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5° GIORNO: mercoledì 21 marzo 2001:
JAIPUR FATEHPUR SIKRI AGRA
29. La partenza da Jaipur dopo
aver ammirato il Palazzo dei Venti. - Al nostro
risveglio troviamo un cielo terso e unaria
frizzante che sembrano sollecitare la ripresa del nostro
cammino sulle strade di unIndia che ci appare
sempre interessante e coinvolgente.
Come da programma lasciamo il lussuoso "Rajputana
Sheraton Palace" subito dopo la colazione e con il
nostro pullman, puntualmente lucidato a specchio, ci
immettiamo sulle strade che portano verso il centro di
Jaipur proprio nel momento in cui tutta la città
riprende a pieno ritmo la sua intensa vita quotidiana.
La nostra meta è l"Hava Mahal o " Il
Palazzo dei Venti" (in quanto posizionato in modo da
poter beneficiare di ogni pur lieve movimento dellaria),
che è senza dubbio il monumento più famoso e
caratteristico di Jaipur tanto da costituirne il simbolo
ed il "logo turistico".
Molto opportunamente le nostre guide non ce lhanno
fatto vedere ieri sera, anche se più volte siamo passati
nelle sue vicinanze, perché con la luce del mattino
questa costruzione assume una colorazione particolare che
evidenzia, in un entusiasmante gioco di luci e di ombre,
tutta la sua straordinaria ed arcana bellezza.
Poco oltre la cinta muraria della
"Città rosa", ecco lHava Mahal apparire
davanti a noi come una straordinaria scenografia teatrale
allestita per la rappresentazione di una favola orientale.
Già siamo informati che lelemento principale di
questo strano e bellissimo edificio è la sua movimentata
facciata di arenaria rosa: riducendosi infatti la
profondità del palazzo ad ununica stanza, il
Palazzo dei Venti è una gigantesca ed elegante cortina
con ununica funzione: quella di permettere alle
donne di corte di assistere, senza essere viste, alle
grandi manifestazioni pubbliche e a qualche momento di
vita quotidiana che si svolgeva nelle vie di Jaipur.
Estatici ammiriamo questo bellissimo "paravento"
a sei piani di arenaria rosa e bianca, realizzato sul
finire del Settecento, che è un vero e proprio alveare
di finestrelle e di loggette sporgenti, che,
rastremandosi verso lalto, si staglia netto ed
elegante nellazzurro intenso del cielo che gli fa
da sfondo. Anche se ci troviamo ad una certa distanza,
riusciamo ad apprezzare i finissimi trafori del marmo che
arricchiscono le finestrelle come di una rigida e
preziosa tendina ma che, come in un cannocchiale
rovesciato, restringevano il campo di osservazione delle
regali ospiti.
30. Il trasferimento verso Agra.
Scattate le ultime foto a questo favoloso Palazzo
dei Venti, ci rimettiamo in marcia puntando dapprima
verso la periferia orientale di Jaipur e quindi
spingendoci sempre profondamente nella sconfinata e
fertilissima pianura gangetica. Il nostro programma è
quello di giungere verso sera ad Agra, a conclusione di
un trasferimento di circa 250 chilometri e di una visita
particolareggiata della cosiddetta "città fantasma"
di Fatehpur Sikri.
Appena fuori della periferia di Jaipur, il paesaggio
assume una netta connotazione agricola con verdi distese
di campi ben coltivati che si allungano senza alcuna
delimitazione su entrambi i lati della strada maestra. Di
tanto in tanto attraversiamo dei grossi villaggi che ci
appaiono dei centri commerciali ai quali fanno
riferimento, sia per gli acquisti sia per la vendita dei
loro prodotti, gli abitanti di quegli isolati casolari
che immaginiamo oltre gli ampi spazi verdi che riusciamo
a vedere. Talvolta, in lontananza, scorgiamo delle
ciminiere con un misero pennacchio di fumo. Si tratta di
fornaci per la cottura, con lo sterco animale essicato al
sole, di mattoni, di tegole e di altri laterizi necessari
per la costruzione delle nuove case.
Verso mezzogiorno, con il sole che
brucia, sostiamo nellinsignificante villaggio di
Bharatpur. Qui, recentemente, è stato aperto un buon
ristorante per comitive di danarosi turisti che
costituisce la tappa obbligata per chi viaggia tra Jaipur
e Agra. Ovviamente si tratta di una ex residenza
principesca, ora conosciuta con il nome di "Laxmi
Vilas Palace" nella quale anche noi sostiamo per
gustare, in un fresco salone arredato in stile coloniale
inglese, un pranzo rigorosamente vegetariano. Ricordiamo
che proprio qui la nostra digestione risultò piuttosto
tormentata per la presenza, in sala da pranzo, di una
fulva e spelacchiata tigre reale condannata, chissà da
quanti anni, a starsene immobile su di un trespolo
guardando la gente che divora ogni ben di Dio.
Vedendocela davanti ogni volta che alziamo gli occhi dal
piatto, con quei suoi grandi occhi sbarrati ed i canini
acuminati, temiamo che voglia prendersi una giusta
vendetta proprio su di noi. Per evitare di cadere in
letargo non appena saliamo sul nostro pullman,
concludiamo il pranzo con un gran bicchiere di tè
bollente che, da quando siamo in India, sostituisce il più
gradito, ma qui introvabile, caffè espresso.
Sui nostri appunti troviamo una noterella riguardante unabitudine
qui usata dai camionisti quando hanno il loro veicolo in
panne. Al margine della carreggiata, in sostituzione del
nostro classico triangolo catarifrangente, in India si
usa segnalare il veicolo fermo, o per guasto meccanico o
per incidente, con una lunga fila di sassi bianchi
allineati sulla strada immediatamente dietro al veicolo
fermo. Gli esperti dicono che questo sistema rende
maggiormente visibile lostacolo, specialmente di
notte, sempre che gli automobilisti viaggino con i fari
accesi, un presupposto che sembra essere completamente
trascurato dagli utenti notturni delle strade indiane.
31. Fatehpur Sikri, la città
fantasma del grande Akbar. Dopo aver
lasciato alle nostre spalle alcuni villaggi nei quali gli
abitanti sono specializzati nella lavorazione dellarenaria
rossa lungo la strada vediamo infatti esposti
molti manufatti di marmo di uso comune, come tavoli e
panchine, e parecchie riproduzioni di finestre e di
balconi traforati che imitano quelli dei più nobili
palazzi antichi verso le 15,30 arriviamo
finalmente alla città morta di Fatehpur Sikri che, già
da lontano, avevamo vista allungarsi sulla cresta
rocciosa di unaltura. Come ci spiega Roberto,
questa città fu voluta dal grande imperatore Akbar lInvincibile
come segno di riconoscenza nei confronti di un santone
che viveva da eremita in questa zona e che un bel giorno
gli profetizzò la sospirata nascita di un erede maschio.
E perché quel bambino potesse crescere con la guida e la
protezione di quelluomo di Dio, Akbar nel 1571
diede inizio alla costruzione di una città dotata di
tutti quegli edifici pubblici e privati, commerciali e
religiosi che, nel volgere di alcuni anni, la fecero
diventare la splendida ed imprendibile capitale dellInvincibile
imperatore moghul.
Tre lati della città erano racchiusi da robuste mura con
bastioni mentre il quarto era protetto da un lago
artificiale. Vi si accedeva da nove porte di cui la
principale conduceva direttamente alla grande moschea nel
cui interno si trova il mausoleo di marmo bianco del
santo sufi Salim Chisti. Alcuni commercianti inglesi che
in quel periodo fecero visita allimperatore
lasciarono scritto che questa città superava Londra sia
in popolazione che in splendore e che vi abbondavano
diamanti e sete preziose. Ma solo pochi anni dopo essere
ultimata, a partire cioè dal 1585, forse per difficoltà
di approvvigionamento idrico, Fatehpur Sikri decadde e
dopo la morte del suo fondatore (1605), si ridusse ad una
"città fantasma". Fortunatamente il suo stato
di conservazione è tuttora perfetto.
Il nostro giro turistico, che prende lavvio da una
porta trionfale, ci introduce dapprima nella zona
riservata ai soldati quindi a quella dei commercianti,
fino a portarci in un ampio piazzale nel quale sono
concentrati i palazzi del potere e gli ambienti riservati
al grande imperatore e alla sua fastosa corte. E proprio
qui, in armoniosa fusione di stili e di culture la
storia ci dice che Akbar, sebbene analfabeta, fu un
tenace assertore di un sincretismo dellarte e della
religione islamica con quella indiana possiamo
ammirare i monumenti più significativi realizzati dal
grande imperatore moghul. Fra i principali ricordiamo: il
Palazzo delle Udienze Private, a due piani con cupole a
volta, caratterizzato allinterno dalla celebre e
decoratissima colonna che regge una piattaforma circolare
di marmo bianco traforato sulla quale sedeva limperatore
circondato dai suoi illustri ospiti e consiglieri; limmenso
Palazzo delle Udienze Pubbliche, con al centro la Sala
del Giudizio, dove Akbar emetteva le sue terribili
sentenze (si dice che le persone da lui condannate a
morte venissero fatte calpestare da un elefante); il
Palazzo imperiale, detto "Dimora della fortuna",
con il grazioso cortile chiostrato nel quale limperatore
amava giocare a moscacieca con le gentili ospiti del suo
harem; il Padiglione della Regina Turca a cui si accedeva
passando su strette passerelle poste sopra unampia
piscina. Ci sono poi intorno vari palazzi amministrativi,
tutti di notevole pregio artistico, fra i quali
ricordiamo quello della Zecca.
Lasciata questa irreale e silente città,
splendida reliquia di un fastoso passato, accompagnati da
una vociante folla di ragazzini e di venditori di
patacche, ci portiamo verso la Moschea Imperiale nel cui
vasto cortile si trova il prezioso mausoleo di Salim
Chisti con dalle bianche mura di marmo traforate come una
trina. A questo celebre santuario arrivano in
pellegrinaggio da tutte le città e villaggi dellIndia
le persone ricche di fede di tutte le religioni esistenti
in India per legare dei nastrini ai fori delle pareti di
marmo e per chiedere al santo sufi la stessa grazia che
egli ottenne per il grande imperatore Akbar. E,
considerando lincessante incremento della
popolazione indiana, abbiamo motivo di ritenere che liniziativa
dei "nastrini" funzioni in modo eccellente ed
in quantità fin troppo abbondante.
32. Il nostro arrivo ad
Agra. Durante il tragitto di circa
quaranta chilometri che, sul far della sera, ci porta
verso la città di Agra, incontriamo molti gruppi di
pellegrini, per lo più giovani, che, a piedi, si
dirigono verso un santuario a noi sconosciuto che
dovrebbe sorgere nei pressi di Fatehpur Sikri. Alcuni
recano degli striscioni sui quali riteniamo sia indicato
il nome dei loro luoghi di provenienza e molti altri
delle bandiere triangolari rosse, bordate di oro, con dei
simboli religiosi fra i quali predomina la svastica.
Notiamo che lungo la strada sono disseminate parecchie
bancarelle provviste di cibo e soprattutto di bottiglie
di acqua per il ristoro fisico di questi devoti ed
instancabili marciatori. Fra le attrazioni riservate ai
pellegrini cè anche un orso bruno, che,
approfittando di una fermata del nostro pullman, ci fa
vedere alcune sue goffe mosse, che qualcuno definisce
"ballo", con lillusione di ricevere da
noi un po di cibo.
Eccoci intanto giunti nella sconvolgente periferia di
Agra, una città di oltre un milione di abitanti. Fin dal
nostro primo approccio con questa capitale dello Stato
Federale dellUttar Pradesh siamo profondamente
impressionati da visioni di desolazione e da scene di
estrema miseria.
Avvicinandoci al centro cittadino, ricordiamo una vecchia
giostra da "luna park" di periferia che, con le
sue multicolori luci al neon, sembra far di tutto per
renderci meno triste e desolante lambiente che gli
attorno.
Poco più avanti, a causa di una deviazione per lavori
stradali, dobbiamo lasciare la via principale e tuffarci
in un dedalo di stradine polverose e di tuguri che ci
appaiono il più misero e desolante ambiente nel quale
possano vivere degli esseri umani. Presso la linea
ferroviaria, che per un breve tratto costeggiamo, vediamo
una parte della più estesa, squallida e disumana
bidonville che mai prima ci era capitato di incontrare in
nessun dei paesi più poveri del mondo da noi visitati.
Ma lIndia, lo sanno tutti, è il Paese delle più
stridenti contraddizioni: infatti, a conclusione di un
attraversamento cittadino che ci ha dato frequenti
occasioni di vera sofferenza morale, arriviamo al fastoso
Hotel Sheraton che, a giudizio unanime degli operatori
turistici e dei Vip che lo frequentano, è considerato
tra i più accoglienti ed eleganti alberghi esistenti in
tutta lAsia. Basti dire che, solo alcune settimane
fa, qui soggiornò il Presidente degli Stati Uniti, Bill
Clinton.
A darci un assordante benvenuto troviamo schierato lungo
il corridoio un gruppo di suonatori scozzesi nel loro
tipico costume e con tanto di cornamuse e di tamburi. Ci
sentiamo un po stanchi e frastornati; apprezziamo
quindi la sollecitudine di Roberto nel consegnarci la
chiave delle nostre stanze e nel farci recapitare
rapidamente le nostre valigie. Basta una doccia e un po
di relax per rimetterci in forma per la cena che gustiamo
in una delle tante sale da pranzo di questo immenso
albergo. Dopo una telefonata a casa che ci permette di
dare e di ricevere buone notizie, verso le 22 ci
ritiriamo nella nostra favolosa stanza 519 dalla quale
abbiamo una spettacolare vista del vicino Taj Mahal. Ma
di questo monumento, straordinario simbolo dellIndia,
avremo modo di fare una più diretta esperienza domani.
Per il momento cerchiamo di prendere sonno nonostante le
luci e la musica che danno brio alla grande festa che, in
onore di chissà mai quale illustre personaggio indiano,
si sta svolgendo nellincantevole parco posto sotto
le finestre dalla nostra camera.
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