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30 aprile 2003
Sognare di tenere in mano un contenitore di plastica, con delle fette biscottate a pezzetti dentro, e sapere che quelle fette sono il tuo ragazzo che soffre. Vedere che in mezzo c'è un chiodo di garofano e sapere che quello è il suo occhio, ed è chiuso. Sognare di piangere tenendo in mano questo contenitore, sperando che apra gli occhi, pregandolo di reagire, di fare qualcosa. Ma non succede nulla.


Comprerò di sicuro Pasticca (Einaudi), di Francesca Ghermandi. I suoi disegni mi fanno impazzire.

28 aprile 2003
ore 23.51
PARTORITO.
Sono una donna nuova.

Adesso posso abbandonarlo in un cassonetto differenziato per il frutto del peccato?

26 aprile 2003
Che bello avere ben due uomini che si aggirano per casa, che fanno la spesa, cucinano, lavano i piatti e poi spazzano per terra, mentre io scrivo e mi trascino dal divano al terrazzo al letto.

24 aprile 2003
Anche tu Wile, figlio mio.

20 aprile 2003
Stralci pasquali
Torno a Roma e non so nemmeno perchè. Pranzo con i parenti? Lavoro? In treno mi sembra di aver fatto una gran cazzata.
Ci sono sguardi e momenti che non torneranno più, e di quelli mi accorgo solo adesso che non voglio perderne una goccia.

Per la prima volta apro la porta di casa e non mi sento bene per quella ritrovata solitudine che sempre mi riscalda, ma estranea.

Non riesco a stare sola, vado dalla mamma. Sedute sul divano le faccio vedere delle foto e cerco di spiegarle cos'è un blog. Lei mi segue un po' e poi torna ai suoi programmi tv.
Fine della conversazione.

Notte insonne.
Il sonno mi era amico, lo stronzo.
Come cambiano le cose.
Nient'altro da dire sull'argomento.

La mattina arriva Guido con la valigia. Vivrà da me per un po'. Chiacchierata di due ore sull'uscio di casa. Che cosa strana, ancora estranea in casa mia.

Pranzo con i parenti. Rispetto all'ultima volta sono più sorridente. Ma come sempre, se non peggio, non sono del tutto presente.

Torno a casa sperando di trovarci un po' di pace dentro. Niente. Estranea anche lì. Allora alzo il telefono. Uscirò.

Ma sono mesi che non alzo il telefono, e che non esco.
Così Ema, Giulio e Andrea sono già al cinema. Sara è a mangiare la pizza con Marco. Roberta da Claudia e Andrea.
Io da sola in casa a Roma, e Simo a Parma.
Il mio nuovo coinquilino che non torna.
Ed io che non so cosa cazzo mi sta succedendo.

Forse dovrei solo riderne.

Mi sa che invece mi farò una bella cantata liberatoria.

FANCULO TUTTO.

Mi immaginavo diverso questo miracolo dei 9 giorni di festa. Immaginavo colline e un tiepido sole, ore intere con Simone, ore a scrivere e a finire. Pranzi semplici e semplici cose. Tranquillità, tempo per riordinare le idee. Affetti.
Ti aspetto giovedì.

Sto davvero male cazzo.
Un male secco, strozzato, senza una lacrima. Non voglio mollare, e la mia tenacia è il mio cappio.
Forse in un luogo recondito del mio carattere mi permetterei anche di lasciare la presa e allentare la tensione, ma come una gatta gravida cerco un luogo sicuro dove sbrodolare carne viva e sangue, e non lo trovo.

17 aprile 2003
Può ripetere la domanda?
Pretendere di capire cosa sono i blog andando ad una Conferenza è come voler sapere tutto sul sesso chiedendolo ad un' inferriata.

16 aprile 2003
Stendevo i panni in mansarda ieri sera, sovrappensiero, e un'ape enorme, di quelle che sei sicuro ti possano uccidere se ti prendono, stava su un bordo dello stendino. Il corpo le pulsava, ma si muoveva come intontita. Ho fatto finta di niente, convinta che in quelle condizioni non mi avrebbe fatto alcun male. Poi ha provato a volare, in realtà con un ronzio forte e strozzato è finita contro la parete e l'ho sentita rotolarsi lì, magari indispettita che lei, un tempo così forte e temuta, adesso non riuscisse nemmeno a prendere la via della finestra aperta.
Ho passato una notte insonne angosciata dalle preoccupazioni di questi giorni e stamattina quando andavo in coma verso il bagno l'ho notata sulle scale. Dio mio, si era fatta tre piani, tre rampe di scale per venire giù, probabilmente continuando a sbattere ora su un vaso ora su un gradino. Per tutta la notte aveva cercato di tenere duro, di non morire e di raggiungere l'esterno, che avrebbe avuto il suo premio, che tutto prima o poi ti viene premiato, che raccogli sempre i frutti della tua fatica, e della tua tenacia. Ma la porta era chiusa, l'avrebbe trovata chiusa, e quando ho pensato di portarla fuori su un pezzetto di carta mi sono detta che non c'è nemmeno il sole oggi, e che avrebbe finito di agonizzare per chissà quanto tempo incazzata anche di aver fatto uno sforzo enorme per nulla.
Così l'ho schiacciata, cercando di sbriciolarla all'istante, che non sentisse nulla di più...del nulla.
E mi sono sentita bene.

15 aprile 2003
Sensual Playlist
Fra le cose per cui vale la pena vivere ci sono le cose belle. E quelle belle che si confermano. Come Parla con lei di Almodovar dopo Tutto su mia madre. Come Il Signor Malaussene dopo la trilogia di Pennac. Come l'ultimo dei Radiohead, Hail to the Thief.
C'è la musica adatta per ballare, quella per una serata romantica, quella da sottofondo serale, quella per dare sprint al mattino, quella da domenica a letto, quella da viaggio, quella da spararsi in cuffia prendendo i mezzi pubblici, quella estiva, quella da cantare insieme, ecc.
Hail to the Thief, se fosse un po' meno acido, potrebbe rientrare nella mia Sensual Playlist (che non è esattamente la musica da sesso, ma quella da "stare per"), che attualmente comprende - e andrebbe aggiornata direi - :
For the Love of God - Steve Vai
I'm your man - Leonard Cohen
Mama - Lanny Kravitz
Baby do the bad thing - Chris Isaack
Shine on you crazy diamond - Pink Floyd
Ride across the river - Dire Straits
Principles of lust - Enigma

14 aprile 2003
Voce del verbo scampagnare
Qualcuno potrebbe averlo un casale, un bel posto, dove vederci. Dei miei amici ne hanno uno tra il Lazio e la Toscana, se vogliamo andare (e mangiare) immagino ci sia una quota.
Chi parte dalla stessa città potrebbe venire insieme e tagliare le spese di viaggio. Non ci sarebbero limiti di spazio, di tempo, e la discussione sarebbe libera, da come il Blog salverà l'Universo a dove sarebbe proprio bello andare a fare un viaggio.
Ovvio che non si troveranno mai il giorno e il luogo che vanno bene per tutti, ma come nel disegno teorico di una democrazia, si farà a maggioranza.
La proposta è partita.
Vediamo chi ha voglia di fare.

25 aprile 1938
Perchè - quando si è sbagliato - si dice "un'altra volta saprò come fare", quando invece si dovrebbe dire "un'altra volta saprò già come farò" ?

Non è mia questa considerazione. E' di Cesare Pavese, di cui leggiucchiavo Il mestiere di vivere al sole, godendomi il mio solito pezzettino di cioccolata post-pranzo, e che mi ha fatto pensare a quanto assomigliasse ad un blog (un Signore Blog).

11 aprile 2003
C'est la vie
Stasera questa settimana durata un mese finirà. Chiuderò gli occhi solo una volta che sarò in treno, e cercherò di avere solo pensieri vaghi e ricorrenti, magari dormo.
Appena scenderò ci sarà Simo ad aspettarmi. Farà freddo, lo so già, inutile uscirmene con le mie frasette sul nord e sul sud.
Correremo alla nostra seconda lezione di teatro, in quel casale splendido sulla collina, che se siamo fortunati come l'altra volta ci tocca di nuovo quel cielo stellato come in città non si vede mai.
Scioglieremo un po' i muscoli, i nodi principali delle caviglie, delle anche, del petto e del collo. Faremo i nostri esercizi di concentrazione e tutti gli altri. (poi tra un po' mi chiederò come mai proprio quest'anno un corso di teatro insieme a tante altre coincidenze...).
Poi andremo a prendere Ema alla stazione, che starà con noi il week end.
Arriveremo a casa tutti e 3 a mezzanotte passata. Inciamperemo su Pizia che tutta nera ci aspetterà sulle scale. Faremo tardi a parlare, e poi andremo a dormire per la prima volta giù, dove Simo questi giorni ha sistemato la camera. Ed Ema starà su', nella mansardina tutta piena di cose.
E sabato mattina Ema conoscerà la Silvia. Poi andrà al suo corso di fotografia, mentre noi ci riposeremo, e la sera andremo al cinema (sì, cazzo sì, datemi un cinema!). E domenica ancora di riposo e allegria.

10 aprile 2003
Il diario di Francesca Mazzucato
Ieri è uscito Diario di una Blogger, di Francesca Mazzucato, Marsilio Editore.
Quando sono tornata a casa la sera ne ho trovato una copia nella buca delle lettere, con invito alla presentazione ufficiale e dedica.
Non so nulla di Francesca Mazzucato, lo ammetto. Non conoscevo nè lei nè il suo blog e quindi mi astengo da critiche sulla sua persona.
Ero molto curiosa di leggere questo libro e così in qualche ora l'ho finito.
Non è un libro noioso. C'è del mestiere dietro. Inizia, arriva al punto, e si conclude. Ben fatto. Sembra scritto un po' di fretta, lo stile non è di quelli di mio gusto (sì troppo barocco e zuccheroso), non mi piacciono le conclusioni e la protagonista è profondamente antipatica.
Ma la Francesca scrittrice è furba, e secondo me chi le ha dato della stronza ha giocato solo con il personaggio. Daltronde lei è una scrittrice, lo dice almeno una volta a pagina.
Comincio a leggerlo e piano piano lo riempio di commenti, sottolineature, punti esclamativi. Mi arrabbio, mi stupisco, mi congratulo.
Lei è al centro del racconto. Gli altri non esistono che come propaggini del suo gioco sadico. Su questo palco lei entra ed esce ogni volta diversa. Ad un certo punto sembra una di quelle bambine che a scuola avrebbero preso i pastelli con i quali stai disegnando un bel cielo azzurro e li avrebbe buttatti per terra, per il solo gusto di rovinare quel momento, come se non sopportasse i legami di qualcun'altro con le cose belle.
Un altra volta è così sincera da essere volgare, ammette di essersi alzata gli accessi da sola, di contemplare compiaciuta i suoi post e il suo layout.
Come appare volgare appare anche coraggiosa e autoironica. Chi metterebbe per iscritto tutte le critiche ricevute?
E alla fine vince. E' scesa fra i blogger, si è sporcata le mani e ne è rimasta invischiata, non come certi dei, e dee, dell'Olimpo che tutto guardano e giudicano dall'alto. Lei si è fatta spalare merda addosso e ha ricambiato con gli interessi, e quindi - conclude - è meglio il mondo di fuori. Perchè il blog tira fuori solo il peggio delle persone.

Alla fine della lettura sono nauseata come se mi avessero imbottito di cibo. La mia conclusione è caustica. Il blog è marcio, e questo libro acido, senza un'ombra di umanità, lo spiega bene. Il blog è andato, scaduto. E' stato consumato e ora è finito.
Lo sanno quelli che c'erano un anno fa, ma lo sanno anche quelli, come lei, che hanno avuto un blog per soli tre mesi.

Quando smetti di usare qualcosa e ti fermi a guardarla le togli l'anima. Ti ritrovi in mano una cosa morta, niente più magia, solo una carcassa. Potranno stuprare il blog come vogliono, cavalcarlo per le crociate più improbabili, ma sarà morto, se non lo si userà. Come una penna della quale ammiro i riflessi dorati e i ghirigori sulla punta, ma che non scrive.

Ho letto ieri che ciò che dà valore ad un blog non è niente che la tecnologia può offrire. Quello che gli dà valore (come in quelle persone che hanno carisma) è un forte senso dell'identità. Lui ne fa una questione d'età. Certi giovani dai 20qualcosa ai 30qualcosa ce l'hanno. Prima si ha l'ansia di crescere e diventare adulti, dopo si ha l'ansia del tempo che ci è sfuggito di mano. Invece tra i 20 e i 30 siamo liberi dai genitori e se siamo genitori lo siamo da poco, quando ancora crediamo di averne la stoffa, e il nostro sguardo si muove come dentro un loft minimalista e arioso. Abbiamo tutto nelle nostre mani, e nelle nostre mani le cose sono nuove, come una nuova casa, facili da mantenere.

Forse Francesca ha perso questo sguardo. Ha avuto bisogno di provocare, di creare situazioni per rompere la noia della rete, perchè non ci ha visto nulla.
La realtà ci nasconde bene, e camuffa il nulla di senso.
Ma in rete l'unico paesaggio possibile è nel nostro sguardo.

7 aprile 2003
C'è vita oltre i blog?
Il blog mi piace pensarlo un mezzo, non un fine, ma credo di essere in via d'estinzione.

Dice Granieri, di cui apprezzo la passione verso l'argomento, che "il 90% dei post di un blogger, se non la totalità, è affine all'attività giornalistica".
Non sono daccordo. Non mi ritengo una giornalista, nè ho mai voluto esserlo.
Credo che avere un'opinione ed esternarla non faccia di nessuno un giornalista.
Modificherei così quella frase:
"Il 90% dei post di un blog informativo, se non la totalità, è affine all'attività giornalistica".
Perchè mi sembra di riconoscere una divisione assolutamente teorica e inutile se non per dissertazioni di questo tipo, tra blog informativi e blog espressivi.
Nel mio blog non informo nessuno. Esprimo, piuttosto, opinioni, sensazioni e idee. Ma, insomma, i confini sono labili, e tutta la questione sui blog come informazione, o espressione, o giornalismo, o fuffa, o nuovo fenomeno comunicativo, a mio parere lascia davvero il tempo che trova.

Granieri afferma di non voler regolamentare i blog, ma parla di sistemi, strade possibili, sfide. C'è qualcosa che anela, un insieme di blog, di cui tutti facciano parte, perchè "un blog da solo non va da nessuna parte" (e dove dovrebbe andare?).
Dico la mia: a me spaventa. Mi spaventano i "sistemi consapevoli". Mi fanno venire in mente i quartieri americani con le casette tutte uguali e il giardinetto. Meglio delle costruzioni abusive, direbbe qualcuno, ma siamo sicuri?
Decidere di sistemizzare qualcosa di già esistente e in uno stadio piuttosto avanzato, mi sa di demarcazione del territorio, dove entro questa riga c'è un bel quartiere di casette e giardinetti sotto lo stesso consorzio che tutti i giardinetti annaffia, e oltre il caos.
Il punto è che io mi sento già parte di un gruppo, da più di due anni, non mi serve molto di più. E' bello guardare fuori dalla finestra e vedere case diverse, colori, giardini o patii. Ognuno come vuole e a perdita d'occhio.
Io sto bene come sto, e anzi stavo meglio prima che ci fosse qualcuno che mi bollasse come fuffa, e qualcun'altro che chiamasse Blog Aggregator un oggetto che contiene 60 siti web e non migliaia di blog, tra cui il mio che blog lo è di sicuro (anche se, a questo punto, comincio ad avere forti crisi d'identità).

E poi, se di sistema democratico si deve trattare, io voglio poter dire la mia (sperando di poterlo fare pur non presenziando al Blog Age): ritengo che un blog per essere tale, non debba mai - tranne eccezioni - discutere di cosa è un blog, così come sui giornali pretendo di leggere notizie dal mondo e non - tranne eccezioni - disquisizioni su cosa è il giornalismo.
Nel blog cerco la vita FUORI i blog, non la vita DEI blog. Se ci importa cosi' tanto di questo straziato utente, ci dovremmo domandare se a lui interessa guardarci discutere di cosa deve o non deve essere un blog. Sta qui l'autoreferenzialità di cui ci accusano, e a ragione. Sappiamo parlar d'altro oltre che di blog, aggregatori per blog, convegni per blog, e nuovi tool sui blog?

Ero anche curiosa di sapere come ci si riappropria della comunicazione usando parole come "turbocapitalismo", ma indagherò un'altra volta :-)


4 aprile 2003
Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te
Quando sei un po' giù, normalmente un amico cerca di darti consigli dicendoti "Io faccio sempre così quando sono giù". Ecco, a cosa serve sapere che tu faresti così? Io non sono te, e quello che funziona per te molto probabilmente su di me non ha nessun effetto. Ho sempre creduto che non si può facilmente essere d'aiuto a qualcuno, e che basta esserci, rimanere vicini, quella cosa che si chiama com-passione.
Voler davver aiutare qualcuno comporta sapere di cosa l'altro ha bisogno, anche fosse ciò che mai avremmo creduto possibile. Un aiuto presuppone il rispetto.
Se io risolvo i miei problemi cantando e tu stando in silenzio, sarà bene che mi stia zitta, se tu mi hai chiesto aiuto.

Allo stesso modo mi piace pensare che ogni popolo abbia diritto alla propria storia, anche brutale e disumana, ma propria. La storia dell'Occidente non si può certo definire soave ed indolore, e per questo non credo che possiamo andare in giro a dare lezioni di libertà e democrazia.
Massimo Fini è un forte ed educato sostenitore di quello che ho appena detto. Anche se animato dalle migliori intenzioni, dice, il tentativo di aiutare altri paesi non fa che rompere l'equilibrio di quel paese. Questo equilibrio vale più di ogni altra altra cosa, è la sua anima e va rispettata, anche se ci sembra assurda. Voler cambiare le regole di un paese, è sempre un atto di violenza. Un popolo può cambiare solo dall'interno, dalla spinta rivoluzionaria di chi ci vive dentro.
Ad Otto e mezzo, venerdì scorso, Fini ha raccontato una storia che mi ronza in testa da giorni. In Africa un missionario volle regalare una mietitrebbia ad una tribù, convinto che sarebbero stati contenti di fare in due ore il lavoro che fino ad allora avevano fatto in due settimane. Ma il capo della tribù rifiutò la mietitrebbia, dicendo che avrebbe rotto un equilibrio che tutto sommato così com'era funzionava.

Quello che noi crediamo essere il benessere non è detto che sia uguale ovunque. Credere i nostri valori universali è una forma di totalitarismo.

Furio Colombo, da me stimato molto e anche lui presente in trasmissione, portava la tesi opposta. Tutto il genere umano vuole le stesse cose, ovvero vivere in pace ed essere felice. Non crede che un altro individuo possa essere cosi' tanto dissimile da lui da volere la guerra anzichè la pace. Non crede che qualcuno voglia stare cosi' male da voler lavorare due settimane anzichè due ore.
Sofri aggiunge che far parte tutti della stessa specie è un dato totalitario da cui poter trarre delle regole uniche per tutti. Fini risponde che è vero che tutti vogliamo la felicità, ma in modi che possono risultare diversissimi.
A quel punto Colombo ha parlato di un processo. I nostri valori sono il frutto di un lungo processo, e il valore della vita è un concetto recente, ha detto.
Ebbene io replico che se questo processo esiste non è del genere umano tutto, ma solo dell'Occidente, che in altre terre e in altri tempi hanno portato avanti processi diversi (i cretesi erano più indietro di noi?).
In ogni caso non sono daccordo con l'idea di processo, come di qualcosa che va avanti, perchè avanti assomiglia troppo a "migliore" e in nome di valori migliori di altri si possono commettere orrori che sappiamo.

La storia non va avanti, va e basta.

Per esempio il Papa. Secondo Colombo anche il Papa ha capito questo processo, quando dice che "la maggioranza della popolazione mondiale vuole la pace". Ferrara gli chiede come mai il Papa è quello che vieta anche la contraccezione in Africa, e Colombo risponde che il Papa per certi versi è avanti mentre per altri è rimasto indietro. E chi lo decide in cosa il Papa è avanti e in cosa è indietro? Furio Colombo? Esiste un giudizio superiore a quello del Papa che decide cosa egli dice di giusto e cosa no?
Non è più facile ammettere che il Papa, e cio' che lui rappresenta, sia semplicemente un sistema a sè? Che come sistema a se' non ci siano contraddizioni tra il volere la pace e il negare la contraccezione?

Se il diritto ad essere tutti felici è un articolo della Costituzione americana e di nessun'altra, ci sarà un perchè. Io rispetto il tuo articolo, tu rispetta il mio. Non venirmelo a vendere in casa mia, perchè non ne sai più di me!
Anche vivessi in quella che ti sembra una baracca è questo ciò che io sono, e la mia libertà è in ciò che sono, non in ciò che non sono. Come la mia dignità è in ciò che ho, non in ciò che non ho.
E chissà se sotto i miei metodi barbari, il mio cibo povero, e la mia cultura primitiva non sia tu a trovare qualcosa da prendere, anzichè da togliere.
Qualcosa da imparare, anzichè da liberare.

3 aprile 2003
Sondaggio
Entro stasera devo decidere il titolo del mio libro. Non ne volevo uno scontato, o didascalico, o che sapesse di tesi in sociologia, alla fine sono arrivata ad un compromesso che mi sembra buono. Il mio editore ne vuole un altro però. Ho quindi bisogno di un giudizio VELOCISSIMO. Allora prego giudicare e spedire commenti:

POSTED BY
il piccolo mondo dei blog*

FATTI DI BLOG
La tua anima in rete

il primo è il mio, l'altro no.
* sottotitolo da definire. potrebbe essere "i blog e altre storie" o una cosa così.

2 aprile 2003
Clem
Ho conosciuto Clem fuori dal supermercato vicino casa mia. Vendeva strofinacci e calzini e mi ha chiesto se parlavo inglese. Così mi ha raccontato che lui viene dalla Nigeria, dove giocava a ping-pong per vivere, che ha vissuto in Inghilterra e che è in Italia solo da 4 mesi. Vorrebbe trovare un lavoro ma deve prima imparare bene l'italiano. Mi ha chiesto se ero disposta ad insegnargli l'italiano. L'impresa mi sembrava eroica, quindi allettante, ma ho preferito informarmi e ho scoperto che in parrocchia tengono corsi di lingua italiana per stranieri. Sabato farà la sua prima lezione. E poi chissà che un giorno non potrà insegnare ping pong in un centro sportivo, o in un villaggio turistico.

1 aprile 2003
Trasferta
Sono partita lo stesso. Simo è sceso per fare il viaggio con me. Ho caricato le mie cose in auto, Pizia compresa, e in cinque ore eravamo sù. Qui non c'è il sole di Roma. La primavera rimane nascosta dietro questo cielo velato e umido, ed io la aspetto guardando spesso fuori dalla finestra. La sera fra le colline c'è un silenzio totale. Mi farà bene starmene qui per un po'.
La mattina sono sola, ma è una casa piena di libri, oggetti e ricordi, non ti senti mai davvero sola. Il pomeriggio poi torna Silvia da scuola, e a volte di sera c'è la mamma.
Ci siamo sistemati il nostro bagno. Le ginestre che ho messo in un bicchiere profumano. Pizia ha trovato i suoi spazi e sta sempre per i fatti suoi. Fra qualche giorno proverò a farla uscire nel giardinetto qui davanti. Poi magari una domenica pomeriggio togliamo le erbacce e ci mettiamo due sdraio.

tutto ciò è farina del mio sacco. fanne ciò che vuoi tranne guadagnarci, visto che io non lo faccio, e ricordati di citare la fonte, grazie.