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| da L' Espresso del 25 aprile 2006Mafia e politica nelle carte di ProvenzanoNei bigliettini ricevuti dal boss Matteo Messina Denaro, i malumori di Cosa Nostra per lo scarso sostegno da parte dei rappresentanti dello Stato sulla modifica del 41bis e la legge sulla confisca dei beni dei mafiosidi Fabrizio Gatti Si parla anche di politica nei pizzini trovati a Bernardo Provenzano. Dei 350
messaggi sequestrati nel covo di Corleone, dieci sono stati scritti al capomafia
da Matteo Messina Denaro, 44 anni, latitante dal 1993 e tra i possibili
successori del boss arrestato l’11 aprile dalla polizia. In alcuni di questi,
come "L’espresso" è in grado di rivelare, Messina Denaro si lamenta
con Provenzano perché i politici non sostengono Cosa Nostra. Secondo le
indiscrezioni non si fanno nomi, ma l’allusione è a ciò che la mafia si
aspettava dallo Stato: dalla modifica del 41 bis che regola la detenzione in
carcere all’abolizione legge Rognoni-La Torre sulla confisca dei beni della
piovra. Può essere una coincidenza, ma nell’autunno scorso un progetto di
Silvio Berlusconi e dei ministri Roberto Castelli e Giuseppe Pisanu, poi
ritirato per le proteste, prevedeva proprio l’ammorbidimento della Rognoni-La
Torre. ----------------------------------------------------------------------------- da www.ilgiornale.it del 26 aprile 2006
-------------------------------------------------------------------------------------- da www.isolapossibile.it del 21 aprile 2006 Crisi di "vocazioni" in Cosa Nostra. Lo rivelano i «pizzini»di Red online, 21 aprile 2006di MASSIMO GIANNETTI PALERMO L’arresto nei mesi scorsi di centinaia fra boss e affiliati avrebbe creato alla mafia seri problemi nella gestione quotidiana degli affari, ma soprattutto nel reclutamento di «nuove persone di fiducia». Tanto da determinare una vera e propria crisi di vocazione. E’ quanto emergerebbe dai famosi «pizzini» sequestrati nei giorni a Bernardo Provenzano nel covo di Corleone e sui quali prosegue il difficile lavoro di decodificazione da parte della Dda di Palermo. Ma i magistrati sono riusciti a dare già parecchi nomi a quelle missive anonime sulle il padrino segnava dei numeri di riferimento. Alcuni di questi apparterrebbero ai due colonnelli di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro e Salvatore Lo Piccolo, entrambi latitanti da molti anni e ritenuti probabili successori di «binnu u tratturi» al vertice della Cupola. Nei loro messaggi, hanno riferito dalla procura, si rivolgono al boss con «grande referenza» chiedendogli autorizzazioni sul controllo degli appalti e sottoponendogli problemi di varia natura sull’organizzazione mafiosa. E il «problema più grave» che spiegano a Provenzano sarebbe appunto l’«insufficienza di uomini a disposizione delle cosche siciliane». Più di 400 sono fra boss e affiliati le persone arrestate negli ultimi mesi con l’accusa di far parte della rete che ha favorito la lunga latitanza di Provenzano. Ma per gli investigatori la traduzione di questi «pizzini» sarebbe un’altra conferma che Matteo Messina Denaro e Salvatore Lo Piccolo non solo erano in stretto contatto con l’ex primula rossa, ma ne riconoscevano il ruolo di «capo indiscusso» all’interno di Cosa nostra. Oggi intanto nel carcere di Terni è previsto il primo faccia a faccia tra Provenzano e i magistrati Giuseppe Pignatone, Marzia Sabella e Michele Prestipino. Il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso è però convinto che il padrino farà scena muta: «L’interrogatorio è un atto doveroso, ma non credo verrà fuori alcunché», è la sua previsione non auspicata. L’ex capo della procura di Palermo, intervistato a Roma dai giornalisti stranieri, è si è invece detto convinto che «l’organizzazione mafiosa, dopo la cattura di Provenzano stia vivendo un momento di stasi e di crisi». E a chi gli chiedeva perché i figli e la moglie di Provenzano non siano stati indagati per favoreggiamento, visti i rapporti che continuavano a tenere con il loro congiunto, prima ha risposto che la legge italiana non lo prevede, poi ha aggiunto: «I figli di Provenzano sono arrivati alla laurea e ho sentito i loro insegnanti qualificarli come ragazzi molto intelligenti e studiosi. Non vedo perché debbano essere penalizzati». Ma proprio ai figli di Provenzano si è rivolto con una lettera aperta il fratello di Peppino Impastato: «Uscite allo scoperto, dite chiaramente di avere avuto un padre mafioso, senza per questo rinnegarlo come essere umano, così come ho fatto io - scrive Giovanni Impastato - Sono stato anch’io ragazzo come voi e ancora prima di me lo è stato mio fratello Peppino, siamo tutti figli partoriti dalla stessa mafia.... Una mafia fatta di uomini che diventano padri e dicono ai loro figli che sono vittime innocenti della giustizia costretti a vivere nascosti come talpe. Mi piacerebbe incontrare Angelo e Francesco Provenzano - prosegue Impastato - discutere delle nostre esperienze. Già il fatto che i due giovani sembra vivano in un contesto di normalità è una rottura. E’ chiaro che i figli di Provenzano ora si sentano isolati ma è necessario che si conquistino la solidarietà degli altri e quindi devono uscire alla scoperto».
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Scuola Media Statale "Giovanni XXIII" - Pietramelara http://smspietramelara.altervista.org Ipertesto realizzato e curato dal Prof. Giuseppe Landolfi Contatto: obiettivomafia@libero.it
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