1.
Introduzione.
La
Val Taleggio è un luogo tranquillo, dove si lavano ancora i panni al
lavatoio[1], dove le mucche pascolano nei prati, dove il turismo non ha
portato alla cementificazione del territorio per costruire case abitate
un mese l'anno.
Per
assaporare l'amenità del luogo, si devono percorrere le ripide
mulattiere che attraversano i boschi e i pascoli, passando accanto ad
una buddleia festeggiata da farfalle o scorgendo una salamandra
giallonera tra i cespugli.
In
questa piccola valle solcata dal torrente Enna, è presente una tipologia edilizia molto particolare,
caratterizzata dai tetti a forte pendenza in piöde, che
meriterebbe di essere salvaguardata.
Una
tipologia simile è presente anche in Valle Imagna[2],
con alcune differenze.
2.
Il territorio.
La
Val Taleggio è una diramazione occidentale della valle Brembana e comprende due comuni: Vedeseta e Taleggio, che è
composto dalle frazioni Olda, Peghera, Pizzino (figg.1-10) e Sottochiesa. Non esiste
quindi un paese che si chiama Taleggio, ma un insieme di piccole
frazioni che formano un comune con tale nome.
Nella
valle "le rocce prevalenti sono i calcarei lastriformi e talora
marnosi del retico medio ed inferiore"[3].
Il
torrente Enna percorre tutta la valle ed ha scavato nella dolomia, nel
corso dei secoli, una gola lunga 3 km, detta orrido della Val
Taleggio (fig.23). Le pareti dell'orrido sono solcate da numerose cascatelle
che in inverno si trasformano in spettacolari sculture di ghiaccio.
Proprio
attraverso l'orrido scorre una delle tre vie d'accesso alla valle,
quella proveniente da San Giovanni Bianco. E' emozionante passare nello
stretto tenebroso varco tra le rocce scoscese, che incombono sulla
strada e a tratti sono scavate a creare brevi gallerie.
Alberto
Fumagalli[*] chiamava isole culturali queste zone montane, poichè
il forte isolamento poteva essere assimilato a quello delle
isole. Tale isolamento ha contribuito ad accentuare la
caratterizzazione dell'architettura rurale, che utilizzava i materiali
costruttivi del luogo.
3.
La popolazione.
Gli abitanti
della valle erano molto legati alla terra, da
cui dipendeva il loro sostentamento in ogni aspetto: dal cibo, ai
combustibili per il riscaldamento, ai materiali costruttivi. La pietra
locale fu utilizzata a lungo sia per le murature, sia per la copertura
del tetto, poiché nella zona non esistevano cave di ardesia o argilla
per costruire tegole. Più isolato è un luogo, più stretto è il rapporto tra
architettura e geologia.
I
valligiani erano contadini e pastori. Per ottimizzare lo sfruttamento
dei terreni fertili e più pianeggianti, essi crearono numerosi
insediamenti rurali piuttosto che paesi. La valle è infatti punteggiata
da stalle e da piccoli agglomerati urbani costituiti da pochi edifici.
L'industrializzazione
portò pian piano all'abbandono della valle: la pittoresca frazione
Fraggio, ad esempio, divenne un paese fantasma.
Attualmente
i pochi residenti della Val Taleggio vivono prevalentemente di pastorizia:
il Taleggio e lo Strachìtunt Valtaleggio sono formaggi rinomati.
4.
Architettura minore.
La
particolare tipologia edilizia della Val Taleggio si distingue per
il pesante tetto in piöde, cioè
in lastre di pietra calcarea[4] spesse
fino a otto centimetri.
Tale
tipologia veniva utilizzata indistintamente per realizzare sia piccole
stalle sparse tra i pascoli, sia case più o meno ampie.
La
struttura del tetto è costituita da grosse capriate in legno, composte
da travi a sezione
circolare, sopra le quali vi è l'orditura minore. Quindi vi
sono le spesse lastre di pietra locale, posate a secco in file sovrapposte.
A causa del loro notevole peso, le pietre non sono posate parallelamente all'orditura, come avviene ad
esempio con le lastre di ardesia. Esse
sono appoggiate orizzontalmente l'una sopra l'altra, in modo che buona
parte del peso gravi sulla muratura. La pendenza delle falde può così raggiungere i 60°.
La
ponderosità del tetto impone grosse mura per sorreggerlo e una limitata
area di base. Gli edifici tendono dunque a svilupparsi in altezza ed
hanno forme semplici: la pianta è per lo più rettangolare ed i
prospetti rigorosi parallelepipedi.
Le
aperture sono molto piccole: lo stretto necessario per illuminare ed aerare
gli interni disperdendo una minima quantità di calore. Al piano terra
sono protette da inferriate che a volte si possono trovare anche ai
piani superiori. Le architravi possono essere in legno o in pietra
locale squadrata. A volte "Solo nelle dimore più elevate
sono incorniciate in bianco con calce"[5].
L'ingresso
ai fienili ha una forma particolare a "T", con due muretti
alti circa 50 cm che stringono il varco d'ingresso ai due lati.
L'apertura è chiusa da un portone in legno a due battenti, sagomato in
basso lungo il profilo dei muretti.
Le
costruzioni sono poi arricchite da balconate in legno con montanti
collegati alla copertura, che spesso si
snodano lungo più lati dell'edificio, attenuando la
massa muraria. Funzionalmente i balconi erano utilizzati per l'essiccazione dei funghi,
delle castagne o altro.
Anche
i comignoli assumono forme fantasiose. Sono costruiti in cotto
intonacato, o in pietra nella zona più alta della valle[6],
a base quadrata o circolare, a volte elicoidali.
Internamente
gli edifici adibiti a residenza erano suddivisi da solai e partiture
lignee.
Molto
varia è l'aggregazione dei diversi edifici che dà luogo a piccoli
agglomerati ricchi di cortili, piazzette, sottopassi e scalette.
Non
manca mai una chiesina o oratorio, un tempo punto di riferimento e luogo
d'incontro per la popolazione. La costruzione coinvolgeva tutti e la sua
importanza era tale da giustificare la presenza di pregevoli opere
scultoree e pittoriche al loro interno. Tra queste meritano di essere
menzionate in particolare: l'Oratorio di San Francesco a Grasso,
l'Oratorio di San Lorenzo a Fraggio, l'Oratorio di San Rocco a Ca'
Corviglio, l'Oratorio di Sant'Antonio a Pizzino, l'Oratorio di Salzana (fig.18).
Molto
bella l'antica torre campanaria pendente di Sottochiesa, costruita in
stile romanico accanto alla chiesa, con bifore sui quattro lati alla
sommità.
5.
Tesori in estinzione.
Purtroppo
stiamo perdendo gran parte di queste preziose testimonianze di cultura
materiale.
Si
può notare che molti edifici hanno il colmo eseguito in tegole anzichè
in piöde. I tetti in piöde
delle case tuttora abitate (almeno in estate) vengono gradualmente
sostituiti da ordinari tetti in tegole. Questo avviene sia per
l'estrema penuria di artigiani in grado di eseguirli, sia per l'elevato
costo che ne deriva, sia perché la struttura a capriate non permette di
sfruttare il sottotetto (e si sa che oggi si tende al massimo
profitto...).
Gli
edifici disabitati tendono invece ad andare in rovina: le infiltrazioni
d'acqua fanno marcire la struttura, l'elevato peso delle pietre spinge
sulle murature che s'incrinano fino a crollare.
Sono
andate perdute le conoscenze. Conosco un solo artigiano in grado di
realizzare questi tetti, che anni fa tenne una lezione sul tema ai giovani
allievi della Scuola Edile di Seriate
(BG).
6.
Bibliografia.
Libri:
Books:
AA.
VV.
(1979),
Proposta
di lettura del patrimonio artistico architettonico della valle taleggio
per una migliore salvaguardia e valorizzazione, Catalogo
della mostra "Nuclei Montani di antica formazione" svoltasi
presso il Casinò di S. Pellegrino nel Novembre 1979, Stampato con i tipi del Liceo Artistico Statale, Bergamo.
Angelini,
Luigi
(1974),
Arte
minore bergamasca, Istituto
Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo.
*
Fumagalli,
Alberto torna al testo
(1979),
Architettura
contadina nella bergamasca. Ricerca nelle valli Brembana, Imagna, Serina,
Taleggio, Silvana
editoriale, Milano.
Siti
internet:
Web
sites:
Sergio
Salvetti: sito internet personale che espone in modo preciso,
competente ed approfondito notizie sulla Valle Taleggio.
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