Giunge
alfine l'autunno,
stagione delle nebbie improvvise,
e srotola dal
riccio le castagne,
ai
platani imporpora il fogliame.
nei
cesti depone i melograni.
Giunge,
stagione dei
molti silenzi,
di soppiatto,
col passo di Scorpione,
sul fiume
che sa acquetare
l'onda,
sul piano
svuotato di
covoni,
sui campi
sognanti le
primizie.
Giunge coi piedi
nudi
sulla sabbia
rapita dai
castelli,
si adagia
sui nidi delle rondini,
sul chiasso dei cortili,
e un
brivido percorre
la fronte del
sognatore
al primo fiato
di maestrale,
presago di vicine nevi,
del caldo dei camini.
nota:
la lettura dei versi in rosso dà luogo ad una poesia altra
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Primitivo
Vivo
nel ricordo dei giorni
dal
sapore di pane e acqua-sale
di
uve dolci, rosse come rubini
che
adornano fanciulle saracene.
Mio
padre aveva una vigna
–
dal
nome buffo,
che
strappava sorrisi –
poco
più grande di un lenzuolo
di
lino,
e
ne faceva un vino ambìto dagli dei
e
dagli artieri
che
stavano in città.
Era
un sovrano, mio padre,
nel
suo podere,
con
solo sette filari di primitivo,
e
a guardia del suo piccolo tesoro
aveva
posto,
per
sentinella,
un
ulivo.
Mia
madre si attardava
a
raccogliere acini appassiti
che
l’indomani
avrebbe
imprigionato
in
una pagnotta fragrante
dal
vago sapore della felicità.
Mi
rivedo avanzare, nel sogno ricorrente,
tra
i filari roridi di brina,
tra
i tràini ed i tini di uve traboccanti,
e
voci di donne tra risate e canti.
Ora
che il tempo stratifica memorie,
come
cortecce che denunciano anni,
ripenso
spesso a quel dito di vino
che
riscaldava il cuore
e
appannava il bicchiere,
come
se fossi ancora piccolina
con
i miei cari, intorno ad un braciere.
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NEGRAMARO
Echi di voci
valicano distanze.
Arabeschi di luce
filtrano tra i pampini
porpora e oro.
Finita è la vendemmia.
Le donne si avviano
nella luce violenta
dell'acceso tramonto
odorose di mosto e di sudore.
Recano sulle loro labbra
il grappolo di negramaro
sfuggito alle cesoie,
le loro mani a conca
il calice più ambito dagli dei,
Feritoie azzurre i loro sguardi
rivelano al cacciatore
il cielo del fagiano e della rondine.
Impazienti,
con gesti appresi da antica pedagogia,
liberano il sartiame di capelli
ristretto in prigionie di ruvido cotone.
- stendardo femminino-
a catturare desideri.
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VIGNETI DEL SUD
Vigneti del sud, chi mai rivelerà
le vostre segrete trattative coi raggi penetranti
di un sole innamorato.
Voi generate grappoli dal profumo inebriante,
dal colore di porpora antica.
Mistica liturgia d'amori senza inganni,
pace e sazietà di gioie familiari,
calori e rossori di afe meridiane,
paradisi conviviali di sentimenti ingenui.
Affondo il passo riverente,
tra le pieghe del tuo ventre, o vigna,
genitrice di nettari oblianti,
maturati all'ombra di pampini intriganti,
rosseggianti di carminio arabescato,
di solleciti afrori settembrini,
di vaghi sospiri di lune ancestrali.
Sei la fonte millenaria che saziò bramosie
di odissei erranti,
la gola di Fidia irrorasti
di ancestrali spremiture.
Bevanda sempiterna e generosa,
che non lesini vertigini a chi t'abusa
e anelato sollievo a t'adora.
Vigneti del Sud,
chi mai rivelerà
le vostre segrete corrispondenze.
col sole innamorato....
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OUVERTURE
DI SETTEMBRE
Se un segnale di vita mi giunge
da un altrove, nella mente mi esplode
un’ouverture di settembre.
Girandole festose,
negli occhi colmi d’ombra,
recano ebbrezze di accesi colori.
Ritrovo ( per inaspettato incantesimo )
il dialogo interrotto, spento
come spalti svuotati , a partita conclusa.
Se un segnale di vita mi giunge
dai tuoi luoghi,
distanze siderali percorrono
i
quadrifogli, aspirando abbracci di pagine
mentre illimpidisce l’azzurro
al confronto del biancore dei cirri.
Mari di girasoli invadono le stanze
e
una brezza giocoliera solletica
l’addormentata stagione;
ad infrangere il silenzio delle ore
provvede il tuo verbo flautato.
Se un segnale di vita mi giunge
da altri luoghi,
ultimi dei dissetano l’arsura
in tini effervescenti di malvasia;
e
alate creature sorvolano
gli spazi disertati dai vacanzieri.
Il Giudizio Universale si compie
anche per noi mortali.
Se tendi la tua mano puoi toccarmi,
nell’attesa resurezione di altri giorni,
quando sarà possibile distinguere
del vivere e del morire la linea del discrimine.
settembre ‘98
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TEMPORALE D’AGOSTO
Dapprima
la piccola nube
passeggia,
biancheggia,
vagheggia...
s'incontra con
l'altra
borbotta
s'addensa...
si unisce alle altre
s'imbroncia, si
scontra, tuoneggia
minaccia,
ed ecco la pioggia!
La pioggia d'estate
è un dono di fate
che porta sollievo
alle rose assetate:
a zolle,
corolle,
fanciulle,
farfalle.
S'allieta
Natura
che era
sì quieta,
si erge lo
stelo,
risplende quel
velo
che è sulle foglie,
sui ciottoli afosi,
sui prati odorosi
ritornano sposi gli
stami e i pistilli
non s'odon
sfavilli
eppure... c'è in
tutte le cose
un passo
più lieto e spedito:
si!
Dopo la doccia
Madre Natura
ha cambiato vestito.
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Brivido
Cosa c'è,
cosa c'è,
amore?
niente,
è solo un brivido
d'autunno
che m'increspa
leggermente
il cuore.
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Autunno abbracciami
...autunno abbracciami
finché ho addosso ancora
il calore dell'estate
cantami ninne nanne
col fragore della risacca a sera
quando tremula il cuore dei naviganti
e spingono lo sguardo sui ricordi.
Autunno saziami di colori porporini
colma la mia bocca di mielosi sapori,
accendimi come fuochi al tramonto
sulle spiagge disertate dai gabbiani.
Predami l'anima
dei più nascosti segreti e falli tuo bottino.
Autunno abbracciami
e fammi amore,
ché sento già il gelo del maestrale
che mi flagella di silenzio il cuore..
20 /09/2008
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Di te novembre amo
Di te novembre amo il debole sole
che a stento s’incunea
tra i filari denudati
e grondanti nostalgie
di festeggiate vendemmie.
Di te amo il tiepido vento
che filtra tra le fronde degli agrumeti,
intriganti e complici ad ingrossare spicchi,
come turiboli di liquido sorriso
della dea Cerere.
Amo la zolla rorida di brina
che al mattino s’imbeve
come biscotto dorato nel tiepido
raggio affacciato
tra le balaustre del giorno.
Di te amo il profumo del castagneto,
il suono dei passi sul tappeto
di foglie porporine
che ridono scricchiolando
come fossero fanciulle sbarazzine.
Di te talvolta amo
quel sole gagliardo, vetusto e generoso
quasi fosse un vegliardo
che ama sostare pensoso
sul suo affabulante limitare,
e rimirasi intorno
in cerca di qualcosa da stupire,
in cerca di qualcuno da scaldare.
-20 novembre 2009-