Viaggi: India del Nord e Nepal

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11° giorno: martedì 27 marzo 2001

NELLA VALLE DI KATHMANDU: BOUDHNATH – BHADGAON – SWAYAMBHUNATH – PATAN.

60. Il grande stupa di Boudhnath. – Un sole sfavillante ed una temperatura mite salutano ancora una volta l’inizio di questa giornata nepalese il cui intenso programma prevede un ampio giro nella Valle di Kathmandu alla ricerca dei siti di maggior interesse storico e culturale. Lasciamo il nostro bellissimo albergo alle ore 8,30 e subito ci inseriamo nel traffico abbastanza scorrevole delle strade che portano verso la periferia orientale di questa capitale asiatica. La nostra prima meta è Boudhanath, un importante centro religioso buddista che, urbanisticamente, fino a pochi anni fa, era autonomo dalla capitale mentre ora forma un tutt’uno con Kathmandu. Passando attraverso una porta nel cui architrave notiamo dei dipinti dai colori vivacissimi, arriviamo in un immenso piazzale interamente occupato da una strana e bellissima costruzione. Si tratta infatti di uno degli stupa più grandi ed armoniosi esistenti al mondo che richiama incessantemente folle di pellegrini dalle più remote località dell’Asia ed ora anche di turisti da ogni parte del mondo. Dobbiamo confessare che nel trovarci davanti a questa straordinaria costruzione bianca, con la sua alta cuspide dorata pavesata a festa da migliaia di multicolori bandierine con le preghiere dei fedeli, siamo stati presi da una fortissima emozione. Lo consideriamo senza alcun dubbio tra i massimi e più avvincenti monumenti religiosi che finora abbiamo potuto ammirare durante i nostri viaggi attraverso il mondo.
Mischiandoci ai fedeli che vediamo camminare rigorosamente in senso orario attorno all’immensa struttura, iniziamo ad analizzarne le caratteristiche architettoniche e a coglierne, sulla base di quanto ci dice la nostra Guida, il significato allegorico. Notiamo che l’immenso basamento, orientato nella direzione dei punti cardinali, ha la forma di un quadrato, (rappresenta la terra) che va rastremandosi attraverso tre ampie terrazze con gradini. Sull’ultimo ripiano della base poggia una immensa calotta sferica (simboleggia l’acqua) a sua volta sormontata da un’alta guglia ( = il fuoco) ripartita in tredici gradini che indicano gli stadi della conoscenza per arrivare all’illuminazione. La piramide culmina con una specie di corona su cui sfavilla un grande sole che sta ad simboleggiare l’universo cosmico. Molto significativi ci appaiono, ai piedi dei tredici scalini gli occhi del Buddha, che tutto vede, ed il naso a forma di punto interrogativo che ne sottolinea, non comprendiamo come e perché, l’unità.
Non si conosce che cosa di importante sia contenuto nell’immensa massa di materiale inerte che forma il nucleo interno di questo stupa: forse, come si ritiene dagli studiosi, soltanto delle antiche e consunte reliquie funerarie di qualche anonimo maestro buddista.
Alcuni pellegrini, mentre compiono più volte i loro giri attorno a questa "montagna sacra" recitano delle preghiere; altri invece, che hanno fatto dei voti particolari, si prostrano centinaia di volte su delle tavole di legno tenendo costantemente lo sguardo rivolto verso il centro dello stupa.

Al termine del nostro giro e della visita particolareggiata delle diverse statue ed altarini che si trovano sui gradini e nelle terrazze di questo stupa, entriamo in un vicino tempio nel quale dei giovani monaci buddisti tibetani, avvolti nelle loro inconfondibili tonache bordeaux, stanno salmodiando in coro i loro sacri testi con un ritmo scandito di tanto in tanto da un colpo di tamburo o di gong. E’ noto che in tutto il Nepal e particolarmente attorno ai grandi santuari buddisti, come quello di Boudhanath, si sono rifugiate delle colonie assai numerose di monaci tibetani dopo essere stati costretti a lasciare i loro celebri monasteri himalayani nelle mani dei "compagni" invasori cinesi che di fede hanno solo quella marchiata con la falce ed il martello.
Nei pressi di questo tempio buddista, per la prima volta, "ci divertiamo" a far girare i grossi ed intarsiati barattoli, disposti in lunghe ed ben allineate file, delle preghiere, imitando quanto vediamo fare, ma con uno spirito totalmente diverso, dai devoti seguaci dell’Illuminato.
Prima di andarcene, recuperato in pieno il nostro interesse per le realtà materiali e per il consumismo, ci lasciamo attrarre dai negozi che si trovano disseminati tutt’intorno alla grande piazza e che offrono dei pezzi molto interessanti dell’artigianato non solo locale ma anche di quello dei Paesi che gravitano attorno alla vicina zona himalayana.

61. La visita di Baghdaon (detta anche Bhaktapur), la capitale della dinastia Malla. – Senza perdere un secondo, all’ora prefissata, riprendiamo il viaggio verso una delle mete fondamentali per ogni viaggiatore che arriva in Nepal: la città di Baghdaon (conosciuta anche con l’antico nome di Bhaktapur), una delle capitali storiche del Nepal, resa splendida grazie ai suoi commerci col Tibet da una delle più gloriose dinastie nepalesi, quella dei Malla, che da qui regnò per più di cinque secoli tra 1200 ed il 1766.

Purtroppo nel 1934 Bagdhaon fu colpita da un disastroso terremoto che, come ci dice la guida, la distrusse al 75%: ora, grazie agli aiuti internazionali e ad un lento lavoro finalizzato al recupero delle strutture originali, Baghdaon si presenta come una città straordinariamente bella e vivace, nella quale le bellezze artistiche non sono affatto staccate dalla quotidianeità e dalla vita dei suoi abitanti che sono per lo più contadini ed artigiani. E di questo eccezionale connubio ce ne rendiamo testimoni noi stessi quando, passando tra le case di mattone o camminando lungo i viottoli pavimentati con gli stessi mattoni, vediamo che i prodotti della terra, soprattutto ortaggi e gli immancabili peperoncini rossi, sono distesi per terra o messi ad essiccare negli spazi pubblici, magari sulle gradinate di un tempio o attorno alla statua di una divinità o di un mostro sacro. Vediamo che la gente ama vivere all’aperto: molte donne, infatti, allegre e sorridenti, sedute per terra lavorano d’ago, pettegolano, allattano o massaggiano con delicatezza i loro soddisfatti bambini nudi. Vediamo spesso gli uomini, con il testa l’immancabile "topi", che trasportano le loro mercanzie o i prodotti dei campi con il caratteristico bilanciere nepalese formata da una robusta canna di bambù alle estremità della quale pendono due contenitori a forma di cesta o di secchio. Interessantissima è la sosta che facciamo in una piazza centrale nella quale lavorano i vasai ed i ceramisti. Questa è quasi interamente occupata da centinaia di recipienti di argilla: tazze, vasi, otri e contenitori di varia forma, distesi sul selciato perché asciughino al sole. Ai margini dell’esposizione, alcuni vasai modellano l’argilla usando come tornio una ruota di camion fatta girare a forza di braccia o con l’aiuto di un bastone. Possiamo ben dire che il primo elemento che ci entusiasma in questa caratteristica città nepalese è dato proprio dal tipico, esclusivo e genuino "colore locale" che riscontriamo ad ogni nostro passo nella vita quotidiana dei suoi abitanti. Ma non meno affascinante è l’aspetto monumentale di Baghdaon, espresso da un’arte di natura prevalentemente religiosa che non è sempre da noi completamente apprezzata e gustata perché troppo diversa e lontana dai nostri schemi mentali e dalla nostra formazione culturale. Ammiriamo molti templi incantevoli, dai nomi per noi impronunziabili e dalle forme più strane ed avvincenti. Ne ricordiamo parecchi, a forma di pagoda, che si protendono verso l’alto non solo mediante delle imponenti scalinate ma anche grazie ai caratteristici tetti sovrapposti. Di grande suggestione è la celebre Durbar Square nella quale, nel 1992, vennero girate le scene più spettacolari e famose del film "Piccolo Buddha" di Bernardo Bertolucci. Ricordiamo una suggestiva fiancata del Palazzo Reale, davanti al cui ingresso fanno la guardia nella loro bella divisa moderna i "Gurkha", i soldati che anche in occasione di recenti vicende belliche si sono imposti all’ammirazione del mondo per il loro coraggio. La vicina "Porta d’Oro" è massimo capolavoro nepalese di metallo lavorato a sbalzo ed altrettanto avvincente è la fantastica colonna alla cui sommità è posta la statua di Re Bhupatrinda, un monarca abile, energico e amante dell’arte. Sembra infatti che a progettarla sia stato lo stesso re Bhupatrinda. Tra le cose indimenticabili che si trovano in questa stupenda Durbar Square ci piace citare anche il cosiddetto "Palazzo delle Cinquecento finestre", naturalmente tutte con incantevoli decorazioni di legno; la grande Campana collocata accanto a un tempietto e, solo per concludere, un’infinità di statue di dei e soprattutto di animali in atteggiamento minaccioso perché sono i severi custodi di tutte le cose sacre e preziose che si trovano in questa esotico ed indimenticabile ambiente.

Concludiamo le nostre visite guidate in un settore del Palazzo Reale accessibile ai turisti nel quale si trova quello che fu il seicentesco bagno reale, tra le cui rovine vediamo ergersi due bellissimi serpenti dorati che avevano l’incarico di tenere lontane le insidie dai sovrani Malla. Possiamo a questo punto godere di un po’ di tempo libero che occupiamo nell’ammirare le altre tante cose, semplici e grandiose, che ci stanno intorno e che ci confermano che quella di Bagdhaon è stata una delle visite più affascinanti di questo nostro sempre più entusiasmante viaggio.
Sulla via che ci riporta a Kathmandu - una ventina di chilometri circa – facciamo la tanto attesa sosta per lo shopping in un emporio ben fornito di souvenirs e di prodotti dell’artigianato nepalese ed himalayano. Rientriamo in albergo per il pranzo poco prima delle 14 e alle 15,15 in punto ripartiamo per le visite previste nel pomeriggio.

62. - Sulla collina dei fiorì di loto del Buddha. – Attraversata rapidamente la zona occidentale di Kathmandu, imbocchiamo una strada in salita che in pochi minuti ci porta sulla collina di Swayanbhunath, un toponimo che a noi non dice niente ma che, come ci spiega la nostra guida, in lingua nepalese indica che il fiore di loto è stato piantato qui per la prima volta dalla sacre mani del Buddha. E noi, che nel nostro dotto "sherpa" nutriamo ammirazione e fiducia assoluta, gli crediamo …sulla parola.

Ad un certo momento osserviamo che la parte culminante della collina è interamente recintata da un lungo muretto bianco nel quale sono infisse migliaia di ruote della preghiera. Alcuni pellegrini le fanno scaramanticamente girare prima di affrontare i …300 gradini di pietra che, da almeno 500 anni, costituiscono l’unica via d’accesso pedonale alla sacra cima di Swayanbhunath. Per noi turisti, che non possediamo né la fede né lo spirito di sacrificio dei figli dell’Illuminato, c’è la possibilità di arrivare al parcheggio dei pullman e di là raggiungere la collina grazie ad un sentiero, un po’ lungo ma non eccessivamente faticoso, tracciato nel verde del bosco. La nostra difficoltà principale è costituita da un agguerrito branco di scimmie che, appollaiate sui rami degli alberi, controllano ogni nostro movimento pronte a piombarci addosso e a strapparci di mano quello che, inavvertitamente, estraiamo dalle nostre tasche o dalla nostra borsa da viaggio. Superata senza brutte sorprese anche questa prova, arriviamo finalmente sulla sommità della collina che vediamo in gran parte occupata da uno stupa molto simile, ma un po’ più piccolo, di quello ammirato stamani a Boudhnath. Anche qui vediamo sventolare dalla sommità della guglia migliaia di bandierine di vari colori che contengono le invocazioni dei fedeli giunti fino qui dai più lontani paesi del mondo buddista. Attorno a questo superbo stupa sono ammassate, in modo che a noi pare abbastanza disordinato, centinaia di cappelle e di tempietti di stile diverso alcuni dei quali ci dicono essere molto antichi. Attorno ad essi si aggirano in raccoglimento donne in sari e uomini con tanto di gilet e berretto affusolato, seguiti spesso da una torma di marmocchi che, almeno durante questa loro importante visita, sanno controllare la loro innata vivacità. Tutti portano sulla fronte una recente "tica" rossa che testimonia la benedizione celeste sulle loro preghiere e il gradimento delle loro offerte. Naturalmente, come avviene presso qualsiasi santuario religioso, anche qui ci sono parecchie bancarelle presso le quali è possibile acquistare delle candele gialle da accendere, assieme ai profumi e all’incenso, negli appositi bracieri posti davanti ad ogni tempio. Durante il nostro giro su questa collina entriamo anche in un grande tempio, gestito dai monaci tibetani, nel quale, sotto la classica immagine del Buddha, si trova una interessante serie di foto recenti che ritraggono l’attuale Dalai Lama in varie località del mondo, ossequiato dai più noti personaggi della politica e dello spettacolo. Prima di ritornare al pullman ci accostiamo ad una balconata dalla quale ammiriamo un grandioso panorama non solo della città di Kathmandù ma anche di buona parte della sua Valle.

63. A Patan, per completare il "poker" dei centri storici più affascinanti del Nepal. – Con il pullman raggiungiamo quindi, in meno di mezz’ora, Patan, l’ultimo importante centro storico della Valle di Kathmandu che ancora ci resta da visitare. Durante il tragitto apprendiamo che questa città, che conobbe il massimo splendore nei secoli che coincidono col nostro Medio Evo, è di origine antichissima e molti storici la ritengono la mitica capitale di una dinastia che governò questo importante settore sudhimalyano almeno 600 anni prima di Cristo. A noi, che ignoriamo le vicende storiche di questo spicchio di mondo, queste informazioni sono preziose perché ci permettono di inquadrare, almeno per sommi capi, le realtà monumentali, artistiche e culturali del Nepal che in questi giorni ci sta offrendo in continuazione delle impensabili emozioni.
Evitando volutamente l’elenco delle visite che vi facciamo, possiamo ben dire che nemmeno Patan delude le nostre aspettative, anzi, mettendo questa cittadina insieme alle altre tre località visitate oggi, si ottiene un vero "poker d’assi" che resterà tra i ricordi più belli della nostra vita di tenaci ed appassionati …giramondo.

Il centro storico e monumentale di Patan prende, ancora una volta, il nome di "Durbar Square" dal momento che comprende un incantevole insieme di palazzi e di templi che ci affascinano per l’atmosfera di esotica bellezza che essi sanno comunicarci. Ecco infatti, davanti a noi elevarsi nel cielo azzurro una acrobatica pagoda con tre tetti; eccone accanto un’altra addirittura con cinque; ecco qui un’esile colonna, sormontata dalla statua di un re in sfarzoso costume orientale, che sembra gareggiare per leggiadria ed eleganza con il pinnacolo di un vicino tempio indù; ecco i rossi mattoni delle facciate di affascinanti palazzi accostati ai legni intagliati di cornicioni e di loggette con decorazioni e statue incantevoli; ecco una superba coppia di elefanti di marmo che, assieme a dei feroci leoni e a dei orripilanti mostri colorati, presta sevizio di guardia ad un tempio. Ognuno dei mille e mille elementi architettonici e plastici presenti in questa magica piazza meriterebbe una attenta e dettagliata analisi: non ne abbiamo la possibilità per cui ci limitiamo a scattare in continuazione delle foto con la speranza di poter portare con noi almeno una sfocata immagine delle tante meraviglie che ci stanno attorno.

Con particolare piacere ricordiamo la nostra visita ai suggestivi cortili che si trovano all’interno di alcuni storici palazzi in cui si amministrava il potere civile. Qui, una parte notevole delle pareti di mattone sono ricoperte da pannelli di legno istoriati non solo con decorazioni astratte ma anche da vivaci raffigurazioni di dei, di animali e di uomini talora impegnati in una frenetica attività erotica. Notiamo pure che, al di sotto dei tetti spioventi, si distendono degli svolazzanti addobbi rossi con frange d’oro e con centinaia di minuscoli campanelli che, tintinnando al più lieve soffio del vento, diffondono nell’aria lievi e piacevolissimi suoni argentini.
L’incanto di questa piazza è completato dalle persone che la animano con il loro incontrarsi e conversare presso gli antichi monumenti e soprattutto con la loro partecipazione sia al piccolo mercato degli ortaggi sia a quello assai più esteso di ferramenta e di oggettistica d’altri tempi che si trovano alle due estremità di questa piazza. E proprio la strategica ubicazione dei due mercati ci ricorda la tradizionale vocazione commerciale di questa piazza nella quale, fin dai tempi più antichi, si incontravano due fra le più importanti vie carovaniere che dalle valli himalayane scendevano verso l’India.
Mentre il cielo si sta tingendo di rosso per l’ormai imminente tramonto, raggiungiamo il più famoso e antico santuario buddista di Patan, conosciuto con il nome di "Tempio dorato". Si tratta di un piccolo ma decoratissimo complesso religioso che sta attorno ad una pagoda a tre piani dai tetti naturalmente dorati o quanto meno lucenti. Molto interessante ci sembra la facciata, coperta da lamine d’oro e d’argento ed impreziosita da minute decorazioni a sbalzo raffiguranti divinità, animali mitologici, motivi floreali e personaggi celebri della città di Patan. Attorno alla pagoda, eretta per iniziativa di un re locale nel 1409, si apre un piccolo ma suggestivo cortile quadrangolare delimitato da antiche costruzioni con poggioli di legno intagliato ai quali sono infisse decine di ruote della preghiera.

Rientriamo in albergo verso le ore 19 e, a conclusione di una giornata che ci ha regalato delle straordinarie esperienze e delle indicibili soddisfazioni, ci troviamo ad affrontare il solito tormento del riordino delle nostre traboccanti valigie perché già da domani inizieranno le grandi manovre che dovranno portarci felicemente in riva al lontano, ma a noi sempre caro, fiume Adige.

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Data di pubblicazione: 15 marzo 2002

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