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9° giorno: domenica 25 marzo 2001: KHAJURAHO – VARANASI con sosta al centro buddista di SARNATH.

49. Una domenica mattina presso i templi Jainisti. - Anche se ci troviamo in un luogo lontano e diverso rispetto a quello in cui abitualmente viviamo, abbiamo la certezza che oggi è domenica per due momenti particolari: la sveglia, che finalmente suona alle ore 8, e la preghiera, guidata dal capogruppo comprendente la lettura dei testi liturgici della 4° domenica di Quaresima, che facciamo sul pullman mentre siamo diretti ai cosiddetti templi orientali di Khajuraho.
Il morale del gruppo è alle stelle e, grazie a Dio e alla nostra buona sorte, sono ottime ed invidiabili pure le condizioni di salute di tutti i suoi componenti.
Anche questa mattina abbiamo con noi, come guida locale, quel simpaticone di Albino (non sappiamo se il suo vero nome oppure quello da lui scelto per non complicarci la vita, anche perché "albino" non lo è certo né di carnagione né tanto meno …di baffi) e quindi, ne siamo certi, anche per questa seconda mattinata a Khajuraho il buonumore e le risate sono garantite.

Non lontano dal sito monumentale visitato ieri, entriamo in un settore con altre antiche costruzioni sacre, alcune delle quali sono aperte al culto, che formano il complesso religioso riservato ai fedeli jainisti. Se abbiamo ben capito le spiegazioni dei nostri accompagnatori, costoro appartengono ad un filone dell’induismo che ha approfondito in maniera autonoma alcuni aspetti teologici e morali relativi al cammino dell’anima verso il "nirvana", che, nel caso specifico, corrisponde alla sua liberazione dall’incessante trasmigrazione.
Per quel poco che ci è dato di vedere qui e di apprendere dalle nostre guide, i jainisti hanno una religiosità di tipo mistico, non sono assolutamente violenti e dimostrano un grande rispetto per tutte le creature viventi. In determinati momenti dell’anno portano una benda davanti alla bocca per non inghiottire involontariamente i moscerini e camminano tenendo tra le mani una scopa per allontanare dalla loro strada le formiche e gli insetti che potrebbero essere da loro calpestati.
I templi janisti di Khajuraho sono molto simili a quelli induisti da noi ammirati ieri mattina, sia per la struttura architettonica sia per straripante decorazione statuaria esterna; sono stati eretti quasi contemporaneamente ed il più interessante pare sia stato offerto da un re Chandela in segno di ammirazione e di stima verso la comunità jainista. Questi templi sono complessivamente una dozzina e sono dedicati ai più famosi santoni che, raffigurati nel "sacta sanctorum" con lunghe e candide barbe e totalmente nudi, hanno acquisito meriti e santità studiando e diffondendo la pratica religiosa jainista in tutta l’India.
Oltre a questa zona monumentale, visitiamo anche un vicino complesso di edifici destinati alle pratiche religiose e all’accoglienza dei pellegrini. Attraverso corridoi e cortili ben tenuti, alle pareti dei quali vediamo appese molte vecchie fotografie di santoni e di folle devote, arriviamo alle "cappelle" caratterizzate da grandi statue raffiguranti degli ieratici Maestri, tutti maschi, e questo particolare è evidente perché attorno alla vita non portano nemmeno uno straccetto. Vediamo dei fedeli che si prostrano davanti a loro o che portano delle offerte. Ci dicono che sono gradite le offerte alimentari, purché vegetali, ma non quelle floreali perché attirerebbero gli insetti.

Concludiamo le visite di questa luminosa e calda mattinata presso uno dei templi ubicato in mezzo alla campagna della zona meridionale di Kajuraho. Vi arriviamo transitando per strade polverose e attraversando misere borgate agricole nelle quali abbondano soprattutto bambini ed animali. Il tempio che visitiamo per ultimo è molto antico ma ben conservato anche perché, come tutti quelli di Khajuraho, per molti secoli, rimase inviolato sotto un impenetrabile manto forestale. Ci piace girarvi attorno per ammirare le splendide sculture che impreziosiscono le sue parete di arenaria dorata e che, nonostante siano l’espressione di una cultura per noi di difficile interpretazione, ci colpiscono per la bellezza delle forme e per la leggiadria dei movimenti. Notiamo nelle vicinanze uno specchio d’acqua che, pensiamo, doveva servire per le rituali abluzioni dei fedeli.

50. In volo verso la città santa di Varanasi. – Un po’ prima di mezzogiorno rientriamo in albergo per il pranzo e per chiudere definitivamente le nostre valigie sempre più gonfie e pesanti. Ci rimane un po’ di tempo libero per un benefico pisolino in queste caldissime ore centrali della giornata. Alle ore 14,30 ci dirigiamo verso l’aeroporto di Khajuraho che dista solo qualche centinaio di metri dall’accogliente hotel Holiday Inn del quale conserviamo un ottimo ricordo. All’interno dell’aerostazione, un primitivo capannone costruito in mezzo ai campi, troviamo un chiassoso gruppo americano e altri gruppetti di turisti europei che, come noi, sono diretti a Varanasi, la città santa che fino a qualche decennio fa era da tutti conosciuta col nome di Benares. Mentre, come al solito, Roberto si interessa della spedizione delle nostre valigie, noi siamo sottoposti ad un attento controllo personale e dei bagagli a mano tanto che al momento dell’imbarco ci troviamo pieni di etichette e di patacche quasi fossimo dei prodi veterani di guerra. Il decollo del Boing 737 avviene alle ore 15,45 ed il nostro volo sulla ampia e fertile pianura attraversata dal grande fiume Gange si conclude dopo appena quaranta minuti dalla partenza in modo perfetto sulla pista del trafficato aeroporto internazionale di Varanasi. Appena fuori dell’aerostazione troviamo un pullman riservato ed una guida con l‘incarico di portarci alla mitica città di Benares. Percorriamo una quindicina di chilometri di strade con il solito traffico e la consueta folla. Trascriviamo perciò le cinque cose che, a giudizio della nostra guida, sono indispensabili per poter guidare un veicolo a Varanasi: 1°. un rumoroso clacson, 2°. dei freni efficienti, 3°. una vista acuta, 4°. una grande pazienza, 5°. la benevolenza della dea Fortuna.
Passando ad argomenti più seri, la nostra eccellente ed un po’ poetica guida ci parla di Varanasi con l’ardore di un innamorato ed con il trasporto di un fedele indù che solo in questa città trova il paradiso in Terra. Domattina, come riferiremo a tempo debito, in riva al Gange, noi stessi sperimenteremo direttamente che cosa significhi per un fedele indù questa città santissima ed unica al mondo; per il momento facciamo una sosta a Sarnath, un simpatico ed accogliente centro buddista posto nell’immediata periferia di Varanasi.

51. A Sarnath dove il Buddha espose la sua dottrina ai primi discepoli. – Sarnath, come apprendiamo dalle nostre guide, è uno dei luoghi più importanti del mondo buddista. Infatti fu qui che, a seguito di approfondite ricerche e ad estesi lavori archeologici realizzati nella prima metà dell’Ottocento, vennero portati alla luce fondamentali documenti relativi non solo alla persona terrena di Siddartha Gautama, detto il Buddha, che significa l’Illuminato, ma anche alcuni scritti fondamentali per la sua dottrina. Tra questi spicca una lastra di pietra con il testo di quel "Sentiero" per raggiungere l’assenza del dolore, la pace interiore e il nirvana finale, che venne enunciato dal Buddha ai suoi primi discepoli circa 2500 anni fa proprio nel luogo sacro nel quale ci troviamo. Passando attraverso un bellissimo giardino, nella luce dorata di un crepuscolo appena iniziato, raggiungiamo un grande tempio realizzato nel 1931 sulle fondamenta di sette precedenti monasteri buddisti. Questa costruzione, di stile tipicamente orientale, si trova al centro di alcune strutture che sono fatte oggetti di venerazione da parte dei numerosi pellegrini che si trovano qui festosamente convenuti da ogni parte dell’Asia. Notiamo anzitutto un gigantesco albero (si tratta di un annoso "ficus beniamino"), incorniciato da centinaia di svolazzanti bandierine di vari colori con le preghiere dei fedeli, sotto il quale la tradizione vuole che il Buddha abbia pronunciato il suo primo sermone ai cinque discepoli che decisero di stargli sempre vicini. Un gruppo scultoreo, posto all’ombra dell’albero, vuole infatti ricordare questo episodio molto importante per ogni buddista. Tutt’intorno ci sono anche dei moderni box all’interno dei quali vediamo gruppi di fedeli che pregano, che fanno esercizi fisici e che, con molta affabilità, conversano tra di loro.
Quando entriamo nel tempio, siamo attratti dalle pareti interamente coperte da vistosi affreschi raffiguranti i principali episodi che hanno costellato la vita del Buddha. Poi, camminando per un sentiero lungo il quale si dice che l’Illuminato amasse passeggiare e predicare giungiamo nei pressi di una grande costruzione di mattoni risalente al III° secolo d. C.; si tratta di uno "stupa" in precarie condizioni e quindi non visitabile.

Stanno scendendo rapidamente le ombre della sera quando noi lasciamo Sarnath per raggiungere il centro di Varanasi. Lungo il tragitto facciamo una breve sosta in una filanda con annesso un rinomato laboratorio artigianale, presso il quale ci è possibile acquistare dei tessuti e delle confezioni di seta che ci sembrano molto belle e preziose. Dopo un ultimo tormentato tragitto nelle le vie del centro, verso le 19,30 arriviamo all’hotel Clark Towers dove avvertiamo un unico desiderio: quello di andare a letto presto anche perché sappiamo che domani mattina la sveglia suonerà per noi ad un’ora veramente antelucana.

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Data di pubblicazione: 15 marzo 2002

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