di no. E che tutto il vuoto che mi creo attorno è insieme voluto
e inevitabile. Malinconia e solitudine.
Non mi va di dire altro.
13 novembre 2002
Appunti di Gonzo Marketing
Musica per le mie orecchie ieri sera alla presentazione dell'edizione
italiana di Gonzo Marketing, di Christopher Locke, con presentazione
di Lucio Bragagnolo della Hops
Libri e di Antonio
Tombolini con Elena Antognazza.
Internet, dice Locke, ha dimostrato che il business online e l'e-commerce
non hanno funzionato e che il tentativo è fallito.
Il commercio su Internet va rivisto. Non si possono applicare al web quelle
pratiche si utilizzano offline.
Che il marketing è in crisi lo dimostra tutta la sua fumosità,
il suo essere tutto e nulla. I markettari, consci di cio', stanno cercando
vie alternative al marketing diretto. Stanno cercando di arrivare al consumatore
in modo "laterale", per esempio: nel sito della Volkswagen una
sezione di giardinaggio, completamente staccata dalla vendita delle auto,
permetterebbe di fidelizzare il cliente che arrivando sul sito troverebbe
anche informazioni utili.
In realtà, dice Tombolini, cio' non funziona, perchè: con
Google muore il concetto di linearità del sito. Internet si va
delineando come un luogo dove non ha senso coltivarsi un orticello. Anche
il concetto di Home page è dunque in crisi. L’idea dei markettari
della Volkswagen è solo un modo piu' subdolo di vendere, come lo
è il caso della Dell che dava consigli online su quali computer
acquistare nelle scuole.
Ma il marketing ha funzionato un tempo, dice Locke. Esso nacque per una
società di massa, dove c'era bisogno di produrre molto, e quindi
di consumare molto. Prima di lui c'era il mercato di piazza, un posto
dove tutti andavano per uno scopo comune, la compravendita. Chi vendeva
e chi comprava era sullo stesso piano.
Oggi il marketing a differenza del mercato vuole vendere a tutti i costi.
Nel mercato non c'era bisogno di fare marketing. Il marketing è
nato quando si è dovuto vendere di piu’, uscire dal mercato
e arrivare nelle case, nelle scuole, per le strade, cercando dunque di
indurre a comprare laddove nessuno aveva l’intenzione di comprare,
facendolo quindi in maniera urlata, ingannevole, subdola.
Il suo obbiettivo è vendere, vendere, vendere. Un giocattolo che
ha funzionato ma che adesso desta diffidenza. Internet ha dimostrato di
poter fare a meno di questo giocattolo, infatti vive anche senza commercio.
In pratica se il business non funziona in Internet il problema è
del
business.
Daltronde, conclude Antonio, una delle leggi piu' importanti del marketing
dice che ogni prodotto ha un suo ciclo di vita. Buffo che il marketing
abbia applicato questa legge a tutto tranne che a se’ stesso.
Detto cio' ora mi leggo il libro :)
E la violaciocca? Fa certi lavoretti con la bocca...
Era
ora che uscissero tutte le poesie di Palazzeschi.
12 novembre 2002
Senza retorica, cosa ho visto al Firenze Social Forum:
Nessun treno speciale Livorno-Firenze alle 11 di mattina.
I pisani non riuscire a salire sul treno normale già stracolmo
di gente.
La stazione di Firenze piena come nemmeno d'estate.
Quiqueg
e la sua bicicletta, accompagnarci fino alla Fortezza.
I bagni pubblici con file kilometriche.
I pochi locali aperti gonfi di gente.
Il corteo iniziare due ore prima perchè alle 13 si era gia' troppi.
Un ragazzo barcollante che urina per strada, una ragazza che urina in
un angolo, un altro che vomita, tutto nel raggio di 30 metri.
Una marea di gente che si ingrossa man mano che si avanza.
Persone riempire bustoni di cartacce per lasciare pulito.
Stranieri che chiedono agli italiani cosa vogliono dire gli slogan che
urlano.
Italiani che chiedono ai livornesi cosa sono i "mugoloni" che
il Vernacoliere vorrebbe fare a Bush.
Ragazze che distribuiscono fiori.
Bambini con il segno della pace dipinto sul viso.
Gruppi di ragazzi che ballano per strada al ritmo di bonghi e tamburelli.
Ragazze commuoversi abbracciando mamma Giuliani.
Gente alle finestre salutare con la mano, un'anziana signora sventolare
un golfino rosso, un bambino strombazzare il campanello della sua bicicletta,
cinesi osservare attoniti da dietro il vetro.
Leonardo
suonare la chitarra.
Enzo
e Laura ascoltare Radio Gap.
Un uomo dai lunghissimi capelli grigi e pantaloni a righe, agitarsi sul
tetto di un bar come se lo avessero congelato a Woodstock e riscongelato
quel giorno.
La folla di un'intera strada saltare al ritmo di "Chi non salta Berlusconi
è".
Un uomo tolto per un giorno dal suo polmone d'acciaio e portato su un
letto in mezzo alla strada perchè potesse vedere il corteo.
Un bel po' di curiosi fermi lunghi le strade a guardare.
Franco
Bellacci con le sue due macchinette fotografiche al collo, che mi
credeva mora perchè sono di Roma.
Arrivare allo stadio e incontrare Bruno
e Madame.
Capire solo all'ultimo che la ragazza che non è la ragazza di Leo
è Alice.
Stancarsi presto del concerto e tornare per stradine secondarie verso
il centro, quando ancora il corteo avanza.
I poliziotti a braccia conserte per le strade deserte.
Nessun treno speciale Firenze-Livorno alle 22 di sera.
Un numero impressionante di persone entrare in pochissimo spazio e nonostante
la stanchezza, la fame, il freddo e l'abbarbicamento bovino dentro al
treno, continuare a ridere, parlarsi, raccontare di quando, scendere e
salutarsi.
Mi è dispiaciuto:
Acoltare slogan e canzoncine che a mio parere non c'entravano nulla (ancora
con questa Bella Ciao!).
Non riuscire ad incontrare Ludik.
Non riuscire ad incontrare Lorenzo.
Non avere avuto il tempo di seguire il forum vero e proprio.
Non aver fotografato la scritta su un negozio sbarrato che diceva
"E 'ste scarpe fanno pure ca'a".
Non aver trovato la maglietta "Troppo sexy per lavorare" vista
da Mimmina
:)
Finale:
Rimane il fatto che un giorno vorrei un corteo apolitico e laico, senza
bandiere e senza slogan, che lasci la ragione della manifestazione vivere
e urlare da sola, senza stare a disturbare il Che, Baden Powell, Marx
o il buco nell'ozono.
<fotine
qui>
8 novembre 2002
Che mondo sarebbe senza Fallacia?
Interno giorno.
Un salotto borghese, mobilio scuro d'antiquariato, ritratti alle pareti,
libri, persiane chiuse, odore di naftalina e di chiuso, ammennicoli vari,
pavimenti lustri.
AMICA: "Oriana, amica mia, mi sento depressa, questo mondo non mi
piace, sento che c'e' qualcosa di piu', lavoro troppo, guadagno poco,
vivo nel traffico delle 9 e delle 18, c'e' qualcosa che non torna, ti
prego parliamone insieme, cerchiamo di capire..."
ORIANA: "Non ti appoggiare a quel tavolino, è un Luigi XIV."
Di cosa ha paura la signora Fallaci che si abbassa a supplicare di non
toccare Firenze, lei che non supplica nemmeno il Padreterno? Perchè
tutta questa passione non solo per le statue e i quadri di Firenze, ma
per le strade, i vicoli, le piazze, le pietre perfino?
Dov'e' il valore di un luogo se gli togli le persone (delle quali alla
Fallaci pare non fregare un cazzo, mentre le pietre...quelle si eh), se
gli togli il passato, anche quello doloroso, e se gli togli un futuro,
per quanto possa non piacere a lei (che non mi pare abbia potere in materia)?
Secondo quale principio, vorrei cercare di capire dalla Fallaci, una città
va difesa da quello che le succede dentro e fuori, fossero anche cortei
di stupidi figli di papa', fossero anche politiche di potere, o invasioni
di extracomunitari, di architetture altre, di altre religioni e altri
venti?
Perchè fermare Firenze, e tutte le città come lei, alla
Storia che gira tutt'intorno? Perchè proteggerla dentro una teca,
perchè il potere papale raccontato su quasi ogni cazzo di opera
fiorentina dovrebbe essere piu' importante di quello raccontato oggi su
altri supporti, o piu' importante dello sdegno, piu' importante di un
movimento che muove persone da altri continenti?
La Storia è Storia e non si decide a tavolino (meno che mai quello
suo, signora). La Storia càpita. Càpita secondo strategie,
casi, cose complicate e multiformi. Ma non c'e' dubbio che vada avanti,
che vada. Perchè tutta questa paura?
Io non ho paura di lei signora Fallaci, perchè anche lei fa parte
del disegno. Non ho paura sebbene dovrei averne, come una strega per l'Inquisizione,
come tutto ciò che spinge in avanti ne ha per chi fa resistenza
e vorrebbe lasciare le cose come stanno, nei secoli dei secoli dei secoli.
Meno male che non è possibile. Non è MAI stato possibile,
cara la mia piccola e impaurita giornalista. Le cose accadranno, belle
e brutte, come sempre è successo. Credeva di poter fare qualcosa
proprio lei, che non è nessuno davanti alla Storia? Che le sue
suppliche con le quali onorava potenti e giornali avrebbero potuto fare
nulla? Forse avrebbe dovuto davvero rivolgere le sue suppliche piu' in
alto, anche se mi pare che siamo almeno in due ad aver capito che nemmeno
Lui puo' nulla.
Ehh..lo so, il tempo passa. Ci si dovrebbe rassegnare tutti ad un certo
punto, ma poi dove sarebbe il divertimento?
Connivenza
Ma perche' se si attaccano le multinazionali chi ci lavora dentro sente
di doverle difendere? Non siete voi i giudicati, ma le dinamiche speculative
e i principi di base del mercato "libero" che è libero
solo per chi decide. E voi non decidete, voi ci lavorate solo dentro.
Non siete voi gli accusati, anzi potreste tranquillamente sfilare nei
cortei contro le multinazionali (intese non una per una, Nestlè
o Nike, ma nei principi economici che le rendono delle sfruttatrici).
Siamo tutti costretti ad avere un lavoro, uno stipendio, comprare delle
scarpe (e spesso quelle che ci piacciono sono di marca e costose...e mica
per sbaglio) ma SI PUO' criticare un sistema nel quale viviamo, se dentro
di noi vorremmo qualcosa di diverso, vorremmo non dover spendere 150 euro
per una cazzo di calzatura che probabilmente ne vale 10. E' tutto qui,
non è difficile.
Quello che a volte mi fa pensare, e' che nelle multinazionali gli stipendi
sono cosi' alti non perche' il lavoro svolto è socialmente utile
(perche' non lo è proprio per niente), ma perchè si paga
la connivenza. La multinazionale ha tutto l'interesse a pagare la fiducia
e la lealtà dei propri dipendenti, e piu' sono alte le renumerazioni
che offre piu' ha da coprire. Come se dicesse "Ora che conosci lo
schifo che sono ti pago cosi' non te ne vai, e non parli male di me".
La vera rivoluzione sarebbe quella di essere piu' bastardi di loro. Lavorarci
dentro, anche ad alti livelli, percepire quegli stipendi, ma incularli
lo stesso. Dove per incularli non significa dover arrivare a dirne male,
andare ai cortei, boicottarli dando l'impressione di fare i loro interessi,
ma molto semplicemente, riuscire a non cadere nell'appiccicaticcio della
loro tela, rimanere critici, fare del proprio meglio per modificare il
mostro da dentro (che di certo il solito usatissimo bambino che cuce palloni
in Pakistan non è che puo' fare molto, nè si fa molto comprando
cartoline dell'Unicef a Natale). Insomma, vendersi all'allegra multinazionale
per 8 ore tutti i santi giorni, ma senza venderle l'anima. Tutto qui.
Oppure lavorare in posti piu' modesti e meno pericolosi e lasciar perdere
le menate.
7 novembre 2002
Dopo un'affiatata discussione in chat propongo a Mocs di postare qualcosa
sul tema, ecco il risultato:
Roventa, per chi non si accontenta [by Mocs]
Ballarò. Massì, maddai, che c'è quello nuovo, quello
con la faccia di tanti altri. Tal Floris. Un tipetto sbiadito che fa il
verso alla tv di informazione…
Taglio minimalista e essenziale, pannello video gigante con disegno "graffito-esistenzial-pop"
sullo sfondo, il titolo della serata (Operai) riproposto in fila su pannelli
e scenografie elettroniche al sapor di grafica finto gestuale...che fa
tanto Mister Fantasy dei disagiati.
Era lì il tipetto a fare da tappabuchi di "San Toro".
La sensazione era questa.
E torpore infinito. Ottimo per quando mi stiro i panni, dopo cena.
E i servizi? Dio, questi mi friggono l'aria. Inutili. Almeno quanto il
tipetto sbiadito. Evanescenti almeno quanto lui, l'impermeabile Floris.
E 'sta grafica da mammalarai anni '80... Mhhhiiiii! I sottopancia coi
mattoncini The Wall e i titoli gestuali in rosso....mancavano solo i cazzi
disegnati e forzaroma.
Ma questi qui sono mesti, fanno la parodia.
Questi qui si fanno confezionare la grafica minimal-nunc'hovojadelavorà
dai grafici fiacchi interni rai, tra una duplicazione di un vhs e un mp3
di Silvestri.
Questo senso di confezionato, di grafica gelida incolore e insipida…'Sti
sfaticati, hanno riscaldato un piattino precotto nel microonde della compagnia
aerea.
E la regia che manco le televendite. Inquadratura centrale, campo medio,
mezzobusto dal collegamento nello studio di vattelappesca, servizi montati
come il filmino del matrimonio... E la parte centrale, quella che doveva
essere un "simpatico corsivo" su Fiat e Berlusca?! Mhhh che
risate. Pareva le biografie folli di Gene Gnocchi, quelle tipo "Agnelli
nasce da un allevatore argentino di pecore amerinos e una marmitta catalitica
in norma Cee".... Bah.
Rivoglio "San Toro". Il collerico, il fazioso, il domatore nel
circo. E soprattutto: vivo!
[by Mocs]
5 novembre 2002
Serata televisiva. Otto e mezzo + Guzzanti +
Porta a porta.
Rifletto e rigurgito:
1. Alla gente questo mondo non piace piu'.
La globalizzazione non ha una patria ne' un presidente ne' una lingua.
Non si è contro l'America, Bush, la destra o la Russia.
C'e' una forza piu' grande di quella politica, nazionale e culturale.
Il Mercato. E' il Mercato il mostro. La forza del soldo scavalca confini,
ideologie, religioni e culture e unisce inglesi, arabi, ebrei e giapponesi
sotto un unico scopo: la ricchezza.
Io sono per la disunione. Dove c'e' disunione c'e' scambio. Dove c'e'
unione c'e' inciucio.
La globalizzazione non esporta diritti umani ma merci*. E non esporta
democrazia perchè la democrazia non si esporta, si esportano solo
dittature**.
Vogliono vendere Internet come frutto buono della globalizzazione, ma
Internet non ha nulla a che vedere con la globalizzazione. Internet è
commercio equo e solidale, è informazione equa e solidale, è
opportunità equa e solidale (almeno per ora).
I farisei continuano a dire che globalizzazione è bene, che globalizzazione
è buono. In verità in verità Bertinotti disse "I
fondamentalismi aumentano, l'Africa sta morendo, l'economia è in
crisi. E alla gente questo mondo non piace piu'".
2. Alcuni sono piu' uguali degli altri.
Globalizzazione fa rima con evangelizzazione.
Anche gli spagnoli avevano le piu' buone intenzioni verso gli indigeni
del Guatemala. Portare Dio dov'era il Demonio. E ci credevano, proprio
come ci crede Cecchi Paone (si', anche io mi sono chiesta cosa cazzo c'entra)
da Vespa. Urbani è un po' piu' furbetto (ma ci vuole veramente
pochissimo) e tira fuori la storiella della Ferrari e della Punto: il
progresso sta nel fatto che se le due macchine gareggiano non c'e' dubbio
che la Ferrari distaccherà di molto la povera Punto, ma anche la
Punto camminerà...i poveri avanzeranno pure loro. Eccerto, sta
tutto nel piano "Globalize the Human Risources": se i poveri
africani smettessero di morire di Aids e cominciassero a sopravvivere
oltre i 6 anni, cosi' che possano lavorare 8 ore al giorno per le multinazionali
mondiali, sai che bel guadagno? e loro finalmente non patirebbero piu'
la fame.
Questo è il piano: FIG..ehm FIAT PER TUTTI! (pero' ad alcuni le
Ferrari).
3. Il terzo mo(n)do.
Sembra mancare un terzo modo. Gli Stati Uniti sono la potenza a cui tutti
guardano, da destra, da sinistra e pure dal centro (che non fa testo perchè
sta dove gli pare quando gli pare). Come poter guardare oltre? Puo' l'Europa
fornire un modello agli Stati Uniti quando non fa altro che prendere esempio
da lei ad ogni pie' sospinto? e come possono i democratici statunitensi
proporre un'alternativa a loro stessi? a cosa guardano? Tutto il mondo
ha gli Stati Uniti come paragone, ma gli Stati Uniti cos'hanno? Chi hanno
sopra?
Ecco perchè c'e' bisogno di ascoltare. Di muoversi e andare a guardare.
Magari la frontiera non è sempre ad ovest, magari la risposta non
viene solo dall'alto. Magari da dietro e da sotto hanno qualcosa d'interessante
da dire anche loro. Crediamo di dover portare qualcosa noi ai paesi meno
sviluppati, ma ci chiediamo mai cosa potremmo prendere? Cosa potremmo
scambiarci?
*frase di un sorprendente Oliviero Toscani a Porta a porta
** frase di non mi ricordo chi a Otto e mezza
[fine del pippone. Daltronde l'astinenza si sa, si sublima in logorrea
e attivismo. Io me la cavo, ma la povera Fallaci?]
Daily Photo Project
E' buffo accorgersi di come si cambia ogni giorno, pur avendo gli stessi
occhi, gli stessi capelli, la stessa maglietta. E come si cambia negli
anni, i tratti del viso, i cambi di stagione e di look.
Se ci facessimo una foto al giorno, come ha fatto lui,
questo sarebbe evidente. Ma anche conturbante.
4 novembre 2002
FSF
Andrò al Firenze Social Forum. Voglio andare a
vedere.
Non credo serva sempre credere in qualcosa, basterebbe la curiosità
di voler sapere che cosa succede. Forse nulla, o forse nulla che potremmo
approvare, ma non lo sapremo mai se non andiamo a vedere.
Il fuggitivo
Come dare torto al povero Mario Scafroglia? :-)
3 novembre 2002
Buda e Pest
Quando l'aereo scende sotto le nuvole e compare la terra, con le case
e le strade, sopra Budapest viene il dubbio che si sia tornati indietro,
e che quella li' sotto sia l'Italia. Stesso verde, stessi campi, colline
e casupole.
Ma poi, da ancora più in basso, ti accorgi che molte casupole hanno
recinti in laminato, e che ogni tanto si innalzano senza motivo palazzoni
alti e grigi, messi li' come pezzi del Lego.
Passeggiando per la città, passando dal fasto del Parlamento al
periferico mercatino delle pulci questa contraddizione rimane. Vetrine
con belle (bellissime) scarpe, si susseguono a scarni negozi di elettrodomestici,
utili forse dieci anni fa.
Una bellissima gioventù curata e vestita bene, sempre in moto tra
la Buda del Castello e la Pest dei locali e dei negozi, vive accanto ad
una popolazione di anziani semplici e lenti, segnati dal tempo.
Mentre i primi leggono, parlano inglese, vivono in perenne movimento lungo
i ponti che collegano la città, gli anziani aspettano sempre ad
una qualche fermata di periferia, un autobus o un tram, con le loro bustine
di plastica in mano e le scarpe sformate.
Buda e Pest, l'antico fasto di Palazzo Reale e della città vecchia,
e il nuovo che avanza, con i Benetton, gli alberghi e la vita notturna.
Tutt'intorno, palazzoni e steppa. E il mercatino delle pulci, raggiunto
nella nebbia seguendo prima due donne su un tram e poi un uomo su un autobus,
potendoci solo sorridere e annuire con la testa.
Ma a legare queste due realtà, come il ponte Elisabeth sul largo
Danubio verde, c'è però una cosa: la compostezza. Il carattere
di Budapest è quello di un signore distinto, che non esagera mai
quando è alla moda e non si vergogna di se' stesso quando vive
fra le anticaglie, che ti serve al tavolo come fossi il migliore dei suoi
ospiti, che ti offre quel poco vestendolo a festa, e quando potrebbe schiacciarti
con la sua bellezza rimane pulito e sobrio.
Questo mi è rimasto di questa strana città, che non ha il
calore di Roma anche se poteva sembrare, che non ha il fasto di Parigi,
anche se poteva sembrare, che non ha lo spessore culturale di Vienna o
quel rigore svizzero, anche se poteva sembrare. E' solo se' stessa, e
fiera di esserlo.
E non c'è alcun dubbio, passandoci quasi per sbaglio anche solo
tre giorni, che l'Ungheria sia Europa.
1 novembre 2002
A te
...che non hai fatto in tempo a conoscere le meraviglie del web...
In questo giorno speciale spersonalizzo una
cosa e la lancio nel non-luogo che è la Rete. Senti come risuona...
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Il maestro e Margherita
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