2.
Le
sperimentazioni
delle
giovani
generazioni
di
architetti
italiani.
Pur
essendoci
molti
giovani
architetti
italiani
che
sperimentano
forme
e
metodi
radicali
e
innovativi,
basati
sull'uso
creativo
del
computer
o
sulla
propensione
all'evento
urbano,
sembrano
ancora
pochi
quelli
che
hanno
maturato
una
propria
elaborazione
concettuale
delle
tendenze
internazionali.
La
maggior
parte
dei
progetti
italiani
nasce
come
visione
futuristica
di
scenari
cittadini
o
di
modalità
abitative,
restando
ad
un
livello
di
definizione
embrionale.
Invitati
da
concorsi
per
idee
sugli
scenari
architettonici
futuri,
alcuni
gruppi
hanno
sviluppato
paesaggi
utopici
di
improbabili
città
del
futuro.
Per
illustrare
meglio
questo
panorama
italiano
costituito
da
giovani
che
tentano
di
rielaborare
le
idee
dominanti
l’ambito
architettonico
internazionale,
presento
di
seguito
alcuni
progetti
esemplificativi.
I
progetti
sono
suddivisi
in
tre
filoni
tematici
che
corrispondono
alle
ricerche
architettoniche
svolte
in
ambito
internazionale
e
descritte
nel
precedente
capitolo.
Infatti
le
sperimentazioni
italiane
si
rifanno,
più
o
meno
esplicitamente,
al
più
maturo
e
consapevole
lavoro
dei
colleghi
stranieri.
In
realtà
in
tutti
i
progetti
si
colgono
riferimenti
a
tutte
e
tre
le
tematiche,
che
riguardano
l’introduzione
del
ciclo
vitale,
il
controllo
territoriale
e
l’involucro,
ma
ognuno
sviluppa
peculiarmente
una
delle
tre.
I
tre
filoni
dunque
non
sono
nettamente
distinti
ma
si
contaminano,
dato
che
ogni
progetto
deve
confrontarsi
con
questi
temi.
L’obiettivo
di
tali
progetti
è
in
linea
con
le
tendenze
internazionali.
Innanzitutto
la
ricerca
è
rivolta
alla
creazione
di
uno
spazio
domestico
dinamico,
che
nasca
e
si
evolva
seguendo
i
movimenti
del
corpo
umano
e
che
possa
essere
continuamente
reinterpretato
al
variare
delle
esigenze.
Inoltre
si
cerca
un
nuovo
rapporto
con
il
territorio,
indagando
nuove
metodologie
insediative
che
portino
ad
un
equilibrio
ecologico.
Infine
si
sperimentano
nuovi
sistemi
costruttivi
e
progettuali,
ricerca
che
più
delle
precedenti
mostra
il
gap
tra
l’Italia
e
gli
altri
Paesi.
A
differenza
degli
esempi
esteri,
tutti
questi
progetti
abitativi,
tranne
HABITAT_BZ2001
dei
Metrogramma,
sono
nati
con
la
consapevolezza
di
rimanere
sulla
carta,
tanto
da
non
arrivare
neppure
ad
un
livello
di
definizione
come
quello
del
progetto
OfftheRoad
dei
NOX.
In
quest’ultimo
i
progettisti
giungono
ad
immaginare
una
innovativa
tecnologia
di
realizzazione
da
attuarsi
con
un
materiale
esistente,
la
mancata
concretizzazione
è
dovuta
ad
un
ostacolo
finanziario.
Le
ricerche
italiane
invece
sono
più
acerbe.
Per
ogni
filone
tematico
descriverò
i
progetti
e
i
metodi
progettuali
adottati
mettendoli
a
confronto
con
quelli
degli
architetti
stranieri.
Cercherò
dunque
di
capire
dove
risiedono
le
debolezze
della
nostra
ricerca
per
poter
individuare
una
possibile
via
d’uscita.
|
|
2
a.
Il
computer
nel
processo
progettuale
per
introdurre
il
ciclo
vitale
nell’abitare.
I
progetti
appartenenti
a
questo
filone
sviluppano
la
concezione
di
uno
spazio
in
divenire,
rifacendosi
alla
ricerca
dello
UN
Studio.
Lo
scopo
principale
è
l’ideazione
di
uno
spazio
costruito
seguendo
i
movimenti
del
corpo,
che
permetta
varie
interpretazioni
in
momenti
diversi.
Se
l'existenz
minimum
del
Movimento
Moderno
prevedeva
la
progettazione
degli
spazi
a
misura
d’uomo,
basandosi
sulle
dimensioni
del
corpo
umano,
oggi
i
progettisti
puntano
all’ideazione
di
uno
spazio
indifferenziato
che
si
adatti
ai
cambiamenti
delle
esigenze
degli
utenti.
L’uso
del
computer
è
incentrato
sullo
studio
iniziale
delle
esigenze
dei
committenti
e
sulla
ricerca
di
fini
etici
per
giungere
alla
creazione
della
forma
architettonica.
Il
primo
progetto
è
la
“casa
di
Goethe”
dello
studio
IaN+.
(...)
Questo
progetto
è
stato
ideato
come
indagine
spaziale
e
morfologica
per
il
concorso
giapponese
“Shinkenchiku-Sha”
del
1999,
dove
ha
ottenuto
una
segnalazione.
Esso
scaturisce
da
una
riflessione
sullo
spazio
domestico
che
ha
come
punto
di
partenza
gli
studi
che
Goethe
compì
sulle
metamorfosi
della
forma.
Il
progetto
non
nasconde
il
proprio
legame
con
la
Möbius
House,
affrontando
il
tema
dell’abitare
seguendo
i
suddetti
propositi.
I
progettisti
tentano
di
liberare
la
forma
dalla
propria
identità
di
oggetto
statico
per
metterla
in
movimento.
Tuttavia
non
si
tratta
di
attribuire
all’edificio
flessibilità
meccanica,
bensì
di
creare
uno
spazio
continuo
indefinito
che
possa
stimolare
nel
tempo
nuovi
modi
di
viverlo.
Lo
spazio
continuo
esprime
il
flusso
vitale.
Luca
Galofaro,
da
me
interpellato
riguardo
a
questo
progetto,
afferma
che
una
stanza
vuota
è
qualcosa
da
modificare
come
lo
è
un
paesaggio.
L’ideazione
parte
da
uno
studio
dei
movimenti
dei
futuri
abitanti
durante
l’arco
della
giornata,
per
poter
costruire
degli
spazi
che
vi
si
adattino,
attraverso
l’uso
di
diagrammi.
A
seconda
delle
esigenze
e
delle
abitudini
dei
futuri
abitanti,
“la
casa
di
Goethe”
potrà
assumere
infinite
configurazioni.
Il
processo
progettuale
è
incentrato
sulle
attività
umane,
utilizzate
come
parametri
progettuali
insieme
ai
“flussi”,
cioè
i
movimenti
che
mettono
in
relazione
le
attività
fra
loro.
Gli
spazi
utilizzati
per
le
varie
attività
non
sono
circoscritti
da
limiti
definiti
ma
da
“inter-zone”
di
scambio
e
di
passaggio,
che
unificano
anziché
separare.
Dopo
aver
definito
le
zone
di
attività
e
i
movimenti
che
le
collegano,
si
passa
alla
definizione
degli
spazi
architettonici.
Le
relazioni
tra
le
attività
vengono
trasposte
in
un
diagramma.
Il
diagramma
rappresenta
un
ideale
percorso
temporale
di
un
corpo
all’interno
di
una
casa,
come
per
il
metodo
utilizzato
dall’UN
studio,
ed
il
suo
utilizzo
permette
di
introdurre
nel
progetto
riferimenti
interdisciplinari.
Il
diagramma
utilizzato
nel
caso
della
“casa
di
Goethe”
è
uno
spartito
del
musicista
John
Cage,
scelto
per
la
sua
capacità
di
interrompere
la
continuità
delle
sue
creazioni
musicali
con
il
silenzio
così
come
gli
IaN+
utilizzano
il
vuoto
nella
modulazione
dello
spazio.
Luca
Galofaro
afferma
che
lo
spartito
musicale
può
essere
paragonato
ad
una
stanza
vuota
o
ad
un
paesaggio,
che
si
trasformano
nel
momento
in
cui
vengono
messe
le
note.
Nello
spartito
di
Cage
del
“Concerto
per
piano
e
orchestra”
isole
di
note
si
alternano
a
spazi
vuoti.
Come
le
note
si
alternano
al
silenzio,
il
vuoto
si
alterna
al
pieno
nella
definizione
dello
spazio.
Ma
il
passaggio
dal
diagramma
al
progetto
non
è
un’operazione
meccanica
di
trasposizione.
Unendo
le
note
di
tale
spartito
tra
loro
con
delle
linee
si
ottiene
una
sagoma
chiusa
simile
a
quella
della
sezione
dell’edificio,
che
induce
a
pensare
che
i
progettisti
abbiano
estrapolato
la
forma
in
questo
modo.
Invece
l’arch.
Luca
Galofaro,
interpellato
a
tale
proposito,
afferma
che
la
coincidenza
tra
le
due
forme
è
solo
un
caso.
Dallo
spartito
è
stata
invece
tratta
la
spazialità:
il
rapporto
tra
pieno
e
vuoto
nella
casa
è
lo
stesso
che
intercorre
tra
le
isole
di
note
e
lo
spazio
libero
dello
spartito
musicale.
Tuttavia
in
questo
modo
i
progettisti
sembra
abbiano
perso
un
occasione
per
indagare
le
proprietà
spaziali
degli
spartiti
musicali:
sarebbe
stato
interessante
analizzare
gli
spartiti
di
musicisti
diversi
da
questo
punto
di
vista,
confrontando
i
diversi
spazi
architettonici
estrapolati.
Anche
se
il
passaggio
dal
diagramma
alla
forma
sarebbe
stato
più
meccanico
(e
quindi
anche
più
oggettivo),
la
ricerca
avrebbe
portato
degli
spunti
interessanti.
Lo
spazio
interno
dell’edificio
viene
creato
lavorando
sull’accostamento
di
layers,
cioè
di
strati
aventi
un
certo
spessore.
All’interno
di
ogni
strato
si
trova
un
“nastro”
che
costituisce
la
superficie
utile
dell’abitazione.
Gli
strati
vengono
poi
accostati
a
piacere
per
formare
il
volume
totale
dell’edificio.
Spostando
gli
strati
e
cambiandone
l’ordine
di
successione
si
giunge
a
diverse
configurazioni
dello
spazio
interno.
Questo
costituisce
l’adattamento
della
casa,
che
si
attua
in
fase
progettuale,
alle
diverse
esigenze
dei
futuri
abitanti.
I
progettisti
non
hanno
però
definito
degli
“strati-tipo”
per
poter
lasciare
il
più
ampio
margine
di
flessibilità.
L'involucro
ottenuto
ha
una
funzione
avvolgente
che
ospita
al
suo
interno
il
“percorso
abitativo”.
All’interno
è
stata
eliminata
la
netta
divisione
tra
muri,
soffitti
e
pavimenti:
la
superficie
continua,
ottenuta
dall’accostamento
dei
“nastri”
contenuti
nei
vari
layers,
forma
i
diversi
piani
senza
interruzioni
nette.
La
sovrapposizione
di
piani
è
sostituita
dalla
continuità
delle
superfici
in
ogni
direzione.
Le
attività
troveranno
nuovi
tipi
di
rapporto
con
le
superfici
inclinate.
Benché
l’edificio
non
possa
essere
studiato
in
un
contesto
definito,
i
progettisti
immaginano
il
suo
inserimento
nel
paesaggio
provocando
quella
che
essi
definiscono
“interferenza”.
La
casa
sprofonda
nel
terreno,
mentre
il
terreno
circostante
sale
formando
un
declivio
che
la
nasconde.
Immersa
nel
paesaggio
la
casa
diventa
un
frammento
della
complessità
naturale.
Dunque
l’interazione
con
il
paesaggio
sembra
più
che
altro
riguardare
una
deformazione
del
territorio
attorno
all’edificio,
come
illustrano
le
animazioni
schematiche
visibili
sul
loro
sito
Internet.
Ma
l’interferenza
è
pensata
in
un
indefinito
spazio
verde,
senza
considerare
la
possibilità
di
un
insediamento
nel
tessuto
urbano
preesistente,
con
cui
si
dovrebbe
instaurare
un
legame
più
articolato.
Più
che
instaurare
un
legame,
l’edificio
sembra
volersi
isolare.
I
progettisti
non
definiscono
i
materiali
con
cui
intendono
realizzare
l’edificio
né
spiegano
in
che
modo
la
struttura
si
regga.
La
forma
esterna
dell’edificio
è
essenzialmente
un
parallelepipedo
che
sembra
delimitare
lo
spazio
all’interno
del
quale
avviene
la
trasformazione.
Il
modello
sembra
un
blocco
gelatinoso
al
cui
interno
si
snoda
la
serpentina
che
costituisce
la
superficie
utile.
Il
progetto
non
subisce
il
condizionamento
dell’eredità
culturale,
sembra
anzi
aver
fatto
tabula
rasa
di
tutti
gli
insegnamenti
dei
maestri
del
passato.
L’estetica
evanescente
della
casa
di
Goethe
dimostra
di
non
tenere
in
considerazione
la
cultura
locale,
di
non
cercare
nessuna
relazione
con
essa.
Un
simile
utilizzo
acritico
del
mezzo
digitale
potrebbe
solo
portare
ad
una
cieca
uniformità
dell’abitare.
|
Fig.
1_
Uno
spartito
del
musicista
John
Cage
“Concerto
per
piano
e
orchestra”
(1957-58)
è
il
diagramma
concettuale
alla
base
del
progetto
della
Casa
di
Goethe.
Fig.
2_
La
sezione
della
Casa
di
Goethe.
Fig.
3_
.
Figg.
4-5_
Due
modelli
della
Casa
di
Goethe.
|
Il
progetto
dello
studio
NICOLE_FVR
(...)
non
riguarda
l’edilizia
residenziale
ma
può
ugualmente
rientrare
nel
tema
dato
che
studia
uno
spazio
che
si
espande
e
si
riduce
nel
tempo
seguendo
le
esigenze
degli
utenti.
Il
gruppo
ha
partecipato
al
concorso
“Yourope”
per
la
progettazione
di
un’Ambasciata
Europea
localizzata
a
Washington
D.C,
il
Cairo
o
Beijing.
Il
bando
richiedeva
un
progetto
basato
su
una
visione
personale
dell’Europa
futura,
auspicando
un
progetto
interdisciplinare.
I
progettisti
erano
liberi
di
decidere
se
progettare
un
singolo
edificio
o
un
complesso
edilizio
e
quanto
spazio
riservare
alla
politica,
all’economia,
alla
cultura,
agli
affari
sociali,
ai
servizi
consolari.
Il
progetto
dei
NICOLE_FVR
nasce
dall’idea
di
un’inserzione
sottocutanea.
L’ambasciata
è
incastrata
nel
territorio,
modificandolo
“come
una
sacca
di
silicone
modifica
il
corpo”.
L’area
di
progetto
diventa
un
parco
urbano
che
ospita
l’edificio
mimetizzato.
L’ambasciata
è
strutturata
come
fusione
tra
spazio
pubblico,
che
include
informative
zone,
event
zone,
free
zone
e
auditorium
zone,
e
spazio
privato,
che
include
diplomatic
area,
operating
area,
cultural
area
e
recreational
area.
Le
zone
pubbliche
si
espandono
o
riducono
durante
la
giornata,
a
seconda
delle
necessità.
Non
si
tratta
di
una
flessibilità
meccanica
ma
della
possibilità
di
reinterpretare
secondo
modalità
diverse
lo
spazio
a
seconda
delle
esigenze.
Le
zone
private
sono
concepite
come
un
aggregazione
cellulare.
Anche
questo
progetto
rimane
ad
uno
stato
embrionale,
senza
definire
i
materiali
e
le
tecnologie
con
cui
si
intende
realizzare
l’edificio.
L’integrazione
nel
territorio,
anche
qui
come
nel
progetto
precedente,
diventa
una
mimetizzazione
più
che
l’instaurazione
di
un
legame.
Sembra
che
il
contesto
immaginato
sia
sempre
un
indefinito
paesaggio
naturale
anziché
una
città
con
il
proprio
tessuto
edificato
preesistente
con
cui
confrontarsi.
Pare
dunque
che
il
progetto
sia
affetto
da
uno
scollamento
dalla
realtà,
un
distacco
totale
da
qualsiasi
riferimento
concreto.
Comunque
questo
distacco
è
dovuto
sia
alle
richieste
dei
bandi
di
concorso,
secondo
cui
i
progetti
sono
stati
ideati,
sia
alla
mancanza
di
committenze
che
vogliano
realizzare
le
opere,
favorendo
un
riscontro
con
la
realtà.
|
Fig.
6_
Vista
esterna
dell'Ambasciata
europea.
Fig.
7_
Vista
interna
dell'Ambasciata
europea. |