FRONTE DESERTO
RAGGRUPPAMENTO SAHARIANO MANNERINI
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The Saharian Group was commanded by the Italian General Mannerini and consisted of a somewhat scrappy lot of Italian units which Messe himself later described as
‘picked up here and there’. Its exact constitution is not known, but there was a ‘Savona Brigade’ and various Saharan companies largely drawn from frontier guards (GAF) and from remnants of the garrison posts in southern Libya. One German narrator says that there were ‘about five battalions and three light batteries’, but this estimate is certainly too low for artillery units. Another detailed estimate shows that there were about ten companies of sorts and eight batteries, very mixed in nature and calibre.
Probably the total strength was something short of 2500, which is the highest figure given anywhere. It was known to the Intelligence service—and so to NZ Corps—that the troops in the Gap were all Italian, and that they were not particularly well
organised.
Traduzione: Il raggruppamento Sahariano (R.S.) è stato comandato dal generale Mannerini ed è consistito di un reparto frammentario, resto di molte unità italiane che Messe ha così descritto ‘Mannerini ha raccolto qui e là’. La sua consistenza esatta, dovuta anche alla variabilità, non è nota. Si sa che c'era ‘la Brigata Savona’, costituita dai resti e dai complementi della divisione distrutta, e altri reparti raccolti nei posti di frontiera del sud libico. Un narratore tedesco dice che c'erano cinque battaglioni e tre batterie leggere, ma questa valutazione è certamente troppo bassa per le unità di artiglieria. Un'altra versione indica che c'erano dieci compagnie ed otto batterie di calibro diverso. Probabilmente la forza totale si avvicinava ai 2500 uomini che è generalmente riconosciuta da tutti. I servizi di intelligence del nemico lo davano inferiore, (in offensività ai loro pari) cosi pure quello dei neozelandesi che lo classificava fra i più disorganizzati. Un'altra versione meno interessata, da ai gruppi a lungo raggio italiani un piccolo riconoscimento se pur tardivo. Gli inglesi avevano copiato tutto dalle nostre pattuglie sahariane degli anni 30, di cui noi non avevamo fatto tesoro negli anni successivi. I loro commandos, tutto sommato, avevano al 99% fallito le missioni (famoso l’attacco fallito all’acquedotto pugliese), missioni che oggi si possono definire come suicide nel contesto africano “rendendo giustizia alle capacità italiane (...erano rimasti affascinati [i britannici] da quel che avevano potuto vedere dei veicoli, dell'equipaggiamento e delle tecniche a disposizione del Raggruppamento Sahariano). Furono soprattutto impressionati dalla qualità e dalle conoscenze dei loro ufficiali. Questi fieri soldati coloniali sembravano non corrispondere affatto agli stereotipi di Caporetto di altre battaglie della Grande Guerra...) e tedesche". |
I MEZZI |
*Il 24 luglio 1941 a Potsdam, i tedeschi riuscirono a mettere insieme un altro gruppo di volontari mussulmani, la Sonderverband 288 (seconda unità dei fedeli del Muftì di Gerusalemme). L'unità, che in realtà non contava neanche 150 uomini, venne inviata a Bengasi. In Libia, il battaglione assunse la pomposa denominazione di Panzergrenadier "Afrika". Il 26 gennaio 1942, il capitano Schober ne assunse il comando. Sulla manica della giubba kaki spiccava per la prima volta uno stemma di tessuto che riportava una bandiera rosso, verde, bianca, nera, con impressa la scritta "Libera Arabia", sia in arabo che in tedesco. Nell'aprile del 1942, il "battaglione" contava 133 effettivi. Non si hanno notizie circa l'impiego operativo di questa unità che venne affiancata da una compagnia tedesca e da una compagnia formata da ex-legionari francesi fedeli al governo di Vichy. Ciò che si sa è che 30 elementi considerati i meglio preparati entrarono in seguito a fare parte di una speciale compagnia guastatori dell'esercito tedesco, addestrata per compiere incursioni in Ciad e in Egitto. |
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” Il libro di John W.Gordon DIETRO LE LINEE DI ROMMEL Libreria Editrice Goriziana, dimostra come la filosofia d'utilizzo delle forze speciali impiegate nel deserto 60 anni fa sia ancora attuale ed come insegnamento porta il fatto che se gli operatori di Bravo Two Zero avessero ponderato non avrebbero mai inviato pattugli appiedata dietro le linee di Rommel." Il R.S. era una unità mista cammellata, motorizzata e corazzata dotata di appoggio aereo. Creata originariamente per proteggere le vie interne del deserto dalle scorribande del similare inglese LONG RANGE DESERT GROUP, si trovò presto a dover operare contro un nuovo avversario: la Francia libera. Tali forze erano state organizzate fin dall'estate del 1940 dal colonnello Colonna D’ornano (Corso) poi da LECLERC. Operavano da Fort Lamy nel Ciad ed erano un serio pericolo per i presidi italiani del Fezzan. La colonna LECLERC era appoggiata dal LRDG agli ordini del maggiore CLAYTON che fu preso prigioniero nel 1941. Il R:S aveva compiuto diverse incursioni contro i francesi per alleviare la pressione e durante una di queste s'era pure spinto fino nel CIAD. Fece parte del gruppo per un certo periodo anche il sonderverband 288* Nel 43 fu preso prigioniero un altro mitico comandante dei commandos del S.A.S., STIRLING. Fuggito, fu ripreso dagli arabi beduini e riconsegnato per 5 kg. di the ai tedeschi. LECLERC (nome di battaglia di Philippe de Hautecloque) disponeva alla fine del 42 di 700 veicoli e 5.000 uomini. Durante lo svolgimento delle azioni della primavera del 43 il raggruppamento ricevette rinforzi, dai gruppi Nizza, Monferrato, Novara di cavalleria e IV CCNN e varie batterie. Il livello divisionale raggiunto portò ad identificare in alcuni testi la formazione anche come Divisione Savona (divisione ritirata dal fronte nel 42). Ai primi di gennaio del 43 vista anche la brutta piega presa dal conflitto la 103 compagnia camionettisti arditi (su spa as42-43) fu trasferita a Gabes (Tunisia) inquadrata nel Raggruppamento Sahariano con compiti di pattugliamento e interdizione dalla parte del deserto. La troviamo nel Gebel a protezione della linea del MARETH dalla parte degli Chott xxxxxxxxx. In quest'epoca erano state studiate nuove soluzioni per i veicoli. Alcuni AS 37 furono modificati con l'ottenimento di una piattaforma di tiro sulla quale erano montati un cannone da 20 mm e uno da 47/32. L'altra camionetta era invece la scoperta derivata dalla ab41 monoguida 4x4 con ventiquattro taniche di benzina, armata con mitragliatrice da 8 mm e varie soluzioni dalla Solothurn 20 mm, il 20 mm italiano Breda o il 47/32. Il R.S. fu distrutto in parte a El hamma il 27 marzo del 43 e a Sebket el Nual (7 aprile 1943) in Tunisia. 15° R.E.Co LODI Costituito prima dell'8° Reco Montebello, ad inizio 42, era un mini reggimento su 2 gruppi (2 cp) di cui il 1° autoblindato e l'altro con L 6/40, moto e semoventi 47/32. La nuova unità assunse la denominazione di Raggruppamento Esplorante Corazzato (R.E.Co.) che sarà poi anche del 18° Bersaglieri, giudicata "moderna" fisionomia ordinativa se non fosse stato per i mezzi. Come il 18° aveva distaccato in Russia un Btg anche Lodi era destinato a quel teatro. Visti i rovesci di ottobre e novembre in africa l'unità venne avviata in fretta e furia sul fronte Tunisino. Qui operò dal novembre 42 prima con la 50a brigata Imperiali poi con la divisione Centauro. Durante il trasporto aereo il Reco è falcidiato da attacchi inglesi. Al primo impiego a terra ebbe una ulteriore falcidia ad opera dei reparti francesi (Vichy e Leclerc) che operavano dal deserto. Il reparto era ormai ridotto a 23 autoblindo, poco più di una compagnia e ad alcune moto. (Viene segnalato in appoggio al raggruppamento sahariano Mannerini a Sebca poi sul fronte di Gabes). Depauperato dei mezzi, spesso impiegati da altri reparti, fu uno degli ultimi ad arrendersi. Nel Lodi confluirono nell'Aprile del 43 tutti i restanti reparti di Cavalleria operanti in Tunisia (Nizza Novara e Monferrato), meritando l'argento e la citazione nel bollettino n. 1083 del 13 maggio |
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Organico presunto del raggruppamento SAHARIANO
presente in tempi diversi |
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...... Ma ecco, improvviso, il rombo dei caccia. In tre cercano di prenderci alle spalle. Apriamo il fuoco contemporaneamente. Tutto ribolle fra fumi, schegge, terriccio, scoppi. Passano rombando sulla nostra testa e subito un grido d’esultanza si eleva in cielo: ne abbiamo centrati due, uno perde quota, piega l’ala fumando, tocca terra schizzando pezzi da tutte le parti, si ferma bruciando. Il secondo fuma vistosamente, cerca di alzarsi, non ce la fa. Cade qualche chilometro più in là e brucia lontano. Il terzo si alza in quota, gira alto e si allontana. La morte ha sfiorato questo pugno di italiani, inferiori di mezzi e di armamento. Guardo una massa nerastra sbucare da tutte le parti che corre verso i resti dell’aereo abbattuto, ancora in fiamme. Domando ai miei uomini se ci sono feriti. Qualcuno lievemente da schegge, pochi danni ai mezzi. Arrivò Gianni Agnelli che mi portò un pezzo di paracadute ed una piccola bussola, lui aveva preso per se la Colt del pilota. Ciocchino aveva un thermos ed un mannarese. Vado anch’io a vedere i resti dell’apparecchio abbattuto: fra i pezzi fumanti il corpo decapitato del pilota. |