AFFONDAMENTO

IL SILURAMENTO DELLA MOTONAVE VICTORIA

Il 22 gennaio 1942, il XXXVI (36°) Battaglione Bersaglieri del maggiore Pizzoni facente parte col 12° Reggimento (comandante Ten. Col. Ronchetti) e il LI° Btg. Carri Medi (comandato dal Ten. Col. dei Bersaglieri Salvatore Zappalà) del nucleo della Divisione Corazzata “Littorio” viene imbarcato a Taranto sulla motonave “Victoria”.

RICORDI DEL BERSAGLIERE ALFONSO TABIANI

   

IL QUADRO DI RIFERIMENTO STORICO DEL MOMENTO

(ndr: detta così sembra una stupidaggine come in effetti lo è: sembra che a noi le navi militari ci mancassero e di quelle civili da mandare a picco ne avessimo in abbondanza, a prescindere dal carico che veniva da industrie non in grado di rimpiazzare a breve il contenuto senza parlare delle benzina delle petroliere e degli equipaggi. Gli inglesi e gli americani sacrificarono migliaia di mezzi sia qui che in atlantico per far arrivare anche il minimo indispensabile per tenere le posizioni). Tempo un mese e le belle navi si rinchiusero nei porti.

  Dopo i colpi in rada ad Alessandria del dicembre 1941 la situazione navale inglese nel mediterraneo non era delle più rosee al contrario di quella su terra dove Rommel stava subendo, ma non per molto, la pressione inglese. La Mediterranean Fleet inglese, che già non disponeva più di portaerei, era ora rimasta priva anche di corazzate, Era accaduto, infatti, che la “Forza K” incappasse su uno sbarramento di mine, a margine delle operazioni che avevano portato al cosiddetto “primo scontro del golfo della Sirte” (17 dicembre). Inoltre, l’attacco subito in porto, 19 dicembre 1941 ad Alessandria, ad opera di tre mezzi d’assalto italiani (siluri a lenta corsa o S.L.C., o “maiali”), aveva privato la Mediterranean Fleet di entrambe le corazzate (la Queen Elizabeth e la Valiant) allora disponibili, dopo che l’altra (la Barham) era stata affondata il mese precedente da un sommergibile tedesco in mare aperto. Convinti di avere, finalmente, il controllo almeno dello stretto di Sicilia (Malta esclusa) ci organizzammo con il primo grande convoglio mettendo in mare il meglio del meglio della scorta. Così Antonio Trizzino in “Navi e poltrone”... Così, il 16 dicembre 1941, partirono da Napoli quattro grossi piroscafi carichi di truppe e di rifornimenti, tre (Pisani, Monginevro, Napoli) diretti a Tripoli e uno (Ankara) a Bengasi. Ai loro lati si misero otto cacciatorpediniere: Vivaldi, Da Noli, Da Recco, Maloncello, Pessagno, Zeno, Saetta, Pegaso. Passato lo stretto di Messina la corazzata Duilio con gli incrociatori Aosta, Attendolo, Montecuccoli e i cacciatorpediniere Aviere, Ascari, Camicia Nera si schierarono sul lato ovest. A est facevano barriera invece le corazzate Littorio, Doria, e Giulio Cesare, con gli incrociatori Gorizia e Trento e i cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino, Corazziere, Carabiniere, Usodimare, Maestrale, Oriani e Gioberti. Inoltre, un numero adeguato di unità antisommergibili era stato sguinzagliato in luoghi opportuni. Infine, non s'era trascurato di provvedere di un «tetto» la formazione, facendola sorvolare da numerosi aerei italiani e tedeschi. I comandanti e gli equipaggi dei quattro piroscafi che tante volte erano andati allo sbaraglio e che potevano ritenersi i fortunati superstiti di una lunga strage, guardarono certo con meraviglia tanto spiegamento di forze e forse si chiesero se non si trattasse di una loro allucinazione piuttosto che di un tardo rinsavimento altrui. Il viaggio durò tre giorni e il 19 sera i piroscafi erano a destinazione senza la minima perdita (nafta consumata sicuramente molta). L'esito felice di questo esperimento indusse ad accelerare i tempi per tentarne un altro. E 15 giorni dopo, il 3 gennaio 1942, fummo in grado di far partire altre sei motonavi (Allegri, Bixio, Monginevro, Scirè, Monviso e Giordani) anch'esse sotto la protezione di tre corazzate, sette incrociatori, diciannove cacciatorpediniere e quattro torpediniere, oltre a tutte le misure antisommergibili e di difesa aerea della volta precedente. Anche questo convoglio arrivò sano e salvo. Si rinnovò così il prodigio dei primi mesi di guerra, cioè dell'assenza assoluta di perdite. Queste, che con un continuo crescendo avevano toccato nel novembre una vetta paurosa, erano discese improvvisamente a zero. Il blocco dell'Italia era infranto e il flusso dei rifornimenti alla Libia aveva potuto riprendere con regolare intensità. (ndr: le nostre perdite avevano facilitato l'offensiva inglese come la non perdita di questi due convogli faciliterà la controffensiva di Rommel). Ma, a quanto riferisce l'ammiraglio Bernotti in "La guerra sui mari", tali misure di sicurezza non incontrarono il favore delle autorità marittime, perché "l'uscita non era proporzionale alle possibili offese nemiche" nota a sx .
    INTANTO
JANUARY 1942
17th - During the month, Malta was resupplied by three small convoys coming from the east. In the second, four fast transports left Egypt covered by Adm Vian's Mediterranean Fleet cruiser force. On the 17th one of the close escorting destroyers,
"GURKHA", was torpedoed north of Sidi Barrani by "U-133" and scuttled. Next day the surviving ships were met by "Penelope" of Force K from Malta
(della forza faceva parte anche il Neptune, l'Aurora e 4 cacciatorpediniere), and got there on the 19th. Italians sent 2 heavy and one light cruiser with 8 destroyers leaded by battleship Littorio to intercept the British. Weather was rough but the Italian cruisers found the British, who escaped away, smoking all around. Admiral Iachino kept his ships between the convoy and Malta, waiting the right moment to attack, but once again it was too late: darkness closed in, and the night (Italian's second enemy*vedi sotto)saved the British fleet. But the British convoy was delayed and the next morning was attacked by German planes, and only few material could reach Malta on the way home. This was named the second Sirte's Battle. During this period the Italian Navy had escorted two substantial convoys to North Africa in time for Rommel's next offensive.
  Sembrava una semplice azione locale, destinata a restare senza seguito tanto che al Cairo il corrispondente del « Times» scriveva: «Qui non si è disposti a concedere molta importanza a questa avanzata nemica ». Era invece l'inizio della quinta campagna libica, che ci avrebbe portato alla fulminea riconquista della Cirenaica e non solo.
… Il servizio informazioni germanico, attraverso intercettazioni radio, aveva potuto fornirgli (a Rommel) un quadro preciso dello schieramento britannico in Cirenaica. In prima linea c'era la prima divisione corazzata, addestrata sotto la direzione di Alan Brooke, comandante in capo delle forze metropolitane (in patria e quindi senza esperienza: sembrava che gl'inglesi amassero combattere avvicendando truppe inesperte), e appena arrivata dall'Inghilterra; nei pressi di Bengasi c'era la quarta divisione indiana; la settima divisione corazzata era più lontano, a Tobruk. Si ignorava dove si trovassero la prima divisione sudafricana, la seconda neozelandese, e la settantesima britannica: di queste si sapeva solo che non erano in linea. Rommel poteva mettere in campo centodiciassette carri armati tedeschi, compresi quelli leggeri, e settantanove italiani, contro centocinquanta carri della prima divisione corazzata. La sera del 21 gennaio 1942, Rommel cominciò una delle più brillanti dimostrazioni della sua duttilità e del suo tempismo. Avanzò in due colonne, una sulla via Balbia e una all'interno, attraverso il deserto (come aveva fatto un anno prima). Le truppe inglesi avanzate si ritirarono o furono sopraffatte. Intercettazioni radio avevano informato esattamente Rommel che il grosso della prima divisione corazzata, al comando di Messervy, si trovava a est di Agedabia. Decise di spostare il suo centro di gravità sulla via costiera, traversare Agedabia e mettersi tra Messervy e Bengasi. Molti dei suoi carri erano ormai bloccati per mancanza di benzina, ma, come al solito, Rommel si servì del tempo come arma per battere i tardi inglesi. Condusse personalmente il solo gruppo mobile rimastogli, il gruppo Mark, in una corsa fino a Agedabia (occupata il 22 gennaio) e oltre, verso Antelat e Saunnu. A Ritchie, al quartier generale di Tmimi, l'avanzata di Rommel parve una ricognizione in forze, che sarebbe stata seguita da una ritirata il giorno appresso. Comunque, Antelat e Saunnu caddero: quindi Rommel diede l'ordine di accerchiare completamente la prima divisione corazzata. Il tentativo, effettuato il 23 gennaio, fallì per «un grave errore di comando» al quartier generale dell'Afrika Korps, per cui la 21a panzer occupò la zona di Saunnu solo qualche tempo dopo che il gruppo Mark se ne era allontanato per chiudere il cerchio intorno alla prima divisione corazzata a est. Il grosso della prima corazzata attraverso questo varco si ritirò a Saunnu in disordine e non senza forti perdite. "Autosezioni carburanti, officine, autocarri di rifornimenti di ogni genere, passavano a tutta velocità e in gran disordine come se si trattasse di una battuta di caccia" dice una descrizione britannica Corelli Barnett "I Generali del deserto"
     

La motonave Victoria,  costruita dal cantiere San Marco di Trieste, era allora tra le navi più prestigiose del mondo. Aveva iniziato i suoi

  Nel dicembre 1941 il 12° dopo la breve campagna Jugoslava, rientra in Italia e a Polcenigo dà inizio ad un ulteriore intenso periodo di addestramento. La nuova destinazione è l'Africa Settentrionale inquadrato nella terza divisione corazzata, dopo l'ARIETE e La CENTAURO, la LITTORIO. Il XXXVI Btg (36) viene acquartierato a Salerno agli ordini del maggiore Alfredo Pizzoni (di complemento), che aveva sostituito il pari grado Galeazzi. Il 22 gennaio 1942 le compagnie 7a Goffredo Bucci, 8a Alessandro Cuccurullo, 9a Mariano di Modica e il plotone comando Giovanni Bisio si trasferiscono a Taranto per l'imbarco sulla Motonave Victoria. Il convoglio tra Malta e Tripoli viene attaccato da aerosiluranti inglesi e nonostante le misure di difesa della scorta viene centrato alle 16 da un primo siluro e alle 19,15 del 24 da un secondo che ne provoca l'affondamento. I bersaglieri, malgrado l'elemento liquido inconsueto mantengono al fuoco lo stesso spirito di iniziativa. Il Bers. Barattini della 7a verrà poi decorato di medaglia argento. I superstiti tratti in salvo dalle navi di scorta, vengono sbarcati la sera stessa a Tripoli. Si procede alla riorganizzazione del reparto con nuovi elementi che affluiscono dall'Italia nei mesi successivi. Il 14 marzo il battaglione ancora incompleto si trasferisce nella zona di Homs dove affronterà un nuovo ciclo di addestramento.

viaggi  nel 1931 sulla linea veloce con l'Egitto poi sulla Genova -Bombay successivamente prolungata per Singapore, Shangai e Hong Kong. Progettata dall'Ing. Nicolò Costanzi la nave fu la massima espressione del geniale talento dell'architetto navale di interni Gustavo Pulitzer Finali ( 1887-1967 ) coadiuvato da Giò Ponti  e da artisti come Campigli e Severini. Apparteneva al Lloyd Triestino e aveva una stazza di 13.100 t. potendo superare i 23 nodi. Fu definita per il lusso "The white arrow "(la freccia bianca) dalla stampa inglese e "Colomba dell'Oceano" dagli Arabi e dai mah rajah indiani che la preferivano alle navi inglesi della P & O. La Victoria, oltre che per il lusso degli  arredamenti, era famosa anche perché era tra le prime navi dotate di aria condizionata (in prima classe). Durante la guerra fu adibita a trasporto truppe e fu affondata come narrato da aerosiluranti inglesi.

  Il 5 giugno riceve l'ordine di portarsi a 3 km ad est di Zliten e il 10 giugno al comando del Cap. Vincenzo Nardi inizia la marcia di avvicinamento a Maraua, Cirenaica. Sono i giorni della fine di Bir Hakeim e vigilia della presa di Tobruk. Il 19 giugno il 12° ricostituito entra in linea. Il 18 sera con una marcia notturna si porta a Sidi Rezegh sotto continui spezzonamenti aerei e attacchi di piccole formazioni di incursori avversari. Il giorno successivo entra a far parte dei reparti che cingono d'assedio Tobruk con le spalle rivolte alla città in copertura degli attaccanti. Il 20 assume il comando il maggiore Giorgio Ferrari (in sostituzione di Pizzoni che è degente per malattia) e il reparto prosegue ad est verso la frontiera egiziana. Molto sentita la mancanza d'acqua ridotta ad 1/5 di litro a testa e la inefficienza degli Spa 38 (camion) che obbliga a continui trasbordi. La sera del 24 giugno 1942 il 36° è alla stazione ferroviaria di Habata (linea per Alessandria d'Egitto, El Alamein è un'altra fermata su questa linea). Gli attacchi inglesi per frenare l'avanzata sono continui e il 28 l'intero reggimento partecipa alla occupazione di Marsa Matruk. I prigionieri catturati sono numerosi e lo stesso Rommel si congratula col comandante del 12° Gaetano Amoroso. Il resto fa parte delle storie delle battaglie di El Alamein come la storia del maggiore Pizzoni che potete trovare nei personaggi (dopo l'8 settembre rivestirà un importante incarico fra i combattenti partigiani col nome di Pietro Longhi  vedi capitoli http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/pizzoni.htm ). 
    IL CONVOGLIO

La M/n Victoria in Cina

* Navi da guerra di superficie della Regia Marina parteciparono, nei tre anni dal giugno 1940 al maggio 1943, a 15 azioni notturne contro navi da guerra Alleate. La Regia Marina, che in molti casi aveva avuto ragione del nemico, non riuscì a completare la sua missione in quasi tutte queste battaglie notturne. La spiegazione è facile; non erano addestrati per tali azioni, e mancando il radar non potevano tenere a bada con successo la Royal Navy che ne era equipaggiata. Comunque, l’addestrando e la tecnologia non incisero completamente nelle ripetute sconfitte italiane. continua .... http://betasom.net/detail_text.asp?nid=46&lid=1&cid=1

  La Victoria era partita da Taranto e dopo aver doppiato Crotone si sarebbe unita al convoglio partito da Napoli composto da Monginevro, Ravello, Pisani e Monviso. Il convoglio conosciuto come T18 trasporta italiani ma anche molti tedeschi coi loro mezzi. Il destinatario Rommel risorto dalle ceneri di Kompass. Imponente la scorta tra cui il Duilio che scortava da subito la Victoria. Il gruppo scorta Aosta era al comando dell' Amm. De Courten, mentre sul Duilio innalzava la propria insegna 1' Amm. Bergamini. In totale 5 motonavi da carico scortate da 6 cacciatorpediniere e due torpediniere. La Duilio con 4 cacciatorpediniere costituirono la copertura. Il convoglio si mantenne fuori del raggio di azione degli aerei di Malta, e la Duilio lo abbandonò a notte, restando ad incrociare a 200 miglia da Malta per poi rientrare a Taranto il mattino del 25. La velocità di 23 nodi della Victoria la rende ideale per le traversate da quando è stata requisita un anno prima. I tedeschi hanno anche assicurato la copertura aerea con 20 Ju88. Mille occhi, si disse erano sempre puntati nei porti e si ipotizzò in un libro anche il tradimento negli alti comandi. Malta in quel periodo era allo stremo e azioni di superficie erano difficilmente prevedibili. Partiti da Taranto alle 17 del 22 gennaio doppiarono Crotone mettendo la prora in linea retta verso Tripoli sicuri che anche il dispiegamento di sommergibili, così come di aerei italiani tedeschi avrebbero garantito una certa sicurezza. Immancabile la sera del 22 un ricognitore inglese avvistò il convoglio e neanche la presenza di forti aliquote di forze aeree dell'asse sul cielo della formazione riuscì a far desistere i tenaci piloti della RAF. Il 23 arrivarono i Beaufort (Bristol) del 39 squadrone (400 miglia di raggio operativo). Incuranti dei colpi della nutrita contraerea e degli attacchi degli JU-88 tedeschi,i piloti inglesi andavano all'attacco caparbiamente e con coraggio,mettendo a segno un primo siluro sul lato dritto,di poppa,del Victoria che prese a rallentare vistosamente fino a fermarsi del tutto. Non paghi del primo colpo (17,25) lanciano anche gli aerosiluranti Albacore (826 sq. già imbarcato sulla Formidable) decollati a ridosso della linea di fuoco (Berka) di Bengazi. Alle 18,45,nonostante la vivace e determinata reazione contraerea delle scorte e l'abbattimento di alcuni velivoli inglesi, il Victoria è centrato da un secondo siluro e lentamente ma inesorabilmente comincia ad inabissarsi. Il comandante aveva ordinato alla gente di mettersi in salvo ma egli rimase sulla nave con il suo stato maggiore per inabissarsi con essa. Si chiamavano: Mario Grana, comandante; Mario Arduino, comandante civile; Federico De Martino, direttore di macchina; Elvino Bosco, medico di bordo; Michele Uva, marconista. Tre CT della nutrita scorta, Aviere, Camicia Nera e Ascari si fermarono per assistere la nave ferita mentre il resto della formazione continuò a procedere spedito sulla rotta per Tripoli. A complicare la situazione s'era anche messo un forte mare da scirocco con onde alte e lunghe che in ogni caso avrebbero dissuaso da ogni tentativo di rimorchio. La presenza in mare di molti naufraghi e delle lance di salvataggio rese problematiche le manovre delle scorte rallentando le operazioni di recupero superstiti. Il resto del convoglio e della scorta avevano proseguito fino a 60 miglia da Tripoli, quando ormai il convoglio era al sicuro sotto la copertura dei nostri aerei decollati da Tripoli e sa altre piste. Dei 1400 uomini imbarcati, solo 1046 furono recuperati.
    Nino Tramonti “I Bersaglieri dal Mincio al Don” Milano 1955

  Percosso nel mar libico da tre (2) secchi siluri lanciati da due ondate di velivoli venuti addosso come corsari, quando era già in vista delle terre, ultimi ad abbandonare il bastimento furono i bersaglieri del XXXVI btg. Pur nell'estremo pericolo e nell'incombente oscurità, essi scesero nell'acqua per plotoni organici, mediante funi e scale di corda, affidandosi al solo salvagente. Si tuffarono in un gran mare cupo, aspro, intriso di nafta, che doveva in parte ingoiarli. E questo, dopo aver consumato senza ansietà degli occhi e del cuore, ma anzi con tranquille promesse di vicendevole aiuto, il secondo rancio; dopo essersi liberati dalle fasce e dalle scarpe...
Ultimi degli ultimi, due bersaglieri: il comandante di battaglione e il suo attendente: il Magg. Alfredo Pizzoni che, con dignità pari al coraggio, salva la vita di centinaia di uomini, e Alfonso Tabiani dal quale, poco prima, in un caro romantico episodio, il Maggiore ha avuto in dono un salvagente e la rivelazione di un cuore tutto ritegno e generosità devota. Ma, se fra tanto terrore di perire e tanta furia di salvarsi, la dedizione del bersagliere commuove, non meno colpisce la meravigliosa calma, la rasserenante sicurezza del Maggiore Pizzoni che, sulla nave rotta e sul punto di inabissarsi, continua a governare i suoi uomini, come se navigasse con vento prospero e vele spiegate.
    Racconto del Bersagliere ALFONSO TABIANI raccolto dal nipote Davide

La vita da bersagliere di Alfonso Tabiani era cominciata anni prima quando, classe 1915, era stato chiamato alle armi il 7/6/1935 poi messo in congedo illimitato per motivi familiari. Il 7/10/1936 viene però richiamato ed assegnato al 9° bersaglieri XXX btg. 5a compagnia e congedato infine il 24 agosto dell'anno dopo. Come molti delle sue terre, al richiamo per lo scoppio della guerra, è al 12° reggimento bersaglieri di Reggio Emilia dal quale principia la sua vicenda bellica che avrà termine nel '45. 

 

NAUFRAGIO DEL VICTORIA

La M/N Victoria partita da Taranto fu affondata il 23/01/1942 da due siluri lanciati da aerei inglesi, furono momenti drammatici di panico e terrore, quello che mi impressiona di più del racconto di mio nonno è che vide due sergenti suicidarsi con un colpo alla tempia, non sapevano nuotare… I primi a salvarsi su una scialuppa furono il Generale ed un Colonnello che misero in “salvo” la bandiera. Mio nonno dice che per lui, un contadino, vedere affondare una nave così grande era impensabile e comunque avrebbe avuto tempo per abbandonarla, quindi cerco di mantenersi calmo, rimase vicino al suo Maggiore Alfredo Pizzoni e lo aiutò ad organizzare gli uomini cercando di evitare il panico nonostante le difficoltà, mio nonno spronò il maggiore a salvarsi procurandogli un salvagente e per ultimi si gettarono in acqua. Quando fu in acqua si allontanò dalla nave mentre stava affondando e le onde lo portarono ancora più distante da quella zona, i soccorsi furono abbastanza veloci, ma lui essendo lontano fu ripescato più di sei ore dopo. Quei momenti (era buio e freddo e per fortuna aveva tenuto i vestiti), mi racconta, che furono di pura paura : non si vedeva niente e si sentivano le grida di aiuto di uomini in mare mi dice anche di tedeschi; quello che riuscì a fare fu solo di restare calmo col salvagente ed aggrappato ad un relitto e non aprire la bocca per non bere acqua. Quando lo salvarono lo scambiarono per un “moro” (era completamente ricoperto di nafta). Arrivato in Libia, a Tripoli, mio nonno non era destinato al fronte perché era un richiamato (classe 1915) con un figlio piccolo ma soprattutto unico maschio di sette sorelle e per lavorare la terra ci volevano i maschi. A quel punto sembra che il Magg. Pizzoni lo raccomandasse (per un incarico temporaneo in attesa di decisioni) ad un Colonnello bersagliere della posta e censura che cercava tassativamente un attendente bersagliere. Da quel momento non vide più il Magg. Pizzoni. Mio nonno accettò l’incarico: il colonnello si chiamava Nino De Lisi e lo segui dietro le linee fino a Marsa- Matruh e fino ad El Alamein. Mi ha raccontato che in una occasione gli salvò addirittura la vita spingendolo in una buca durante un bombardamento alleato. Un aneddoto che mi racconta da quando sono piccolo è che quando gli alleati bombardavano lui non andava mai a nascondersi nelle gallerie scavate nella sabbia,perché non avevano vie di uscita c’era solo un ingresso ed “Io non volevo fare la fine del topo”. Per queste cose come per altre di saggezza contadina, era ben ascoltato dal colonnello. Il rapporto di amicizia nato durò per tutta la guerra e anche dopo ( infatti mio padre si chiama Nino proprio in onore del colonnello). Quando dovettero scappare da El Alamein bruciarono tutti i documenti segreti e fuggirono su un camion fino a Tripoli da dove partirono tre aerei di “legno”di cui solo due arrivarono in Sicilia a Castelvetrano: fortunatamente mio nonno ed il suo Colonnello erano su uno dei due. Per un po’ di tempo restò in convalescenza per una ferita alla gamba e poi ancora alle dipendenze del Col. De Lisi. L’8 settembre chiuse, come per altre migliaia, la precarietà della guerra aprendo quelle della incertezza. Poté riabbracciare sua moglie Serafina e nel 1948 emigrarono da Carpi a Biella. Muore il 14/10/2011 Davide 13900 Biella

     

Alfredo Pizzoni ..

(Pietro Longhi)  

 

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  ... nasce a Cremona il 20 gennaio 1894 da Paolo, ufficiale d’artiglieria, e Emma Fanelli, donna colta, proveniente da famiglia della borghesia napoletana. Studia nelle diverse città in cui il padre è in servizio (Taranto, Pesaro etc) ma i suoi studi liceali hanno un punto fermo a Parma. ma nel 1911 parte per l’Inghilterra, dove si trattiene a studiare fino al '14. Particolarmente versato nelle lingue ( aveva già imparato il francese e il tedesco), in Inghilterra apprenderà l’inglese e lo spagnolo. Anziché la “laurea” in ingegneria, che era nei progetti paterni, prenderà il baccalaureato alla London School of Economics. Il lungo soggiorno inglese gli servirà anche per formarsi una mentalità aperta e per conoscere a fondo la mentalità e gli ambienti economici anglo-sassoni. Nel 1915 alla vigilia della guerra (l’Inghilterra è già entrata nel conflitto) ha 21 anni. Caso più unico che raro, la famiglia Pizzoni al completo parteciperà al conflitto: il padre Paolo, generale di artiglieria dal 1916, la madre Emma, arruolatasi come crocerossina e, infine, il giovane Alfredo, col grado di sottotenente dei bersaglieri. (per seguire le tradizioni di famiglia fa domanda anche di entrare alla Accademia ma viene respinto). Tutti e tre tornarono a casa decorati al valore, ma per Alfredo (Argento) vi fu in più l’esperienza della prigionia. Alcune fonti lo danno liberato con uno scambio di prigionieri in medio oriente. Qui si sarebbe aggregato, pratico della lingua, con le truppe anglo italiane operanti in Palestina*. Dopo la guerra Pizzoni, entusiasta ammiratore di d’Annunzio, è tra i legionari della prima ora. Finalmente, il 10 luglio 1920 la laurea in giurisprudenza (si era iscritto all’Università di Pavia nel '15) e il 20 agosto il posto al Credito Italiano a Milano. Avverso al fascismo poi al regime da subito, aderisce all’associazione Italia Libera, costituita, fra gli altri, da Randolfo Pacciardi (1899-1991) e da Ricciotti Garibaldi (1847-1924). L’associazione è un’unione di ex combattenti che non accettano la pretesa fascista di rappresentare «l’Italia di Vittorio Veneto»... continua