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DIARI - I RACCONTI DEI SOLDATI |
PRIGIONIA |
GLI AFFONDAMENTI in calce Ultimo aggiornamento 1 luglio 2013 INTRODUZIONE |
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Era già successo con la Grande Guerra e lo sarà anche in questa che milioni di uomini cadano prigionieri. A differenza di quella però questa volta agli italiani si aprivano spazi sterminati in paesi raccontati dai vecchi parenti emigrati o del tutto ignorati come il Kenya o l'India |
Quello che vedrete e leggerete in questa sezione prevalentemente dedicata alle sabbie del deserto, si distacca dalla comune narrazione del secondo conflitto mondiale. I personaggi, i luoghi non sono più gli stessi della narrazione principale. Qui ci perderemo (eufemisticamente) nelle sabbie, ed in quella che nei tempi antichi era terra fertile e non deserto. Si parlerà della Libia e del suo deserto, ma in generale anche del Sahara, che occupa la parte meridionale del paese ma gran parte dell'area settentrionale del continente. Gli avvenimenti fin qui trattati per la parte bellica dell'Africa Settentrionale (Egitto, Libia, Tunisia) si svolgevano su una sottilissima fascia costiera che non andava oltre i 60/70 km, che a sua volta era divisa geograficamente in litoranea e gebel (o altopiano). L'idea che combattere qui non arrecasse danno ad alcuno (ma Gheddafi non è o non era dell'idea), se non ai contendenti, faceva pensare più ad una medievale singolar tenzone che ad uno scontro per la supremazia mondiale, nel caso, sul prezioso petrolio Mediorientale (poi Libico). Le regole di sopravvivenza, nella fascia gialla e rosa, avevano sovente la meglio sulla combattività. Le cause "accessorie" di morte, che in Russia furono anche gli stenti, le malattie, il freddo e l'alimentazione, qui erano meno incisive; l'unico vero guaio era la dissenteria. Già al limite della fascia gialla si era nel deserto, ma ancora sotto in quella rosa, come dicevano i Romani per dire di un posto fuori dal mondo, "Hic sunt Leones".Lungo le piste principali, tratteggiate, la vita si era svolta per migliaia d'anni col ritmo lento della natura e delle carovane. Carovane, commerci, oasi, di popoli che non conoscevano le frontiere, che affrontavano i rischi della natura ma anche della malvagità e del destino filosoficamente. Se c'era un paese che dal punto di vista demografico non poteva avere (o dare) di più, questo era la Libia. Anche volendo non avremmo potuto insediare molta più gente di quella poca che emigrò negli anni '30 dall'Italia (almeno per le scoperte d'allora (petrolio ed acqua fossile)). La pressione demografica, lo sfruttamento agricolo si sosteneva solo lungo la costa e nelle rientranze non spazzate dal vento. Il problema dell'acqua, oltre una certa densità, era irrisolvibile. Lo sapeva bene Gheddafi che pompava acqua fossile (destinata ad esaurirsi), dal Fezzan e da Kufra (bacino marino). Nel deserto piove poco ma piove, anche dopo dieci anni. L'uso che si fa dell'acqua è parsimonioso, ma il deserto di quella poca ti ricompensa con le oasi, vere e proprie isole in un mare di sabbia e roccia, più estese e numerose di quanto si pensi. Recenti studi hanno considerato che molta parte dell'accumulo dell'acqua nella falda è dato dall'escursione termica, 30/40 gradi fra giorno e notte, che si micronizza granello per granello di sabbia penetrando nel sottosuolo (e quindi accessorio alla pioggia). Per questo, anche se non piove per anni, l'oasi o i pozzi mantengono per anni la loro portata. Come nel Deserto dei Tartari, finire di guarnigione nella fascia gialla equivaleva a morte civile. Nel deserto l'unico sistema di sopravvivenza è il rispetto: per gli altri e per la natura oltre che per se stesso. I viaggiatori, o navigatori, del deserto assumevano e assumono ancor oggi agli occhi della gente, l'immagine degli ultimi avventurieri. I nastri d'asfalto odierni hanno però tolto molto al clima d'avventura che allora si respirava, ma gli spazi sono infiniti ed un angolo resterà sempre. Molti dei momenti qui narrati traggono ispirazione da uno scrittore del deserto, Stefano Malatesta e dal suo libro "Il Grande Mare di Sabbia - storie del deserto" a cui mi riferirò spesso, citandolo. Per il resto dalla immaginazione visiva e narrativa di uno che nel deserto non è andato e non andrà mai ?!. |
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