27 novembre 2001
In fondo quello che mi preme di piu', in assoluto credo,
sia comunicare. Adoro il linguaggio, non solo quello verbale
e non solo quello diretto. Adoro giocare con le parole, pensare
alle cose e alle persone come oggetti da conoscere attraverso
la comunicazione. Guardare e' toccare attraverso tentacoli invisibili.
Non mi sento nel mondo se non posso comunicarci. Quando conosci
le cose ti restituiscono qualcosa di te, le guardi e ti ritrovi,
perche' "non si conoscono che le cose che si addomesticano".
Ed io voglio essere nel mondo. Voglio sentirmi vivere.
Ho solo se conosco. Posseggo per conoscenza. Grazie ad un reciproco
abbandono, di me alle cose e delle cose a me. E non aspiro a
vivere fuori dal mondo, perche' non ho paura. Non ho paura di
girare in tondo e scoprire dei lati nuovi che potrebbero non
piacermi, non ho paura di smuovere le acque, non mi va di illudermi,
non mi va di vivere dentro ad un film dove recito le parti di
tutti, e quando non capisco qualcuno non mi va di sdoppiarmi
e mettere una seconda me a farmi da traduttrice dell'altro.
Voglio siano le cose a convincermi, anzi a farsi guardare, mi
accontento che si lascino guardare, toccare, vivere, senza coprire
niente. La comunicazione e' apertura, lo abbiamo gia' detto
ed appurato. Io mi apro, guardami, questo significa comunicare.
Non ho paura, guardami qui e qui, e lo vedi questo sorriso leggero?
e questa lacrima inaspettata? E lo sai che quando ero piccolo,
e invece lo sai che...no, non lo sai, allora guardami, guardami
ancora. Non ho paura che mi guardi. E raccontami quello che
vedi, e avvicinati che c'e' una cosa che non ho capito bene.
Questo significa. La differenza fra il bassorilievo che illude
uno spessore e il tuttotondo che offre una forma compatta a
360 gradi. E che bello girare intorno e non averne mai una visione
d'insieme, sentire che non e' mai finita, che non e' mai tutto
li', ricominciare il giro e accorgersi di nuovi particolari,
e di nuovo e poi di nuovo. E aggiungere al mio movimento il
tuo. Che meraviglia la conoscenza. L'esplorazione, l'osservazione,
come in un perenne Eden. E riconoscere un legame con le cose
attraverso la comunicazione, il tatto e lo sguardo. Io sono
qui. Che coraggio ci vuole a dirlo, eh? Se si vuole essere altrove
si cerca l'oblio, il mondo fuori dal mondo, perche' la paura
ci inprigiona allo schifo. Io non ho regole, sociali o anti-soaciali,
me le invento di volta in volta. Certo, per comunicare. Per
arrivare dove sei tu. Rinuncio continuamente ai miei principi,
faccio miei i tuoi, li provo, magari funzionano, anche una sola
volta, quella che basta, poi proseguo, esploro quello che segue,
improvviso, improvviso sempre. Me ne frego del "no, dovresti
fare la discreta", del "no, dovresti contare fino
a 10 prima di parlare " e del "no, ora devi solo pensare
a te stessa". Faccio quello che mi viene, tanto non lo
capisco mai se sto facendo una cazzata o meno. E perche' poi
e' sempre piu' forte la voglia di appurare che quella di insabbiare
tutto e andare avanti come se niente fosse. Perche' in fondo
quello che mi preme di piu', in assoluto credo, sia comunicare.
[0.40]
26 novembre 2001
Lo sapevo che non mi avrebbe deluso Baz Luhrmann e il suo Moulin
Rouge. Quanto mi e' piaciuto! Certo, meno di Romeo +
Juliet che rimane tra i miei film preferiti in assoluto.
Il tema e' sempre lo stesso, l'amore contrastato; l'estasi e
la disperazione propri dell'essere innamorati. Geniale l'uso
di canzoni conosciute, stravolte nel genere e a volte anche
nelle parole. Bellissima Nicole Kidman (tra l'altro il recente
video con Robbie Williams e' toccante...). Originali e bellissime
come al solito la fotografia, la scenografia, il montaggio.
Due cose mi rimarranno di questo film, gia' lo so: il cd che
a brevissimo comprero' di Elton John (how wonderful life
is...), e la frase-leitmotiv di tutto il film.
The
greatest thing you'll ever learn
is just to love
and be loved in return.
[0.23]
25 novembre 2001
Che bel buongiorno Roby! Le tue mail e questo
:)
[12.07]
24 novembre 2001
Agenzia di viaggio.
- Un volo per Chicago, prossima settimana.
- Ci sarebbe la Continental...
- Mh, no.
Sorriso.
Sorriso.
E cosi' torno la'. O meglio, ri-torno. Sono gia' tornata. Venendo
qua. C'e' qualcosa di sacrilego nel ritornare la'. E' come morire
una seconda volta. Appunto, inumano. Eppure partiro'. Per chiudere
tutti i pacchi, tutti tutti. Per chiudere. E per riportarmi
indietro Pizietta, farle conoscere la sua nuova cesta. Si ambientera'
subito, come ho fatto io. E saremo di nuovo io e lei.
Ritornare. Guardare negli occhi l'orgoglio ferito. Vedere come
si sopravvive allo sgomento, alla perfezione quando viene incrinata.
Alla sicurezza quando ci si scopre fragili e impotenti davanti
all'inaspettato. Invece e' successo. Non gli sarebbe mai
dovuta capitare una cosa del genere, si vociferava a caldo.
Invece succede anche ai migliori. Anche ai vincenti.
Ritornare. Affrontare un bombardamento di ricordi della felicita',
respirare le ceneri dell'unione. Ma le cose unite covano in
loro la legge della disunione. Sia quando il dio che le ha unite
non e' l'unico ed invincibile, sia quando non c'e' stato alcun
dio ad unire.
Non bisognerebbe mai andare a toccare le divinita', la hybris
e' il peccato numero uno. A me (caro Leo) tentare gli dei non
spaventa, che siano Amore, Marte o Giove stesso. Daltronde proprio
giovedi' varchero' per l'ennesima volta le colonne d'Ercole.
In teoria non e' cosi' improbabile che venga folgorata in volo.
Lo meriterei solo per cio' che ho appena scritto, perche' non
saro' vincente ma stronza sembro stronza e se gli dei non si
accorgono di quanto sono piccola e' la fine. E' che gli dei
non sono niente in confronto ai Creonte, quindi il rischio e'
un altro.
Ritornare, insomma. E se tutto va bene dopo 3 giorni tornare
di nuovo qua. Cazzo neanche Gesu' ha fatto cosi' tante volte
avanti e indietro dall'aldila'. Prepariamoci ad una tempesta
di emozioni. E all'arroganza moltiplicata cento della dogana
americana. Gia'. Ma poi riposero' in pace? Lo chiedero' alla
Pizia sul volo di ritorno, la mia single-serving friend
preferita, chissa' che non mi dica che l'unica unita' possibile
non e' la coppia ma il doppio...
[16.30]
Shhh, silenzio. Con la Pizia non si parla. La Pizia scotta,
la Pizia fa paura, la Pizia tanto e' brava a sbrigarsela da
sola, io invece le racconto questa cazzata e quest'altra, tanto
lei c'e' sempre per le mie cazzate. In fondo io che potrei dirle?
Io devo ancora finire l'Universita', io devo ancora andare a
vivere da solo, io che ne so di come ci si sente? Io aspetto
un bambino, io sono felice, io sto da appena 7 mesi con la mia
ragazza, io devo studiare, io devo trovare un lavoro, io sono
appena stata lasciata, come faccio a capire la Pizia? Forse
se sto zitta faccio meglio, almeno non sbaglio (che con lei
si sbaglia sempre). E non le chiedo nulla che tanto si vede
che non le va di parlarne. E' tutta strana 'sta Pizia, io mica
so come prenderla. Se la vedesse per conto suo, no? Io la invito
al cinema e se la vedo ridere vuol dire che sta bene. Meglio
non indagare, 'che sotto quel faccino c'e' un casino che se
l'avessi saputo quando l'ho conosciuta mica me la sarei fatta
amica, eh.
[13.03]
23 novembre 2001
Freddo.
[23.40]
22 novembre 2001
Lasciarsi non e' come alzarsi da una tavola dove si' e' mangiato
a lungo e bene e con aria compita, aggiustandosi il nodo della
cravatta, annunciare "e' stato un piacere, adesso andro'"
e uscire dalla porta educatamente. Anche le persone piu' civili
riescono a dirsi le cose peggiori quando si lasciano dopo tanti
anni. Non ci sono spiegazioni, non si puo' dire perche', cosa
e' successo, cosa ne pensi, che dobbiamo fare. Non ci sono cose
che si sanno ma non si vogliono dire. E' che proprio non si
sa. E quando non si sa non si sa, c'e' poco da chiedere. Via,
tutto all'aria, piatti, bicchieri, insalate e cesti di frutta.
Tutto per terra. Poi, col tempo, magari, salveremo questa briciola
di pane, o quella fetta di torta buona buona, ma intanto ci
si rotola fra i cocci. E funziona cosi' perche' le persone non
sono equazioni. E non si risolvono alla lavagna.
E amarsi non e' come viaggiare allucinati in una dimensione
parallela al mondo, che nulla tocca e sporca, dove niente si
puo' dire e nulla si puo' sapere, ma tutto deve essere percepito.
Anche le persone piu' passionali riescono a dirsi le cose migliori
quando si cominciano a conoscere. Ci sono spiegazioni, si puo'
dire perche', cosa e' successo, cosa ne penso, cosa desideriamo
fare. Ci sono cose che si sanno ma che abbiamo paura di dire.
Ma si sa. E quando si sa si sa, c'e' poco da nascondere. Allora
avanti, le carte in tavola, cuori, fiori, picche e quadri. Tutti
giu' per terra. Poi, con il tempo, magari salperemo verso mete
mute ed etiliche, riusciremo dopo la rincorsa a staccare veramente
i piedi da terra, ma intanto ci si spiaccica sul pavimento esetoccoqui
mi fa male.
E funziona cosi' perche le persone non sono un film muto. E
non si autoproiettano sullo schermo.
[15.26]
21 novembre 2001
Piangiamo troppo poco, e troppo poco davanti agli altri. In
fondo soffriamo tutti degli stessi mali, come diceva uno dei
migliori Guccini d'annata. Abbiamo tutti una piccolagrande bestiola
nera dentro. Abbiamo tutti i nostri momenti di nostalgia, di
disperazione, di scoraggiamento, di autocommiserazione. Ma facciamo
tutti finta di no. Ci teniamo lontani. Il centro e' protetto
e imballato. E da fuori parliamo il linguaggio della forza e
della resistenza, sempre, come se il pianto non fosse nella
nostra natura. E ci trattiamo male credendoci capaci di sopportarlo.
Ma tutti hanno pianto. Tutti hanno detto per una volta le cose
per quello che sono, raccontandosi senza inganni. Perche' il
pianto e' questo. Non e' debolezza, non e' un attacco alla nostra
presunta perfezione o un'ombra sulla nostra presunta
integrita'. Il pianto e' apertura. Verso l'altro e verso il
fondo. E' abbandono. E' istinto. E' silenzio. E' verita'. E'
liberazione. E' uno squarcio su quello che siamo, senza paure,
e senza scrupoli.
E' la parte piu' molle di noi, e
come quando si espone al vento qualcosa di molto, molto delicato
si sente molto di piu' il male ed il bene. Ma si sente
molto di piu'. Si e' vicini davvero.
Credo ci si vergogni troppo delle cose piu' sane e piu' vere:
il pianto ed il sesso. Che sono invece tra i piu' rari momenti
di comunicazione reale fra individui.
[15.55]
18 novembre 2001
E' bello che io possa decidere di lavorare dalle 7 di sera alle
4 di mattina. E' bello potersi incontrare per una riunione di
lavoro dalle 6 del pomeriggio alle 8 e non dover telefonare
a nessuno per avvertire di non esserci per cena, o sentire l'ansia
di non aver tempo di cucinare. Alle 8.30 sono a casa, ho fame
e mangio quello che mi va, con tutto il tempo che voglio. Perche'
non puo' essere cosi' anche vivendo con qualcun'altro? Perche'
non si puo' stare insieme mantenendo la propria indipendenza
come fanno - che so - due studenti che vivono assieme? Dove
non e' detto che l'uno cucini anche per l'altro, che l'altro
aspetti la telefonata dell'uno, che si vada negli stessi posti
insieme, si facciano insieme ora le cose che piacciono ad uno
ora le cose che piacciono all'altro. Perche'? Ieri mattina,
con quella giornata meravigliosa che e' venuta fuori, io passeggiavo
per i Fori Romani in direzione della mostra di Klimt e Schiele.
Certo, avrei voluto essere li' a condivedere con qualcuno quel
sorriso interiore che provavo guardandomi intorno e respirando
l'aria buona, ma non c'era nessuno con me e non sarebbe stato
piu' bello se ci fosse stato qualcuno che avrei dovuto forzare
ad essere li', perche' di Roma al sabato mattina non gliene
frega nulla e meno che mai di Klimt e Schiele. Non sono piu'
vere le cose se le possiamo commentare, non sono piu' vere se
c'e' qualcun'altro li' con noi. Sono solamente meno tangibili.
Rimangono in uno spazio del non detto, del non formalizzato
che ci spaventa per la sua indefinitezza. Perche' abbiamo bisogno
di continue conferme. Per questo si vive assieme. Perche' non
ci basta vedere qualcuno solo quando si ha voglia.
Eppure sarebbe il modo migliore di vivere. Si pretendono le
8 ore lavorative al giorno per avere il totale controllo sulla
disponibilita' altrui, quando si sa benissimo che basterebbe
la meta' di quel tempo per ottenere gli stessi risultati. Si
pretende di condividere tutto con qualcuno, 24 ore su 24, 7
giorni su 7 per convincersi di essere amati 24 ore su 24, 7
giorni su 7, quando si sa benissimo che umanamente non puo'
essere cosi'. Ma lo pretendiamo, pretendiamo l'impossibile.
Siamo egoisti e possessivi. E anche un po' stupidi. Se a lavorare
4 ore al giorno si produce ugualmente e forse meglio, se vedersi
solo quando si ha voglia ci si ama ugualmente e forse meglio,
perche' allora scegliamo sempre, costantemente, la via piu'
complicata?
[12.12]
13 novembre 2001
Si', ci sto bene nella mia cesta. Lavoro in silenzio
o con un po' di musica a basso volume, ogni tanto qualche piacevole
telefonata. So sempre che e' per me, adesso, quando squilla
il telefono. Allungo una mano verso i mandarini, o mi alzo per
uno yogurt. Mi collego e mi scollego, mi collego e mi scollego,
cercando di simulare i bei tempi americani quando ero connessa
24 ore su 24. Mi regalo 40 minuti nella vasca a leggere Comma
22, e la mia mente vaga, da questa immagine precisa all'infinito,
attraverso una rete di tanti altri pensieri ed immagini, e il
tutto mi piace. Ho fatto questo e quest'altro e sono
cosi'. Qui. Ora.
Il letto e' disfatto, e le pareti bianche. Mi mancano tante
cose ma non ho fretta. Stasera ho l'auto perche' piove e di
acqua ne ho gia' presa abbastanza stamattina. Andro' a vedere
gli esercizi teatrali di Emanuele e Sara. Sono molto curiosa.
L'inverno sta iniziando ma io ci sto entrando dentro piano.
Piano dalle magliette ai maglioni, piano come le ore di luce
sempre piu' corte, i primi the delle cinque, le prime cioccolate
calde con panna, le piogge e le giornate uggiose. Lentamente,
come una dose di morfina, mi addormentero' alla calma e alla
routine invernale fatta di lavoro, cinema, serate fra amici,
storie, eventi, e poi piano mi comincero' a svegliare, la prossima
primavera, il prossimo anno, ancora una volta, diversa.
[19.32]
11 novembre 2001
Ho ospitato un noglobal in casa questo week end. Sono andata
a prenderlo in motorino e si teneva a me indeciso, e poi pioveva
e non avevo il secondo casco per lui. A casa l'ho rifocillato
e ascoltato la sua lunga storia bislacca di emigranti cileni,
scrittrici sadomaso, manifestazioni di piazza e l'abitudine
che ha di addormentarsi nel bagno dell'ufficio anche piu' volte
al giorno. La mattina dopo l'ho visto andar via per la stazione
e solo la sera mi sono accorta di un libro avvolto in una carta
blu, lasciato sulla libreria con una dedica. Ho dunque appurato,
caro Fred,
che il Nostro non e' una leggenda metropolitana, esiste :-)
Poi ho fatto cucinare una donna incinta di 5 mesi per tutto
il sabato pomeriggio. Le avevo solo chiesto un aiuto ma la cosa
mi e' sfuggita di mano e alla fine della cena tutti ringraziavano
lei - giustamente - per i dolci e il pane alle olive, mentre
il mio guacamole ha riscosso successo solo fra le donne
(oramai lo so che va cosi'), la mia pasta al salmone non e'
bastata per tutti perche' mi sono accorta di aver lasciato un
pacco di pasta chiuso, e la mia mousse al prosciutto l'ho dimenticata
nel frigo. Vabbe' non sono ancora attrezzata per benino qui
dentro.
Poi ho detto molte parolacce durante il discorso di Berlusconi
post-manifestazione, soprattutto quando fissava, grave, il vuoto
sulle note dell'Inno americano e invece per quello europeo e,
a seguire, quello italiano, ha dato le spalle e si e' defilato.
Il nostro Presidente del Consiglio. Chissa' se posso decidere
di non essere newyorkese? Io mica ci tengo. E neanche ad entrare
in Guerra. E neanche ad imparare il saluto all'americana. Bah.
Pero' questo weekend ho inaugurato la vasca da bagno. Mi sono
immersa per un'ora buona, ed e' successa una cosa strana: tutto
e' diventato buono. Il freddo fuori, i treni in ritardo, la
macchina che non ho, e tutte le cose che non ho o non avro'
piu', questa mia temporanea incapacita' di gestione, questa
mia temporanea durezza e severita', e tutte le temporanee incomprensioni
con uomini d'oltremare, d'oltr'arno, donne incinte e incrisi
si sono sciolte in quell'acqua. Ora mi sento proprio rilassata,
ancora avvolta nella nuvola di vapore e sapone che rimane addosso
e la pelle respira meglio e piu' regolare. Che la bisbetica
sia stata domata?
[18.40]
8 novembre 2001
Adoro le stazioni e adoro Termini da quando hanno aperto i negozi
sotterranei e la libreria dalle pareti di vetro, illuminato
i grandi archi e aggiornato tutta la grafica infilando il Futura
su tutta la segnaletica.
Mi piace ancora di piu' di notte, quando si incrociano lingue
di ogni parte del mondo, facce che di giorno non si vedono,
e la popolazione e' piu' rada e lenta, si guarda attorno con
un misto di circospezione e disinteresse, e si muove nella notte
come nella propria dimensione ideale.
Stanotte ero li' con Daniele, ad aspettare un treno dalle 10,30
che portava ritardo, che avevano fermato a Tiburtina a causa
di un incendio, insieme a tutti gli altri treni provenienti
dal nord. Con noi ad aspettare un gruppo di militari in partenza
per Napoli per il quale alla fine e' stato organizzato un pullman,
altre anime in pena in viaggio verso Siracusa, Grosseto, Bari,
a sonnecchiare sulle poltrone tra le borse e i giacconi, e altri
spettri della stazione forse non davvero in partenza o in attesa,
solamente li' a passeggio, a far passare il tempo in compagnia
delle guardie giurate, degli spazzini sulle loro macchinette
e del misterioso uomo dell'autoparlante, quello che ha annunciato
l'arrivo del treno che aspettavo solo alle 3 del mattino.
Ma io e Daniele avevamo appena chiacchierato davanti ad una
birra della calma, dell'aspettare il giusto momento per cambiare
rotta, e del lasciarsi andare al corso delle cose che non sai
mai dove ti portera' ne' fra un mese ne' fra un anno, che vale
sempre la pena aspettare per vedere. Tanto poi tutti i treni
arrivano.
[12.46]
5 novembre 2001
ADESSO MI INCAZZO DAVVERO! Non sono assolutamente brava a portare
pazienza ma mi sembra di aver superato me stessa aspettando
buona buona la riparazione del mio cellulare. Ma oramai, CAZZO,
e' piu' di un mese che e' alla Siemens e anche oggi mi hanno
detto di richiamare fra 15 giorni! Che cosa devo fare?? Comprarmene
un altro? Scrivere mail di protesta? Andare al centro assistenza
dove hanno aspettato 2 settimane prima di spedirlo e picchiarli
a sangue?
IO NON HO PAROLE. Non di pronunciabili perlomeno.
[17.18]
"[...] La forma serve a veicolare il messaggio, come l'aspetto
voluttuoso di un cioccolatino. Se l'odore, il colore, il sapore
non avessero importanza assorbiremmo carboidrati endovena invece
di comprare Ferrero-Roche. Ecco, un diario personale e' come
spararsi una flebo di una soluzione chimica che in quel momento
ci serve. E' pura, diretta, utile al suo scopo ma assolutamente
insapore. Un blog e' trasformare quella soluzione in una densa
crema alla nocciola racchiusa in un guscio di cioccolato, fa
lo stesso effetto ma procura piacere al palato."
Ecco perche' un blog, secondo me, non e' un diario. Ludik
ha pubblicato altri interessanti commenti sulla cosa.
[10.26]
4 novembre 2001
Il benessere. Non si apprezzano le cose semplici che quando
si e' lontani da casa. Improvvisamente, dopo 4 giorni in giro
per la Toscana in camper, dormendo sospesa, mangiando in bilico,
viaggiando per ore e lavandomi con acqua fredda, il tutto in
15 mq divisi con altre 3 persone, sento urgente bisogno di una
cosa banale come stare in tuta sul mio divano, al caldo. E subito,
mentre lo desidero, mi rendo conto con dispiacere che non sarei
mai di quelle che partono per avventure impossibili come la
traversata dell'Antartide, o un campeggio itinerante nel Sahara
affrontando difficolta' e disagi un giorno dietro l'altro. O
forse si', ma solo previa maggiore organizzazione...come una
felpa in piu', un bagno piu' comodo, meno fretta di vedere tutto
in poco tempo.
Insomma eravamo a Pienza la stessa sera caro Wile,
io, te e Catherine Spaak e non ci siamo incontrati? Il lardo
lo abbiamo mangiato anche noi, e pure i pici e la caciotta col
miele. Poi pero' noi si e' proseguito per Siena, Monteriggioni
e San Gimignano e il giorno dopo nella sempre bellissima Firenze,
e il giorno dopo ancora a Cortona ad ammirare il rosa e l'oro
dell'Annunciazione del Beato Angelico. Pero' che freddo porca
miseria. Bellissimo sole, ma freddo. Bellissima la Toscana,
ma un freddo. Ora ho gli occhi pieni di vallate di cipressi
e vigneti gialli, mura e torri in pietra, salite ripide, trattorie
e locande, vicoli dal nome come "via del bacio", e
notti al profumo di castagne. Le orecchie piene di dolce dialetto
toscano e risate ma le ossa son piene di freddo. Brrrrrrr.
[23.50]
1 novembre 2001
A Brand
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[1.45]