VOGLIAMO
SALVARE
GAIA?
Nel
1950 il pianeta annoverava 2, 5 miliardi di persone di cui 'ricchi'
(cioè che sbarcano il lunario) 800 milioni e
'poveri' (cioe' alle prese con la sopravvivenza) 1.7 miliardi. Grosso
modo un ricco ogni due 'poveri'.
Ai
giorni nostri (anno 2000): la popolazione mondiale ascende ad
oltre 6 miliardi di cui 'ricchi'un miliardo, 'poveri' 5 miliardi (cinque
volte piu' dei
'ricchi' o, detto altrimenti, un 'ricco' ogni cinque 'poveri').
Pur
se il futuro è nelle mani di Dio, l'ONU ha effettuato stime dalle
quali si puo' ritenere che nel 2050 la popolazione sara' di 9.3
miliardi di persone di cui 'ricchi' 1.2 miliardi e 'poveri' 8.1 miliardi
(otto 'poveri' per ogni 'ricco').
Questi
dati stimolano molte riflessioni.
Poiché
siamo in un paese 'sviluppato' (cioè 'ricco') potremmo pure
continuare a commiserare i poveri del mondo 'non sviluppato', a
dar loro un aiuto maggiore di quello attuale, a far dormire la nostra
coscienza liberandola da questo pensiero con l'elemosina.
Come
si potra' trovare l'accordo tra paesi appartenenti alle due categorie
sopra delineate per cercare un rimedio per i problemi ambientali,
che richiedono ormai soluzioni a livello planetario? Le
due categorie rappresentano infatti due mondi differenti e
separati in uno stesso pianeta.
Come
si potra' dire ai paesi poveri di salvaguardare le foreste perché non
ci siano variazioni climatiche troppo rapide? L'esigenza di soddisfare
i bisogni primari prevarra' su qualsiasi altra preoccupazione
che è tale solo per chi ha qualcosa da perdere.
Su
un altro versante, dobbiamo chiederci come sarebbe possibile per il pianeta
sopportare l'inquinamento se i paesi 'poveri' arrivassero al nostro
grado di consumi. Dobbiamo allora sperare che non arrivino mai,
rassegnandoci con egoismo all'ingiustizia per evitare la catastrofe?
Ma
l'ingiustizia é foriera di migrazioni, malattie, guerre. Quando
si parla di sostenibilità dello sviluppo, quando si
riassume in uno slogan la speranza (Un Mondo migliore é possibile),
quando si parla di 'generazioni future' ci si riferisce
alle
poche considerazioni svolte e alle tante ancora possibili. Possiamo
già trarre alcune conclusioni: il nostro è un mondo che non
sa produrre che poveri. Esso non puo' avere un futuro.
Ci
sembra percio' giunto il momento di cambiare il trend di
sviluppo che ci ha accompagnati sin qui.
Il
modello ha retto piu' di due secoli; oggi é superato e,
come accade per ogni vecchia soluzione di un problema che diventa
a sua volta problema, occorre pensare al cambiamento. Qui
non é in giuoco nessuna ideologia; é la sopravvivenza dell'umanità
che a breve termine é in pericolo. Continuare su
schemi
e modelli inadatti e che hanno dato prova di non potere interpretare
le nuove realtà, significa tentare di fermare il
tempo.
Infatti,
le emergenze che affliggono il pianeta nascono principalmente dalla
ricerca di riparare l'esistente mantenendolo in vita.