Scheda bibliografica:

Argomenti filosofici sull'
UGUAGLIANZA

Quello che segue è un elenco parziale di libri e testi che ritengo di segnalare alla lettura e che mi propongo di integrare via via con altri titoli, evidenziando per ciascuno i concetti secondo me piu' rilevanti. Altri riferimenti sono presenti nelle schede bibliografiche in questo stesso sito.


1.
Norberto Bobbio (Eguaglianza e liberta', cit.) evidenzia come liberta' ed eguaglianza siano entrambe valori desiderabili (societa' ideale di liberi ed eguali, pag.XII); in taluni contesti storici l'uguaglianza precede la liberta' (si parla, ad esempio, di giustizia e liberta'), ma entrambi i valori sono a fondamento della democrazia di cui il suffragio universale e' un'applicazione (eguali diritti politici e liberta' di partecipare al potere politico, pag.XIII).
liberta' eguaglianza
stato della persona umana rapporto fra persone
bene individuale bene sociale
L'universo giuridico e' caratterizzato dal press'a poco e dal per lo piu' (cit., pag.XIII); ma l'eccezione ad una regola deve essere giustificata e se liberta' ed eguaglianza sono la regola, precisa Bobbio, allora sono le loro violazioni che vanno giustificate (la regola pero' puo' essere anche il loro opposto: gerarchia e disciplina, pag.XIV). Sono fonti di diseguaglianza la razza o etnia, il sesso, la classe sociale (fonti che sono state tutte messe in discussione nel XX secolo, pag.39); mentre l'eguaglianza e' un fatto, e' equivalenza fra 'cose', la giustizia e' un ideale e interessa le persone: la giustizia nel suo significato sociale (distinto dunque da legalita') e' "eguaglianza socialmente e politicamente rilevante" (pag.9).
Bobbio riprende ed approfondisce la distinzione aristotelica fra giustizia commutativa e giustizia distributiva: I principali criteri di giustizia riguardano: merito (nella scuola), capacita', talento, sforzo, lavoro, risultato, bisogno (nella famiglia), rango, proprieta' (nelle imprese), forza (nella comunita' internazionale e nella societa' leonina, pag.12). Ciascun criterio e' tanto piu' egualitario quanto minori sono le differenze che si determinano tra gli uomini; ad esempio, il criterio del bisogno e' considerato piu' egualitario delle capacita' (pag.29).
Una volta scelto il criterio, si applica la regola di giustizia formale o di eguale trattamento: degli eguali in modo eguale e dei diseguali in modo diseguale (pag.13); una norma ingiusta puo' pertanto essere applicata giustamente, il principio di legalita' non riguarda infatti l'eguaglianza ma la certezza del diritto (pag.16).
L'eguaglianza richiede sempre la risposta a due domande: eguaglianza fra chi (tutti, alcuni) ed eguaglianza di che cosa (legge, diritti, opportunita', beni materiali in parti uguali o in proporzione, pag.28). L'eguaglianza allora puo' essere (pag.30):
- fra tutti in tutto (egualitarismo ideale);
- fra tutti in qualcosa (elimina una diseguaglianza precedente ma implica l'introduzione di discriminazioni, pag.26);
- fra alcuni in tutto (egualitarismo parziale: ordini religiosi, dottrina platonica, pag.31);
- fra alcuni in qualcosa (elimina una diseguaglianza precedente, pag.31).
Storicamente, l'egualitarismo sostiene l'eguaglianza "per il maggior numero di uomini nel maggior numero di beni" (pag.31); le dottrine egualitarie accentuano le caratteristiche comuni dell'uomo come genere piuttosto che le differenze fra gli individui (come fanno invece le dottrine liberali), con interpretazioni religiose e/o filosofiche (eguaglianza naturale) e si distinguono in comuniste (eliminazione del potere economico eliminando la proprieta' privata) o anarchiche (eliminazione del potere politico eliminando lo Stato).
Bobbio evidenzia pero' come una proposizione normativa non si possa derivare da una descrittiva: se gli uomini sono un genere, non ne deriva che debbano essere trattati in egual modo; Hobbes, per esempio, constata che l'eguaglianza naturale e' una causa di conflitto fra gli uomini, e valuta conseguenze pratiche opposte rispetto all'egualitarismo (conseguenze che, appunto, "derivano non da una constatazione ma da una valutazione", pag.34).
Le dottrine inegualitarie possono essere conservatrici (se difendono lo status quo ineguale) o reazionarie (se ristabiliscono diseguaglianze); le dottrine egualitarie a loro volta possono essere riformatrici o rivoluzionarie (pag.35).
Il liberalismo ammette l'eguaglianza di tutti ma non in tutto (pag.36):
societa' liberale societa' egualitaria
sviluppo della personalita' individuale sviluppo della comunita'
stato limitato e garantista stato interventista e dirigista
pluralismo monismo
conflitto armonia
individualismo totalita'
La poca giustizia sociale esistente, osserva Giuliano Pontara (Crisi della democrazia e neocontrattualismo, pag.84), si fonda sulla forza e non sul rispetto volontario e collettivo dei principi di giustizia di Rawls: le parti, secondo Pontara, si accorderebbero per una federazione mondiale, la socializzazione dei grandi mezzi di produzione, la pianificazione dello sfruttamento delle risorse naturali ("un assetto socialista", pag.85) ed una tassazione internazionale progressiva (pag.98)
Una teoria della giustizia nazionale ed il solo principio di liberta' a livello internazionale costituiscono un dualismo non giustificabile (pag.94): i due principi di giustizia di Rawls (liberta' e differenza) andrebbero applicati prima al livello internazionale e poi a quello nazionale, prevedendo la non giustificabilita' della guerra giusta (come accade peraltro per la violenza a livello nazionale, pagg.98 e 101).

2.
Per Ralf Dahrendorf (La liberta' che cambia) l'uguaglianza deve intendersi delle chances e non dei risultati (pag.70); scopo dell'uguaglianza e' la disuguaglianza esattamente come la generalizzazione dei diritti ha per scopo la realizzazione di vite individuali diverse (pag.90). L'espansione progressiva dei diritti civili e l'imbrigliamento progressivo del potere sono processi entrambi necessari all'uguaglianza (pagg.92-93).
La societa' in cui viviamo, osserva James Buchanan (I limiti della liberta'), e' una societa' di individui e non una societa' di eguali (pag.49): individui differenti equipaggiati con differenti strutture di diritti. Equita' significa allora uguale trattamento fra disuguali (pag.50) e non implica uguaglianza di fatto (pag.51).
L'ineguaglianza concerne gusti (preferenze) o capacita', ed inoltre persone identiche per gusti e capacita' possono trovarsi in situazioni ambientali differenti (pag.125). Sono importanti sia il grado che la distribuzione delle disuguaglianze (pag.154).
Il problema della distribuzione si pone inizialmente per le dotazioni o capacita' che costituiscono le basi con cui gli individui entrano nel processo di scambio; una volta definiti i diritti di proprieta', l'allocazione avverra' per mezzo del mercato e con un grado accettabile di efficienza (pag.119).
Un bene pubblico o collettivo non comporta problemi di distribuzione dei suoi benefici (pag.82); invece, per quanto riguarda la condivisione dei costi, tutti sono incentivati a diventare free-rider (pag.94) a meno che non vi sia la possibilita' di praticare l'esclusione (pag.98).
Il contributo fondamentale di Rawls, osserva Buchanan, consiste nell'aver delineato la relazione fra giustizia e risultato del processo contrattuale, ma la rinegoziazione contrattuale e' fra persone che non sono uguali al momento della decisione (pagg.323-324).
Nel periodo storico del new deal americano, osserva Antonella Besussi (La societa' migliore), esclusione e' anzitutto esclusione dal lavoro (pag.273); malati, vecchi, disoccupati: la distinzione e' sempre fra liberta' dei deboli e liberta' dei forti (pag.279). Sicurezza e' anche certezza di non essere esclusi (democrazia culturale, pag.284); il sesso e' alla base sia di discriminazioni positive (trattamenti differenziati) che negative (pag.292). Osserva inoltre come il metodo della contrattazione collettiva non sia prescritto dal new deal ma solo auspicato (pag.148).

3.
Thomas Nagel (I paradossi dell'uguaglianza) distingue cinque cause di disuguaglianza (pag.130 e seg.) che peraltro si combinano tra loro (pag.148):

causa di disuguaglianza forme di
disuguaglianza
responsabilita' rimedi
discriminazione intenzionale razziale, sessuale, religiosa, etnica esterna uguaglianza negativa delle opportunita' (assenza di discriminazioni, divieto del nepotismo), istruzione
classe sociale famiglia (posizione sociale dei genitori, vantaggi ereditari) esterna uguaglianza positiva delle opportunita' (sussidi pubblici), limitazioni all'ereditarieta'
lotteria naturale (capacita' innate) talento, salute, temperamento interna principio di differenza di Rawls
sforzo capacita' (talenti acquisiti) interna nessuno
sfortuna incidenti, malattie, eventi naturali, fallimenti altrui esterna assistenza, indennita' (priorita' di intervento)

Il principio di uguaglianza riguarda vantaggi/svantaggi di cui non si e' responsabili per libera scelta (pagg.92-93): la responsabilita' per cio' che accade, osserva l'Autore, puo' essere positiva (intervento diretto dell'individuo) o negativa (sostenendo istituzioni sociali che possano intervenire per determinare o prevenire qualcosa, pag.107 e pag.208); sia l'interferenza che la non-interferenza vanno giustificate (pag.128), la responsabilita' negativa occupa un ruolo rilevante nella teoria politica (dal laissez-faire al socialismo, pag.129).
Nagel ammette che l'uguaglianza di trattamento non si applica alle disuguaglianze in generale (i talenti non si possono scambiare, pag.141) ma a quelle originate dal sistema sociale (disuguaglianze socioeconomiche), ed e' un criterio piu' esigente rispetto all'attenzione per chi sta peggio perche' cerca rimedi anche alle disuguaglianze che non danneggiano nessuno o che vanno a vantaggio di chi sta peggio (pag.135; a pag.138 l'Autore evidenzia la parzialita' dell'approccio dell' "equa eguaglianza delle opportunita').
I metodi dell'inversione dei ruoli (pag.203) e del confronto a coppie permettono di riconoscere quali sono le differenze moralmente significative.
Un sistema istituzionale che consenta uguaglianza in pubblico e parzialita' in privato e', secondo Nagel, irrealizzabile (pag.110); certe uguaglianze possono essere realizzate per via costituzionale (uguaglianza giuridica, civile, politica, pag.112), talvolta la costituzione mentale precede quella giuridica (immaginazione morale, pag.141; potere dei valori universali e appoggio morale a chi lotta per essi, pagg.189-190).
L'uguaglianza politica e giuridica origina problemi di efficienza e di procedure imparziali; per quanto riguarda i beni economici, accade invece che un sistema meno egualitario ma con maggiore disponibilita' di beni sia preferibile ad uno piu' egualitario ma che offre scarsa varieta' e bassa qualita' di beni: percio' le economie piu' competitive hanno piu' successo anche se originano disuguaglianze economiche (pagg.116-118).
L'imparzialita' e' egualitaria: cerca di favorire chi sta peggio rispetto a chi sta meglio, ma non chi e' ricco rispetto a chi lo e' ancora di piu': non esiste una priorita' ugualitaria per i benestanti e la disuguaglianza economica, osserva Nagel, e' solo un aspetto della disuguaglianza in generale, pagg.90-91).
Obiettivi impensabili nei secoli scorsi oggi sono realizzati o comunque considerati naturali (abolizione della schiavitu', proibizione del lavoro infantile, emancipazione femminile, pag.114); procedendo gradualmente, Nagel immagina nella percezione dei diritti, nell'attaccamento all'uguaglianza e nel salario minimo garantito i prossimi passi verso l'uguaglianza socioeconomica (pag.158).
Il valore del lavoro, osserva Nagel, dipende dal valore del prodotto e non viceversa, e dal contributo dato alla sua produzione (il valore del lavoro di un progettista e' superiore a quello di un operaio, pag.127); egli sottolinea il problema di conciliare egualitarismo ed eccellenza qualitativa (maggiori risorse destinate alle arti ed alla ricerca aumentano le differenze, pag.164): le grandi creazioni artistiche e culturali (bellezza e conoscenza) hanno valore in se', sono beni pubblici che meritano rispetto indipendentemente dal valore che hanno per gli individui. Scienza, arti, cultura sono caratterizzate pero' anche da elementi non ugualitari (pag.165), favoriscono la specializzazione in base alle disuguaglianze naturali (pag.169), ma l'eccellenza, secondo Nagel, ha la priorita' rispetto all'uguaglianza (pag.172).

4.
Lester C.Thurow (La societa' a somma zero) osserva come la percezione che ciascun individuo ha del proprio status economico, di ciò che può chiedere e di ciò che può dare, dipenda dalla posizione relativa che egli occupa nel sistema economico stesso: "non esiste un livello minimo del tenore di vita in senso assoluto che renda soddisfatta la gente" (pag.38).
La posizione relativa è tale sia in senso storico che geografico: "Il povero negli Stati Uniti potrebbe essere ricco in India, ma egli vive in realtà negli Stati Uniti e si sente povero. La classe media può avere frutta fresca e verdure che il più ricco dei re non poteva avere nel Medio Evo, ma essa si sente oggetto di privazioni rispetto alla classe medio-superiore che può godere di quelle cose che ad essa non sono permesse" (pag.38).
E' proprio a causa della posizione relativa di ciascuno che l'adozione di criteri di equità diventa necessaria ogni volta che vengono prese decisioni pubbliche (pag.37), e cioè decisioni in materia di:
a) abolizione o introduzione di imposte;
b) espansione o contrazione della spesa pubblica;
c) estensione o riduzione di normativa.
Le richieste di redistribuzione, secondo Thurow, determinano incoerenze di comportamento: poichè la nostra è una società di gruppi piuttosto che di individui, ne consegue che le richieste di redistribuzione non hanno tanto per oggetto il divario fra ricchi e poveri, quanto la distinzione etnica o il sesso (pag.221); per sapere se una società offre uguali opportunità, occorre infatti analizzare i dati economici relativi ai gruppi: "L'economia tratterà i diversi individui in maniera diseguale a prescindere da ciò che facciamo. Solo i gruppi sociali possono essere trattati con equità" (pag.250); nella lotteria economica, per ottenere una rapida ricchezza il talento imprenditoriale è condizione necessaria ma non sufficiente (pag.245 e 249).
Tutti i programmi di aiuto economico alle minoranze, osserva Thurow, finiscono per danneggiare la maggioranza: "Se le donne e le minoranze avessero un maggior numero dei posti di lavoro migliori, i bianchi maschi ne subirebbero le conseguenze" (pag.262). Le differenze di retribuzione fra i coniugi determinano conseguenze paradossali ed una argomentazione quanto meno singolare, peraltro confutata dal principio di differenza di Rawls: secondo Thurow, le donne che lavorano "contribuiscono all'eguaglianza poichè i loro guadagni sono molto più equamente distribuiti di quelli dei loro mariti" (pag.225).
Il governo, si chiede Thurow, dovrebbe astenersi dal formulare programmi per aumentare il reddito a certi gruppi (per esempio gli agricoltori)? L'Autore evidenzia come il medesimo argomento si applichi non solo ai gruppi economici, ma anche a gruppi che si distinguono fra loro per collocazione geografica o addirittura per la religione; la mobilita' diviene allora una sorta di test per determinare la legittimità di un gruppo, mentre, scrive Thurow, "quasi nessuno sarebbe disposto ad obbligare gli individui a cambiare la loro religione per assicurarsi un eguale trattamento economico" (pag.254).
I concetti di efficienza e giustizia sono antagonistici, cio' che è efficiente per l'economia in generale e' di solito ingiusto per singoli individui; l'efficienza implica ingiustizia verso gli individui, e poichè vorremmo sia l'efficienza che la giustizia, ci troviamo di fronte ad un dilemma, che possiamo trovare nelle diverse politiche pubbliche: "la stessa gente che si oppone ai programmi speciali per i neri, sostiene i programmi speciali per il settore tessile" (pag.254).
Porre fine ad una discriminazione non significa automaticamente creare eguali possibilità (pag. 261); infatti, secondo Thurow, sono diverse le cose che si possono fare se si vuole avere una gara equilibrata:
1) bisogna fermare la corsa e ripartire di nuovo;
2) bisogna obbligare gli avvantaggiati a portare un handicap finchè non vengono raggiunti, ovvero
3) bisogna dare un aiuto extra agli svantaggiati fino al ricongiungimento (pag.261).
Per applicare il punto 1) occorre una rivoluzione; rimangono le altre due possibilità, ma occorre tenere conto che se discriminiamo a favore di qualcuno, in realtà discriminiamo anche a sfavore di qualcun altro, con conseguente paralisi delle decisioni politiche (pag.261).
Le decisioni di equità possono essere esplicite o implicite: in quest'ultimo caso, si tratta di decisioni non discusse ma comunque incluse in politiche di prelievo o di spesa, e nei regolamenti (pag.268). Il problema di determinare un gioco economico giusto è reso più complesso dal fatto che, sottolinea Thurow, le economie di mercato possono esistere "con o senza la schiavitù, con o senza la proprietà pubblica, con o senza discriminazioni economiche. Com'è costituito un 'giusto' gioco economico? Lasciamo alle scelte dei consumatori la determinazione del valore economico di una compagnia operistica o creiamo noi stessi, per mezzo delle istituzioni educative, una domanda pubblica di rappresentazioni liriche?" (pag.270). Ed ancora, si chiede Thurow riferendosi alle norme sull'eredità, che differenza c'e' fra chi eredita una forte somma e chi, col proprio talento (sportivo o altro) riesce a guadagnare facilmente un reddito analogo ?
Si possono costruire molti giochi equi, a seconda del tipo di distribuzione che adottiamo; scrive Thurow: "combinando semi di soja, lardo, succo d'arancio e fegato di manzo (commestibili, poco costosi, nutrienti, ma poco gustosi) si riesce a comporre (...) una dieta migliore, dal punto di vista medico, di quelle che adottiamo noi attualmente. Ma siamo disposti a costringere la gente ad adottarla? E, ancora, quanto spazio abitativo per persona è necessario per vivere fino alla vecchiaia? La risposta: molto poco. Siamo disposti allora ad ignorare le esigenze abitative dei poveri?" (pag.273).
Il problema è che quando le esigenze vengono ridefinite come necessità, il concetto di necessità perde di concretezza: "le esigenze diventano necessità ogni qualvolta la maggioranza della popolazione in una società le ritiene davvero necessità. Tutte le cose a cui ci siamo abituati e che sono disponibili a tutti, diventano necessità. Le necessità così definite crescono parallelamente al reddito medio" (pag.274).
Altro problema di difficile soluzione, sottolinea Thurow, è quello di definire gli eguali, in presenza di costi diversi in situazioni diverse e di gratificazioni diverse (reddito, stima, condizione sociale, potere): come deve essere intesa la proporzionalità ? Thurow osserva che sta meglio chi realizza risultati positivi all'interno del proprio gruppo piuttosto che in rapporto all'intera popolazione: torniamo all'analisi sui gruppi appena discussa (pag.275).

5.
Jean-Jacques Rousseau (Origine della disuguaglianza) distingue due generi di disuguaglianza (pag.35):
- la disuguaglianza naturale, fisica, stabilita dalla natura (eta', salute, forza, intelligenza);
- la disuguaglianza morale, politica, che consiste in privilegi di alcuni rispetto ad altri (ricchezza, potere, onore, obbedienza) e che e' legittimata dal consenso degli uomini.
Cio' che distingue l'uomo dagli altri animali e' "la sua qualita' di agente libero" (pag.47) e le passioni sono fondamentali, tanto per la crescita della conoscenza (pag.49) che per il vizio (pag.61).
Diversamente da Hobbes, per Rousseau e' lo stato di natura che meglio garantisce pace e convivenza umana; il selvaggio non si lamenta della vita e non conosce la morte (pag.49 e 59). La disuguaglianza nello stato di natura e' minore mentre nella societa' aumenta perche' vi sono le disuguaglianze che derivano dalle istituzioni; infatti l'asservimento e' possibile solo dove un uomo non puo' fare a meno dell'altro (pagg.69-70).
Esiste un circolo vizioso fra leggi, passioni, disordini (pag.65); i vizi rendono necessarie le istituzioni e inevitabile il loro abuso, perche' le leggi sono meno forti delle passioni (pag.100).
Dalla pieta', secondo Rousseau, derivano tutte le virtu' sociali (altruismo, solidarieta', ecc., pagg.61-64), nonche' la massima di giustizia: "procura il tuo bene con il minor male possibile per gli altri" (pag.64).
La societa' civile nasce con la proprieta' ("questo e' mio", pag.72), e con la divisione del lavoro che ne consegue compaiono schiavitu' e miseria (pag.80); la proprieta' deriva inizialmente dalla divisione delle terre, e origina le prime regole di giustizia: "perche' si renda a ciascuno il suo occorre che ciascuno possa avere qualche cosa" (pag.82; questa frase spiega perche', ad esempio, nelle societa' comuniste non vi possono essere regole di giustizia).
All'origine della disuguaglianza vi sono anzitutto "l'istituzione della legge e del diritto di proprieta' " (pag.99); la societa' civile in cui e' meglio vivere e' quella governata da una democrazia temperata e di vecchia data (pagg.16-19).
Ne "Il contratto sociale" il patto fondamentale sostituisce all'ineguaglianza fisica l'uguaglianza morale (pag.72): solo l'accordo fra gli interessi particolari rende possibile la societa' e solo la volonta' generale (inalienabile e indivisibile) tende all'uguaglianza (pagg.73-74). Rousseau distingue quest'ultima dalla volonta' di tutti, che e' una somma di volonta' particolari; riconosce anche che possano esservi delle fazioni, la cui volonta' e' generale rispetto ai loro membri e particolare rispetto allo Stato: l'argomento e' quanto meno singolare, la volonta' generale e' totalitaria (pagg.159-160), richiede l'eliminazione delle societa' particolari, il cui numero va pero' moltiplicato per prevenire la disuguaglianza (pag.77); comunque, liberta' ed uguaglianza sono il fine di ogni legislazione (pag.101).
Il problema del giusnaturalismo, osserva Norberto Bobbio (Il futuro della democrazia) era la legittimita' del potere e non la giustizia (pag.141). Oggi non vi e' piu' solo il problema dell'ordine internazionale ma anche quello della giustizia internazionale (pag.147): si fa strada l'idea di un superstato assistenziale mentre e' gia' in crisi lo stato assistenziale.
Salvatore Veca (La filosofia politica) evidenzia come le ineguaglianze possano essere:
a) locali, della polis, entro una societa' particolare; o globali, della cosmopolis, fra societa' differenti ma interdipendenti: in queste ultime, osserva Veca, "i poteri della politica domestica sono poteri di fare meno cose, decrescono; si puo' manovrare solo entro vincoli internazionali crescenti" (pag.21); la scena delle relazioni internazionali e' infatti caratterizzata dalla oscillazione ciclica del pendolo Hobbes-Kant fra guerra e pace (pag.21).
b) le ineguaglianze possono derivare da azioni deliberate, le quali a loro volta vanno distinte fra azioni che non sembrano sbagliate (ineguaglianze come risultati), e quelle che percepiamo come sbagliate, come nei casi di discriminazione razziale o sessuale o religiosa.
c) le ineguaglianze possono derivare dalla sorte: da differenti dotazioni naturali iniziali (differenti talenti naturali), oppure differenti dotazioni sociali (nessuno puo' scegliere dove nascere, pag.4).
La prima causa di poverta' o agiatezza, osserva Herbert A. Simon (La ragione nelle vicende umane, cit.), e' essere nati nel tempo e luogo giusti (o sbagliati), dalla famiglia giusta (o sbagliata, pag.117).
Le interferenze dello Stato, in questi casi di ineguaglianze, secondo Veca potranno essere:
- per ineguaglianze derivanti da diverse dotazioni naturali, o l'eguaglianza di opportunita', che pero' genera risultati ineguali, o la discriminazione alla rovescia;
- per ineguaglianze derivanti da diverse dotazioni sociali, o interferenze sugli effetti (fornitura di beni pubblici), o interferenze sulle cause (ad esempio la tassazione); queste ultime, seguendo Nozick (pag.76), possono essere ulteriormente distinguibili fra forme di giustizia nell'acquisizione e forme di giustizia nel trasferimento dei beni e delle proprieta'.

6.
Secondo Benjamin Constant (Antologia di scritti politici), quattro grandi rivoluzioni, la distruzione della teocrazia, della schiavitu', della feudalita', del privilegio nobiliare (pag.178), hanno portato miglioramenti graduali, senza ritorno (pag.179); tutte le ingiustizie hanno per base l'ineguaglianza e le quattro rivoluzioni costituiscono passi progressivi verso l'eguaglianza naturale, "la perfettibilita' del genere umano altro non e' se non la tendenza verso l'eguaglianza" (pag.180).
Le occasioni (non la causa) di questa progressione regolare e continua sono state volta per volta l'invasione dei barbari, l'affermarsi della religione cristiana, le crociate, la rivoluzione francese; scrive Constant: "non e' chiaro dunque che una simile progressione e' una legge di natura, e che ciascuna di quelle epoche portava gia' in se stessa gli elementi delle epoche che dovevano sostituirla?" (pag.179).
Erich Fromm (Avere o essere?) riferendosi alla distinzione di R.H.Tawney (La societa' acquisitiva) fra proprieta' acquisitiva e proprieta' funzionale, evidenzia come l'ineguaglianza nella proprieta' funzionale non sia un problema sociale e non generi invidie (cit.pag.116); Fromm definisce inoltre l'ineguaglianza non secondo le quantita' di beni materiali posseduti ma come differenza di esperienze di vita (pag.117).
L'uguaglianza di per se', osserva Bertrand Russell (Autorita' e Individuo), non e' sufficiente a rendere buona una societa', perche' tutti possono essere ugualmente schiavi come ugualmente liberi: "una societa' in cui ciascuno e' lo schiavo di tutti e' solo di poco migliore di quella in cui ciascuno e' lo schiavo di un despota" (pag.83-84).
In un altro libro, Il Potere, Russell osserva che l'alleanza della morale col potere produce il dovere dell'obbedienza (pag.165) che e' fonte di disuguaglianza (uomo/donna, genitori/figli, padroni/servi, principi/sudditi, sacerdoti/laici). L'analisi marxista, secondo cui la morale e' conseguente al potere economico, e' vera in molti casi ma non li spiega tutti (pag.170).
Nei regimi autoritari, osserva Hannah Arendt (Le origini del totalitarismo), l'uguaglianza non e' uguaglianza di diritti, ma di natura.

7.
Arthur M. Okun (Eguaglianza ed efficienza, cit.) individua vari tradeoff (o do ut des nella traduzione che propone Francesco Forte nell'introduzione al volume cit.) che sono oggetto di studio degli economisti: tradeoff fra eguaglianza ed efficienza, fra inflazione e disoccupazione, ecc.; la democrazia capitalistica, egli osserva, si caratterizza da un lato per un sistema politico in qualche modo egualitario, grazie ad instabili compromessi fra le parti sociali, dall'altro per un sistema economico nel quale invece vi e' disparita' nel benessere. Il problema fondamentale del tradeoff fra uguaglianza ed efficienza e' aumentare il benessere di coloro che stanno peggio: ma un certo grado di ineguaglianza, osserva Okun, sembra necessario per ottenere maggiore efficienza; l'eguaglianza economica ha costi ben maggiori dell'eguaglianza nei diritti civili e politici, ma presenta minori vantaggi: "e' assai meno discriminatorio privare alcuni cittadini dell'automobile piuttosto che del diritto di voto o della liberta' di religione" (pag.47).
Non e' la quantita' di beni posseduti che preoccupa, ma la privazione economica che, egli scrive, "blocca l'accesso alla prima casa, alla prima macchina e a posti universitari per studenti preparati" (pag.115). Il reddito e' piu' importante della ricchezza, anche se questa ne e' il presupposto; il mercato pero' non garantisce i redditi, che possono essere ottenuti dalla combinazione di piu' fattori: capacita' acquisite, doti naturali, impegno, gusti, risorse materiali ereditate, tecnologia, eventi casuali (nuove scoperte e invenzioni). Vi e' percio' la necessita' di stabilire forme di eguaglianza, e Okun propone due significati del termine:
- eguaglianza di reddito, che e' difficilmente misurabile perche' troppi fattori complicano i paragoni fra individui e famiglie; una parte di tale ineguaglianza e' anche riflesso di scelte individuali (quanto lavorare, dove vivere, ecc.) e non costituisce in se' un problema sociale;
- eguaglianza di opportunita', che non e' misurabile sia perche' e' difficile trovare una linea di partenza comune, sia perche' le differenti capacita' degli individui si manifestano durante la corsa.
Piu' attivita' competitive ("gare") e cooperative ("danze") sono in corso dentro e fuori il mercato, dando risultati che sono fra loro incommensurabili (non vi puo' essere paragone fra il successo dei professori di Harvard e quello dei dirigenti di una grande industria).
Alcune discriminazioni possono pero' essere individuate ed eliminate, come quelle razziali e sessuali sul lavoro e i trattamenti differenziati nella concessione di prestiti. La discriminazione sul lavoro genera anche inefficienze, e secondo Okun gli obiettivi complementari dell'eguaglianza di reddito e di opportunita' generano alla fine maggior efficienza: si vedano a tale proposito anche le sue considerazioni sul secchio bucato negli argomenti filosofici sulle riforme in questo sito.

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