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Il rinnovamento del tipo:

Il museo Solomon Guggenheim

di Frank Lloyd Wright:

confronto con il museo di Gehry.

         

Politecnico di Milano

Facoltà di Architettura

A.A. 1999-2000

Corso di Teorie e Tecniche della progettazione architettonica

Prof. Ernesto D'Alfonso

Assistente: Arch. Elena Cazzaniga

Tesi composta da:

Laura Camilla Corna

data di creazione:

27/03/01

data ultima modifica:

07/01/10

1. Introduzione.

L'inizio della lunga carriera di Wright: il prairie style.

Frank Lloyd Wright nacque l’8 giugno 1867 nel Wisconsin. A vent’anni si trasferì a Chicago: l’impatto con la metropoli fu drammatico. “Egli da un lato ne rimase ammaliato, dall’altro maturò una forte avversione per le concentrazioni urbane”.[1] 

Nello stesso anno fu assunto nel prestigioso ufficio di Adler & Sullivan. Il rapporto con Louis Sullivan, detto “Lieber Meister”, fu una tappa fondamentale della sua vita. I pochi edifici residenziali che Adler e Sullivan accettavano di costruire venivano affidati a Wright. Per Wright, così come per Sullivan, lo stile monumentale, da quest’ultimo utilizzato nelle tombe , non era adatto ad ospitare la vita ed a rappresentare la cultura del Nuovo Mondo. Essi si rivolsero quindi all’opera di un collega celta, Owen Jones, nella cui “Grammar of Ornament” del 1856 erano raccolti esempi ornamentali per la maggior parte di origine esotica (India, Cina, Egitto, ecc.).[2] 

Qualche anno dopo, essendo Wright divenuto ormai noto nel campo dell’edilizia residenziale, molti committenti si rivolgevano direttamente a lui, scavalcando l’ufficio di Adler e Sullivan. Egli iniziò così a progettare  le cosiddette  “case di contrabbando” che non facevano prevedere il futuro genio. Quando, nel 1893, il “Lieber Meister” ne venne a conoscenza rescisse il contratto di lavoro. 

 Nella Winslow House del 1893, il suo primo incarico ufficiale, per la prima volta apparve il tetto poco inclinato in stile “prateria” e le superfici furono animate da decorazioni che ricordano quelle di Sullivan. Già in quest’opera il camino era diventato un centro rituale della casa. L’emergere definitivo del Prairie Style coincise con la maturità teoretica di Wright. Gli elementi principali erano un piano terra aperto contenuto in un involucro orizzontale comprendente tetti poco inclinati e bassi muri perimetrali, in contrasto con i camini verticali e i volumi interni a doppia altezza.[3] L’intento era quello di “portare nella casa il mondo esterno e, insieme, permettere che il suo interno si espandesse all’esterno”. Egli voleva elevare lo standard qualitativo dell’architettura residenziale [4].

L’emergere dello stile maturo di Wright è rappresentato dal “Larkin Building” e dalla “Martin House”, entrambi costruiti per la famiglia Martin nel 1904, seguiti dallo “Unity Temple” del 1906. In questi edifici la pianta era modulata come un Tartan scozzese. I due edifici pubblici comprendono un  singolo spazio interno, illuminato dall’alto e circondato sui quattro lati da gallerie. Wright, come molti dei suoi contemporanei europei (W. Gropius, E, Mendelsohn, A. Meyer, B. Taut, ecc.) aveva come scopo il raggiungimento di un ambiente totale che abbracciasse tutta la società.[5] 

Nel 1905 compì il suo primo viaggio in Giappone. La casa giapponese gli si rivelò come un “tempio di suprema pulizia ed essenzialità”. L’influenza su Wright dell’architettura giapponese è evidente nella suddivisione interna tramite schermi anziché pareti divisorie e nella traduzione del tokonama, fulcro del cerimoniale domestico giapponese, nel focolare, il suo corrispettivo occidentale.[6] 

L’espressione del Prairie Style oscillava costantemente tra due poli: uno tortuoso, asimmetrico e pittoresco esemplificato dalla “Avery Coonley House”(1908); l’altro compatto, modulare e simmetrico rappresentato dalla “Robie House” (1909). 

Dopo un improvviso abbandono del lavoro e della famiglia e una fuga in Europa, forse dovuti a insofferenza verso il mondo suburbano di Oak Park, nel 1911 tornò nel Wisconsin dove fondò la comunità di Taliesin, un cantiere in perenne mutamento che sarebbe stato più volte distrutto dal fuoco. 

La diffusione della sua opera in Europa, nel 1910, avvenne in un periodo in cui si sentiva il bisogno di apporti formali liberatori, che aiutassero a spezzare la secolare associazione tra cultura classica e pratica costruttiva. Egli, essendo nato negli Stati Uniti e quindi libero dai pregiudizi stilistici che condizionavano i maestri europei, possedeva una straordinaria libertà nelle scelte formali e diventò così un preziosissimo riferimento per la ricerca in corso. 

“Il frutto della ripresa”[7] fu il progetto per i Midway Gardens, inaugurati nel 1915. Nello stesso anno ricevette l’incarico di progettare l’Imperial Hotel di Tokyo e tornò in Giappone. Quando, nel 1923, l’edificio resistette al terremoto che devastò larghi settori della città, avvalendosi del suo impianto strutturale bilanciato, la fama di Wright acquistò ulteriore prestigio. Questi due progetti furono l’ultimo tentativo di affermare la propria visione come espressione universale. I Midway Gardens costituirono il tentativo più convincente compiuto in direzione di una cultura popolare mentre l’Imperial Hotel fu l’ultimo edificio del Prairie Style

 

 

La "Disappearing City".

L’impatto con la Depressione  e la produzione di massa dell’automobile economica da parte di Henry Ford, indussero Wright a formulare un nuovo ruolo per l’architettura, individuandolo nella ristrutturazione dell’ordine sociale negli Stati Uniti.[8] 

Inizialmente egli, sostenendo la superiorità dei metodi e dei materiali tradizionali, aveva adattato la macchina alla creazione di una cultura artigianale di alto livello, l’aveva applicata alla formazione del Prairie Style. Solo a partire dagli anni Venti, costretto a riconoscere i limiti economici dei materiali e dei metodi tradizionali, egli prese in considerazione l’utilizzo di elementi artificiali prodotti in serie, come  il sistema modulare a curtain-wall progettato per chiudere le strutture monolitiche in calcestruzzo.[9] 

Nel 1928 coniò il termine Usonia che denotava una cultura egualitaria che sarebbe emersa spontaneamente negli Stati Uniti e che avrebbe realizzato una nuova forma dispersa di civiltà, resa possibile dalla proprietà generalizzata dell’automobile. 

Nel 1932 fu pubblicato il libro “The Disappearing City” a completamento del suo studio su “Broadacre City”. La polemica antiurbana è un connotato costante della cultura americana poiché la città europea è sinonimo di congestione ed autoritarismo. L’automobile consentiva di vincere le distanze conquistando l’intero territorio. “Broadacre City” era distribuita su una griglia reticolare a scala regionale che si autogovernava. Wright fu l’unico a prevedere il degrado delle concentrazioni urbane e ad indicare una seria alternativa, “l’urbanesimo rurale”, inizialmente giudicato dagli urbanisti frutto di uno spirito romantico ottocentesco. [10] 

Dopo un decennio di crisi professionale, l’opera di Wright acquista nuovo vigore mentre si diffonde il repertorio razionalista europeo. Con la “casa Kauffmann”, la celebre Fallingwater (1936) ed il “Johnson Wax Administration Building, inizia un periodo di straordinario recupero. L’assimilazione della casa d’abitazione ai processi della natura e dell’edificio lavorativo all’idea di un sacramento costituivano la sostanziale polarità che aveva caratterizzato l’opera di Wright. Con la “casa Kauffmann” e il “Johnson Wax Administration Building” questa polarizzazione venne riformulata. Il termine “organico” venne a significare l’uso dello sbalzo in calcestruzzo come se fosse una forma naturale, simile ad un albero. Il luogo sacro del lavoro fu reinterpretato in chiave organica con sottili colonne cave che costituivano il supporto principale del locale a pianta libera, alto nove metri, e che contenevano gli impianti. Fallingwater incarnava l’ideale di Wright della fusione dell’abitazione con la natura. E’ una fusione totale poiché la natura permea ogni angolo.[11]

Egli agiva parallelamente al Movimento Moderno ma era distaccato dalla società contemporanea, accoglieva solo quella parte di realtà che gli serviva per tradurre in concreto il suo mondo ideale. Il Movimento Moderno doveva tenere conto di numerose variabili che potevano perturbare la coerenza dei risultati e costringevano a difficili compromessi, mentre Wright non aveva vincoli e quindi la sua architettura appariva integra, compatta, priva di esitazioni.[12] 

Da questo momento in poi, ad esclusione delle funzionali case usoniane inaugurate dalla “casa Jacobs”(1937), egli continuò ad elaborare un genere di architettura fantascientifica in cui l’ardimento strutturale e tecnologico si fonde con quello funzionale e poetico. Le Usonian Houses dovevano essere piccole case accoglienti, a pianta libera, progettate per la comodità , l’economicità ed il comfort. Esse dovevano diventare la sostanza architettonica di Broadacre City. [13] 

In questo ultimo periodo egli esplora le forme curve. Dalla spirale della "Sugarloaf Mountain" nel Maryland, a quella del "Morris Shop" di San Francisco, alla casa per il figlio David, la ricerca del continuum spaziale sfocia nella spirale del Guggenheim Museum del 1946. 

Nel libro “The Living City” (1958) egli identifica le forze che avrebbero trasformato la civiltà: l’Elettrificazione, la possibilità di Movimento Meccanico (dato da automobile ed aeroplano) e l’Architettura Organica.[14] 

Morì nel 1959 a novantadue anni.

[continua]

NOTE:

[1] Pag. 260 “Frank Lloyd Wright” Bruno Zevi 

[2] pag. 56 “Storia dell’architettura moderna” Kenneth Frampton 

[3] pag. 59  ibid. 

[4] pag. 261 “Frank Lloyd Wright” Bruno Zevi 

[5] pag. 61 “Storia dell’architettura moderna” Kenneth Frampton 

[6] Manson citato a pag. 58 in ibid. 

[7] pag. 262 “Frank Lloyd Wright” Bruno Zevi 

[8] pag. 216 “Storia dell’architettura moderna” Kenneth Frampton 

[9] pag. 217 ibid. 

[10] pag. 144 “Frank Lloyd Wright” Bruno Zevi 

[11] pag. 219 “Storia dell’architettura moderna” Kenneth Frampton 

[12] “Storia dell’architettura moderna” Leonardo Benevolo 

[13] pag. 221 “Storia dell’architettura moderna” Kenneth Frampton 

[14] pag. 220 ibid. 


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