Informazione
e conflitto di interessi
Eccovi alcuni interessanti siti italiani di controinformazione presenti in rete:
http://www.megachip.info/mc/ : Megachip c'è, esiste. E' bastato un sussurro per creare un'onda. Un semplice sussurro, niente al confronto dell'incessante frastuono dei mille media che ci circondano. Eppure è bastato. Si interessa di Tv, radio, stampa, chip e altro: la rivista di controinformazione cui aderisce Giulietto Chiesa (clicca qui per leggere un suo intervento sul significato di Megachip).
http://www.nonluoghi.it/ Nonluoghi
nasce dal'esperienza di un gruppo di giornalisti che impegnati in una riflessione
critica dei meccanismi dell'informazione nel paradigma
neoliberista con limitazione degli spazi democratici.All'analisi dello stato
dei mass media si è poi affiancato il tenttivo di raccogliere e diffondere
notizie e riflessioni sullo stato della democrazia, politica ed economica.
con particolare attenzione ai costi sociali del mercato, alle aree di conflitto
e alle repressioni spesso dimenticate (come quella dei kurdi irakeni), ai
temi della convivenza interetnica, alle proposte alternative all'attuale sistema
penale, alle esperienze storiche -presenti e passate - e all'elaborazione
teorica di una convivenza realmente democratica (socialismo libertario e dintorni),
ecologica e nonviolenta.
http://www.quintostato.it/ Scegliere un nome come Quinto stato suggerisce inevitabilmente una qualche intenzione di continuità con la grande tradizione progressista delle rivoluzioni borghesi e del movimento operaio. E’ il caso di chiarire che tale scelta è, al tempo stesso, seria e autoironica, nel senso che di quella tradizione non intendiamo salvare i principi astratti ma recuperare piuttosto l’originario ideale di una libertà economica fondata (non presupposta!) sulla libertà politica, in totale controtendenza nei confronti di quell’ideologia neoliberista che, mentre esalta il libero mercato, uccide innovazione e competizione armando i monopoli con leggi antidemocratiche sulla proprietà intellettuale e sulla privacy. Il web log è aperto: aspettiamo il vostro contributo! I fondatori di Quinto Stato:Carlo Formenti, Marco Barbieri, Stefano Porro, Igino Domanin, Walter Molino
http://donnealtri.it/
Chi siamo? Siamo giornaliste e giornalisti convinti che l’informazione
quotidiana, nonostante i suoi grandi cambiamenti, continui a essere indirizzata
a un lettore-utente apparentemente neutro, ma in realtà di genere maschile.
Questo meccanismo finisce per produrre una certa gerarchia (e selezione) delle
notizie. Un panorama informativo per grandi linee dedicato al lettore.E la
lettrice. Per lei, se va bene, esistono, sparsi nelle varie pagine dei quotidiani
(mai o quasi mai nel “primo sfoglio”) altri temi: stili di vita,
consumi, salute, lavoro, famiglie, bambini. Molte sono le notizie tralasciate,
o appena sfiorate quando riguardano la vita delle donne. E' documentato che
nella nostra informazione su sei personaggi dei quali si narrano la vita,
le avventure, si raccolgono i giudizi, si amplificano le polemiche, solo una
è donna.
Certo, il femminile irrompe sulla scena mediatica quando gli eventi spezzano
le certezze più radicate: la mamma assassina, i nuovi modi di riprodursi
consentiti dalla tecnologia e mal regolati dalla legge, lo scandalo del burqa
nella guerra tra occidente e oriente, le ragazze kamikaze, le "vedove
nere" della Cecenia. Eccessi che fatichiamo a inscrivere in un sistema
di opinioni consolidate. Manca, per lo più, il racconto della normalità
delle donne, dell' essere donna, il racconto del « normale » mutamento
nei rapporti tra i sessi nella nostra e nelle altre società. Noi scommettiamo
sulla possibilità che questa situazione cambi. Del resto, non mancano
significativi segnali della volontà di riconoscere una nuova opinione
pubblica femminile da parte di alcuni media. Tra noi della redazione esistono
scambi e esperienze di lavoro giornalistico che sono state comuni (per esempio,
la storia di “Noidonne”, o l’esperienza della pagina dell’Unità
“L’una e l’altro”). Naturalmente, abbiamo opinioni
e posizioni diverse. Non le nasconderemo, quando ci sembreranno interessanti.
D’altronde, non vogliamo coprire “tutto sulle donne”, né
operare discriminazioni alla rovescia. Nessun progetto “totale”.
Ma scelta, selezione, approfondimenti, e apertura al confronto. Allo scontro,
se necessario, nella rete e fuori della rete, ma per contribuire a costruire
una nuova civiltà della conversazione, contro strumentalismi e fondamentalismi
che inquinano il discorso pubblico.
Insieme a quante e quanti vorranno costruire con noi questo progetto, cercheremo
relazioni motivate piuttosto che dal denaro, dal gioco, dalla passione, e
dal piacere di scoprire pratiche sociali innovatrici. Ci piacerebbe un’informazione
che dei conflitti che attraversano la vita - la vita sociale, sentimentale,
politica - faccia terreno di approfondimento e di scavo. Proviamo stanchezza
per una scena mediatica sempre più simile a un pranzo di famiglia,
dove nessuno ascolta chi parla, perché per ciascuno esiste già
la casella, il giudizio, l’etichetta, la frase fatta. Alberto
Leiss ha lavorato all'Unità dal 1974 al 2000, e poi come
free-lance. Attualmente è direttore della Comunizione del Comune di
Genova. Ha sempre cercato di fare un giornalismo politico non completamente
preda del giornalismo e della politica. - Letizia Paolozzi ha lavorato
all’Unità dal 1980 al 2000. Ha diretto la pagina “L’una
e l’altro” sui rapporti tra i sessi, la parità e la differenza.
Ha scritto saggi sull'informazione e il femminismo - Bia Sarasini,
giornalista, ha scritto e condotto programmi di informazione e cultura per
Radiotre. Per sei anni è stata la direttrice di "Noidonne".
Oggi è free-lance e consulente, scrive tra l’altro per il SecoloXIX,
il quotidiano di Genova, la città dove è nata.
Lettera aperta
sulla Rai
Giovanna Melandri
(da Aprile, N.100, dic. ’02)
La Rai, che è la principale impresa culturale del nostro paese, sta
attraversando oggi una crisi drammatica. E' una crisi economica, culturale,
politica ma, soprattutto, una crisi di funzione e ruolo. Non occorre, credo,
dilungarsi su quanto sia difficile "depurare" il dibattito sul futuro
della Rai dalle tossine che hanno circolato in questi mesi per effetto di
una situazione che ha forse l'unica analogia nel Kazakhstan (dove la moglie
del premier possiede tutte le televisioni del paese). I palinsesti decisi
in Bulgaria dal presidente del consiglio ("via Biagi e Santoro!"),
la desertificazione del pluralismo a dispetto di tutti i messaggi (a partire
da quello alle Camere di luglio) del presidente Ciampi, il vero e proprio
rischio di un regime (sì, proprio regime) televisivo a fronte di una
crescente disaffezione del pubblico.
E, tuttavia, considerando il fatto che la crisi che si è aperta in
Rai con le dimissioni di Zanda e Donzelli è ancora in pieno svolgimento
e non ne conosciamo ancora l'esito, vorrei provare ad inviare una lettera
aperta ai futuri amministratori della Rai sperando (illudendoci ancora?) che
questa volta la scelta di Pera e Casini possa corrispondere alle esigenze
di democrazia e pluralismo che questo paese esprime. Ma, prima, una premessa:
sulla Rai abbiamo sbagliato e grandemente anche noi quando nella scorsa legislatura
mancammo la riforma del sistema delle comunicazioni. Non voglio tornare sulle
ragioni profonde che impedirono al centrosinistra di varare due riforme importanti
come quella del conflitto di interessi e del riassetto del sistema televisivo
ma riproporre, semmai, un punto di vista che purtroppo fu ampiamente minoritario
nei Ds e nell'Ulivo per molto tempo. Un punto di vista che non muoveva né
dall'ossessione di "privatizzare" la Rai né di difenderla
per come era. Il punto di vista era questo: rompere il monopolio della pubblicità
(che oggi viene di fatto confermato e aggravato dal disegno di riforma Gasparri),
procedere ad un "dimagrimento bilanciato" di Rai e Mediaset (imponendo
da subito a Rete 4 di andare sul satellite) e imporre alla Rai una maggiore
trasparenza nelle scelte che riguardano l'obiettivo primario della qualità
della programmazione anche attraverso la netta separazione contabile delle
sue fonti di finanziamento (canone e pubblicità). Questo al fine di
identificare e definire meglio la sua missione di servizio pubblico rispetto
all'esigenza di rimanere "competitiva" sul mercato degli ascolti.
Credo che se vogliamo discutere della Rai strategicamente dovremmo ripartire
da lì. E non solo perché la stessa Unione europea si è
espressa a favore della distinzione tra fonti di finanziamento del servizio
pubblico (canone e pubblicità), ma soprattutto perché l'attuale
intreccio ha portato ad uno scadimento oggettivo del servizio pubblico in
Italia. Troppa sinistra (riformista?) ha tergiversato per anni sulla prospettiva
di una futura privatizzazione della Rai senza preoccuparsi di come non farla
intanto scivolare verso una condizione di pallida emulazione delle televisioni
commerciali. E senza preoccuparsi di fatto di rompere o sbloccare il mercato
delle risorse pubblicitarie oggi destinate a Mediaset. E, allora, ecco la
lettera aperta ai futuri amministratori:
1) Sperimentate la separazione contabile delle risorse che finanziano la Rai
anziché discutere di una privatizzazione fuori da ogni contesto. Sperimentate
quella proposta che alcuni fanno da anni di "segnalare" al pubblico
(attraverso un bollino o qualcosa di simile) ciò che viene prevalentemente
finanziato con il canone e dunque corrisponde alla autentica missione di servizio
pubblico e ciò che, invece, viene prevalentemente finanziato da pubblicità
e, dunque, deve competere con la televisione commerciale. Decidete cioè
che attraverso un meccanismo di identificazione lo spettatore possa capire
le vostre scelte editoriali. Vi dovrete così assumere quelle responsabilità
editoriali che negli ultimi anni poche volte i vertici dell'azienda si sono
assunte.
2) Non temete ed anzi incoraggiate una pubblica discussione sulle vostre scelte.
E' servizio pubblico il programma di Tizio o Caio? I cittadini italiani devono
sapere dove vanno a finire prevalentemente le risorse del canone e devono
poter percepire una differenza tra voi e la tv commerciale.
3) Se farete questo, nel rispetto del pluralismo produttivo e informativo,
potreste perfino chiedere un aumento del canone, potreste cioè perfino
rafforzare la natura pubblica di questa strana creatura bicefala che è
oggi la Rai. E, così facendo, magari liberereste risorse per altri
soggetti che operano nel sistema.
Con buona probabilità questa lettera non arriverà mai a destinazione
e invece con molta probabilità occorrerà attrezzarsi per una
vigorosa battaglia di libertà dal regime televisivo italiano. Ma l'abbiamo
scritta comunque nelle more della più drammatica crisi della Rai perché
vogliamo essere (come siamo) radicalmente riformisti e radicalmente propositivi.
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