lavoro
Roma 23 marzo
Il discorso di Cofferati (clicca sul banner qui sotto)
Silvio B. Il re dei tarocchi
di Nicola Rossi (da L'Unità del 16.1.03)
È un programma di grande respiro e di straordinario
impegno quello in cui si è imbarcato, in questi giorni, il presidente
del Consiglio e bisogna dargliene atto. Si comincerà, da quanto abbiamo
capito, con la revisione dei criteri di misurazione del Pil perché
tengano finalmente conto della impetuosa crescita degli ultimi mesi che solo
gli osservatori più ciechi e partigiani non hanno colto. Nuovi criteri
di misurazione del Pil consentiranno, finalmente, al bilancio pubblico di
mostrarsi per quello che il ministro dell’Economia da tempo sostiene che sia:
sano e solido, se non addirittura florido.
Si procederà poi, supponiamo, con l’affrontare il tema delle statistiche
del commercio estero che con tutta evidenza non registrano l’ingente flusso
di prodotti italiani che da circa 18 mesi sta invadendo i mercati mondiali.
E, diciamo la verità, non si potrà poi evitare di riconsiderare
le informazioni statistiche sul mercato del lavoro che dipingono negli ultimi
mesi una occupazione in rallentamento e che continuano a mostrare tassi di
attività e tassi di occupazione ancora molto lontani dagli standard
europei.
È chiaro invece a tutti che l’Italia ha ormai da tempo raggiunto e
superato i parametri fissati dai leader europei a Lisbona. O no? E che dire
delle statistiche demografiche? Anche qui un intervento è necessario
e con mano ferma: è accettabile, infatti, che si semini il panico nel
Paese lasciando immaginare un Paese sempre più vecchio laddove basta
invece girare un po’ per l’Italia per vederne la natura giovane e dinamica?
E come si può sostenere che il nostro sistema scolastico ed universitario
è inadeguato e superiore solo a quelli della Russia e alla Grecia?
O anche, come possono gli indicatori tecnologici non tenere conto che l’Italia
è un Paese riservato e discreto in cui la ricerca ed il trasferimento
tecnologico si fanno, e pure tanto, ma senza dirlo in giro?
Più semplice invece lo sgradevolissimo caso delle statistiche sulla
competitività del Paese che quest’anno ci hanno retrocesso dal 29°
al 37° posto. Qui, signor Presidente, trattasi di società private
acquistabili, pensiamo, da mani amiche e pienamente capaci di dar atto degli
straordinari progressi che il Paese ha compiuto sotto la sua Presidenza.
Ma la piccola invidia propria degli esseri umani si sta già frapponendo
fra noi ed una immagine del Paese più consona e vicina al programma
elettorale della Casa delle Libertà. Ed in ciò non si può
non rilevare una palese violazione delle regole democratiche. Avendo gli italiani
votato in maggioranza il programma delle libertà, ne hanno approvato
formalmente l’immagine di un Paese felice e dinamico ed hanno quindi pienamente
diritto a vedere questa immagine riflessa puntualmente nelle statistiche ufficiali.
Solo una cultura tecnocratica ha quindi potuto permettere ieri all’Eurostat
di sottolineare che le regole di calcolo del Pil «non possono essere
cambiate unilateralmente da uno Stato membro». Si presenti l’Eurostat
alle prossime elezioni e si conquisti la fiducia degli italiani: solo allora
potrà descriverci nelle sue statistiche una Italia diversa da quella
votata dai tanti italiani di centrodestra! Ed ancor più grave appaiono
le osservazioni del primo ministro svedese Ringholm che ha suggerito che il
grande impegno riformatore del Governo nel campo della statistica sia null’altro
che «un modo per sfuggire al dibattito su cosa l’Italia debba fare per
mettere in ordine la sua economia».
Niente affatto: affrontare il tema della qualità dell'informazione
statistica mira infatti a cambiare a fondo il Paese, o meglio la sua rappresentazione
statistica, senza passare per la strada faticosa e sgradevole della disciplina
finanziaria e delle riforme. Una straordinaria intuizione, l’ennesima, del
Presidente del Consiglio e dei suoi ministri che il mondo si ostina a non
vedere.
Post-scriptum
Signor Presidente, il Paese - lo ha riconosciuto lei stesso - è sommerso
da un’ondata di sfiducia che ha pochi precedenti e la preoccupazione con cui
gli italiani pensano al loro avvenire è la spia di fenomeni strutturali:
le difficoltà fin troppo evidenti di un sistema produttivo sempre più
ai margini della competizione internazionale, il progressivo invecchiamento
della popolazione e le pressioni migratorie, i vincoli che il sistema del
welfare pone ai rapporti fra generazioni e quelli che ad esso vengono posti
dall'attuale mercato del lavoro, il ritorno delle migrazioni interne come
risposta ai problemi del Mezzogiorno, l’incertezza seminata a piene mani da
una politica economica affannata e scomposta. Per citarne solo alcuni.
In questo scenario, il Presidente del Consiglio dovrebbe dare un messaggio
di fiducia al Paese ed un messaggio di fiducia richiede, per essere credibile,
realismo nell’analisi, trasparenza delle motivazioni ed autorevolezza della
guida. Ma come anche lei sa bene, lei non è più in grado di
offrire nulla di simile (se mai lo è stato). Se vuole affrontare veramente
il tema del declino del Paese non rovisti fra i dati. Si guardi allo specchio.