PRIGIONIERI IN

INGHILTERRA

 

  Della prigionia inglese, nonostante i numeri consistenti (oltre 150.000 uomini) non ci sono molte testimonianze. Dopo molte ricerche in rete e in biografie non ho trovato che pochi racconti dai quali si evidenzia, una tranquilla prigionia, fra gente che se ti ignorava culturalmente (per gli inglesi gli italiani erano e sono dei sottosviluppati), non ti pesava con altre angherie. Tutto sommato ti chiedevano di lavorare e condividere con loro il cibo a disposizione, che era sempre meglio di quello di tanti altri campi di prigionia. I campi Inglesi erano sparsi su tutto il territorio in piccolissime unità e non creavano problemi di sorta per l’ordine pubblico. Quando poi gli italiani vennero mandati in Scozia una cosa li accomunava con la popolazione, la religione cattolica. Sarà anche per questo che nessuno ha ritenuto di scrivere memorie di un tempo sospeso ma accettabile. Chi non lavorava in agricoltura lavorava in piccole fabbriche e godeva di una certa libertà nell’ultimo anno di guerra. In Scozia risulta che italiani lavorassero alle ferrovie regionali a Carnforth, distaccati dal campo di Beela River. Fra i locali circola ancora una storia che ha dell’incredibile.

Una storia d'amore

   

Another Time, Another Place.
di MICHAEL RADFORD regista del Postino

http://www.cinematografo.it/bdcm/bancadati_scheda.asp?sch=14847 
Film realizzato per la rete televisiva Channel Four (1983)
During World War II, a group of Italian prisoners-of-war are sent to rural northern Scotland to work in the fields. Jamie (Phyllis Logan in a very moving performance), the depressed wife of an asexual farmer, befriends two of them. Luigi (Giovanni Mauriello) is attracted to her, and eventually she capitulates to his advances. The hot-blooded Italian brings sunshine into the bleak landscape of her life. However, when the authorities accuse him of raping a young woman in the fields, Jamie must reveal her adultery in order to save his life. Writer-director Michael Radford skillfully unravels this tale of forbidden love, paying special attention to the clash between individual fulfillment and community standards.

   La sorveglianza al campo era molto ridotta e quei pochi servizi che facevano le guardie erano di tenere lontane le donne dai recinti e dagli ingressi (qualcuno si spinge a dire che erano le guardie stesse a rifornire il campo per una razione di birra). Di scappare gli italiani non avevano quindi nessuna intenzione, anche se la nostalgia di casa era grande. Una sera una guardia del camminamento si è anche sentita male e nelle more della sua sostituzione dal corpo centrale, gli italiani stessi col fucile lo hanno rimpiazzato per non creare problemi all'uomo e alla direzione del campo. All’interno dei campi si formavano anche orchestrine che si recavano a suonare nelle feste locali o allietavano le feste in prigionia. Un carrista piemontese racconta di aver anche recitato a capo di una filodrammatica nel campo 47 di Shaftebury. 
Donato Presicce di Nardò classe 1918 ha una passione per gli sport, in particolare per il ciclismo. Ma la guerra lo porta via presto, bruciandogli i migliori anni giovanili. Quando lo fanno prigioniero passa da un campo all’altro dell’India poi in Inghilterra. In prigionia gli danno la possibilità di gareggiare e lui stesso si spinge ad organizzare a guerra terminata una partita Pow contro Liverpool finita in pareggio. Oltre al calcio e al ciclismo pratica il podismo e alla vigilia della Liberazione (1946) si classifica in una corsa locale.

  Un altro uomo del deserto, Fugazzola Bruno arruolato nel 1939 nel 1° reggimento artiglieri di stanza in Libia, fu catturato dagli inglesi nel dicembre 1940 a Sidi El Barrani. Dopo un breve periodo in un campo di prigionia nei pressi del canale di Suez, nel 1942 fu inviato in Inghilterra, alle isole Orcadi per lavorare alla barriera Churchill, una serie massiccia di strade rialzate in cemento che limitarono gli accessi orientali verso la baia di Scapa Flow. Le condizioni di vita non furono particolarmente dure e il lavoro dei prigionieri venne retribuito. 
Alle Orcadi gli italiani sono ricordati anche per una pregevole opera (vedi immagini) che i locali considerano ora un importante monumento. Nel 1993 gli abitanti delle Orcadi invitarono tutti gli ex-prigionieri italiani a festeggiare i 50 anni di questo piccolo santuario da loro costruito. Bruno fu tra gli ospiti e riabbracciò i vecchi compagni, fiero di aver lasciato, insieme a loro, un tangibile segno dello spirito e della cultura italiana in quelle lontane isole. http://www.callnetuk.com/home/hibs/the1.htm  storia della cappella
     

This highlights the plight of a number of Italian POW's relocated to a remote Scottish island community. It follows the main characters' anguish with being away from their families, living in an alien climate and coping with the cultural differences. Especially well received at the Cannes Film festival of that year.

http://www.johndclare.net/wwii11.htm

 

Tratto da una novella JESSIE KESSON
Produzione UMBRELLA FILMS - REDIFFUSION FILMS - CHANNEL 4 - THE SCOTTISH ARTS COUNCIL  (1985)
Attori
PHYLLIS LOGAN  - JANIE
GIOVANNI MAURIELLO -LUIGI
GIANLUCA FAVILLA  - UMBERTO
CLAUDIO ROSINI - PAOLO
PAUL YOUNG - DOUGAL
GREGOR FISHER - BEEL
TOM WATSON - FINLAY
JENNIFER PIERCEY - KIRSTY
DENISE COFFEY - MEG
YVONNE GILAN JESS

Soggetto JESSIE KESSON
Sceneggiatura MICHAEL RADFORD
Fotografia ROGER DEAKINS
Musiche JOHN MACLEOD
Montaggio TOM PRIESTLEY
Scenografia HAYDEN PEARCE
  Da Tobruk all’ estremo Nord della Scozia, un viaggio interminabile, in una terra che d’inverno non offre il meglio di se stessa. Erano tanti i soldati italiani che, finiti prigionieri tra le dune del deserto, erano stati deportati in quel lontano 1942 a Lambholm, nel campo 60, a lavorare alacremente alla costruzione della Barriera Churchill, una infinita serie di strade rialzate necessarie per unire parte delle Orcadi più vicine con ponti artificiali e limitare gli accessi a quella baia naturale che è Scapa Flow, dove si concentrava la marina da guerra inglese. Nelle 13 baracche il tempo trascorreva uguale, le settimane si accavallano mentre la guerra proseguiva e ancora non se ne intravedeva la fine: il cuore batteva per la nostalgia della moglie, della mamma, dei figli lontani, certo poteva anche finire peggio, ma la voglia di non abdicare se stessi, di non alzare bandiera bianca di fronte ai propri sentimenti era tanta. Il gruppo era affiatato e, nonostante il duro lavoro, la voglia di creare, di lasciare un’impronta della propria presenza era tanta: il campo 60 si trasformò. Venne prima eretta una statua dedicata a San Giorgio, poi nacquero delle strutture per lo svago, tra le quali un piccolo salone destinato a diventare un teatro e venne realizzato persino un biliardo. Mancava ancora qualcosa, una struttura della quale, così lontano da casa, sentivano veramente la necessità: una piccola cappella nella quale trovarsi per pregare o anche solo entrare per raccogliersi a pensare, a meditare, a sognare ad occhi aperti un futuro di esseri liberi in un mondo guarito dalla brutta febbre della guerra. Senza molte speranze il gruppo di italiani avanzò la richiesta al responsabile dei campi di prigionia: trascorsero mesi e mesi senza che giungesse una risposta, poi, verso la fine del 1943, sorprendentemente si poté dare inizio ai lavori.

Da wikipedia.org. Le Isole Orcadi (in inglese Orkney Islands) costituiscono una delle 32 regioni unitarie (unitary authorities) della Scozia. Sono composte da 200 piccole isole delle quali una ventina circa sono abitate e situate 16 km a nord di Caithness . L'isola principale dell'arcipelago è nota come "Mainland" e qui si trova la capitale amministrativa Kirkwall (7.000 abitanti e un porto rilevante). La seconda città è Stromness sulla costa occidentale di Mainland, con 2000 abitanti circa

  Fu soprattutto un prigioniero, che era pure un artista, Domenico Chionetti a darsi da fare ed in poco tempo, utilizzando rottami, materiale di fortuna, pezzi di lamiera recuperati qua e là, anche fra le navi affondate, nacque una cappella che è una vera e propria opera d’arte e che è meta costante di migliaia e migliaia di visitatori. Il tabernacolo in legno, gli affreschi sulle pareti, la volta che propone i quattro Evangelisti, la Bianca Colomba, simbolo dello Spirito Santo: quando, a distanza di cinquant’anni, si entra in questa chiesetta non si può restare impassibili. Certo viaggiando con il camper attraverso un intero Continente, cento regioni, mille paesi si sono potuti ammirare luoghi di culto di incommensurabile bellezza, ma se ora ad una occorre andare con il pensiero, non si può che farlo ricordando quella bella cappella costruita con amore, fatica, abnegazione, voglia di riscatto, dignità da prigionieri italiani che attendevano di poter tornare alle loro case senza aver perso di vista la loro primaria essenza di esseri umani. L’Oceano d’inverno continua a sbattere violento contro la costa, il freddo è pungente, ma quella Chiesetta di Lambholm riscalda l’aria, e sfida la neve che sferza ogni cosa, ma sembra arrendersi di fronte ad una costruzione di ferro, lamiera e legno che l’amore e la dignità ancor più del cemento hanno reso salda. Beppe Tassone
     

Trama

TORNA

  Nell'ultimo anno della seconda guerra mondiale, moltissimi prigionieri italiani detenuti sul suolo britannico sono adibiti a lavori agricoli presso grandi fattorie e piccoli coltivatori diretti. Un gruppo di essi lavora in Scozia: si tratta di Luigi, un napoletano, di Paolo, un romano e del fiorentino Umberto. Con una piccola sovvenzione governativa, li ospita nella sua casa Janie, una giovane donna che vive con un rude marito. Gli stranieri sono in genere accettati dalla comunità locale: lavorano sodo, riescono a capire ed a farsi capire e sono di buon carattere. Ma il cuore di Janie è gradualmente toccato dalla dolcezza e dalla umana simpatia per quei ragazzi mediterranei, neri di capelli e con lei sempre gentili: soprattutto per Luigi, sospiroso della sua Napoli, desolato per la mancanza di posta e chiaramente innamorato della padrona di casa. Janie partecipa alla festa natalizia degli italiani (unica donna), e ne esce turbata e commossa, anche per il piccolo dono offertole.  La vita ed il lavoro in comune, il temperamento e le premure di Luigi fanno il resto: un giorno in cui egli, sempre senza notizie da casa e sconfortato perché quella dannata guerra non sembra aver fine, si scioglie in pianto, Janie lo accoglie tra le sue braccia e cede allo straniero, più per pena o pietà, che per desiderio autentico. Qualche tempo dopo arriva il grande annuncio: è finita la guerra. Janie, certa ormai che anche Luigi rimpatrierà come gli altri, gli si concede una seconda ed ultima volta in un bosco non lontano da casa. Sfortuna vuole che una ragazza di facili costumi, sorpresa e violentata nello stesso bosco da un altro prigioniero, peraltro rimasto sconosciuto, faccia uno strepito del diavolo e che la voce popolare accusi Luigi del misfatto. Così Janie vede Luigi andarsene con un agente di polizia, sotto l'accusa di aver avuto rapporti - lui prigioniero di guerra - con una donna inglese. Con il cuore gonfio e vincendo pudore e timori, Janie si reca in città da un magistrato militare dichiarando, che, nel luogo e nell'ora ben noti, l'italiano era con lei. Vien preso atto della dichiarazione, ma inutilmente. Alla donna non resta che il pianto, il senso di colpa ed il carico di tanti ricordi.