Viaggi: India del Nord e Nepal

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3° giorno: Lunedì 19 marzo 2001: DELHI – SAMODE

15. – Osservazioni estemporanee mentre procediamo verso il Rajasthan. - Questa mattina la sveglia suona molto tardi, alle ore 8,30. Smaltito definitivamente il piccolo disagio fisico dovuto al cambio del fuso orario, possiamo ora iniziare in forma smagliante il nostro tour attraverso le più rinomate località turistiche dell’India del Nord. Caricate le valigie, alle ore 9,30 lasciamo il nostro bellissimo hotel ed iniziamo a girovagare attraverso interminabili quartieri di Delhi, puntando sempre in direzione Sud. La nostra odierna destinazione è infatti il palazzo del maraja di Samode, che si trova nello Stato del Rajasthan, ad una trentina di chilometri a Nord di Jaipur, nel quale sono previsti la cena ed il nostro pernottamento.
Durante questo trasferimento col pullman, oltre a fare delle sempre nuove e sconcertanti esperienze sul traffico di una metropoli indiana, ci rendiamo anche conto quanto sia estesa questa città di Delhi attorno alla quale stanno crescendo delle città satelliti, di stile occidentale, pulsanti di attività economiche e soprattutto di abitanti. E, contriamente a quello che avviene nel nostro mondo occidentale, essi sono in massima parte dei giovani. Ci dicono che in queste nuove città, non ancora collegate alla capitale con adeguati mezzi di trasporto, la vita costa un po’ meno, che l’aria è meno inquinata, che il disagio del "pendolarismo" viene affrontato dai residenti con quello spirito di sopportazione che, provvidenzialmente, sembra essere una delle caratteristiche connaturali (o indispensabili) a quanti vivono in questo sconvolgente Paese.
Mentre procediamo col nostro bel pullman "Tata", tenendo la sinistra, come in Inghilterra, scopriamo che questa regola basilare del codice della strada qui non è tenuta in gran conto. Avvertiamo infatti che qui vige una sorta di diritto di "precedenza gerarchica" che naturalmente spetta al conducente del veicolo più potente o più grosso. La conclusione pratica è che, "de facto" anche se non "de iure", ad avere la precedenza è sempre il più prepotente. Vorremmo chiudere questo angoscioso argomento relativo al comportamento stradale indiano lasciando immaginare ai nostri benevoli lettori le emozioni e soprattutto le paure provate per siffatto modo di guidare durante tutti i nostri lunghi, e talora sofferti, trasferimenti. Ricordiamo inoltre che in India la fascia stradale asfaltata è spesso molto stretta e che le strade si presentano per lo più "a schiena d’asino" per favorire il rapido deflusso delle acque durante il periodo dei monsoni.
Ci sembra doveroso aggiungere tuttavia che, almeno le strade di grande comunicazione, sono generalmente ben tenute e che incontriamo numerosi cantieri aperti per renderle più sicure e adeguate al traffico moderno.
A proposito di cantieri, ne vediamo spesso anche di quelli edili, specialmente alla periferia dei grandi centri urbani. Non sappiamo chi andrà ad abitare queste nuove e moderne "abitazioni civili"; abbiamo tuttavia dei dubbi che esse siano destinate alle tantissime famiglie e persone che, da quando abbiamo posto piede in India, abbiamo visto "alloggiate" o in edifici fatiscenti o in baracche di lamiera e di cartone o sotto i teli di una logora e sbrindellata tenda che può offrire al massimo un po’ di ombra durante le ore della canicola. In queste belle case moderne quasi certamente non troveranno una confortevole dimora nemmeno tutti quelli che vivono sempre "à la belle étoile", come si dice con un’espressione eufemistica e romantica nella dolce terra di Francia.

16. Attraverso la fertile pianura del Gange. - A mano a mano che il grande agglomerato urbano di Delhi è definitivamente alle nostre spalle, ci addentriamo in una delle zone agricole più importanti e fertile dell’India. Ci troviamo infatti nella vasta pianura del Gange, uno sconfinato mare di vegetazione verde, di vitale importanza per l’economia e per il fabbisogno alimentare di un Paese in cui oltre un miliardo di esseri umani deve quotidianamente affrontare il non facile problema della propria sopravvivenza alimentare.
In questa stagione vediamo prevalere le colture cerealicole (grano, mais e talora riso) ma assai diffuse sono quelle ortofrutticole e quelle foraggiere.

Spesso, lungo la strada, vediamo allungarsi dei poveri ma simpatici villaggi agricoli. Essi, per lo più, sono costituiti da una lunga serie di baracche di legno, l’una addossata all’altra, lungo il ciglio della strada. In queste precarie costruzioni, di solito poste ad un livello più alto rispetto a quello stradale mediante un primordiale sistema a palafitte, si svolgono tutte le principali attività commerciali ed artigianali dei residenti. Ad livello più basso della strada, ci sono anche delle basse e trasandate abitazioni di muratura nelle quali vivono le persone legate all’attività agricola.
Non ricordiamo di aver visto delle stalle o delle costruzioni specifiche per gli animali. Forse per loro basta il piccolo cortile, di terra battuta, che vediamo sempre animato dal lavoro delle donne e dalla presenza di molti bambini. Intorno a queste abitazioni, accatastati con cura, ci sono ovunque dei cumuli di sterco animale che, pressato in forma di piastrelle ed essiccato al sole, è usato comunemente come combustibile domestico e per il riscaldamento del forno del pane. In questa zona pianeggiante infatti non ci sono boschi e gli unici alberi che vediamo sono degli alti eucalipti che, ben allineati ai margini della strada, ci offrono la loro fresca e confortevole ombra durante il nostro lento procedere verso il Rajasthan.
In occasione di una breve sosta tecnica in un motel di recente costruzione, siamo attratti verso un "accampamento" di pastori nomadi, nel quale, attorno a delle misere tende di tela, l’unica presenza umana è testimoniata da alcuni vispi e simpatici bambini che, senza oltrepassare la staccionata di recinzione, ci sorridono e ci salutano amichevolmente. Pensiamo che momentaneamente i loro genitori si trovino nelle vicinanze, intenti nella custodia del loro gregge.

Durante l’odierna mattinata abbiamo avuto l’opportunità di incontrare spesso, lungo il margine della strada, folti greggi di pecore, di capre e di dromedari guidati da pastori di alta statura e di nobile aspetto. Di questi pastori seminomadi ricordiamo particolarmente i bei turbanti rosso fiamma che orgogliosamente portano in testa come distintivo della loro attività e della loro terra natale. Questi copricapo danno veramente un tocco di vivacità e di eleganza al loro povero vestito di cotone bianco, tendente al …" bianco sporco", che sembra essere la loro comune uniforme.

17. Viaggiando si impara, specialmente con le nostre brave guide. – Ci sembra doveroso fare un cenno alle interessanti spiegazioni che, anche durante i nostri trasferimenti, ci vengono fornite in continuazione dalla nostra ottima guida locale. Le sue intelligenti ed appropriate osservazioni ci sono di grande aiuto ad accostarci e a capire sempre meglio la multiforme e per noi assai complessa realtà del grande Paese nel quale ci troviamo. Non meno opportune ed interessanti sono anche le integrazioni fatte dal nostro bravo accompagnatore Roberto che riesce spaziare con i suoi interventi di approfondimento non solo su aspetti collegati all’attualità e al folclore ma anche su concetti fondamentali che vanno da quello storico e geografico a quello economico e sociale, da quello artistico a quello culturale. Un capitolo di fondamentale importanza per capire il mondo e la civiltà dell’India è rappresentato dalla religiosità del miliardo di persone che la popolano. Gradualmente e nei momenti più opportuni le nostre ottime guide ci parlano ed approfondiscono molti concetti relative alle diverse forme di religiosità presenti in India, ad iniziare dall’induismo e dal jainismo, ma senza trascurare il buddismo, l’islamismo ed il cristianesimo che, specie per quanto riguarda la piccola minoranza dei cattolici, gode attualmente una grande stima ed una diffusa considerazione soprattutto per merito della carismatica figura di Madre Teresa di Calcutta e delle straordinarie attività caritative da lei avviate in molti centri ed ambienti dell’India.

18. Scene di vita quotidiana nel villaggio di Neemrana. - Riprendiamo la nostra cronaca per dire che verso mezzogiorno facciamo tappa a Neemrana, un piccolo ma per noi affascinante villaggio agricolo posto in territorio rajasthano.
Quando fermiamo il pullman nello slargo di una strada polverosa perché ancora in terra battuta, ci sembra di aver fatto un enorme balzo all’indietro nel tempo. Notiamo anzitutto che l’ingresso delle varie casupole, che si allungano anche lungo i vicoli laterali che salgono verso la collina, è sopraelevata rispetto al piano stradale perché la strada assolve anche alla funzione di "olezzante" fogna all’aperto e, durante le piogge monsoniche, a quella di fiumara per il deflusso delle acque.
Lungo la via principale si svolge un attivo mercato non solo di prodotti commestibili ma anche di utensili meccanici e di macchine di ogni tipo. Anche qui, come lungo le strade di molti centri dell’India, ci sono molti laboratori ed officine meccaniche, reclamizzati all’esterno da ferramenta varia e da arrugginiti pezzi di ricambio. In India, ci spiegano le nostre Guide, nulla viene buttato via definitivamente e così qualsiasi catorcio di metallo, dall’automobile da museo alla macchina per cucire del primo Novecento, dal trattore cingolato al macinino del caffè, ha in questo Paese una vita lunghissima ed una possibilità di funzionare pressoché perenne. Una chiara conferma di questo conservatorismo per la meccanica ci viene dato dai veicoli veramente "antidiluviani" che vediamo circolare su tutte le strade indiane. Ne vediamo moltissimi ridotti così male e all’"osso" che talora non riusciamo proprio a capacitarci come essi riescano ancora a muoversi.

Intanto, imboccata una strada in salita, iniziamo una breve passeggiata che ci porterà ad un vecchio e maestoso palazzo giallognolo che, come un falco dalla vista acuta e dagli artigli protesi, vediamo appollaiato su di un poggio per meglio controllare l’intero territorio circostante.
Per le strade, rasenti ai muri e presso i fetidi rigagnoli degli scoli dei acquai, grufolano dei suini di taglia piccola (forse si tratta di facoceri o il risultato di uno strano incrocio tra il maiale ed il cinghiale) con il loro grugno allungato e con il magro corpo ricoperto da ispide setole nere.
Mentre alcune donne, attratte dal chiassoso passaggio del nostro gruppo, si fanno sulla porta o ci guardano dalla finestra, noi proseguiamo nella nostra passeggiata e nell’osservazione di questo ambiente per noi interessante e nuovo.
Ricordiamo, a titolo di esempio, le originali formelle di terracotta, inserite nel muro accanto alla porta d’ingresso, che indicano a quale divinità del "pantheon indù" sono particolarmente devoti gli abitanti di quella casa. Un po’ alla volta riusciamo a distinguere le raffigurazioni di Brahma il protettore, di Vishnu il creatore, di Shiva il distruttore, di Ganesh dalla paciosa faccia da elefante, che rende prospera ogni iniziativa umana.
Molto interessante si rivela, poco dopo, la sosta che facciamo nel cortile della scuola pubblica di questo villaggio indiano. Arriviamo in un momento di intervallo delle lezioni. Accolti con cordialità dagli insegnanti, tutti maschi, che fanno gruppo tra di loro, ci sentiamo autorizzati a girare nell’ampio e squallido cortile nel quale gli alunni se ne stanno, tranquilli e silenziosi, raggruppati secondo la classe di appartenenza.
Le aule, piccole e basse, sono disposte lungo i lati del cortile; osserviamo che quelle laterali sono delle semplici stanzette che ricevono luce ed aria dalla porta esterna e da una piccola finestra senza vetri; quelle centrali invece sono completamente aperte, vale a dire senza alcuna parete sulla facciata, per cui ci è possibile vedere alcune scolaresche che se ne stanno ancora tranquillamente sedute sul pavimento di terra battuta.
L’arredamento scolastico si riduce ad un tavolino, ad una sedia di ferro per l’insegnante e ad una piccola lavagna fissata alla parete. Ci piacerebbe poter rimanere un po’ a lungo in questa scuola per renderci conto se, nonostante le apparenze, essa è capace di incidere nella formazione umana e nella preparazione culturale delle future generazioni di questo immenso Paese.

19. Il pranzo nel palazzo del "raja" di Neemrana. – Lasciato anche l’ambiente scolastico, affrontiamo a piedi la breve salita che ci porta ad una grande costruzione che, esteriormente, presenta le caratteristiche di una solida ed inaccessibile fortezza. Si tratta infatti dell’antica residenza di un potente "raja" locale, ristrutturata da poco in albergo con ristorante per i non molti turisti che decidono di sostare in questa zona.
Superata una monumentale porta d’accesso, presso la quale notiamo ancora le armi in dotazione al corpo di guardia, attraverso dei giardini bellissimi con delle scalinate panoramiche, arriviamo all’interno del palazzo che conta numerose sale arredate in perfetto stile "Old India".
Poco dopo, possiamo consumare un lauto pasto in una ampia sala adiacente ad una terrazza dalla quale si gode un vastissimo panorama sulla zona circostante. Da questo straordinario belvedere osserviamo che verso Est, a differenza degli altri quadranti dove la vegetazione è assai rigogliosa, sono manifesti i primi desolanti segni del vastissimo deserto di Thar che, iniziando proprio da qui, si estende sull’intera zona orientale del Rajasthan fin ad oltrepassare l’attuale confine politico col Pakistan.
Prima di lasciare il palazzo del "raja", sostiamo con piacere in un "paradisiaco giardino" posto tutt’intorno al palazzo.
Qui gli alberi e le aiole, già in piena fioritura primaverile, evidenziano dei colori e dei profumi esotici che deliziano al massimo i nostri sensi. Sui rami di alberi secolari, scorgiamo decine di bellissimi pappagalli che, con il loro incantevole piumaggio, sembrano rivaleggiare per l’intensità e per la varietà dei colori con i fiori da poco sbocciati. Naturalmente i nostri bravi fotografi non si lasciano sfuggire una così allettante occasione per fissare con le loro macchine i dettagli più belli di questo straordinario ambiente.

Poco dopo, nella piazzetta del villaggio di Neemrana, ritroviamo il nostro bel pullman "Tata" con il quale riprendiamo tranquillamente il viaggio. Dopo una decina di chilometri sulla strada maestra, ci dirigiamo verso l’aperta campagna avanzando con prudenza su strade sconnesse e polverose.
Anche questa è India, anzi, è l’India più vera e tipica, quella che solo i turisti meno frettolosi riescono ad ammirare. Dopo una mezz’ora di continui salti e di sconvolgenti scossoni, arriviamo finalmente presso una estesa tenuta agricola, chiusa tutt’intorno da un muro del tutto simile a quelli che si trovano ancora nei nostri vecchi paesi di campagna a recinzione dei "broli" di alcune tenute padronali.

20. Nei giardini del Maharaja di Samode. - Stiamo per entrare nei principeschi giardini voluti, un paio di secoli fa, dal maharaja di Samode come luogo di svago e di delizie per sé, per le sue favorite e per i componenti della sua nobile corte.
Sotto l’occhio vigile di un sorvegliante in divisa coloniale ci aggiriamo in questo esotico "eden" ammirando la ben curata vegetazione arborea ed i suggestivi giochi dell’acqua zampillante da decine di fontane messe in movimento al nostro passaggio.
Poco più avanti, in un’ampia radura posta alle spalle del padiglione principale, vediamo una specie di accampamento con decine di grandi tende, tutte fornite di un identico preingresso con elegante balconcino di legno.
Come possiamo constatare entrando in alcune di queste grandi tende lasciate aperte per noi, si tratta di un vero e proprio complesso alberghiero per quei turisti danarosi che, senza rinunciare alle comodità di un hotel di lusso, vogliono provare l’emozione di un pernottamento a diretto contatto con la natura.
Non sappiamo se, per soddisfare le esigenze di siffatta clientela, la direzione abbiano incluso anche i ruggiti di una tigre reale, ovviamente registrati su nastro, o l’apparizione notturna, tra le coltri del letto, di …un cobra di plastica.
Ancora pochi chilometri ed eccoci, sul far della sera, nel villaggio di Samode, che si presenta come un nostro borgo medioevale, circondato da solide mura e dotato di un’unica e ben munita porta d’accesso.

21. Una serata ed un pernottamento da favola nel palazzo di Maharaja di Samode. - Attraversato il borgo, o per dirla con il Manzoni, "il mucchietto di casupole" nelle quali un tempo risiedevano le persone addette ai servizi del palazzo, ci fermiamo in una ombreggiata piazzetta nella quale ci stanno aspettando alcuni fuoristrada ed una frotta di facchini. Affidate alle loro cure i nostri bagagli, percorriamo a piedi un breve tratto in salita che ci porta al lussuoso "Samode Palace", nel quale è stato programmato il nostro pernottamento.
Varcato il portone d’accesso, siamo presi da stupore e da meraviglia nel vedere rifulgere in tutta la sua magnificenza una delle più fastose residenze principesche del periodo moghul.
Attraverso una maestosa scalinata ed un elegante vestibolo, arriviamo al primo dei tre cortili di questo palazzo principesco, ora in parte trasformato in albergo di lusso riservato ai VIP, alle più facoltose coppie di sposi e ai turisti di altissimo livello tra i quali, con la complicità di Roberto, figurano anche i 31 componenti dell’inimitabile gruppo veronese di Santa Croce.
In attesa dell’assegnazione delle stanze, che in realtà risulteranno dei veri e propri appartamenti arredati con mobili antichi e con delle romantiche foto del primo Novecento, ci gustiamo una bevanda fresca servitaci con impeccabile signorilità da una frotta di camerieri che, in divisa di gala, ci stanno ronzando continuamente intorno. Costoro, si sentono orgogliosi di accompagnarci alle nostre stanze che sono disseminate in vari settori di questo vasto e complicato palazzo.

Alle 19,30 ci ritroviamo all’appuntamento fissato da Roberto non solo per compiere una visita guidata dei fastosi ambienti e dei saloni più rappresentativi nei quali i vari Maharaja di Samode trascorsero la loro vita esercitando il potere politico ed amministrativo ma anche per ammirare, nella quiete di una serata indimenticabile, la facciata del palazzo punteggiata da una miriade di suggestive lampadine elettriche che, nel buio della notte, ne evidenziano le incantevoli linee architettoniche.
Raggiungiamo quindi una terrazza sulla quale, sotto la volta del cielo, ci viene servito un memorabile pranzo di gala, allietato anche da musiche e da danze folcloristiche del Rajasthan. Alla riuscita di questa esotica ed indimenticabile serata danno il loro contributo anche il clima dolcissimo e la volta del cielo punteggiato, come la facciata del palazzo, da migliaia di stelle vivide e pulsanti. E quando più tardi, nelle nostre stanze principesche, ci abbandoniamo al riposo notturno, non abbiamo difficoltà a sognare di essere dei veri …maharaja.

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Data di pubblicazione: 01 marzo 2002

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