Viaggi: India del Nord e Nepal

VIAGGI:
INDIA del Nord e NEPAL

Viaggi:

Cina

Svizzera


INDIA e NEPAL

 

4° giorno: martedì 20 marzo 2001: SAMODE – JAIPUR

22. Da Samode al Fort Amber. – Alle ore 6 in punto la sveglia interrompe i nostri più fantasiosi sogni riportandoci alla realtà di chiudere in fretta le valigie e di scendere al più presto in uno dei ristoranti dove è pronta la nostra colazione. Eppure non resistiamo alla tentazione di ammirare, da un vicino belvedere, l’incanto di questo luogo nella luce di una splendida mattinata rajasthana.
Ci piace osservare la corona dei monti, orlati tutt’intorno da mura e da torri che dall’alto vigilano il palazzo, strategicamente inserito al centro di una conca inespugnabile. Ci entusiasma il contrasto dei colori che distinguono nettamente il roccioso e rossastro versante superiore rispetto al crinale inferiore ammantato di una fitta ed esotica vegetazione dall’intensa tonalità verde. Ascoltiamo con entusiasmo il canto di mille uccelli che salutano festanti il ritorno del sole e della vita.

Come previsto, alle ore 7, lasciamo Samode per dare immediatamente inizio al nostro trasferimento (una cinquantina di chilometri) verso Jaipur, "la città rosa" che, con Delhi ed Agra, costituisce il rinomato "triangolo turistico" dell’India Settentrionale. Transitando in un’ora di punta per le polverose ed affollate strade della periferia e del centro – teniamo presente che Jaipur conta circa 2 milioni di abitanti - sentiamo il dovere di esprimere un pensiero particolarmente riconoscente al nostro esperto autista indiano che riesce a portarci, finora incolumi, alla destinazione stabilita infischiandosene degli ingorghi dei veicoli, della ressa dei pedoni, della presenza di mucche, di cavalli e di dromedari che, quantunque onnipresenti, si rivelano alla fin fine gli utenti più tranquilli e disciplinati delle strade indiane. A ridosso del centro storico, rasentiamo per un buon tratto la rosea cinta delle mura merlate, al di là delle quali intravediamo alcuni palazzi veramente notevoli. Non entriamo nella "città rosa" perché la nostra prima meta di questa mattinata è il celeberrimo Forte Amber che, ad una decina di chilometri a Nord di Jaipur, si presenta solido e possente, arroccato sulle alture di una valle nella quale passa un’importante via di comunicazione verso Delhi.

23. Salita al Forte Amber sul dorso di elefanti. – Scendiamo dal pullman in una piazzetta dalle quale si stacca un sentiero che porta verso un esotico parco con laghetto. Qui, circondato da aiole fiorite, si trova il capolinea del servizio di trasporto gestito, con regolarità ed efficienza, da decine di robusti elefanti. Questi, resi più gradevoli e moderni agli occhi dei visitatori grazie a delle rosse gualdrappe e ad una multicolore decorazione del loro voluminoso corpo, evitano ai turisti il disagio di affrontare a piedi, e con un sole sempre cocente, l’erto sentiero che conduce fino al Forte. Superata l’emozione della nuova esperienza grazie anche al nostro "impavido e giovanile" spirito di avventura, saliamo su di una specie di pedana che, in altezza, sfiora i sedili posti sui due fianchi di ogni elefante. Quando arriva il momento del nostro "imbarco", aiutati da un inserviente che con un urlo ed uno spintone ci dà il via, spicchiamo un salto all’indietro che, per nostra buona sorte, ci porta a trovarci seduti sullo scomodo e sobbalzante sedile fissato sul groppone di questi docili bestioni proboscidati. Non appena il carico è completato solitamente da quattro robusti turisti occidentali, oltre naturalmente al mahaut che è il conducente, gli elefanti "tassinari" affrontano di slancio lo stretto passaggio, fortificato con mura e torrette, che per mezzo di alcuni ripidi tornanti sale fino alla bellissima Porta del Sole, l’ingresso principale di questa superba reggia - fortezza di Amber. Sottoposti senza un momento di tregua ad uno sforzo prolungato, di tanto in tanto i nostri sbuffanti animali da trasporto lanciano nell’aria dei lamentosi barriti e "decorano" il manto stradale con grandi mucchi di sterco. Dopo una ventina di minuti di avventurosa ma anche spassosa ascesa, arriviamo alla meta dove, eseguendo una manovra simile ma opposta a quella della partenza, rimettiamo per terra i nostri piedi non senza esserci prima congedati dai nostri pazienti Sancristofori con un’ultima e più affettuosa …pedata nelle costole.

24. Esplorazione di una reggia favolosamente ricca ed avvincente. – Radunati in un settore ombreggiato del primo grande cortile, ascoltiamo dalle nostre guide le vicende storiche collegate a questa costruzione che, iniziata sul finire del secolo XVI°, fu per oltre due secoli la fastosa reggia dei rajput ( = figli di re ) del clan Kacvaha. I marahaja di Amber mantennero sempre buoni rapporti con gli imperatori moghul e, come succede da sempre e in tutte le parti del mondo, imparentandosi o combattendo lealmente per loro, riuscirono a diventare sempre più potenti ed immensamente ricchi. Di questo splendore economico e militare Forte Amber è tuttora una testimonianza evidentissima, come possiamo constatare visitando ambienti che pensavamo esistessero solo nel mondo delle favole. Citiamo a titolo di esempio la grande sala delle udienze dalle eleganti colonne di arenaria rossa finemente intagliata, la facciata degli appartamenti privati, dominata dallo splendido portale di Ganesh, il dio elefante della buona sorte; i finissimi marmi traforati, applicati su molte porte e finestre per permettere alle dame di corte di assistere alla vita del palazzo senza farsi vedere. Non possiamo tacere lo splendore di una sala interamente rivestita di specchi che, alla tremula luce di una candela, si ravviva in un fantasmagorico gioco di riflessi e, solo per non dilungarci troppo, l’incanto di un armonioso loggiato, con ampie finestre di marmo bianco, nel quale i reali inquilini trovavano refrigerio nelle giornata più calde.

25. I braccialetti di una sposina indiana e la cerimonia nel tempio della dea Kalì. – Sorvolando su molte altre cose importanti e di grandissimo pregio artistico - culturale che possiamo ammirare durate le circa due ore della nostra visita di Forte Amber, ci piace ricordare almeno due situazioni che in questo ambiente ci hanno particolarmente colpito. Ci riferiamo anzitutto ad una cerimonia religiosa, in onore della sanguinaria dea Kalì, che, come ci informano le nostre esperte guide, si ripete alle ore 10 di ogni giorno all’interno di un tempio posto nel lato sinistro del secondo cortile. Dopo esserci sbarazzati non solo delle scarpe anche di ogni accessorio di pelletteria (cintura, borsetta, portafoglio ecc.), varchiamo un ricco portale di argento cesellato mescolandoci ad altri turisti e a qualche devoto di fede indù in una sala che, nelle parete di fondo, presenta la nicchia della dea coperta da veli e da drappi rossi. All’ora stabilita, dal fondo del tempio si apre una porta e da là si muove una lenta e solenne processione di uomini che, con torce e turiboli, con tamburi e campanelli, avanza verso l’altare riempendo l’ambiente non solo di bagliori rossastri e di nuvole d’incenso ma ancor più di un così assordante frastuono da mandare completamente in tilt il nostro sempre più martoriato sistema auditivo. Ci spiegano che questa assordante preghiera ha lo scopo di destare la dea Kalì e di farla così più attenta alle invocazioni dei suoi devoti. Durante il rito, officiato da un venerando sacerdote dalla folta barba bianca, assistiamo ad una specie di "strip-tease" dei drappi e dei veli che avvolgono la statua fino a mettere in mostra il volto scuro e terribile della sanguinaria dea Kalì.
Prima della conclusione della cerimonia, i fedeli si accostano all’altare per offrire alla dea i loro doni: fiori, dolci, cibo e qualche rupia. I sacerdoti raccolgono volentieri queste offerte e, per indicare che esse sono gradite alla dea Kalì, applicano con il dito una vistosa "tica" rossa sulla fronte dei generosi offerenti.

Accenniamo anche ad un’altra interessante esperienza fatta durante la visita di Forte Amber, relativa ad una usanza che è ancora assai diffusa tra la gente dell’India e della quale già ci aveva parlato Aldo, la nostra colta guida locale.
Durante il passaggio da un settore ad un altro del palazzo, ci capita casualmente di incrociare una coppia di sposi che chiaramente sono in viaggio di nozze. A darci una conferma di questa loro felice circostanza sono i molti braccialetti rossi che adornano un braccio della sposina. Questi anelli, che sono il tradizionale dono di nozze della suocera, hanno la caratteristica di conservare la loro colorazione solo per pochi giorni, al massimo quindici, che corrisponde al periodo durante il quale la sposa è dispensata dai soliti lavori domestici. Il "messaggio" insito in questa antica usanza ci pare fin troppo evidente: anche nella società indiana, il lavoro è una prerogativa fissa ed incessante nella vita della donna, dalla prima infanzia alla tarda vecchiaia, fatta eccezione per le due settimane durante le quali può ostentare i suoi rossi braccialetti di sposa novella. Come segno di simpatia nei confronti del benemerito "mondo femminile indiano", ci felicitiamo con questa anonima sposina posando accanto a lei e ai suoi tintinnanti braccialetti tra i lampi dei nostri amici fotografi.

Completata la visita di Fort Amber, ci ritroviamo su di un piazzale del settore occidentale dove ci attendono delle vecchie ed impolverate jeep che, ora sprofondando in enormi buche ora spiccando dei salti come libellule in una gara olimpica, ci portano velocemente nel piazzale in cui è parcheggiato il nostro pullman. Subito ci dirigiamo verso il centro cittadino di Jaipur che, come era prevedibile, presenta situazioni di traffico tanto caotico che non può esser neppure immaginato da chi non ha una certa dimestichezza con quanto quotidianamente avviene nelle vie e sulle strade dell’India. Ancora la buona sorte ci è amica e cosi, poco prima delle ore 13, arriviamo al "Welcomgroup Rajputana Palace Sheraton" presso il quale soggiorneremo. Si tratta di un’enorme struttura alberghiera che, architettonicamente, si ispira alle dimore signorili di questa regione, presentando nel suo interno dei freschi cortili nei quali zampillano delle vivaci fontane. L’interno è di stile occidentale e le camere sono tutte lussuose e confortevoli. Per quanto ci possibile, cerchiamo di affrettare le operazioni della sistemazione e del pranzo in modo da poter beneficiare di un po’ di tempo anche per una salutare pennichella prima della ripresa del programma pomeridiano.

26. Un po’ di storia e una nota di …colore su Jaipur. - Nel primo pomeriggio, con il sole che picchia forte sulle nostre teste, lasciamo l’albergo per la visita guidata alla "Città rosa" di Jaipur, lo splendido e razionale agglomerato urbano creato nei primi decenni del 1700 dal marahaja Jai Sing II°. Veniamo a sapere dalle nostre Guide che costui fu un grande personaggio della storia indiana e che ebbe notevole fama anche come scienziato, architetto ed astronomo tanto da meritare il soprannome di "Newton dell’Oriente". Infatti, stabilito in tutto territorio da lui governato un clima di pace e di prosperità, questo sovrano illuminato decise di trasferire la sua capitale da Amber, splendida ma isolata roccaforte di montagna, ad una nuova e moderna città, posta in pianura, che egli chiamò Jaipur, vale a dire "la città di Jai". E’ interessante notare che la nuova città, pianificata da Jai Sing sulla base di complesse regole ricavate dagli antichi scritti Veda, doveva apparire come una manifestazione di quel mirabile ordine cosmico di cui egli, in quanto astronomo, si sentiva "celeste depositario ed interprete". Questa premessa culturale, come ci spiegano le nostre guide, è indispensabile per capire non solo l’ambientazione di Jaipur, ma anche la perfetta simmetria dei suoi palazzi, il costante rapporto tra la larghezza delle strade e l’altezza delle mura e degli edifici, la programmata suddivisione degli isolati e la prestabilita utilizzazione funzionale di ciascun settore urbano. E, per non tediare più a lungo i nostri lettori, aggiungiamo solo un’ultima nota veramente di …colore: originariamente la città era completamente tinteggiata di giallo ma in occasione della visita effettuata nel 1876 dal Principe del Galles fu ridipinta di rosa, il colore dell’accoglienza,. E da allora Jaipur è per antonomasia la "città rosa".

27. Momenti indimenticabili della visita alla "Città rosa" di Jaipur. - Parcheggiato il pullman in una piazza del centro, saliamo volentieri alcuni gradini sconnessi di una vecchia casa sulla quale c’è un tempietto indù. Da questo modesto "belvedere" possiamo vedere, fotografare e filmare, quasi fosse per noi una novità, la "babele" del traffico urbano.
Qui, forse più che altrove, ci impressiona soprattutto la presenza di animali che vediamo mescolarsi ai veicoli e alle persone: oltre agli asini, ai cavalli, alle mucche e ai dromedari che riescono più o meno regolarmente ad inserirsi nel caos di questo importante svincolo viario, scorgiamo tutt’intorno, sui rami degli alberi e sui tetti delle case, centinaia o forse migliaia di scimmie che si fanno notare per l’agilità con cui si muovono e per l’astuta perfidia con cui cercano di procurarsi qualcosa da mangiare.
Mentre con prudenza scendiamo i traballanti gradini del nostro panoramico balcone, assistiamo ad una scena veramente raccapricciante che ci turba profondamente: ne è protagonista un giovane mendicante, sciancato e privo degli arti inferiori, che strisciando sul terreno come un serpente, ci gira intorno con incredibile agilità e, con la mano sporca e consumata dalla lebbra, ci chiede un piccolo gesto di umana solidarietà. Non dimenticheremo mai il corpo sfigurato e gli occhi tristi di quell’infelice essere nel quale, ancora adesso, a distanza di mesi, ci sembra di aver colto quasi un simbolo vivente dell’estrema miseria fisica e morale nella quale tanti esseri umani vivono in India la loro difficile esistenza.

In pochi passi raggiungiamo quindi il celebre Jantar Mantar che è il più grande ed importante tra i numerosi osservatori astronomici costruiti da Jai Singh II° in quasi tutte le città dell’India Settentrionale. In un’area molto vasta, vediamo elevarsi delle complicate costruzioni in muratura e dei colossali congegni di ferro e di marmo con i quali è ancora possibile stabilire, con assoluta precisione, l’ora del luogo, fissare la posizione del sole, seguire i movimenti dei corpi celesti e ricavare quindi, a motivo dai loro influssi positivi e negativi sugli uomini, quegli oroscopi nei quali pongono una fede assoluta perfino delle persone che vivono tra noi…nel terzo millennio. Muovendoci con vivo interesse attorno a queste strane e complesse costruzioni, tutte provviste di enormi gnomoni di ottone lucente che proiettano la loro ombra su lastre di marmo graduate, ci diventa ancor più simpatica la figura del maharaja Jai Singh che, a quanto si dice, era un uomo illuminato e aperto ai progressi scientifici che, in quegli anni, venivano fatti anche nella lontanissima Europa da eminenti studiosi come ad esempio il grande Isaac Newton.

A questo punto, per completare il programma turistico del pomeriggio, non ci rimane che la visita al City Palace che era, ed è tuttora, la residenza del maharaja di Jaipur. Si tratta di un insieme di palazzi, avviati all’inizio del 700 da Jai Sing II° e completati dai suoi successori, in un’armonica mescolanza degli stili mogoul e rajasthano. Ad eccezione della superba costruzione a sette piani nella quale si trovano gli appartamenti privati della famiglia reale (ci dicono che la principessa Diana qui soggiornò più volte), i rimanenti padiglioni, opportunamente trasformati in museo, sono aperti al pubblico fin dal 1959. Noi visitiamo anzitutto il "Palazzo del buon augurio", costruito sul finire dell’Ottocento per accogliere gli ospiti più illustri ed ora ristrutturato in museo dei più preziosi tessuti e delle più eleganti vesti dei sovrani di Jaipur. Della successiva visita guidata alla fastosa reggia, ricordiamo anzitutto un bel portale, riccamente decorato e sorvegliato da due guardie in alta uniforme, ai lati del quale stanno due elefanti di marmo aggiunti nel 1931 in occasione della nascita dell’attuale maharaja, l’elegante sala delle udienze caratterizzata da due enormi urne in argento nelle quali erano conservate le sacre acque del Gange. Ci dicono che nel 1901, in occasione di un suo viaggio in Inghilterra per assistere all’incoronazione di Edoardo VII, il maharaja del tempo volle portare con sé queste due immense cisterne (ciascuna ha una capacità di circa 9.000 litri ) come scorta d’acqua personale non fidandosi della purezza delle acque che avrebbe trovato in Europa. Qualcuno asserisce che al ritorno in patria le due urne furono riempite con ottimo whisky scozzese, un liquido non molto sacro ma inebriante ed introvabile a Jaipur. Dedichiamo un cenno, anche se meriterebbe un’ampia descrizione, all’incantevole cortile detto del "pavone", caratterizzato da quattro incantevoli portali con intarsi policromi che rappresentano le stagioni dell’anno ed alcune scene della vita di Krishna, una delle divinità più amate dagli Indiani.

28. Shopping e …lezione di Italiano in un laboratorio di tessuti e di tappeti. – Quando al caldo pomeriggio sta subentrando una mite e tersa serata, ci portiamo in una zona periferica per visitare un vecchio laboratorio artigianale di tessuti e di tappeti. La cosa che qui desta subito la nostra attenzione è lo stampaggio manuale dei tessuti di cotone eseguito con dei grossi timbri di legno incisi da abili e fantasiosi scultori. La tecnica è molto simile a quella che si usava nelle antiche tipografie anche se qui non ci sono i torchi perché è sufficiente una decisa e marcata pressione esercitata della mano di un abile artigiano stampatore. Con la sovrapposizione di stampi diversi si ottengono delle figure a più colori che, come ci dice uno degli artigiani, sono tutti naturali e di origine vegetale. Osserviamo che le figure sono quelle tipiche del folclore indiano (elefanti, templi, divinità) anche perché questi tessuti sono destinati o all’esportazione o alla produzione di capi di abbigliamento per turisti. In un altro settore assistiamo alla rifinitura e al lavaggio dei tappeti tessuti nelle case dei soci di questa cooperativa tessile di Jaipur. Naturalmente, dopo queste interessanti dimostrazioni, siamo invitati ad entrare nei magazzini nei quali è possibile acquistare, a prezzi per noi molto interessanti, un’infinità di prodotti tessili per tutti i gusti e per tutte le esigenze.
Girovagando distrattamente tra banchi e scaffali mentre le nostre signore provvedono a qualche acquisto, ci troviamo casualmente coinvolti in un episodio che ci rivela il grande desiderio di un miglioramento culturale insito nelle persone più attive della società indiana, come i commercianti.
In questa circostanza capita che uno dei nostri amici di viaggio presenti il sottoscritto come insegnante di Italiano ad un commesso che, approfittando della nostra presenza nel suo reparto, desidera fare un po’ di conversazione nella nostra lingua. Durante il colloquio questo giovane indiano ci rivela che da qualche mese sta dedicando tutto il suo tempo libero allo studio della nostra lingua perché, ci tiene a precisare, gli italiani gli sono molto simpatici, ottimi clienti, persone cordiali e soprattutto senza pregiudizi razziali verso gli indiani. Quando, su sua espressa richiesta, gli risolvo qualche dubbio grammaticale e gli do qualche suggerimento per la coniugazione dei verbi, il suo tallone di Achille, non solo mi ringrazia con la tipica gestualità indiana ma, abbassando il capo, vuole che gli imponga le mani sulla sua testa perché così, egli dice, riuscirà ad imparare presto e bene la difficile lingua di Dante.

Intanto, conclusi gli acquisti, mentre ci dirigiamo verso il pullman siamo informati che la nostra brava guida Anil, a causa di un imprevisto impegno personale, ci deve lasciare subito per rientrare con l’aereo a Delhi dove egli risiede. Lo salutiamo con cordialità e gli esprimiamo tutta la nostra riconoscenza per le attenzioni che ha ci riservato e soprattutto per le molte ed interessanti notizie che ci ha offerto in questi nostri primi giorni di soggiorno in India.
Rientriamo velocemente in albergo per godere di un po’ di tempo libero e per fare una doccia corroborante. Dopo la cena, sentendoci un po’ stanchi, non usciamo per la consueta passeggiata della buona digestione ma, fatta una rassicurante telefonata a casa, ci ritiriamo nelle nostre lussuose stanze d’albergo per sprofondare in un sonno ormai indifferibile.

z

Data di pubblicazione: 12 marzo 2002

z