2
c.
Il
computer
nella
progettazione
di
un
sistema
costruttivo
dinamico.
In
Italia
non
è
stato
sviluppato
nessun
progetto
abitativo
che
riprenda
le
peculiarità
delle
Embryologic
Houses
di
Greg
Lynn.
La
nostra
cultura
non
include
la
modalità
edilizia
delle
case
a
catalogo,
presente
invece
nella
tradizione
statunitense
e
olandese.
Dunque
l’innovazione
introdotta
in
questo
campo
da
Greg
Lynn,
e
successivamente
sviluppata
in
Olanda
da
Kas
Oosterhius
con
le
Variamatic
Houses,
che
consiste
nel
passaggio
dall’alloggio
standardizzato
alla
personalizzazione
di
massa,
non
ha
rilevanza
nell’ambito
italiano.
Ma
il
progetto
di
Lynn
presenta
altri
aspetti
che
potrebbero
essere
sviluppati
nell’ambito
italiano,
come
lo
sviluppo
di
un
sistema
costruttivo
dinamico.
Questo
filone
è
dunque
interessato
all’utilizzo
del
computer
per
l’ideazione
di
un
involucro
edilizio
dinamico.
Le
ricerche
incluse
in
questo
gruppo
sono
più
rivolte
allo
studio
del
sistema
costruttivo
che
all’organizzazione
dello
spazio
interno.
Nel
progetto
delle
Embryologic
Houses
di
Greg
Lynn,
ad
esempio,
lo
spazio
interno
assume
un’importanza
talmente
marginale
da
non
essere
mai
rappresentato.
Il
progetto
nasce
addirittura
adimensionale:
le
immagini
non
mostrano
mai
il
rapporto
tra
le
abitazioni
e
la
figura
umana.
Il
sistema
costruttivo
è
invece
studiato
nei
minimi
dettagli
e
sfrutta
abilmente
le
potenzialità
offerte
dal
disegno
parametrico
e
dall’uso
di
sistemi
CAM.
Il
progetto
“DNArchitecture”,
presentato
online
dallo
studio
Spin+
(fondato
nel
1999
da
Filippo
Innocenti
e
Maurizio
Meossi)
in
occasione
del
concorso
di
idee
"Città:
terzo
millennio"
nell'ambito
della
VII
Biennale
di
Architettura
di
Venezia,
si
concentra
sull’ideazione
di
un
involucro
edilizio
dinamico
in
un
modo
originale.
Questo
progetto,
segnalato
dalla
giuria,
è
una
visione
utopica
della
città
del
terzo
millennio
che
ipotizza
la
progettazione
biologica
di
organismi
vegetali
abitabili.
La
casa
stessa
è
viva
e
si
evolve
nel
tempo.
Gli
Spin+
sono
partiti
dal
presupposto
che
la
rivoluzione
informatica
condizionerà
realmente
lo
spazio,
quindi
immaginano
un
intervento
della
tecnologia
informatica
per
realizzare
la
loro
utopia.
Visto
che
il
tema
della
Biennale
era
"Less
aesthtics
More
ethics”,
essi
utilizzano
la
tecnologia
per
finalità
etiche:
il
miglioramento
dell'ecosistema
terrestre.
L’esigenza
principale
cui
si
dovrà
far
fronte
nel
terzo
millennio
sarà
la
soluzione
del
problema
ecologico.
La
città
diffusa
non
potrà
proseguire
con
la
cementificazione
e
gli
uomini
dovranno
integrarsi
con
la
natura
anziché
devastarla.
Gli
Spin+
cercano
la
soluzione
a
questo
problema
nella
bio-tecnologia,
per
creare
degli
organismi
vegetali
abitabili.
Essi
ipotizzano
che
l’architetto
diventi
anche
biologo
e
sia
in
grado
di
progettare
il
DNA
di
un
organismo
vegetale
autosufficiente
che
possa
ospitare
al
suo
interno
gli
uomini.
“Questa
potrebbe
essere
la
vera
rivoluzione
informatica
nella
progettazione”
[1].
Il
ruolo
dell’architetto
si
ridurrà
dunque
alla
progettazione
del
DNA,
attraverso
l’immissione
nel
computer
di
dati
come
la
direzione
di
crescita
dei
tessuti
cellulari,
l’area
massima
che
devono
raggiungere,
la
temperatura.
Un
software
elaborerà
tali
dati
per
produrre
il
DNA
capace
di
soddisfare
i
requisiti
richiesti
e
dopo
aver
creato
la
prima
cellula
essa
si
riprodurrà
automaticamente
formando
i
tessuti
vegetali
che
costituiranno
ogni
abitazione.
L’abitazione
vegetale
si
evolverà
nel
tempo
e
seguirà
le
stagioni.
Il
nome
della
città
che
immaginano
è
“Vegetown”.
Gli
organismi
abitabili
dovrebbero
essere
in
grado
di
creare
le
condizioni
ambientali
necessarie
all’uomo:
il
riscaldamento
o
il
raffreddamento
dello
spazio
interno
deriverebbero
dai
processi
di
fotosintesi.
Ogni
singolo
organismo
verrebbe
affiancato
e
sovrapposto
ad
altri
in
modo
da
formare
degli
edifici
pluripiano
in
cui
anche
le
scale
di
collegamento
potrebbero
essere
realizzate
con
lo
stesso
metodo.
Il
costruire
non
sarebbe
più
un
attività
contro
natura,
bensì
un
arricchimento
di
quest’ultima.
La
città
e
la
campagna
sarebbero
costituite
dalla
stessa
materia
e
quindi
tra
loro
non
vi
sarebbe
più
alcuna
contrapposizione.
L’estremo
utopismo
che
impregna
questo
progetto
risponde
alla
richiesta
di
un
progetto
futuristico
fatta
dal
bando
di
concorso.
“In
fin
dei
conti”
affermano
gli
Spin+,
“sappiamo
benissimo
che
la
città
del
terzo
millennio
sarà
identica
a
quella
della
fine
del
secondo,
solo
con
un
po'
di
macchine
e
smog
in
più…”.
Essi
spingono
all’estremo
l’organicità
dell’Architettura
topologica.
Tuttavia
la
proposta
progettuale
rimane
una
visione
onirica:
è
descritta
attraverso
quattro
tavole
che
illustrano
la
“città
vegetale”
esternamente,
senza
addentrarsi
neanche
in
viste
degli
ambienti
interni.
Inoltre
il
progetto
sembra
avere
in
comune
il
maggiore
difetto
riscontrato
in
quello
dello
studio
Form:
l’adimensionalità
evidenziata
dalla
mancanza
di
figure
umane
di
riferimento
nelle
illustrazioni
progettuali.
|
Figg.
1-3_
Vedute
di
Vegetown.
|
Il
progetto
di
un
“centro
di
riproduzione
intensivo”,
ideato
dal
gruppo
HOV
utilizzando
il
software
3Dstudio,
raggiunge
un
livello
di
definizione
che
non
lo
rende
neppure
paragonabile
a
quello
delle
Embryologic
Houses.
Non
è
un
progetto
che
riguarda
l’edilizia
residenziale
ma
offre
un
ulteriore
esempio
di
quanto
sia
immatura
la
ricerca
italiana
rispetto
a
quella
di
Greg
Lynn.
Questo
progetto
del
gruppo
HOV,
fondato
ad
Ancona
nel
1998
da
David
Raponi,
si
colloca
all’interno
di
un
più
ampio
insediamento
chiamato
“[Glossity]”.
Glossity
è
un
modello
di
città
immaginaria
basato
sulle
relazioni
sociali,
che
sono
controllate
dalla
chimica
e
dalla
fisica.
In
questo
ambito
è
collocato
il
centro
di
riproduzione
intensiva,
pensato
come
luogo
di
incontro
a
fini
riproduttivi.
La
schematica
struttura
iniziale
è
realizzata
in
materiale
sintetico
inorganico,
mentre
lo
sviluppo
successivo
è
assicurato
da
“elementi
unitari
autogeneranti
con
esoscheletro
portante”,
come
il
corallo.
Il
progetto
sperimenta
un
approccio
interdisciplinare,
adottando
concetti
propri
della
biologia
e
della
chimica.
La
forma
esterna
illustrata
dalle
immagini
è
solo
una
delle
possibili
che
l’edificio
potrà
assumere
durante
la
propria
esistenza,
dato
che
si
evolve
autonomamente
come
un
essere
vivente.
Nessuna
componente
strutturale
è
dura
e
persistente,
così
come
non
è
presente
nessun
tipo
di
elemento
riconducibile
al
concetto
di
arredo.
L’edificio
dunque
non
utilizza
la
tecnologia
CAM
per
la
realizzazione
della
propria
struttura:
il
progetto
immagina
un
sistema
costruttivo
inesistente
e
attualmente
irrealizzabile.
L’edificio
è
fatto
per
essere
vissuto
al
suo
interno,
dove
la
materia
che
riveste
la
struttura
è
anch’essa
costituita
da
unità
autogeneranti,
di
natura
più
complessa
rispetto
agli
elementi
costituenti
la
struttura.
Le
pareti
interne
dell’edificio
sono
simili
a
reti
di
neuroni
cerebrali
che,
sollecitati
dalla
pressione
dei
corpi,
dai
movimenti,
dal
calore
e
dai
rumori
emessi
dagli
utenti,
emettono
impulsi
elettrici
o
chimici
inducendo
in
essi
l'illusione
del
rapporto
d'amore.
L’edificio
risulta
essere
una
pura
esperienza
sensoriale.
Essendo
Glossity
una
società
estremamente
organizzata,
i
tempi
vitali
al
suo
interno
sono
gestiti
in
modo
esatto
e
quindi
anche
l'esperienza
amorosa
viene
controllata,
facendo
dimenticare
ai
due
individui
che
si
incontrano
di
non
essersi
mai
visti
prima.
Gli
impulsi
emessi
dalla
rete
di
neuroni
comunicano
alle
persone
dei
falsi
ricordi
e
sensazioni
piacevoli
che
inducono
le
coppie
di
individui
a
credere
di
avere
alle
spalle
una
storia
d’amore.
Lo
stesso
spazio
ed
il
coinvolgimento
sensoriale,
diffuso
dalla
materia
costituente,
conducono
ad
uno
stato
di
benessere
e
di
appagamento.
Gli
spazi
interni
non
hanno
alcun
rapporto
con
l’esterno,
sono
ambienti
in
cui
sperimentare
emozioni
indotte
dalle
pareti.
In
entrambi
i
progetti
l’involucro
è
costituito
da
materia
organica.
Mentre
nel
primo
caso
si
tratta
di
cellule
vegetali,
in
questo
caso
le
cellule
sono
di
tipo
animale.
Anche
qui
l’intervento
del
progettista
si
limita
ad
un
input
iniziale,
per
poi
proseguire
autonomamente
come
la
crescita
di
un
essere
vivente.
L’Architettura
che
ne
deriva
ha
una
forma
indefinita:
si
può
programmare
il
DNA
in
modo
da
indirizzare
l’evoluzione
biologica,
ma
rimane
sempre
l’indeterminatezza
tipica
dei
processi
naturali.
Se
nei
progetti
dello
UN
Studio,
di
IaN+
e
Nicole_FVR
il
ciclo
vitale
contribuiva
all’ideazione
dell’edificio
all’interno
del
quale
le
persone
si
muovono
e
interagiscono
tra
loro,
qui
la
casa
stessa
è
un
essere
vivente
e
in
quanto
tale
interagisce
con
gli
abitanti.
Inoltre
queste
abitazioni
vive
avranno
bisogno
di
nutrimento,
che
potrebbe
essere
paragonato
alla
manutenzione
programmata
degli
edifici,
per
poterle
far
vivere
il
più
a
lungo
possibile.
Mentre
il
primo
progetto
è
più
interessato
all’inserimento
nel
territorio,
tanto
che
non
viene
illustrato
l’interno
degli
organismi
vegetali
abitabili,
il
secondo
si
concentra
sull’ambiente
interno.
La
peculiarità
del
“centro
di
riproduzione
intensiva”
è
l’interazione
tra
involucro
e
abitante,
lo
scambio
di
impulsi
elettrici,
chimici
e
meccanici,
mentre
quella
di
“Vegetown”
è
la
sua
continuità
con
il
territorio
naturale,
il
basso
impatto
ambientale
di
un
insediamento
di
questo
tipo.
I
due
progetti
sviluppano
due
diversi
aspetti
progettuali
che
invece
dovrebbero
riguardare
entrambi.
|
Fig.
4_
Una
vista
di
Glossity.
Fig.
5_
Schema
di
formazione
del
Centro
di
riproduzione
intensiva.
Fig.
6_
Vista
esterna
del
Centro
di
riproduzione
intensiva. |