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1. Tre esempi di architettura digitale.

Il computer è il nuovo strumento architettonico e come ogni strumento non deve influenzare la progettazione. L’utilizzo di matita e tecnigrafo ha sempre permesso ad ogni architetto di esprimere la propria poetica, trovando espressioni originali indipendentemente dall’uso del medesimo mezzo espressivo. Tutti i grandi maestri del passato, da Gaudì a Le Corbusier, da Mies a Wright, esprimevano le proprie idee spaziali con la matita senza che questa ne uniformasse i risultati.

Lo stesso dovrebbe accadere con il computer. Esso è solamente un mezzo espressivo che permette agli architetti di passare più facilmente dall’idea alla forma. Il mezzo non deve uniformare l’espressione formale ma essere interpretato per soddisfare le proprie esigenze. È necessario conoscere a fondo le sue potenzialità per capire quali utilizzare tra le potenzialità che offre. Quindi il computer non deve influenzare l’Architettura bensì adattarvisi.

I tre progetti di Architettura residenziale che presento sono tre esemplari interpretazioni del nuovo strumento architettonico per l’ideazione di spazi abitativi. Ognuno degli studi di progettazione utilizza il computer per perseguire il proprio scopo valorizzando maggiormente alcune potenzialità del mezzo.

I tre approcci sono caratterizzati da un diverso grado intervento del progettista nel processo progettuale. Il metodo di UN Studio di Ben Van Berkel si basa su scelte ed elaborazioni personali dei progettisti durante tutto il processo progettuale, senza lasciare che la forma nasca da processi computerizzati. Essi dunque dirigono la creazione dall’inizio alla fine: dalla scelta del diagramma, alla sua applicazione e rielaborazione, fino all’ideazione formale finale. Ogni fase del processo progettuale deriva da scelte ragionate dei progettisti. Il metodo progettuale dello studio NOX di Lars Spuybroek prevede invece un utilizzo più indeterminato del computer, lasciando che la forma scaturisca da un processo computerizzato, dopo aver introdotto i dati necessari. Non tutte le fasi del processo progettuale derivano dall’arbitrio del progettista. Nel processo OfftheRoad, ad esempio, l’ondulazione del “soundscape” è determinata dalle onde sonore virtuali prodotte dalle automobili che sfrecciano sull’autostrada, mentre il progettista interviene per bloccare il processo fissando la forma. Egli quindi non controlla tutti gli stadi creativi, lasciando al computer lo sviluppo del processo automatico di creazione della forma. Dopo aver fissato la forma del “paesaggio sonoro” il progettista interviene nuovamente con l’inserimento delle unità abitative, riprendendo il controllo del processo creativo. Lo studio Form di Greg Lynn, interessato allo studio delle forme complesse della geometria topologica, lascia ancora più spazio ai processi automatici computerizzati. I progettisti introducono dei parametri per controllare i processi innescati all’interno dei campi di forze virtuali, creati in ambiente digitale, e intervengono per fermare arbitrariamente il processo in un certo istante, fissando una forma architettonica. Dunque il metodo di Van Berkel è caratterizzato da un più consistente intervento del progettista nel processo progettuale e da un utilizzo più maturo del computer, rispetto a quello di Lars Spuybroek e di Greg Lynn.

I tre progetti analizzati di seguito esemplificano i metodi progettuali dei tre studi d’Architettura suddetti. Essi individuano altrettanti filoni di ricerca: quello di UN Studio è incentrato sull’uso del computer nel processo progettuale per fornire una risposta etica alle esigenze dei committenti, quello dello studio NOX è interessato all’abitare come strumento di controllo dell’uso dello spazio territoriale, quello dello studio FORM è incentrato sullo studio di un sistema costruttivo flessibile.

       1 a. Progettare il ciclo vitale: la Möbius House.

Möbius House (1993-1998) è situata nella città giardino di Het Gooi, a nord di Amsterdam. La ricca regione di Gooi ha un paesaggio inusuale per i Paesi Bassi, con estesi terreni collinari coperti da boschi e prati.

I committenti desideravano una casa che esprimesse la loro idea dell’abitare. Il progetto doveva essere pensato per due persone che in casa passano molto tempo per lavorare, dormire, mangiare e ricevere ospiti, ma che vogliono costantemente sentirsi in contatto con la natura circostante.

La casa è ancorata al terreno, un lotto di circa due ettari, e circondata da un paesaggio progettato dai West 8 Landscape Architects in modo da mettere in risalto le diverse caratteristiche dell’intorno. Dall’estremità a sbalzo, ad esempio, si vede una larga cava di sabbia, mentre l’altra estremità dell’edificio è orientata verso i campi. La casa si raggiunge percorrendo un sofisticato percorso architettonico: dapprima si sale lungo la strada carrabile e si vede il profilo della casa, “tagliente come la lama di un rasoio davanti agli alberi” afferma Ole Bouman [1], e poi si ridiscende per avvicinarsi all’ingresso pedonale principale, situato ad ovest ed ombreggiato dal primo piano aggettante. L’ingresso carrabile, per la sua posizione centrale sul fronte orientale, costituisce di fatto l’entrata principale, dato che l’abitazione si trova in un’area raggiungibile solo in automobile. Il fronte settentrionale e quello meridionale esibiscono un forte contrasto: il primo più ermetico mentre l’altro forato da grandi vetrate, per sfruttare al meglio l’energia solare. 

Il tema conduttore della Möbius House è il movimento e il nastro di Möbius ne è il principio ordinatore. Il nastro di Möbius è una superficie di cui è possibile percorrere con una traiettoria continua ambedue le facce senza uscire dalla superficie medesima. Se ne può facilmente costruire un modello prendendo una striscia di carta e congiungendone gli estremi dopo aver ruotato un estremo di 180° attorno all’asse longitudinale. La peculiarità di questo modello geometrico è quella di poter passare da interno ad esterno senza interruzione. E questo è il motivo per cui tale superficie topologica è stata scelta come diagramma su cui impostare il progetto.

Alla base del progetto c’è un interessante studio sulle diverse modalità di fruizione dello spazio domestico durante una giornata-tipo. I movimenti dei due committenti durante una normale giornata lavorativa vengono applicati al diagramma scelto, cioè al nastro di Möbius. Il progettista ha immaginato due entità che si muovono ognuna sulla propria traiettoria, ma condividono alcuni momenti di vita. Essendo la rappresentazione grafica di una giornata di vita familiare, il diagramma ha una dimensione spazio-temporale. Su di esso sono trasposti due diversi modi di percorrere la casa: le due orbite si compenetrano in alcuni punti, si allontanano in altri. I punti di compenetrazione rappresentano i momenti di condivisione del tempo e dello spazio da parte dei due committenti. Alle diverse parti del nastro sono associate le azioni che ognuno dei due utenti svolge, separatamente o insieme, all’interno della casa. Diverse zone del nastro rappresentano i luoghi deputati al sonno, al lavoro e al soggiorno di ognuno dei due occupanti: movendosi lungo il nastro si susseguono le varie attività in un continuum spaziale.

Le diverse funzioni si fondono in un’unica struttura: lavoro, vita sociale, vita familiare e tempo individuale trovano ognuno il proprio posto nella struttura a forma di nodo, derivante dal nastro di Möbius. Gli ambienti differenziati sono predisposti ai diversi usi, ma non li impongono. Lo spazio della casa non è suddiviso: i diversi ambienti si susseguono a catena in uno spazio fluido. Le distinte aree di lavoro dei due padroni di casa sono inserite all’interno degli altri spazi abitativi senza soluzione di continuità. “Diversamente dalla netta divisione funzionale e sociale che caratterizza la tradizionale villa unifamiliare, qui gli spazi sono come segmenti di un fiocco che non ha inizio né fine" [2]. L’architetto non li chiama più camera da letto, soggiorno o studio, ma sleeping, living, working, sottolineando l’azione che vi si svolge. Come commenta Ole Bouman “tutto, anche il dormire, è diventato un’azione, un movimento" [3]. Il nastro di Möbius si è così trasformato in un modello spaziale che è stato poi trasposto nella forma architettonica.

Gli spazi della casa si articolano secondo un impianto che sfrutta la proprietà spaziale del nastro di Möbius di passare ininterrottamente da spazio interno a spazio esterno. La casa è percorribile con un ciclo continuo passando attraverso le varie aree funzionali. Partendo dall’atrio d’ingresso, situato verso sud, su cui affacciano la camera matrimoniale e lo studio del padrone di casa, si può salire verso la sala da pranzo tramite una lieve rampa. Prima di entrare nel soggiorno e nella veranda, all’estremità orientale, una scala porta al piano superiore dove si trovano le camere dei bambini e lo studio della padrona di casa. Da qui la signora, mentre lavora, può controllare i bambini che si trovano al piano inferiore grazie alla copertura vetrata della veranda. All’altra estremità del primo piano un’ulteriore scala ridiscende nell’atrio d’ingresso.

Il rapporto della casa con il contesto, uno dei temi fondamentali nella ricerca progettuale dello UN Studio, è costante grazie alla relazione visiva instaurata dalle vetrate, che creano continuità con il bosco circostante. La relazione con l’intorno si attua come una reazione al campo di forze preesistente, interpretando ogni singolo caso senza strategie predefinite. Nella villa Möbius il collegamento delle aree verdi all’organizzazione interna dell’abitazione trasforma la vita nella casa in una passeggiata. Il persistente contatto visivo con la natura circostante evidenzia il ruolo svolto dal paesaggio nell’ideazione del progetto.

La struttura del movimento è trasposta anche nell’organizzazione dei due materiali che costituiscono la casa. La villa è interamente realizzata in cemento armato e vetro, combinati in modo originale, per rafforzare la dinamica spaziale. Il calcestruzzo delle pareti si trasforma all’interno in arredamento, mentre il vetro delle facciate all’interno costituisce le pareti divisorie. La moltiplicazioni dei punti di vista, creata dalle vetrate interne che collegano visivamente gli ambienti, implica movimento anche quando non ci si muove realmente.

L’analisi dei dettagli costruttivi, molto curati come nella tradizione olandese, ed il disegno delle casseforme e dei diversi componenti sono stati realizzati grazie all’uso del computer. Inoltre le stesse casseforme per il getto del calcestruzzo sono state tagliate con macchine a controllo numerico.

L’effetto generato, includendo il movimento nel progetto, è quello di inafferrabilità dello spazio: è difficile orientarsi all’interno della casa. Benché longitudinalmente il forte impatto assiale permetta di comprendere che ci si sta addentrando nella casa, i diversi livelli rendono difficile determinare la propria posizione rispetto alla sezione.

All’interno l’arredamento è estremamente minimalista. Alcuni elementi d’arredo, come il tavolo della sala da pranzo e il piano della cucina, sono fissi, realizzati in cemento armato a vista, in continuità con le pareti della casa. Questo determina una rigidità dello spazio, connotazione involontariamente acquisita con la realizzazione del progetto. La costruzione infatti ha indurito lo schema del ciclo vitale: lo spazio è percorribile con un percorso continuo ma gli ambienti sono rigidi. La presenza degli arredi fissi rende definitiva la funzione dello spazio, che invece il progetto si proponeva di lasciare indeterminata, aperta a continue reinterpretazioni.

La contaminazione che questo progetto sembra apportare ai consolidati modelli antropologici dell’abitare è incentrata sul movimento all’interno dello spazio domestico nel tempo. Nonostante il mirabile studio iniziale, volto alla ricerca di uno spazio scorrevole, sembri perdere parte della fluidità durante la concretizzazione nella forma architettonica, il movimento all’interno della casa si svolge secondo modalità inusuali. Il collegamento tra i vari ambienti non avviene in modo univoco e predeterminato: per raggiungere uno spazio si ha sempre la possibilità di scegliere tra due percorsi alternativi.

Inoltre gli ambienti non sono suddivisi in zona giorno e zona notte: le diverse funzioni sono mescolate. L’area lavoro del marito si trova a piano terra, dalla parte opposta rispetto al soggiorno e vicino alla camera padronale, mentre quella della moglie è al primo piano adiacente alla camera da letto dei figli. L’allontanamento dei due spazi lavorativi permette una maggiore concentrazione nell’attività, così come l’allontanamento delle aree di riposo di genitori e figli riserva maggiore privacy alla coppia.

Infine gli ambienti sono collegati tra loro anche visivamente, tramite vetrate divisorie. In questo modo gli spazi si osservano reciprocamente pur non essendo direttamente uniti, come lo studio della signora e il soggiorno, in cui i figli guardano la televisione.

Fig. 1_ Il nastro di Möbius.

Fig. 2_ Diagramma dei flussi vitali nella casa, basato sul modello del nastro di Möbius.

Fig. 3_ Vista della casa dal parco.

Fig. 4_ Uno scorcio del soggiorno che, dal soffitto vetrato, può essere controllato stando nello studio, di sopra.

Fig. 5_ Il soggiorno visto dall’imbocco della scala est.

Fig. 6_ L’imbocco della scala est visto dall’altro lato della parete vetrata.

 

NOTE:

[1] Ole Bouman, (1999), “Huis Peace”, archis, n°4 APR, pag. 56.

[2] Riley Terence, (1999), The Un-Private House, MoMa, New York.

[3] Ole Bouman, (1999), “Huis Peace”, archis, n°4 APR, pag. 61.


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