ALLA MEMORIA

In morte di Paolo Borsellino Qual Meteora che Passa A Pasquale Frescoso In Morte dell'Amico Pinuccio Il Debito della Vita
Passaporto per il Paradiso  Ti Attende un Sole Infinito Santa Brigida Carme per Alda

Requiem per Alda

Concerto per pianoforte e lacrime M’agghiu sunnatu nnu suennu      

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In morte di Paolo Borsellino  :Cronaca

                                 Ore 17,16 -

  Il primo dispaccio di Agenzia”
si abbatte come la sciabolata di un lampo:

 
“attentato.”
 
A Palermo, le pareti murarie
tremano, l’asfalto si liquefa,
gli oleandri s’impiccano
alle guglie dei cancelli.

                                     Ore 17,40 -

 
Sul luogo dell’attentato

le ambulanze hanno raccolto
decine di feriti”
 
Uno, mille, centomila uomini
i vivi e i morti accorrono
a vedere il terrore bellico,
le rovine improvvise
di una nuova Gerico,
sotto il sole di un luglio tramortito.
                                         
Ore 17,50 -

  “Nell’attentato è rimasto ferito
un magistrato: una mano
è stata raccolta da terra”

quella mano che prima attendeva
l’abbraccio materno
(anche i martiri, sai hanno una madre)
recisa dal corpo, come foglia volata
chissà dove, tra le ultime rose
addormentate, tra le dalie
col capo reclinato dalla sete,
tra i campanelli dei gelsomini
silenziosi per la consegna del silenzio
post-prandiale.
                                          Ore 18,01-

  “Periti 4 agenti della scorta
nelle loro auto blindate”

  Eufemismo di:
“bruciati come topi
nelle loro trappole”.
  I loro cuori sono inceneriti,
i loro corpi aderiscono
alla finta pelle dei sedili.
Ardono.
Non fu permesso loro
di gridare all’appello improvviso:
- Mio Dio, Eccoci! -
                                                  
ORE  18,15-

 LA CONFERMA DELL’UCCISIONE
  E’ “certamente lui”,
il Giudice Borsellino.
Il suo corpo carbonizzato,
con il braccio destro
troncato di netto è nel cortile
del palazzo”

Come un improvviso nubifragio
che ci coglie ignudi,
ecco il tempo della nuova
Apocalisse. 

Come una rapida sassaiola
di granate i media
ce ne inviano
le immagini.
 
“I morti sono 5. Tra di essi
una giovane donna.”

Una donna
con la sua storia,
il suo paese,
il suo amore,
il suo nome,
EMANUELA  LOI. 

La prima vittima
di quel sesso gentile
che volle fare l’agente di scorta,
imparando a contenere
il cespuglio di capelli
nella guardina di un berretto
militare,
per diventare scudo
di un uomo,
la sua guardia,
la sua inconsapevole vittima.

                                     Ore 18,22 -

  “Il corpo di Emanuela  Loi
è stato ritrovato in un giardino”

Tra le bocche di clorofilla
ci furono grida concitate:
Accorrete! Venite a vedere
anche voi; Qui nel giardino
è nato un nuovo fiore!
Senza seme né trapianto. 

Un fiore di carne
che un attimo prima
palpitava, respirava,
spargeva il profumo
delle sue risa. 

Ora,
ha un cespuglio di capelli
per corolla,
e un ibiscus di sangue
sulla bocca.


 
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 Passaporto per il Paradiso
(a Maria Cristina)


nella tua stanza le bambole  sono immobili,
 da tempo non ci giocavi
più,
sentivi il fascino di terre lontane,

di luoghi sconosciuti,

di spiagge sconfinate

 su cui lasciare
le tue orme,
e
ri stata destinata per il cielo,
ma un involucro di carne che chiamiamo corpo,
ti costringeva su questa nostra terra.
 
   *   Maria  Cristina,  *
  a volte ti hanno sorpresa
con lo sguardo spinto oltre i confini del visibile,
cercavi, forse, la tua vera patria , la terra ideale,

dove non albergassero sentimenti malvagi,

dove regnasse sovrana la pace universale.

  *     *    *      *    *   *     *      *    *     *          * 
S
u quella terra promessa  avresti voluto issare
la bandiera dell’amore,  dell’amicizia e della fratellanza,
valori che sono calpestati, irrisi,
svalutati da questa nostra ingrata società.

   *     *             *      *    *             *      *            *      * 
Q
uanti sogni sono rimasti incompiuti

nel tuo giovane cuore,

quanti progetti  rimasti intrappolati
tra le pagine del tuo ultimo  diario,
poiché ti colse di sorpresa
l’improvvisa chiamata.

   *     *             *      *    *             *      *            *      * 
A
vevi occhi grandi, spalancati sulla vita,
che ora sono immersi nella luce inestinguibile di Dio;
fai parte , forse, della Schola Cantorum. diretta dai Cherubini?

  
*     *             *      *    *             *      *            *      * 
T
i hanno presa  per mano, guidandoti,
gli Angeli e i Serafini?

  
*     *             *      *    *
D
al luogo di gloria infinita
della tua nuova dimora celeste
non farci mancare un tuo sguardo,

   *     *             *      *    *  
non farci mancare un tuo sorriso,
perché c’è la gioia senza fine
in quel luogo che si chiama

 
        Paradiso.     *         *                 *         *  

     23 Settembre 2003  


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QUAL  METEORA  CHE  PASSA  (a Maria Lucchese)

Maria, oh! Maria,
sei passata in questo mondo
con un passo troppo lieve,
sei passata dalla vita
con un volo molto breve.

Maria, oh! Maria,
sei mancata all'improvviso
senza il tempo di un amore
senza il tempo di un sorriso,
e a noi che t'amavamo
non ci hai dato il preavviso.

Maria, oh! Maria,
qui ti arrisero le Muse
che brillarono in Olimpo,
e saresti stata un mito
pari a quello della Duse.

Maria, oh! Maria,
qual meteora che passa
e la scia con sé conduce
non sarai dimenticata
ci hai lasciato tanta luce.

Maria, oh! Maria,
la tua anima ha raccolto
il Beato Padre Pio,
con amore ti ha deposto
tra le braccia del Buon Dio.


             a Maria Lucchese - 3 gennaio 2000  

 
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A PASQUALE FRESCOSO

Cantare, come si può, il ritornello all'alleluja,
ora che un amico non c'è più
ora che un amico se n'è andato,
senza una telefonata di saluto,
senza un'addio  e senza preavviso?

Increduli ci rese, esterrefatti,
quella funesta nuova che ci giunse.
Pasquale non c'è più.
Più non respira, più non emette voce quella gola,
più non  diffonde luce quello sguardo,
più non produce amore quel suo cuore.

Di colpo si fermò sotto un gran peso,
il cristallo dell'anima si frantumò
librandosi in volo,
lasciando in sospeso ogni impegno terreno:
altre mansioni  voleva affidargli il Dio supremo.

Ti conosco, starai  già organizzando
qualche viaggio, qualche mostra in Paradiso,
e di vecchi e nuovi amici amici circondato
di noi qui ti sarai dimenticato.

Ma un favore soltanto vorrei io
se lo vedi  mi saluti Padre Pio?
sono certa che ti stava ad aspettare
la soglia del cielo ti ha fatto oltrepassare.


27 / 2 /  2002      

 
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Santa Brigida
 ovvero  ( La morte annunciata)

Antonietta, la mia vicina venne a suonarmi alla porta e con un tono che non ammetteva repliche mi disse: "onu purtatu cummà Girodda"
Era un annuncio abbastanza serio e comportava una visita da non procrastinare. Lasciai tutte le faccende e mi recai presso la casa della suddetta Girodda.
Era stata per tanti anni la mia vicina di casa. Poi con l'avanzare della vecchiaia e non essendo più in grado di attendere alle sue faccende quotidiane era stata accolta e assistita amorevolmente dalla figlia, che risiedeva nel vicino paese di Roccaforzata.

"onu purtatu nunna Girodda" riprese a dirmi l'altra vicina" pare che questa notte ha avuto la visita di santa Bbriggida, e lei era devota di questa santa, lo sai, no? -Diceva accorata Antonietta,- quando ricevono la visita di santa Bbriggida vuol dire che non c'è più nulla da fare e così è stato, ha chiuso gli occhi e s'è messa in agonia" Accostai la porta e andai subito a vedere l'agonizzante. Si, era davvero così. Non era più in grado di conoscere e di parlare con nessuno, eppure fino a ieri ha cantato "finchè la barca va" diceva rassegnata la figliola di Girodda.
Il mio sguardo si posò su quel piccolo fardello di ossa, il respiro era spesso interrotto, a causa di alcuni momenti di apnea, cosa che dava a tutti i presenti l'impressione che quello fosse il suo ultimo respiro: i nostri sguardi erano come catturati da quel ritmo incostante.
Era silenzioso, questo si, lo devo ammettere, non emetteva rantoli. Mi sentivo coinvolta in un grande mistero. Come quella volta che assistetti alla morte della mamma di suor Romilda, di suor Lucia Rosa, la mamma di Mario.
Vedi , Anna, mi disse suor Romilda, mostrandomi i polpastrelli delle mani di sua madre divenuti bluastri, è gia iniziato il processo di necrosi. Parole e realtà a me fino ad allora sconosciute.
Fu da allora, forse, che cominciai ad interessarmi alla morte, a chiedere notizie "dell'ultimo respiro" . di come si annuncia la morte. Non tutti mi hanno sempre saputo rispondere. Molti di coloro ai quali ho chiesto notizie  e testimonianze più attendibili e di prima persona, non erano presenti alla morte dei loro congiunti. Forse tutti fanno di tutto per sfuggire quell'atroce evento.
 Cercano alibi plausibili per allontanarsi un attimo, sperando che in quel preciso momento "accada l'irreparabile". Mentre ci trattenevamo accanto al capezzale della morente una delle anziane ha detto ancora qualcosa sulla devozione a santa Brigida. Anche sua nonna era devota a questa santa la quale annuncia, a coloro che la pregano, che in termine di pochi giorni dovranno morire. " Io non farei mai una cosa del genere" disse scandalizzata un'altra signora del vicinato accorsa anche lei,  chiamata da un invisibile tam-tam che da lì a poco avrebbe fatto convergere quasi tutti gli abitanti della strada presso la casa della moribonda. E continuando"una volta mi è capitata tra le mani la "novena" a santa Brigida e l'ho subito strappata, non farei mai una cosa del genere". Da questa affermazione che sapeva di sacrilegio si scatenò subito una ridda di interventi tra i presenti. "Mia nonna fu avvisata da santa Brigida e subito dopo cadde in coma e non si riprese più. "Dopo quanti giorni morì?" Le chiesi più che mai interessata. " Dopo tre giorni"mi rispose la signora. Tre giorni dunque, Girodda poteva durare almeno altri tre giorni.L'agonia di Girodda però durò qualche giorno in più. Fu costante l'andirivieni dei parenti, figli, nuore,nipoti, figliocci e commari  e vicini di casa. Per tutti questi giorni non fu lasciata sola un momento, sia di notte che di giorno. Tutti lì, vicino a lei ad "assistere l'anima" , quell'anima che, forse a malincuore lasciava quel piccolo involucro di carne, che in gioventù era stato animato da laboriosità instancabile. Per tutti questi giorni a  tutti i vicini, gli amici, i parenti accorsi, la figlia di Girodda raccontava, sempre con lo stesso tono, sempre con la stessa rassegnata convinzione, sempre con le stesse parole che sua madre le aveva detto d'aver visto una bella signora. Le aveva preso la mano e gliel' aveva stretto forte forte. Da quel momento è caduta in coma e non ha detto niente più. Lei però ha pensato che fosse santa Brigida, perché sua madre era tanto devota di questa santa, la quale a quanti la pregano, annuncia il momento della morte per mettersi in regola con Dio, confessarsi e comunicarsi ed andare in paradiso: Bella questa santa. Postina di Dio.
 

                                         Anna  Marinelli


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IN MORTE DELL'AMICO PINUCCIO
San Giorgio Jonico   31/3/2005

Questa mattina, Franca mi ha chiesto di rivolgere a tutta la comunità parrocchiale e cittadina a nome suo , di Cinzia e di Antonio, un vivo ringraziamento per tutte le attestazioni di Affetto, Amicizia, Stima e solidarietà che ha ricevuto durante il breve ma intenso calvario vissuto da Pinuccio e dai suoi cari. La casa di Pinuccio è stata in tutti questi giorni meta e punto obbligato di sosta da parte di tutto il paese. Tutti gli amici si sono stretti attorno a Franca, Cinzia e Antonio,
 sorvegliandoli, coccolandoli, confortandoli e fin dove era possibile far sentire loro meno pungente l'assenza di Pinuccio.
Tutti volevamo sapere notizie confortanti che riguardavano L'Amico .
Si, Perché Pinuccio era e rimarrà sempre nel cuore di tutti, l'amico carissimo,
il volto sempre aperto e sorridente, la mano sempre tesa in un gesto di affetto.
Ma se Pinuccio era insuperabile come amico fraterno, era e rimarrà sempre un Padre amorevole per Cinzia e Antonio, un marito premuroso e spalla forte della sua sposa. La prova più grande ed estrema della sua considerazione per Franca l'ha data prima di perdere definitivamente coscienza,
non voleva sottoporsi all'intervento senza il consenso della sua adorata Sposa.
Stava morendo ed il suo unico pensiero era lei, Franca, non avrebbe mai fatto nulla senza la sua approvazione. Grazie Pinuccio per questo edificante esempio che ci hai lasciato .Grazie per la dedizione che hai profuso nella tua famiglia,
Grazie per quello che hai fatto in questa comunità parrocchiale.
 L'ultima processione del Venerdì Santo non è stata la stessa, senza di te
Tutti l'abbiamo vissuta offrendola al Signore, per te.
Regni sovrana su tanto dolore la Volontà di Dio, anche quando questa ci appare incomprensibile,
anche se adesso, brancoliamo tutti nella nebbia del dolore e del lutto, aggrappati alla nostra fede sappiamo che il nostro caro Pinuccio è immerso nella luce di Dio e da lì potrà guardare e immergere i suoi occhi pieni di Luce negli occhi pieni di lacrime della sua sposa, la aiuterà a superare questi momenti di tristezza e d'angoscia, le continuerà a stare vicino, col suo fare affabile e gioioso.
Ogni sera deporrà il suo bacio sulla fronte dell'adorata Cinzia, e sorriderà ad Antonio incoraggiandolo a sorridere alla vita.
E a noi, suoi amici di sempre, non resta che conservare gelosamente l'eredità di affetti che Pinuccio ha saputo diffondere intorno a sé , col suo luminoso esempio di generosità, di fedeltà, e di lealtà e amicizia, virtù e doti che lo hanno sempre caratterizzato  in questo breve tragitto terreno.


 

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TI ATTENDE UN SOLE INFINITO

Altissimo e muto
si leverà l'addio
tra le navate della Chiesa Madre
dove bambina mi conducevi.
L'inadeguata parola sovrasterà
il campanile amico
quasi a sfidare altezze di cipressi.

Il commiato, madre mia,
io te l'ho dato quand'eri ancora in vita
raccogliendo  i tuoi respiri di grano,
i tuoi abbracci di fustagno,
la protezione del tuo amore
che solo alle querce
strappava similitudini.

Ti ho pianto nei giorni
dell'amore impossibile
seguendoti fino alla vetta
più ardua del Golgota
dove svettava la bandiera dell'Amore
che sapeva anticipare Primavere.

Non temere, madre, oltre quel colle,
che adesso varcherai da sola,
ti attende un sole infinito,
e l'abbraccio di un Dio immortale
che la semplicità della tua vita
saprà vestire con abito regale.

(a mia madre)

 
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IL  DEBITO  DELLA VITA  (a mia madre)

Oggi, 30 Novembre 1997, primo giorno d'Avvento, un Avvento che sento lontano; sono lontana da me mille anni luce, sono lontana dal varcare la soglia del terzo millennio, chiusa come sono in un bozzolo di nebbia interiore e d'ombra esteriore.
 30 Novembre, come suona lungo e greve questo giorno, l'ultimo di un lunghissimo mese durante il quale mia madre ha avuto fortissime manifestazioni di arteriosclerosi. Il fatto ci ha colti di sorpresa tutti; me, mio marito, i miei figli.  Tutti.
 E' difficile fronteggiare questa condizione di mamma. Tenere testa alla sua dissociazione, al suo Smarrimento, alla sua alterazione della realtà spazio-temporale.
 Questo mese lunghissimo e doloroso l'ho vissuto anch'io fuori di me, l' ho vissuto come spettatrice ed interprete.

Un mese, una situazione che il mio subconscio sembra allontanare dal sé pensante e vivente.
Siamo al 30 Novembre, Domenica, primo giorno d'Avvento, e la scala da salire sembra allungarsi all'infinito, la strada da percorrere si aggiunge ad altra strada e la strada è inframmezzata da tunnel tenebrosi che non lasciano intravedere sbocchi di luce a breve termine.
 Non ho vissuto questo mese nella mia realtà  personale, ma come se io e mia madre fossimo un'unica persona, io e lei in un'osmosi inesplicabile, in una unità ancora placentare.

Questo mese l' ho saltato. E' stato come se avessi avuto il potere di librarmi in volo su un ponte di tempo. Al di là dei miei giorni; come se mi fossi ibernata, addormentata, mentre il tempo, i giorni, le ore, i minuti di questo mese mi avessero risparmiato ogni dolore, ogni giorno, ogni notte; le tremende notti passate al fianco di mia madre, nel letto di mia madre. Mi sono state risparmiate le sue allocuzioni notturne, astratte, assurde, incomprensibili.

Mi è stato risparmiato il suono della sua voce, che tocca altezze impensate.
Mi è stato risparmiato il suo verso monotono, il suo lamento, che fa parte di    un suo   rituale del sonno
che fa addormentare lei e fa impazzire me, e che allontana dai miei occhi quel sonno tanto atteso. Atteso quale misterioso e silenzioso liberatore, quale angelo che viene a spezzare invisibili catene; sonno come l'Angelo di Daniele, l'Angelo di San Pietro. L'Angelo consolatore che non viene ancora.

 Ma ecco, quando finalmente viene e le pupille sembrano farsi di granito, un gemito, un fiato, un lamento lo infrange, lo sbriciola, lo dissolve in polvere di sabbia. Ora bisogna ricominciare tutto daccapo.

Ritentare di riannodare le fila di un discorso interrotto. L'orologio digitale sul comodino è l'unico strumento lucido e razionale. Non c'è verso che sgarri di un minuto.

 Scorre imperturbabile contro ogni mio desiderio. In fondo, non so' più se desidero che esso vada più svelto o rallenti la sua corsa per darmi un ultima possibilità di riallacciare  quel filo di sonno perduto, di tempo perduto, di sonno perduto, di vita perduta inesorabilmente.

 Sembra quasi che il debito della vita che debbo a mia madre io lo stia pagando in rapporto di 100 a 1'000'000. Discorsi vacui, da sonnambula, ne sono certa, o forse, ecco il dubbio mi assale violentemente, senza nessuna ragione apparente o di rapporto credito/debito, forse proprio questo mio tempo, questi miei giorni, queste notti, questi attimi vissuti accanto a mia madre rappresentano l'unico tempo vissuto pienamente?

 Sia il solo che abbia avuto valore? Sia il solo, come dice Hesse, che sia stato capace di imprimere nella mia vita un solco, una traccia, una memoria tanto "pesante" che nessun altro tempo, mai, potrà cancellare dalla mia vita e tutti gli altri eventi, avvenimenti, che verranno, se verranno mai per me giorni lieti e leggeri, vissuti o soltanto sognati, anelati con grande nostalgia spirituale, potranno scalfire il ricordo, la via crucis dolorosa che dura da otto anni di questo immobile tempo.

Ero come un albero in fiore dieci anni fa, ora mi sento spogliata di ogni diritto personale, di ogni capacità di autonomia, di ogni libertà. Ogni diritto e' stato sacrificato sull'altare del dovere.

 Quell'albero in fiore ora appare, anche suo malgrado, agli occhi di tutti come un tronco spoglio di tutte le sue attrattive. Senza più rami, foglie, gemme, fiori e frutti. Senza più alcuna bellezza. Sento nel mio corpo tutto il peso dell'età di mia madre.
Sento in me tutte le limitazioni fisiche dei suoi 85 anni.
Il suo esile corpo e' pervaso da una autorità, da una forza interiore che sconcerta a qualche volta lascia ammirati.
 Lei risorge sempre dalle sue ceneri, come l'araba fenice, ed ora che la veemenza senile sembra accrescere la sua energia, noi tutti, suoi sudditi, giriamo vorticosamente come trottole ad ogni suo comando.

 Quando, raramente, viene colta da attacchi di insperata dolcezza e premura materna,  questo basta per garantirsi il nostro incrollabile amore e la nostra dedizione filiale, messa a dura prova.

Talvolta mi appare in tutta la sua vulnerabilità, ridotta ad ossa e pelle ed occhi. Occhi grandi, vivaci, penetranti, irati, sorridenti. Ci tiene tutti in pugno. In quel suo pugno ridotto a scheletro, dove le nocche delle dita sono sporgenti e bianche, dove si possono vedere tutte le ramificazioni venose ed arteriose.

Mani che un tempo hanno lavorato, fatto bucati, impastato pane, raccolto il grano, tagliato grappoli d'uva, cucito abitini, rammendato calzini. Ed ora io sto a misurare il mio tempo, il mio lavoro.

Inevitabilmente sono paragoni che non reggono, non possono reggere il confronto, non posso valutare obiettivamente. Adesso il mio discorso sarebbe troppo di parte. Il debito della vita ricevuta non si estingue mai.
     
    Guardo mia madre e per effetto speculare vedo me, vecchia e bisognosa di cure, di premure, di assistenza, di affetto filiale. Ed e' inevitabile la domanda che sale dai bordi del cuore: "quando il mio Tempo verrà, chi mi sarà vicino a stringermi le mani?"

 A vivere con me e per me la sua Storia D'amore?



Post  scriptum:  mia madre è vissuta  92 anni. Ho varcato con lei il terzo millennio e  ne ho condiviso  due anni. Ero sola con lei, quando ho raccolto il suo ultimo respiro. Mi lasciò il 4 aprile del 2002. era un venerdi, alle ore 17, 56. Si addormentò come un passerotto, senza dirmi una parola di addio.


                                         Anna  Marinelli

 

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CARME PER ALDA


Come la rosa
così la tua Vita, Alda
si sveste di tutte le passioni
che l’hanno vestita di carne,
resta a noi un tappeto di versi
sul quale deporre un fiore per te
spogliata da ogni affanno,
da ogni pena, ora voli alta
ai confini del mondo
dove ogni follia
si copre d’ innocenza..
vai...commina su passerelle di nuvole
e bianchi destrieri s’inginocchiano davanti
a te..cavalca libera...agita verso di noi
la tua leggera mano
che solo arma di poesia impugnò
e ti rese libera
come aquila che svetta
sui crinali della illimitata fantasia.
ti chiudo le palpebre con un sorriso...
l’ultimo che posso offrirti,
amica mia, Alda

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REQUIEM PER ALDA


Fosti la lussuria, la pazzia

l’anomalia,

ma fosti anche indiscussa

Prima Donna della poesia!!

Addio Alda!...

forse finalmente la tua travagliata Vita..

è approdata in un giardino di pace.

E pace sia per te,

anima amante,

amica mia.

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Concerto per pianoforte e lacrime

 

Verrò, stanne certo!

Niente potrà fermarmi.

 Verrò a portarti

l’anemone d’inverno.

Verrò a portarti

il mio concerto di lacrime.

Vengo alla tua bara d’acqua

a mescolare lacrime

al mare che come un’urna ti contiene,

al mare che custodisce il tuo sorriso

che, precoce, il vento della morte

ti rapì dalle labbra adolescenti.

Note di pianoforte

musica espandono tra le onde

che ruggiscono,

emule del mio dolore,

è lì che vengo a cercarti

per immergermi nel sogno

di un ultimo valzer con te,

mio giovane Amore.

 


Je viendrai, sois certain
Rien ne pourra m'arrêter

Je viendrai t'apporter
L'anemone d'hiver
Je viendrai t'apporter
Mon concerto de larmes
Je viens sur ton cercueil d'eau
Mélanger mes larmes à la mer
Qui te contient comme une urne
A' la mer qui tient ton sourire
Qui, précocement, le vent de la mort
T'as enlevé sur les lévres

Notes de piano
Musique élargissent entre les vagues
émules de  ma douleur
C'est là que je viens te chercher
pour tomber dans le songe
D'un dernier valzer avec Toi,
Mon jeune Amour

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M’agghiu sunnatu nnu suennu

 

Nna sera, dopu ca tant’assai era chianciutu

totta nna vota m’agghiu ‘ddurmisciutu

‘nta quattru e quattr’ottu m’agghiu vistu ti nanti

la Matonna, san Giseppu e tanta otri santi.

M’agghiu fattu curaggiu e agghiu pinsatu

“ ci lu ddummannu a loro ete piccatu?”

E quiri ca ni sapinu una cchiù di belzebù

m’onu ‘ssutu ‘nnanti e m’onu tittu: “ Parla, Orsù!”

 

Ma lu vulì sapiti, amici cari?

Mi ‘ccappava la lenga, no sapeva cchiù parlari:

agghiu zziccatu a dicère, cu nnu filu ti voce strana:

“vulè sapeva ti vuie, cari ognissanti, ci lu sapiti vuie ‘ddo sté  Pierina,

quera vagnedda affabbile e carina, ca è nnu mese e chiù ca si na sciutu

e ‘ntra llu paisu nnu tesoru amu pirdutu.”

 

“eheheh!!! Rispose san Pietru cumpiaciutu.

“E’ certo che sta con noi quella Pierina,

che aveva in testa pochi e rari capelli

ma aveva le mani colme di gioielli!

 

Tanti gioielli aveva accumulato

e un posto in prima fila ha conquistato,

con buone azioni, preghiere e tante virtù,

sta proprio accovacciata ai piedi di Gesù!”

 

“Ti quistu era sicura, agghiu tittu iu,

ca steje certamente ‘mpiettu a Diu,

e mo cu pensa a nuie, edda beata

cu pensa alli piccinni ti mmienz’alla strata,

cu pensa alli piccinni ti la Carità

ca edda  ha ‘ssistutu cu ttanta  bbontà.”

 

Ca lu core ti Pierina era granne  e ‘ncupu

comu nnu puzzu ‘ncupu e senza funnu

e puru quannu lu puzzu assuttu stava,

l’acqua pi lli piccinni edda sempre l’acchiava.

 

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