Scheda bibliografica:

Lester C. Thurow, LA SOCIETA' A SOMMA ZERO

(ed. Il Mulino, Bologna 1981)


1.
Le questioni distributive sono ineludibili dove ci sono da distribuire non solo guadagni, ma anche perdite, come avviene in tutti i giochi a somma zero, dove le perdite sono esattamente uguali alle vincite: "tutti gli eventi sportivi sono giochi a somma zero. per ogni vincitore c'e' un perdente e può esistere un vincitore solo se esiste uno sconfitto. Ciò che il giocatore vincente guadagna deve essere perso dal giocatore sconfitto" (pag.29).
La distribuzione delle perdite può essere assoluta o relativa: anche redditi che aumentano meno rapidamente di altri, od anche in misura inferiore alle aspettative, possono determinare la percezione di una maggiore povertà, pur in presenza di redditi in crescita.

2.
Il paradigma del gioco a somma zero si determina quando la società affronta il problema delle differenze di reddito fra gruppi diversi (ricchi/poveri, bianchi/neri, uomini/donne, agricoltori/popolazioni urbane, pag.262). In tutti i casi, l'aumento del reddito per un gruppo significa diminuzione di reddito per qualche altro gruppo, e "la crescita economica per tutti non può risolvere il problema poichè la richiesta non è per avere di più, bensì per raggiungere l'eguaglianza" (pag.262). Anche se, ribadisce Thurow, la nostra società non crede nell'eguaglianza assoluta ed, inoltre, nelle discussioni il concetto di ineguaglianza viene spesso ridotto, in quanto si tende a considerare più il reddito che la ricchezza, e quindi i ricchi sembrano meno ricchi di quanto sono nella realtà (pag.234).
La competitività è crescente nei giochi a somma zero, ed una società caratterizzata da una struttura complessiva a pura somma zero, secondo Thurow, accrescerebbe la competitività fra gli individui: se la torta economica non si può ingrossare, le nostre energie devono essere utilizzate per dividerla, perciò i giochi a somma zero sono sempre caratterizzati da attività fra le più competitive (giochi sportivi, gioco d'azzardo).

3.
Lo sviluppo economico è stato usato storicamente per evitare di affrontare questioni distributive, e cioè per evitare l'adozione di criteri di equità nelle decisioni pubbliche. Queste ultime, però, sono altamente controverse proprio a causa della relatività della distribuzione delle perdite, e sono pertanto di difficile soluzione: "Il caso non si pone in termini di noi contro loro, ma noi contro di noi in un gioco a somma zero" (pag.38).
Solo ad una condizione possiamo immaginare una società a crescita zero pacifica, caratterizzata cioè da assenza di competizione: "una pacifica società a crescita zero potrebbe essere raggiunta solo se si potessero saziare i bisogni" (pag.169); Thurow osserva che tale condizione, pur essendo conseguibile da un punto di vista logico (possiamo immaginare una cultura in cui i bisogni sono saziati), nella realtà non è raggiungibile: "la richiesta di un livello di vita crescente è virtualmente universale" (pag.169).

4.
Le conseguenze politiche dei giochi a somma zero consistono nella sostanziale paralisi dei processi decisionali nelle democrazie: i ritardi e le incertezze rappresentano costi, ritardare un programma vuol dire spesso affossarlo (pag.31).
Il processo politico non è infatti in grado di produrre decisioni quando queste provocano perdite per qualcuno (pag.291); se si cerca una soluzione senza costi, il problema diventa insolubile (pag.113).
La paralisi dei processi decisionali è acuita, nei sistemi democratici, dal fatto che i rappresentanti politici vengono eletti con un mandato limitato nel tempo (quattro-sei anni) mentre la soluzione dei problemi richiede spesso "lunghi periodi durante i quali i costi crescono mentre i benefici seguono molto più tardi" (pag.34).

6.
L'incoerenza nel comportamento degli individui, quando questi si trovano coinvolti in giochi a somma zero, è evidente in alcuni casi paradigmatici: energia, poteri coercitivi dello Stato, inflazione, processi di disinvestimento, esaurimento delle risorse naturali, lavoro, norme e regolamenti, richieste di redistribuzione (vedere anche le considerazioni dell'Autore negli argomenti filosofici sull'uguaglianza in questo sito).
- Incoerenze di comportamento nel settore dell'energia (e in settori analoghi dell'industria): "tutti vogliono l'energia, ma nessuno vuole un impianto di produzione vicino alla propria casa" (pag.34).
- Incoerenze di comportamento nel rapporto coi poteri coercitivi dello Stato: siamo favorevoli quando vengono usati per aumentare il nostro tenore di vita, non quando limitano le nostre azioni per aumentare il reddito di altri (pag.45).
- Incoerenze di comportamento nei nostri atteggiamenti verso l'inflazione: "ognuno vuole un governo che blocchi l'inflazione, inflazionando però il proprio reddito e deflazionando quello altrui" (pag.70); ne deriva che non può esistere una politica dei redditi volontaria, perchè sono troppo grandi gli incentivi a non cooperare: il problema, scrive l'Autore, "assomiglia ad una partita di football (...) per vedere meglio alcuni si alzano in piedi, ma se ognuno si alza nessuno vede meglio ed in più, ora, tutti sono scomodi perchè nessuno può rimettersi a sedere. Solo l'azione collettiva può tenere tutti seduti; le decisioni individuali portano ognuno a stare in piedi" (pag.102). Inoltre, l'inflazione trasforma problemi individuali in apparenti problemi sociali, perchè fa aumentare la maggior parte dei redditi monetari e così crea l'illusione che, senza inflazione, il proprio standard di vita sarebbe cresciuto (pag.80).
- Incoerenze di comportamento nei processi di disinvestimento: vengono adottati sistemi di protezione (norme, sussidi, artifici vari) che hanno lo scopo di evitare ai soggetti coinvolti di sostenere il peso economico del disinvestimento (pag.122). Un maggiore potere d'acquisto reale, sottolinea Thurow, non è possibile se la produttività non aumenta (pag.115); ma per far aumentare la produttività occorrono interventi che pongono tutti questioni distributive a somma zero (pag.149): serve che nuove conoscenze (ricerca scientifica e studi ingegneristici) assumano rilevanza per l'economia (pag.118), che si realizzino investimenti, che si realizzino disinvestimenti, che sono condizione necessaria per spostare lavoro e capitale in settori nuovi (pag.116). Però siamo riluttanti a disinvestire per ragioni morali che riguardano gli individui piuttosto che le aziende, anche se nei fatti concreti vi sono più programmi di protezione per le istituzioni che per le persone (giustificati, osserva Thurow, in nome della protezione degli individui, pag.121).
- Incoerenze di comportamento nell'atteggiamento verso il lavoro: questo produce, oltre al reddito monetario, anche altri benefici (amicizie, prestigio, realizzazione, fama, potere, pag.168); una società a crescita economica zero non riesce a creare nuove occasioni di prestigio, fama, fortuna, essendo necessario lo sviluppo economico: per ciascuno che raggiunge uno degli obiettivi, qualcun altro deve essere rimosso (pag.169). Questo argomento non è però sempre vero nelle grandi organizzazioni: possiamo immaginare che anche in una società a somma zero sia comunque plausibile la moltiplicazione delle cariche in assenza di sviluppo economico; enti ed aziende, se si frantumano, moltiplicano i consigli di amministrazione e più soggetti vi possono accedere, sebbene i risultati complessivi per il sistema economico saranno infine negativi, come illustra nei suoi paradossi la Ricetta di Peter.
- Incoerenze nel diffondersi di norme e regolamenti: la sicurezza per un individuo (norme protettive) comporta la mancanza di occasioni per un altro (competizione), "e così normalmente si finisce col prescrivere la concorrenza agli altri e la sicurezza per noi stessi. Quando ci si comporta così, tuttavia, si va a finire in un'economia piena di norme che impediscono lo sviluppo veloce di cui abbiamo bisogno" (pag.180); la deregolamentazione, infatti, implica sempre delle perdite economiche per qualcuno (pag.182).
Una economia non regolata, secondo Thurow, non esiste: "tutti i sistemi economici sono identificabili da un insieme di leggi e di regolamenti. La civiltà è infatti un accordo fondato su una serie di regole di comportamento. Una economia senza regole sarebbe una economia anarchica dove il libero scambio sarebbe impossibile. La superiorità fisica sarebbe l'esclusivo mezzo per condurre le transazioni economiche. Tutti vorrebbero prevalere su tutti gli altri" (pag.184).
I diritti di proprietà, ad esempio, non sono così intuitivamente ovvi come appaiono, scrive l'Autore: "se il vicino getta i suoi rifiuti nel mio giardino ho il diritto di chiamare la polizia e chiedere il rimborso dei danni. Se il vicino getta i suoi rifiuti nell'aria (bruciandoli), curiosamente non ho il diritto di chiamare la polizia, nè di richiedere i danni. Ho diritti di proprietà sulla terra, ma non sull'aria e ciò sebbene l'aria pulita sia più vitale alla mia esistenza della terra" (pag.185). Solo con l'aumento della popolazione e dell'industrializzazione, l'aria pulita acquista valore; allo stesso modo, non ha senso occuparsi dei diritti di proprietà sul fondo marino o su altri pianeti, se non si dispone di una tecnologia che li renda appropriabili (pag.185). Dobbiamo inoltre tenere conto che vi sono due mercati di capitali: quello reale (investimenti in impianti e macchinari) e quello finanziario (compravendita di diritti di proprietà).

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