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Nuovi poteri 361 - 405 |
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2. I guerrieri nomadi e le invasioni 4. L'impero affidato ai germani
Riassunto |
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Gli unni provengono dalle steppe a nord della Mongolia, da cui si sono spostati come sui loro territori di caccia. Vivono costantemente in groppa ai loro alti cavalli: non scendono né per mangiare né per trattare con i diplomatici.
Il terrore "fisico" che gli unni incutono ai popoli romani è aumentato dalle numerose cicatrici autoimposte sulle guance. Disegno di Jeff Burn (particolare), tratto da "Warfare in the classical world" di John Warry. (Bibliografia). |
Mentre la politica religiosa diventa sempre più importante, una nuova migrazione sconvolge l'impero. Costantinopoli si arrocca nella difesa. L'amministrazione e l'esercito d'occidente sono troppo deboli per impedire l'avanzata degli stranieri. I germani fanno carriera nell'esercito romano. |
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In un certo senso, lo stato romano sta già assumendo quell'aspetto che poi sarà detto bizantino: in seguito alla diffusione di una nuova religiosità devozionale, i governi hanno mutato la concezione estetica della corte, abbracciando l'etichetta teocratica e il lusso orientale. L'imperatore Costantino (313-337) ha identificato nel Dio unico dei cristiani il garante morale della sua autorità e ha fondato una nuova capitale, in oriente, restaurando la vecchia città ellenica di Bisanzio, l'odierna Istanbul. In Europa i popoli germanici e quelli romanizzati si stanno lentamente abituando gli uni agli altri. Da secoli, ormai, la primitiva violenza tribale dei germani viene temprata e disciplinata negli scontri con i reggimenti imperiali. Buona parte dell'esercito «romano» è formata da contingenti di franchi, alamanni, goti o da singoli soldati di origine germanica.
Frattanto dall'est arriva una nuova ondata di popoli guerrieri. La tribù dei cavalieri unni, partita dall'Asia centrale, avanza attraverso le steppe russe e nel 375 irrompe nel panorama europeo inglobando nel suo dominio il gruppo degli ostrogoti. I nuovi «barbari» unni continuano nella loro marcia, provocando un grande sconquasso fra tutti i germani, stanziati lungo il corso del grande fiume, sconquasso che si ripercuote sulla linea di confine dal Danubio al Reno.
Così le province occidentali dell'impero, già poco popolate, vengono sommerse dai guerrieri del nord, dalle razzie e dai saccheggi. Nelle armate germaniche e asiatiche tutti gli uomini della popolazione sono "guerrieri per mestiere". L'esercito della "confederazione imperiale" invece è a corto di reclute. Per metà composto da germani, comandato da pochi validi professionisti, risulta inadeguato rispetto alla potenza della pressione esterna.
In un periodo in cui l'esercito romano subisce delle paurose sconfitte, come quella di Adrianopoli nel 378, la Chiesa inizia ad esser conscia del proprio potere, dovuto alla sua gestione "spirituale". Una grande massa di gente ormai è del tutto fedele e convertita al cristianesimo. Gli imperatori verranno spesso educati da religiosi e saranno fervidi credenti. Il "corpo" imperiale cerca di mantenere la sua unità contro la minaccia esterna. E lo fa attraverso l'imposizione di un'unica "spiritualità" ai suoi componenti. L'imperatore Teodosio (379-395) dichiara il cristianesimo la sola religione legalmente professabile.
Con le successive invasioni, dal 406, in poi, il mondo sarà diviso fra soldati, sacerdoti e servi. E la situazione resterà così per quasi mille anni. |
Confronta
I nemici dell'Impero: germani, persiani e nomadi asiatici
Vedi Germani e romani ai ferri corti (166-360)
Capi germanici dentro l'impero (360-476)
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1. Guerra e religione I nuovi e duraturi poteri della fine del IV secolo sono quelli dei germani e della Chiesa. Anche gli unni si presentano violentemente, ma la loro potenza si esaurirà nel giro di un secolo. L'impero d'oriente ha già assunto importanza dall'inizio del secolo e la manterrà anche in quello successivo. A livello militare è fondamentale la disastrosa sconfitta di Adrianopoli (378), una città dei Balcani vicino alla Grecia e Costantinopoli. Questa battaglia permetterà ai germanici goti di passare il Danubio e insediarsi nelle attuali Ungheria, Bulgaria e Serbia. Così quella gotica sarà la prima "nazione" germanica sull'ex-suolo imperiale. In quella e in tutte le altre battaglie molti generali "romani" saranno germani. La maggior parte della popolazione credente, nel IV secolo, è di fede cristiana: gli ideali classici dell'impero greco-romano sono già troppo «antichi». Costantino e i suoi discendenti hanno lottatto per sé, per i propri sostenitori e anche per imporre un tipo di religione monoteista. L'unica discussione culturale del tempo riguarda il tipo di divinità "esistente" e quindi l'unica idea che è giusto avere. Anche i visigoti e gli altri germani lottano per sé e per i propri sostenitori. Ma non hanno una cultura molto sviluppata alle spalle, e su questo fronte hanno sempre avuto un senso di inferiorità nei confronti dei romani. Gli imperatori cercano di coinvolgerli nel dibattito religioso e spesso i germani abbandonano il politeismo, adottando il cristianesimo per essere accolti più ospitalmente all'interno dell'impero. La cultura è ormai espressa dalla religiosità. E la religione è in mano all'organizzazione sacerdotale, la chiesa. Dopo l'editto di Costantino a favore del cristianesimo (313), Flavio Claudio Giuliano (361-363) è il solo imperatore romano che tenti di restaurare il paganesimo. La vecchia mentalità – a livello religioso come intellettuale – non cessa di colpo, ma il suo declino è prorompente. Dopo Julianus nessun governo cercherà di tornare al politeismo e l'impero perderà per sempre anche il controllo su Armenia e Mesopotamia. I due stati orientali vengono ceduti all'impero persiano, nonostante una difesa durata duecento anni. |
Le dispute teologiche | |
Nei vent'anni successivi a Giuliano prende il potere una dinastia di fede cristiana, e di origine balcanica, quella di Valentiniano (364-375), che cercherà comunque di arrivare a una mediazione fra vecchie e nuove esigenze, sia in campo religioso che politico-militare, sia nei confronti della chiesa che dei germani. Almeno dal 193 è finito il tempo in cui l'esercito e il senato, erede dei tempi repubblicani, decidevano concordemente chi sarebbe stato il nuovo imperatore. Ora il potere militare prevale decisamente su quello politico. Come sempre, gli imperatori detengono il comando supremo dell'esercito, ma rispetto agli aristocratici di una volta, questi militari dei ranghi sono più rozzi od ignoranti. Comunque, avendo alle spalle una lunga carriera militare, continuano a difendere l'impero dagli assalti germanici che avvengono contemporaneamente sul Reno e sul Danubio. Dopo Julianus, Valentiniano (364-375), viene dunque eletto dall'esercito come comandante supremo. In questo torno di anni si verifica un'ulteriore "militarizzazione" della società. Viene portata a compimento la strategia difensiva avviata sotto Diocleziano (284-305) e Costantino. L'esercito del tardo impero non è più composto dalle tipiche legioni romane, che costituivano la fanteria d'assalto altamente addestrata, ma da un comitatus centrale, ossia da un'armata più piccola e veloce, formata soprattutto da uomini a cavallo, che segue il comandante generale nei suoi repentini spostamenti fra città e scacchieri militari. A questo esercito mobile si aggiungono gli uomini stanziati presso il confine - i limitanei - che diventano piccoli proprietari terrieri e combattenti part-time. Come ai vecchi tempi, Valentiniano procede a una ridistribuzione della ricchezza. Lo stato affida ai singoli soldati degli appezzamenti di terra da coltivare. Tradizionalmente questa politica è stata adottata per evitare la concentrazione di fondi in mano a pochi potenti, e quindi per fornire l'economia di una spinta "dal basso". I cittadini-agricoltori-soldati sono fissi sul posto e pronti ad ogni occasione. Contadini e soldati, come ai vecchi tempi, prima dell'impero. Ma in una situazione completamente diversa. Difensiva e non offensiva. Lo stato ora è "militarizzato" e non più "conquistatore". I Romani non sono più solo gli abitanti di Roma o d'Italia, ma una vasta ed eterogenea popolazione con un'unica cultura globale. Infine Valentiniano, come molti imperatori del "tramonto", ritiene necessario nominare un collega reggente nella persona di suo fratello Valente (364-378). Nel frattempo anche i germani si sono trasformati. Durante secoli e secoli di scontri con i reggimenti imperiali, i germani hanno raffinato le loro tecniche combattive e hanno costruito delle istituzioni politiche più solide. La bellicosità degli uomini del nord, però, non è affatto diminuita. Anzi, mentre la popolazione imperiale è totalmente disinteressata alle questioni militari, gli "stati" germanici sono formati da re guerrieri e "nobili" combattenti, i cui rapporti reciproci si fondano esclusivamente sulla parola. Inoltre buona parte dell'esercito imperiale è formata da contingenti germanici o da singoli soldati di origine germanica. In numero sempre più alto, sono gli stranieri naturalizzati a combattere contro le altre tribù germaniche, siano burgundi, vandali, ostrogoti o visigoti. Alcuni gruppi tribali stanziati ai confini – come franchi e alemanni – vengono stipendiati per respingere gli assalti delle tribù più distanti. |
La chiesa incontra lo stato (260-380) L'assimilazione dei germani nell'esercito
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Se da una parte "militarizza la società", l'imperatore Valentiniano, d'altra parte, cerca anche di conciliare le vecchie istituzioni con la popolazione vessata da tasse, guerre e soprusi. L'imperatore fa in modo che in ogni città ci sia un «difensore del popolo», un funzionario eletto dallo stato, per tutelare gli interessi dei meno abbienti ed evitare che i ricchi latifondisti locali esercitino il potere in modo autonomo dal governo. Infine, secondo alcuni studiosi, Valentiniano persegue una non comune politica di tolleranza religiosa, permettendo il culto di qualsiasi divinità, vecchia o nuova che sia. Così, mediando fra diversi metodi di governo, il tardo impero (284-476) sembra avviarsi, sia in occidente che in oriente, verso una struttura abbastanza solida, per metà cristianeggiante e in parte germanizzata. Ma la situazione, già di per sé instabile, si rivelerà insostenibile all'arrivo una nuova minaccia esterna. E i tentativi conciliatori di Valentiniano verranno subito abbandonati dai suoi successori, il fratello Valente (364-378), e il figlio Graziano (367-383), governanti rispettivamente a est e a ovest, che si dimostreranno meno tolleranti e anche meno efficaci politicamente. |
Le truppe d'èlite non sono più le legioni, ma quelle al seguito dell'imperatore, i comitatensi. |
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2. I guerrieri nomadi e le invasioni Preceduto dalla fama di essere un pericolo spaventoso, dalle steppe asiatiche arriva in Europa il famigerato popolo degli unni. Saranno questi guerrieri a spingere letteralmente i germani dentro l'impero e provocare la famosa battaglia di Adrianopoli fra romani e goti (soprattutto visigoti). Provenienti dalla Mongolia, gli unni sono cavalieri nomadi, privi di strutture statali, ma armati del furor guerresco tipico dei giovani popoli. Vari gruppi di germani, fra cui migliaia di goti, preoccupati per il disordine che i nuovi stranieri stanno provocando fra i loro fratelli nelle pianure ucraine, ottengono dai romani il permesso di creare un piccolo protettorato all'interno del confine del Danubio. Così nel 376 nasce la prima "nazione" germanica su suolo imperiale. Una nazione composta in buona parte da visigoti. Tradotto solitamente come "goti dell'ovest", sembra che in realtà il loro nome significhi "goti saggi", nome forse adottato per differenzarsi dagli altri, che si erano alleati con gli unni e non con i "romani". Intanto questi ultimi, fra cui gli ostrogoti sono una tribù nemmeno tanto importante, sono stanziati in Ucraina. Alcuni di loro vengono sottomessi dagli unni e per quasi un secolo saranno costretti a combattere al fianco dei cavalieri asiatici e degli altri popoli asserviti. L'irruenza degli unni provoca numerosi spostamenti fra i popoli germanici stanziati oltre il Reno e il Danubio. Negli anni successivi le varie tribù nordiche impegneranno le truppe imperiali di continuo, su più fronti. Intanto i visigoti ospitati dall'impero si ribellano alla durezza del governatore locale, e assieme ad altre tribù germaniche e asiatiche devastano città e campagne, massicciamente quanto nel III secolo, provocando infine l'intervento dell'esercito centrale, come nel 251. Quella volta l'imperatore Decio fu il primo sovrano romano a restare ucciso in guerra. Questa volta toccherà a Valente. Nel 378, due anni dopo l'accettazione dei goti all'interno del confine, vicino alla città di Adrianopoli, si svolge un'epocale battaglia fra i goti ribelli – che erano stati ospitati nell'odierna Bulgaria – e i "romani". L'imperatore d'oriente Valente (364-378), fratello del defunto imperatore Valentiniano, raduna un grande esercito da tutti i distretti d'oriente, ma i germani ottengono una clamorosa vittoria, uccidendo lo stesso sovrano assieme ai due terzi delle sue truppe. Per cercare di rimediare alla drammatica situazione l'attuale imperatore d'occidente, Graziano (367-383), figlio di Valentiniano, affida la responsabilità di ricostituire le truppe d'oriente a un generale ispanico, probabilmente non facente parte della famiglia imperiale, ma sicuramente dotato delle giuste capacità militari per affrontare i guerrieri "barbari". Il generale ispanico Teodosio infatti – sebbene l'impero sia a corto di reclute e assediato su più fronti – riuscirà in breve tempo a bloccare i goti. A differenza del lontano oriente, del medioevo e della modernità, nell'impero romano, anche nella sua versione cristiana, la leggittimità dinastica non ha mai avuto un totale avvallo giuridico e sociale. Teodosio sarà quindi nominato da Graziano nuovo imperatore della pars orientis (379-395), esclusivamente per i suoi meriti militari. Così Teodosio sostituisce lo zio di Graziano, Valente, morto contro i goti. |
Confronta con I nemici dell'impero. Germani, persiani e nomadi asiatici
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Attila Gli unni continueranno a combattere ed asservire popolazioni asiatiche e slave, molto al di là dell'impero romano. Ma lo scontro sarà inevitabile verso il 440, quando "l'imperatore" unno Attila cercherà di impossessarsi anche dei territori imperiali.
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Mentre i romani cercano di riprendersi dallo shock della sconfitta di Adrianopoli (378) gli unni continuano la loro avanzata fino alla pianura ungherese, l'estremo lembo occidentale delle vaste steppe eurasiatiche, provocando ulteriori incursioni di vari gruppi germanici all'interno del confine Reno-Danubio. Orde di goti, burgundi, alemanni, franchi e altre tribù, fra cui gli stessi unni, si riversano in Italia e in Gallia mettendo a dura prova l'orgoglio dell'esercito romano costretto praticamente a compiti di vigilanza. Probabilmente già in questo periodo le guarnigioni "romane" al confine del Reno sono formate in buona parte, oltre che da uomini di origine germanica, da piccole tribù alleate, facente parte etnicamente degli stessi gruppi di franchi, burgundi o alemanni. Comunque generalmente queste truppe si dimostrano leali, almeno finché ricevono un adeguato stipendio.
Il numero massiccio di raid e scorribande, nonché la mancanza di nuove leve dopo la disfatta di Adrianopoli rende veramente ardua la gestione della difesa. Teodosio, come soluzione, porta al massimo grado la "politica di germanizzazione" dell'esercito. L'ex-generale ispanico stabilirà una seconda alleanza militare con vari gruppi di germani, sia ostrogoti sia visigoti, concedendo loro un terreno all'interno del confine, fra l'Italia e il Danubio, nella pianura ungherese. E' lo stesso insediamento accettato dal suo predecessore Valente, ma a differenza di quanto avvenuto tre anni prima, questa volta i germani saranno trattati giuridicamente come alleati (foederati) del tutto indipendenti: sebbene abitino un territorio imperiale, non saranno sottoposti ad alcun governatore romano, potranno vivere secondo le proprie leggi, portando le armi sempre con sé, e riceveranno pure uno stipendio per il loro supporto militare.
Germani e romani: comandanti germanici alla guida dell'impero romano (360-476) |
"Alaricus" L'alleanza coi visigoti sarà sempre fragile ed ambigua. Questo popolo germanico viene insediato per circa trent'anni nel territorio dei Balcani, e a volte combatterà per difendere l'impero da altre tribù "barbare". Spesso invece verrà assoldato dalle stesse truppe imperiali per combattere le une contro le altre. I visigoti si sposteranno dalla zona che i romani chiamano illircum verso l'Italia, nel 407, comandati dal re Alaric.
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3. Il «potere spirituale» Sotto Teodosio (379-395) la "romanità" e la "classicità" stanno ormai scomparendo. Si affermano i nuovi poteri, quello militare dei "barbari" e quello sociale della religione. A Milano nel 373 è stato eletto vescovo Aurelio Ambrogio, un funzionario dello Stato che si batte a gran voce per i diritti civili. Tre anni dopo si sono presentati gli unni, i goti hanno invaso l'impero e poi i soldati imperiali hanno subito una storica sconfitta ad Adrianopoli. L'amor patrio è svanito, l'esercito è debole, formato da professionisti e mercenari. Come molti nobili, esclusi dalla gestione del potere militare nel III secolo, Ambrogio si dà alla carriera religiosa e, con questo tramite, diventerà una delle maggiori personalità del secolo. Alla fine del IV secolo, mentre molti germani entrano nell'esercito "romano", l'aristocrazia romana entra in forze nelle file della chiesa. Fino al 360 molti vescovi provenivano dall'oriente e la dottrina cattolica, stabilita a Nicea nel 325, non era ancora accettata universalmente. Dopo la battaglia di Adrianopoli del 378 i governi accettano la presenza dei germanici goti su territorio imperiale, ma abbandonano qualsiasi tentativo di mediazione religiosa. Gli imperatori adottano una politica di favore verso la nuova organizzazione sacerdotale, la Chiesa, che si fa portatrice della generale unificazione dei popoli, nel nome di un unico Dio e un'unica società cattolica, un termine greco che significa "globale". E proprio Ambrogio sarà un grande sostenitore dell'indipendenza dell'istituzione "spirituale". La chiesa cristiana non era l'unica forza "spirituale" dell'antichità. Da sempre la violenza della politica imperiale ha provocato un'opposizione intellettuale, relativamente garantita, sia di tipo religioso sia di tipo laico od umanista. L'adesione dei romani a vari culti e filosofie medio-orientali nel corso dei secoli testimonia tale attività. Oltre alle filosofie per così dire "ufficiali" (come lo stoicismo) vi erano anche correnti per così dire di "contro-cultura". Questi "atteggiamenti verso la vita" – culti e filosofie – fra cui è compreso quello cristiano, si occupano della "salvezza" dell'anima e si sono diffusi praticamente "da sempre", ovvero da quando Roma è venuta in contatto con le varie popolazioni del Mediterraneo orientale, a partire dalla vittoria nella guerra con Cartagine nel III secolo avanti Cristo. Seicento anni dopo filosofie e culti "mistici" sono diffusi ovunque. Il colpo di grazia alla fiducia greco-romana nella propria cultura è venuto dalle incursioni nordiche del III secolo d.C., testimoniate da vari resoconti scritti nonché da ritrovamenti archeologici. La crisi economica e le guerre hanno fatto aumentare oltre ogni logica la speranza in un futuro migliore, o in una protezione che ormai non si cercava più nella "realtà umana", ma poteva provenire solo "dall'esterno", da Dio. Lo Stato è in crisi e i cittadini trovano conforto nelle parole di speranza dei sacerdoti, piuttosto che nella ormai vetusta politica senatoriale che mira solo a mantenere i propri antichissimi privilegi. Il cristianesimo e le altre dottrine di "salvezza" si sono diffuse in questo ambiente di crisi. E così i successori di Valentiniano e Valente, Graziano (367-383), Valentiniano II (384-394) e Teodosio (379-395), probabilmente educati secondo una rigida morale cattolica, rinunciano al ruolo di pontefice massimo, cioè «capo spirituale» del popolo romano, e fanno condannare tutte le dottrine cristiane differenti da quella ufficiale. Il governo, dai tempi di Costantino (313-337), ha già assegnato degli importanti diritti alla Chiesa e nel corso del tempo le affiderà tutte le incombenze sociali cui non riesce più a provvedere. Teodosio, il comandante militare eletto da Graziano dopo la battaglia di Adrianopoli, nel suo lungo regno porterà a compimento l'opera unificatrice di Costantino stesso: da una parte sarà costretto a riempire le mancanze dell'esercito con vari contingenti germanici, dall'altra tenterà di restaurare l'unità della corona e di aumentare la solidità della religione imperiale. L'esercito d'occidente sarà così composto nella maggior parte da franchi, goti e altri «barbari» che da anni combattono per l'impero. L'unificazione politica sarà brevissima e in futuro non verrà più perseguita. Il cristianesimo invece si guadagnerà per sempre il posto di religione guida dei popoli dell'impero. In seguito alla penetrazione dei franchi nelle strutture di comando dell'esercito occidentale, il politeismo che una volta era caratteristico dei romani, oltre che come "idolatria" viene sempre più spesso identificato come una religione «barbara». A differenza di visigoti e ostrogoti, che hanno accettato di convertirsi al cristianesimo pur di stabilirsi nei Balcani, i franchi rimarrano politeisti ancora per duecento anni. Con Teodosio e Ambrogio, dal 391, la religione cristiana diventa l'unico credo ufficiale dell'impero: vengono repressi con forza gli altri tipi di cristianesimo, vengono chiusi i templi pagani, vietati i loro culti e adottato lo stile delle persecuzioni nei confronti dei vecchi persecutori. Si passa da una censura di Stato alla censura della Chiesa. Il sogno aristocratico di riuscire a trovare un accordo razionale fra uomini, con difficoltà mantenuto dai governi di alcuni imperatori, è stato soppiantato dalla fede religiosa, che, condizionata dalla violenza, dal caos, dall'ignoranza e dalla povertà, si trasforma facilmente in assolutismo celeste. Infatti i governi cristiani affideranno la responsabilità del loro buon operare a quell'unico Dio Padre che però ha già assunto dei connotati decisamente intolleranti. |
La diffusione della nuova religione La chiesa incontra lo stato (260-370) Il trionfo della chiesa (370-476) La caduta finale del mondo 'pagano'
Razionalità e religione Anche gli intellettuali "pagani" del II e IV secolo si dedicano alla religione. Praticamente hanno interpretato questo "fenomeno intellettuale", rivalutando infine l'aspetto spirituale dell'esistenza, che era stato adombrato dalla classica razionalità greco-romana. Nel III e IV secolo la razionalità cede il posto alla religione, come guida dei popoli. Un po' tutti, per trovare una guida spirituale, si rivolgono alla teologia piuttosto che alla filosofia. Il popolo e gli amministratori dello Stato iniziano a credere che esista veramente un solo dio che decide il destino degli uomini. Inevitabilmente, chi si trova all'interno dell'organizzazione religiosa si trova a rappresentare una buona porzione di popolazione e ad avere la possibilità di influenzare la società e la politica. In tutte le società, infatti, i sacerdoti gestiscono la relazione – non importa se reale o immaginaria – fra l'Uomo e la Realtà Esterna. E dunque hanno potere.
Tanti dei e un solo dio Nell'antichità greco-romana la religiosità era tutt'altro che trascurata. I culti avevano un ruolo importante come collante sociale, ma secondario rispetto alla conduzione della politica e della filosofia. Il campo d'azione della religione non era l'assoluto. Anzi, gli dèi antichi, potendo commettere degli errori, non si dimostravano sostanzialmente diversi dagli esseri umani. Gli uomini non vedevano differenze sostanziali fra la divinità e l'umanità. La divinità, buona o cattiva, giusta o ingiusta, non era separata dall'umanità. |
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Barletta. Imponente statua di un imperatore del IV secolo in cui si associa la forza dell'impero alla potenza della croce (alta circa 6 metri, l'attribuzione è incerta). |
Fra guerre secolari e violenze senza fine, fra assalti esterni e repressione governativa, i problemi degli umili e degli emarginati, come angoscia e incertezza sul futuro, si sono diffusi in ogni possibile ambiente umano. La limitatezza nei confronti del destino sembra davvero insormontabile, l'intelletto umano appare inefficace. Non è più sufficiente a giustificare la realtà e la violenza terrena. Dapprima si è cercato un uomo che potesse portare la salvezza, un Dio in terra: un Cesare, un Augusto o un Gesù. Adesso lo si ricerca nei cieli. La filosofia e le norme di comportamento umanistiche, sconfitte dal sangue, cedono il passo alla teologia monoteista, già dogmatica nel IV secolo, nell'indicare per tutti la via da seguire. Nonostante l'intermediazione di Cristo, il Dio dei cristiani sarà, come quello giudaico, un infallibile maestro, dotato di pura volontà: più padrone che padre, "molto maschile", verrà considerato enormente superiore all'uomo, causa e fine dell'esistenza stessa. I rappresentanti sulla Terra di questo nuovo dio onnipotente, vescovi ed ecclesiastici in genere, stanno ora assumendo il diritto di giudicare le scelte dell'umanità. Diritto che manterranno per oltre dieci secoli, diritto basato su «rivelazioni divine» la cui interpretazione non può essere messa in dubbio. Confronta
La chiesa incontra lo stato (260-370) |
I primi dogmi - cioè «affermazioni indiscutibili» - erano stati stabiliti al concilio di Nicea nel 325. |
4. L'impero affidato ai germani Mentre la religione monoteista occupa l'animo inquieto dell'uomo, la violenza non accenna a diminuire e i germani diventano protagonisti delle vicende imperiali da entrambe le parti del confine. In quest'epoca, alla fine del IV e nel V secolo, il cuore dell'esercito non sono più le legioni di «fanti corazzati», altamente addestrati, tipiche di Roma. L'organizzazione statale è deficitaria, la popolazione scoraggiata. L'élite dei cavalieri, invece, è agile e veloce. Il cavallo, selezionato accuratamente dagli allevatori nomadi, sta diventando un'arma micidiale, almeno della stessa importanza tattica del soldato appiedato. Le milizie sono composte - per necessità - da diversi contingenti mercenari, germanici o asiatici, che possono essere manovrati senza remore, ma che a loro volta hanno poco rispetto per l'autorità imperiale. Gli imperatori d'occidente non sono più i comandanti supremi dell'esercito, non si occupano direttamente di difendere lo Stato: la loro maggiore preoccupazione sarà quella di mantenere il potere il più a lungo possibile, evitando di fare battaglia. Il ruolo che una volta era tipico degli imperatores viene frequentemente affidato al nuovo comandante supremo, il magister militum. E il magister militum sarà frequentemente di origine, o di scuola, straniera. Ultimi eredi dei generali della repubblica, come i vecchi prefetti del pretorio, questi «generalissimi» riescono a tenere nelle loro mani le sorti dell'impero, grazie alla guida militare. Ma la loro autorità non ha basi tradizionali o giuridiche. E spesso andranno incontro a una tragica sorte: dopo aver difeso l'impero contro gli assalti degli invasori, una volta diventati troppo importanti, verranno "semplicemente" eliminati da governi o imperatori che temono la loro crescente influenza. Durante tutta questa fase (360-405) l'impero d'occidente subisce numerose incursioni, unne e germaniche. La carica di magister militum creata da Costantino (313-337) acquisisce autorità a partire dai tempi di Graziano (367-383) e Teodosio (379-395). Infatti metà della pars occidentis (Italia, Austria, Jugoslavia e Tunisia) nominalmente è sotto l'autorità del fratello di Graziano, l'imperatore bambino Valentiniano II (375-392). Mentre arrivano gli unni, in questo importante settore l'opera difensiva è affidata soprattutto a generali franchi, come Merobaude, Bauton e Arbogaste. Ed è proprio alla variegata corte di Valentiniano II, dove è debole il potere dello stato, che acquisisce sempre più autorità la chiesa cattolica guidata da Ambrogio. Come detto, sotto la direzione di Ambrogio e Teodosio, verso il 390 l'impero diventa totalmente cristiano e le altre religioni vengono vietate. Per breve tempo Teodosio riunisce tutto l'impero nelle sue mani, sconfigge i generali franchi in battaglia e condivide il potere reale con un nuovo generale vandalo, Stilicho o Stilicone. Ma alla sua morte, nel 395, l'impero viene diviso nuovamente fra le due partes e i due giovani figli. Quest'ultima divisione fra Oriente e Occidente sarà permanente e i destini dei "due imperi" eternamente differenziati. In occidente la politica governativa cade nuovamente in mano ai generali dell'esercito. In seguito a un nuovo attacco dei visigoti, stanziati nei Balcani, alleati dell'impero ma spesso ribelli, la capitale viene trasferita, da Milano (286-402) a Ravenna (402-476). In oriente, a Costantinopoli, dopo la morte di Teodosio, il sovrano e la corte riacquistano subito il potere, eliminando dall'esercito la componente germanica e reclutando contadini e anche briganti, che in quella regione del mondo sono abbastanza numerosi. Nel 405 un gruppo di germanici ostrogoti sfuggiti agli unni porta un violento attacco al cuore della vecchia Italia, ma viene sconfitto vicino a Firenze da un esercito che di romano ha solo il nome, composto quasi esclusivamente da soldati germanici e guidato dal «generalissimo» di origine vandala Stilicone (392-408). L'impero d'occidente è affidato a un generale semi-barbarus. Quasi nessuno, cittadino o contadino, vuole difendere lo stato. I "romani" guidati dal vandalo Stilicho ottengono comunque una vittoria, ma altri germani e asiatici non romanizzati continuano a premere sul confine.
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Riassunto I nuovi stati del quinto secolo
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