Pace e guerra
vedi anche: http://www.fermiamolaguerra.it/
Reggio Emilia - 11 Febbraio 2003 - Coordinamento girotondi "chi ci sta ci sta" - Comunicato:
L'Italia che ripudia la guerra sarà a Roma il 15 Febbraio
Come "chi ci sta ci sta" i girotondi di Reggio Emilia,
dopo il 14 settembre a piazza san Giovanni, siamo a Roma il 15 febbraio a
sostegno della pace. Chiamiamo tutti i nostri aderenti ad essere presenti
con noi.
Sabato in 42 città nel mondo, gli uomini , le donne, i giovani, giusti,
uniranno le loro voci per dire NO alla guerra senza se e senza ma. Il "villaggio
globale" sarà attraversato dal pensiero unico che preferiamo :
globalizziamo la pace.
Le bombe "intelligenti" nella guerra del 1991 in Iraq, hanno ucciso
160.000 civili di cui 32.195 bambini. Ancora 500.000 bambini morti a causa
dell'embargo fra il1991 e il 1998. In Afghanistan i morti sono stati almeno
5000. Per questa guerra annunciata, l'Onu prevede 500.000 vittime e almeno
2 milioni di profughi. Sarà un caso ma più le bombe sono intelligenti,
più a morire sono le persone inermi . I sostenitori della soluzione
militare ci raccontano che sarà una guerra veloce e "misurata"
.Non ci crediamo, anzi siamo convinti che questa volta sarà molto peggio
e rischiamo di essere trascinati in un conflitto perpetuo. Tutto questo perché?
Per il petrolio e per ridisegnare gli equilibri del potere di una superpotenza
mondiale, gli Stati Uniti. Non ci interessa un occidente ricco e potente circondato
da un mare di miseria e ingiustizia sociale. Crediamo che questa guerra debba
essere evitata, anzi il nostro governo dovrebbe adoperarsi in missioni di
pace là dove la guerra è in atto, invece di offrire, con servilismo,
il nostro paese come rampa di lancio di migliaia di bombe , tutto questo anche
a scapito dell'Unione Europea.. Ma il nostro presidente è altrove occupato
e le energie le spende per vincere le sue di battaglie ! E' giunto il tempo
di essere fermamente convinti che al terrorismo non si risponde con il terrore
e altra violenza, il vero progresso è trovare la soluzione dei conflitti
attraverso il dialogo e la collaborazione internazionale, cosi' come si sta
configurando, in questi giorni, anche grazie all'iniziativa positiva di alcuni
altri paesi dell'Unione Europea per trovare strade pacifiche. Non crediamo
nel paradiso in terra, ma neppure nell'inferno. La guerra non è una
risorsa, non è saggia, non è giusta, la guerra è un'immane
catastrofe, è una sconfitta dell'umanità. Chiediamo ancora a
tutto il mondo dei girotondi di unirsi a noi. Mettiamo una bandiera arcobaleno
alle nostre finestre, un piccolo gesto che contiene un grande messaggio: io
voglio la pace!
Sydney - Australia
DIRE FORTE AL MONDO: " LA PACE, LA PACE"
Testo
integrale del discorso pronunciato nel 1986 a IXTAPA ( Mexico ) dal premio
Nobel Gabriel Garcìa Marquez in occasione dell'incontro dei sei Presidenti
di cinque continenti:
Un minuto dopo l'ultima esplosione, più della metà
degli esseri umani sarà morta, e la polvere e il fumo dei continenti
in fiamme cancelleranno la luce del sole.
E le tenebre assolute torneranno a regnare nel mondo.
Un inverno di piogge color arancione e di uragani gelati sconvolgerà
il tempo negli oceani e rovescerà il corso dei fiumi i cui pesci saranno
morti di sete nelle acque roventi e dalle cui rive gli uccelli non potranno
più levarsi verso il cielo.
Le nevi perpetue copriranno le dune del Sahara, la vasta Amazzonia scomparirà
dalla faccia del pianeta distrutta dall'esplosione e l'età del rock
e dei trapianti di cuore tornerà nuovamente alla sua infanzia glaciale.
I pochi esseri umani che sopravviveranno al primo impatto e coloro che avranno
avuto il privilegio di un rifugio sicuro alle tre del pomeriggio funesto della
massima catastrofe avranno soltanto salvato la vita per un momento, appena
per ricordarsi del terrore passato.
La creazione, infatti, sarà terminata sul pianeta.
Nel caos finale dell'umidità e delle notti eterne le uniche vestigia
di ciò che fu la vita resteranno gli scarafaggi.
Questa non è una ripetizione del delirio di Giovanni nel suo isolamento
di Patmos, bensì la visione anticipata di un disastro cosmico che può
accadere in questo stesso istante: l'esplosione deliberata o accidentale di
solo una parte minima dell'arsenale nucleare che attualmente dorme con un
occhio ed è vigile con l'altro nelle santabarbare delle grandi potenze.
E così: oggi 6 agosto 1986 esistono nel mondo più di 50 mila
bombe nucleari già impiantate, in termini volgari questo significa
che ogni essere umano, senza escludere i bambini, è seduto su un barile
con almeno quattro tonnellate di dinamite, la cui esplosione totale può
eliminare dodici volte ogni traccia di vita sulla faccia della terra.
La potenza dell'annientamento di questa minaccia colossale che pende sopra
le nostre teste come un cataclisma di Damocle, significa la possibilità
teorica di distruggere altri quattro pianeti di quelli che girano attorno
al sole e di influire nell'equilibrio stesso del sistema solare. Nessuna scienza,
nessuna arte, nessuna industria ha mai superata se stessa così tante
volte come l'industria nucleare fin dalla sua origine, quarant'anni fa, né
nessun altra creazione dell'ingegno umano ha tenuto mai tanto potere ultimativo
sopra il destino del mondo.
L'unica consolazione di queste esemplificazioni terrorizzanti, se questo può
servire a qualcosa, è di poter affermare che la conservazione della
vita umana sulla terra continua ad essere in ogni modo più a buon mercato
della peste nucleare, poiché con il solo fatto di esistere, la tremenda
apocalisse racchiusa nei silos della morte dei paesi più ricchi pregiudica
le possibilità di una vita migliore per tutti gli uomini che vivono
sulla Terra.
Facciamo l'esempio dell'assistenza all'infanzia. Si arriva ad una verità
di aritmetica primaria. L'UNICEF ha calcolato nel 1981, un programma per risolvere
i problemi essenziali di 500 milioni dei bambini più poveri del mondo
comprese le loro madri.
Il programma comprendeva l'assistenza sanitaria di base, l'educazione elementare
il miglioramento delle condizioni igieniche e il rifornimento di acqua potabile
e di cibo per gli alunni. Tutto questo sembra un sogno impossibile in quanto
comporterebbe una spesa di 100 mila milioni di dollari. Ma questa cifra è
appena il costo di 100 bombardieri strategici B-12, e di meno di 7 mila missili
da crociera, per la cui produzione il governo degli Stati Uniti ha già
stanziato 21.200 milioni di dollari.
Un altro esempio, nel campo della salute. Con il costo di 10 portaerei nucleari
Nimitz, delle 15 che gli Stati Uniti si apprestano a realizzare prima dell'anno
2000, si potrebbe realizzare un programma preventivo per più di un
miliardo di persone contro il paludismo ed evitare la morte, soltanto in Africa,
di più di 14 milioni di bambini.
Un altro esempio ancora nel campo dell'alimentazione.
L'anno passato si è calcolato che 575 milioni di persone hanno sofferto
la fame calorica in tutto il mondo. Ebbene, secondo i calcoli della FAO, provvedere
ai bisogni essenziali di oltre mezzo miliardo di persone costerebbe meno di
149 razzi MX, mentre sono ben 223 i razzi di questo tipo che saranno impiantati
in Europa Occidentale. Con il costo di solo 27 di questi razzi si potrebbero
comprare gli equipaggiamenti agricolo necessari perché i paesi poveri
possano raggiungere la sufficienza alimentare nei prossimi 4 anni. Questo
programma inoltre non raggiungerebbe neanche la novantesima parte del bilancio
militare sovietico del 1982.
Nel campo dell'educazione. Con solo 2 sottomarini atomici Trident dei 25 che
il governo attuale degli Stati uniti prevede di costruire, oppure con una
quantità simile di sottomarini, Typhoon che sta costruendo l'Unione
sovietica, potrebbe non essere più una fantasia l'alfabetizzazione
mondiale. D'altra parte la costruzione di scuole e la qualificazione di maestre
che attualmente mancano al Terzo Mondo per sopperire alle necessità
supplementari dell'educazione nei 10 anni che verranno, potrebbero essere
pagati con il costo di 245 razzi Trident-2 e resterebbero perfino 429 razzi
per dare incremento all'educazione nei 15 anni successivi.
Si può dire infine che la cancellazione del debito esterno di tutto
il Terzo Mondo e il recupero economico di tutte le aree sottosviluppate per
i prossimi 10 anni costerebbe poco più della sesta parte di tutte le
spese militari del Mondo in questo stesso periodo.
Eppure, di fronte a questo mostruoso spreco economico, risulta ancora più
inquietante e doloroso lo spreco umano. L'industria della guerra tiene prigioniere
la più grande massa di scienziati mai raggruppata per una qualsiasi
altra impresa nella storia dell'Umanità. Si tratta di gente come noi,
il cui posto non è là dove si trova, ma qui a questa tavola;
e la cui liberazione è indispensabile perché essa ci aiuti a
creare, nel campo dell'educazione e della giustizia l'unica cosa che può
salvarci dalle barbarie: una cultura della pace.
Ma nonostante queste verità drammatiche, la corsa alle armi non si
concede un istante di tregua. Ora, mentre noi facciamo colazione è
stata fabbricata una nuova ogiva nucleare; domani quando ci sveglieremo ce
ne saranno altre nove in più nei magazzini dell'emisfero dei ricchi.
Un grande scrittore del nostro tempo si è chiesto spesso se la terra
non sia l'inferno degli altri Pianeti. Forse è molto meno: una borgata
lanciata dalle mani degli Dei creatori nell'ultima periferia della grande
patria universale.
Ma il sospetto crescente che questo sia l'unico luogo del sistema solare dove
è avvenuta la prodigiosa avventura della vita, ci porta inevitabilmente
ad una scoraggiante conclusione: la corsa agli armamenti va in senso contrario
a quella dell'intelligenza, e non solo contro quell'intelligenza della natura,
le cui finalità sfuggono persino alle chiaroveggenza dalla poesia.
Dal momento della comparsa della vita visibile sulla terra, dovettero trascorrere
380 milioni di anni perché una farfalla imparasse a volare; e poi altri
180 milioni di anni perché crescesse una rosa che non ha altro obbligo
che quello di essere bella. E dovettero passare 4 ere geologiche perché
gli esseri umani diventassero capaci di cantare meglio degli uccelli e di
morire d'amore. Non fa onore al talento umano, nell'età d'oro della
scienza, aver concepito un sistema perché un processo multi-millenario
così faticoso e colossale possa regredire nel nulla, con il semplice
artificio di premere un bottone. Per cercare di impedire che questo accada
noi siamo qui, ad unire le nostre voci a quelle innumerevoli che reclamano
un mondo senza armi e una pace con giustizia. E perfino se il cataclisma accadrà,
anzi, ancor più se esso dovesse accadere, non sarà inutile che
noi siamo qui. Milioni di milioni di millenni dopo l'esplosione una salamandra
vittoriosa che sarà riuscita a salire la scala completa della specie
sarà forse incoronata come la donna più bella della creazione.
Da noi dipende, uomini e donne di scienza, uomini e donne delle arti e delle
lettere, uomini e donne dell'intelligenza e della pace, da tutti noi dipende
che coloro che saranno invitati a quell'incoronazione chimerica non vadano
alla festa con i nostri stessi terrori di oggi.
Con la dovuta modestia, ma anche con tutta la determinazione dello spirito,
io propongo che noi assumiamo qui e ora l'impegno di concepire e fabbricare
un'arca della memoria capace di sopravvivere al diluvio atomico, una bottiglia
di naufraghi siderali lanciata negli oceani del tempo, affinché la
nuova umanità del futuro sappia da noi ciò che non possono raccontare
gli scarafaggi.
Sappia che qui esistette la vita, che in essa prevalse la sofferenza e predominò
l'ingiustizia; ma sappia anche che conoscemmo l'amore e fummo perfino capaci
di immaginare la felicità. E sappia e faccia conoscere per tutti i
tempi coloro che furono i responsabili del nostro disastro e quanto sordi
si fecero alle nostre grida di pace, perché questa fosse la migliore
delle vite possibili; e con quali invenzioni barbare e per quali interessi
meschini essi cancellarono la vita dall'Universo.
LA GUERRA CHE VERRA'
La guerra che
verrà non è la prima,
prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell'ultima c'erano vincitori e vinti,
tra i vinti faceva la fame la povera gente,
tra i vincitori faceva la fame la povera gente ugualmente.
di Bertold Brecht
(suggerita da Daniele, un nostro lettore)
Un cartello con scritto: "NON IN NOME DELLE DONNE".
E' il sogno e il progetto che alcune di noi
coltivano per ogni donna che andrà alla manifestazione contro la guerra
del 15 febbraio a Roma.
Un cartello che faccia della nostra estraneità e della nostra assenza
dalla politica dominante un punto di analisi critica alto per cercare altre
regole alla cura di ogni forma di convivenza, anche mondiale, che non siano
quelle di ammazzare un po' di uomini e di donne per risolvere i problemi.
Un cartello per dire che la cura della vita è quella che noi donne
conosciamo e pratichiamo da sempre. Per questo osiamo chiedere ad ogni donna
che andrà a Roma di scrivere "NON IN NOME DELLE DONNE" sul
loro cartello. Vogliamo provare a concretizzare una politica dell'assenza
(e un sogno in più) contro la guerra.
Clelia Mori - Catia Manfredi - Carmen Marini - Simona Guidetti - Annalista Magri - Silvia Lancellotti - Cinzia Ruozzi - Deliana Bertani
P.S.: chiediamo a "Basta Guerre",
in cui siamo dal suo inizio, a tutte le associazioni, i movimenti, ecc… che
si attivano per la pace di estendere questo invito alle donne che andranno
con loro a Roma il 15/02
Perché il silenzio delle donne contro la guerra?
Ci stiamo chiedendo cosa c'entrano le donne
con la guerra e il suo carico di morte. Le donne - prima di tutto quelle che
stanno nei partiti e condividono la politica elettiva con gli uomini ma pure
le altre, da quelle che lavorano anche fuori casa a quelle che fanno solo
le casalinghe, - non hanno ancora sentito il bisogno di proclamare la loro
distanza e la loro indisponibilità a condividere qualsiasi atto di
guerra, comunque la si voglia definire.
Ci stiamo chiedendo perché non si sono ancora sottratte a questo atto
sentendo il bisogno di farlo insieme e pubblicamente, costringendo, se lo
facessero, chi vuole la guerra a rimanere solo? Perché ci mescoliamo
sempre con queste azioni? Perché non si è ancora levata alta
e forte la nostra voce, rendendoci indisponibili alla volontà altrui
di guerra? Stiamo forse dimenticando un fatto semplicissimo e chiaro a tutti,
ma sicuramente più a noi donne, che noi costruiamo, con nove mesi della
nostra vita e poi altri svariati anni, la vita di tutte le persone che ci
sono su questa terra? Sono tutte e tutti figli e figlie nostre. Cos'è
questo silenzio collettivo femminile che sa solo attendere la catastrofe?
Perché non prendiamo atto che noi rappresentiamo un altro potere: quello
di chi " mette al mondo il mondo" e che dobbiamo difendere queste
fatiche quotidiane in ogni parte del globo, di fronte a chi, troppo spesso,
per il proprio puro egoismo privilegia la morte? Perché chi comanda,
in qualsiasi parte della terra, può prendere i nostri figli e usarli
per risolvere, con la loro possibile morte, i problemi che loro stessi creano
e poi non vogliono pagare di tasca propria ma far pagare alle nostre fatiche
quotidiane di riproduzione e cura della vita? I nostri figli e figlie e le
nostre fatiche non sono un patrimonio disponibile per politiche di guerra
ad uso patriarcale. Sono un patrimonio della politica della vita che non potrà
mai nascere se noi non completiamo il nostro atto di cura della vita stessa
dicendo insieme " NON IN NOME DELLE DONNE" a chi ci mal governa
con la guerra. E prima di tutto, tocca alle donne elette, quelle che ci chiedono
il voto, lanciare parole di vita se non vogliono disconoscere con il silenzio
connivente persino se stesse, disconoscendo uno dei ruoli più naturali
delle donne.
Clelia Mori e Catia Manfredi
Poviglio, 25/12/02
Se domani leggessi : "Bush dice no alla guerra "sarei contenta a metà!
Oggi sul nostro pianeta sono in atto almeno una cinquantina
di guerre,ogni giorno si uccide e si distrugge,anche la' dove la guerra non
e' ancora ufficialmente iniziata. Sono guerre "utili"per mantenere
un equilibrio globale del potere prevalentemente economico. L'occidente mantiene
la sua pace e il suo benessere a scapito di chi pace e benessere non ha. Oggi
una nazione,gli Stati Uniti, si è arrogata la prerogativa di sovranita'e
il potere di decidere da sola cosa è bene e cosa è male Il terrorismo
ha cambiato le regole, il "nemico"(arabo-mussulmano ,extracomunitario
in genere,nero,….povero) puo' essere ovunque. La guerra lontana non garantisce
la pace al centro del potere.Oggi non si hanno guerre vinte,ma una sorta di
conflitto permanente che sembra non volersi arrestare neppure di fronte al
pericolo delle armi atomiche,ricordiamo che gli Stati Uniti in un folle ragionamento
prendono in esame l'ipotesi dell'uso delle armi atomiche,come hanno gia' fatto
in tempi non cosi' lontani di cui se vedono ancora i segni. Chi non ha nulla
da perdere, perche' tutto gli è stato negato, arriva ad immolarsi per
una giustizia futura al suo popolo .Il terrorismo è l'esercito di chi,
esercito, flotte, carri armati ,caccia e missili intelligenti non ha .Questi
sono i fatti al di la' di ogni giudizio politico. E una storia antica ,la
violenza è insita nella natura umana, ed è un'illusione sperare
nella nascita di un "uomo pacifico" costruttore di pace non solo
a parole e neppure solo con leggi disattese come l'art. 11 della costituzione
italiana, o le 10 leggi per i cristiani di tutto il mondo Ogni giorno si uccidono
uomini donne e bambini,che la guerra non vogliono ma che non hanno abbastanza
voce per urlare il loro diritto alla vita,anzi è proprio in nome della
vita che si uccide creando un'enorme contraddizione:diritto di morte in nome
della vita. Alle donne è stato da sempre vietato l'accesso al potere,(per
tutte basti ricordare che una legge degli uomini ha esteso il diritto di voto
alle donne solo in tempi recenti,1946.e solo negli anni 80 si parla di pari
opportunità con pari diritti fra uomo e donne nella famiglia e nella
società.) quindi anche per questo, non hanno introiettato dentro di
se'la cultura del potere e della violenza per mantenerlo. La cura dei figli
ha da sempre occupato in modo prevalente lo spazio mentale delle donne.La
maternità insegna ,più o meno consapevolmente, altruismo, dedizione
,rinuncia, pazienza e solidarietà,tutti sentimenti in netto contrasto
al modello imperante. La guerra è dunque estranea alle donne ma ad
essa non possono sfuggire .Ogni guerra ha fra le sue ferocie,stupri di massa,la
donna diventa ancora una volta terreno di battaglia,i figli che nasceranno
saranno il simbolo della conquista ,e le madri lasciate sole,ancora una volta
a ricucire le ferite,a crescere e ad amare figli altrui.
Il silenzio delle donne è durato troppo a lungo! E giunto il tempo
di iniziare una"nuova era" Chiedo,alle donne di uscire dalle loro"case"e
parlare,con gli amici,al lavoro e in famiglia per dire si alla vita .Chiedo
agli uomini di porsi in ascolto,di chiedere alle proprie mogli ,sorelle,madri,
figlie e amiche cosa ne' pensano della guerra, senza temere di farsi influenzare
dalle loro idee ma cercare di capire quali sono i percorsi dei loro sentimenti.
Le donne sono abituate da sempre a sottostare alla "legge del più
forte,"ma non per questo hanno perso la loro identità. L'assenza
delle donne dalle stanze del potere, diventi ora una risorsa da cui attingere
per cambiare il corso della storia, per intraprendere nuovi percorsi di ragionamento
che prediligano il dialogo,l'altruismo,la comprensione per imparare a convivere
e insieme elaborare un nuovo concetto di proibito: il tabu'della guerra. Molti
uomini hanno intrapreso questo percorso, alcuni da sempre,ma molti altri ne'sono
ancora lontani. Ecco,se tutti insieme,uomini e donne riuscissimo a costruire
la cultura della pace,allora si,.sarei totalmente contenta.
Un mondo più giusto è possibile! le donne lo sanno.
Reggio Emilia 17-1-2003 Carmen Marini di "chi
ci sta ci sta"
segnaliamo il sito web Bandiere di Pace
http://www.bandieredipace.org/
IL COORDINAMENTO BASTAGUERRE di Reggio Emilia ha indetto
il 10 dicembre alle ore 18, in piazza Prampolini
un presidio-fiaccolata contro la guerra ("Chi ci sta ci sta" è una delle 18 associazioni reggiane che aderiscono al Coordinamento BASTAGUERRE)
clicca sul logo qui sotto per vedere il volantino del coordinamento Bastaguerre
La semplicità della pace
Gino Strada
(da Aprile, N.100, dic. ’02)
La sera del 10 dicembre, anniversario
della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo, abbiamo chiesto ai cittadini
di dare un segno di pace. In tanti abbiamo portato stracci bianchi, candele
e bandiere di pace nelle strade delle nostre città, dei nostri comuni
dicendo che non vogliamo guerre nel futuro dei nostri figli. Per tenere l'Italia
fuori dalla guerra. E la guerra fuori dall'Italia.
Siamo convinti - e ne abbiamo ogni giorno nuove conferme - che la grande maggioranza
dei nostri concittadini sia contraria alla guerra, in particolare alla nuova
guerra contro l'Iraq che è ormai all'orizzonte. La guerra è
diventata davvero una discriminante fondamentale dell'epoca contemporanea:
non ci sono scuse o giustificazioni o mandati internazionali che contino.
Le statistiche e i manuali di strategia militare parlano chiaro, e ci dicono
che la guerra di oggi è fatta contro i civili, sui civili, sulle infrastrutture
civili. Pare che l'opinione pubblica se ne renda conto. I politici e i parlamentari
molto meno. E ancora meno se ne rendono conto i giornali e le televisioni,
ma questo è un discorso a parte. E' accaduto che le persone, i cittadini
abbiano ripreso a parlarsi, a interrogarsi sulla guerra e sulla pace, a comunicare
gli uni agli altri il disagio, l'angoscia - o più semplicemente la
perplessità - per un mondo che anziché progredire si ritrova,
un'altra volta, sull'orlo di un conflitto che sarà devastante per tutti.
Un mondo sul quale si proietta come un'ombra lo spettro di un conflitto -
l'attacco all'Iraq - che potrebbe allargarsi, e nel quale potrebbero essere
usati anche ordigni nucleari.
Così, nonostante la censura, o forse proprio a causa della censura,
è scattato il passaparola. E il 10 dicembre, in centinaia di piazze
italiane ci sono stati segni di pace portati dai cittadini. Regioni, Province,
Comuni, centinaia di scuole, centinaia di associazioni di volontariato cattoliche
e laiche, di rappresentanze sindacali, centinaia di migliaia di famiglie hanno
detto con noi "no alla guerra". Per rendere visibile questa "opinione
pubblica" chiediamo a tutti i cittadini, alle famiglie, ma anche a Comuni,
parrocchie, associazioni e scuole di essere testimoni di pace: un gesto, appendere
stracci bianchi, bandiere di pace, alle finestre e ai balconi delle nostre
case e dei luoghi di lavoro ma anche annodare un piccolo straccetto bianco
al polso, alla borsetta, allo zaino, alla bicicletta, al guinzaglio del cane
ovunque sia visibile.
Uno straccio di pace è un modo semplice per far sapere che vogliamo
trovare nuove forme di stare insieme, nuovi modi per risolvere i problemi
che non siano la violenza, il terrorismo, la guerra.
Tenere l'Italia fuori dalla guerra è davvero nelle nostre mani. Ci
sono tante ragioni per essere contro la guerra: perché la guerra è
un orrendo macello, perché moriamo a milioni, perché altri milioni
di esseri umani ci piangono, perché molti restano feriti e mutilati
nel corpo e nella mente, perché si genera povertà e miseria
ad alimentare le sofferenze. Perché non vogliamo che tocchi anche a
noi e ai nostri figli, perché alla fine sarà cambiato solo chi
comanda e si è arricchito mentre il nostro mondo sarà più
brutto.
Siamo convinti che le vittime civili siano la prima e forse l'unica verità
della guerra. E che l'alternarsi di governi e dittatori ne siano soltanto,
questi sì, effetti collaterali. Diamo voce alla maggioranza dei cittadini
che sono contrari alla guerra. Chiediamo a tutti di celebrare con noi la Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo, portando nelle strade di ogni città
e di ogni comune un segno di pace. Basta guerre, basta morti, basta vittime.
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