Successo mondiale per le compagnie aeree "low cost"
che finalmente sbarcano in Italia. Ecco come funzionano
Milano-Francoforte, sola andata 9,99
euro. Roma-Milano (o viceversa) 39,99 euro. Cagliari-Milano,
idem. Non in bici, nemmeno, in treno: in aereo al prezzo di una
pizza e una birra. La moda dei voli "low cost", a basso costo, sbarca
(finalmente!) anche in Italia e probabilmente, visto quello che
è successo nel resto del mondo, sarà un grandissimo
successo. Con inevitabile scombussolamento di tutto il mercato
aereo nazionale.
Secondo alcuni, tutto cominciò 10 anni fa, quando la compagnia aerea
irlandese Ryanair
lanciò la rivoluzionaria tariffa di 69 sterline per il volo Londra-Berlino.
Sbagliato. La piccola Southwest, iniziò
ad operare in America
(nel triangolo Phoenix-Dallas-San Antonio) circa trent'anni
fa, con una filosofia rivoluzionaria: ridurre al massimo
i costi e i prezzi dei biglietti al pubblico. Risultato:
in trent'anni è diventata il quarto operatore mondiale.
Seguendo il suo esempio sono sorte decine di
compagnie sparse un po' in tutto il globo. Alcune hanno fatto
fortuna, altre un po' meno. Perché quando si riducono al massimo
i costi, i margini di correzione del business sono minimi: basta
un piccolo errore di valutazione e la compagnia va a rotoli. Molti
non si fidano di queste compagnie: associano la riduzione
del costo dei biglietti alla riduzione di sicurezza in volo.
Sbagliato, ancora una volta: a "rimetterci" sono i confort, le assicurazioni,
le coincidenze, i posti assegnati sull'aereo. Tutto qui.
Perché dunque i biglietti
sono così economici? Secondo un'inchiesta
condotta qualche settimana fa dall'Espresso, è una questione di
scelte, niente di più. Le compagnie a basso costo hanno tagliato
ogni spesa superflua. "No frills" niente
fronzoli: «Non si prende l'aereo per mangiare», ha osservato il
numero uno di Ryanair. Dunque niente pranzi o cene a bordo. Al massimo
un panino, pagando naturalmente. Risultato: molto
meno personale impiegato. Mentre Brithish Midland stipendia
uno steward ogni 5mila passeggeri, le low cost in media ne pagano
uno ogni 20mila. E non è tutto: niente dispensa vuol dire più spazio.
Tradotto in soldoni: al posto dei canonici
132 passeggeri stipati su un 737/300, la Easyjet riesce a metterne
148. Ma la parte migliore deve ancora venire, sentite un po'.
Mentre le compagnie aeree tradizionali hanno
diversi tipi di aereei, le low cost, di
solito, ne hanno uno solo. Perché? È presto detto: la manutenzione
di un solo tipo di veivolo comporta una riduzione dei costi di manutenzione
(affidata all'esterno) del 30%. Anche i piloti e l'equipaggio, che
devono possedere una certificazione per ogni tipo di aereo su cui
volano, ne hanno una sola. Inoltre le
compagnie low cost, comprando stock
di aerei dello stesso tipo, riescono a strappare prezzi
d'acquisto molto vantaggiosi. Tutto funziona come un orologio, per
massimizzare le prestazioni e ridurre costi e tempi. Pare addirittura
che la compagnia Buzz abbia rifiutato
di distribuire copie gratuite del Financial
Times a bordo perché qualcuno doveva ripulire l'aereo.
I posti a bordo poi non sono assegnati. Bisogna correre per prendere
il migliore: l'imbarco è molto veloce, anche perché i biglietti
non si possono acquistare a terra ma
solo via internet o call center. A proposito di internet:
Rynair, che vende i propri biglietti sulla rete
in una percentuale che sfiora il 93%, associa altri servizi
a quello di biglietteria on line. Sul web si possono prenotare alberghi
o affittare auto. Un uovo di Colombo da cui deriva un sotto-business
pari all'11% del totale. Niente intermediazione di agenzie
di viaggio, dunque, che di solito si beccano il 7-9% dei biglietti.
La chicca più simpatica però è quella
relativa ai piloti. Non tutti forse sanno che i comandanti hanno
una retribuzione fissa e un'altra variabile
legata a certi parametri. Nella maggior parte dei casi, più un pilota
vola (in termini di ore) più riscuote. I piloti delle compagnie
low cost invece riscuotono in base al numero di partenze e atterraggi.
Risultato: se ci sono problemi in fase
di atterraggio con la torre di controllo, un pilota classico rimane
in cielo (gli conviene), l'altro fa il diavolo a quattro per atterrare.
Finisce così che mentre un aereo della British
vola non più di sette ore al giorno, il
suo gemello della Easyjet ne totalizza circa 12. Accanto
a questi aspetti di cui il passeggero può obiettivamente sorridere,
ve ne sono però alcuni da non trascurare in fase
di partenza, per evitare brutte sorprese.
Gli aereoporti utilizzati dalle compagnie low cost sono di solito
quelli secondari: a Londra
ad esempio Ryanair utilizza quello di Stansed
e per arrivare in centro è necessario prendere un treno il
cui costo non è affatto secondario. Altro aspetto:
una volta acquistato il biglietto nella maggior parte dei casi non
è modificabile o rimborsabile. O si parte
o si perde tutto: situazione poco adatta per gli indecisi o gli
incasinati cronici. Non sempre poi è possibile trasportare 25
kg di bagagli. Farlo può costare caro. Inoltre le compagnie
low cost non garantiscono in nessun caso le coincidenze e la puntualità.
Insomma volare low cost significa adatarsi. Sembra però che abbiano
deciso di farlo in molti, visti i risultati. Un
prodotto diverso per un pubblico diverso, non per i top manager.
«Il mio peggior nemico non è Easyjet ma la Playstation
2» ha chiosato il vulcanico O'Leary, amministratore delegato
di Ryanair. Mai definizione di business
poteva essere più chiara.
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