I nemici dell'impero

 Il tramonto dell'impero 193-476 


Germani e romani ai ferri corti

Glossario

Atlante

Cronologia

Comandanti germanici dell'impero


360 - 476


In questa pagina

Le 'migrazioni'

Il tramonto dell'imperator in occidente

La resistenza dell'oriente

L'occupazione dell'occidente

I primi regni germanici

 


Confronta

L'agonia dell'Impero Romano (193-476)

 

Dizionario dei popoli (si apre in un'altra finestra)

 

L'assimilazione dei germani nell'esercito (166-360)

 

 

L'esercito imperiale era formato per metà da contigenti di "barbari" alleati, o foederati, e per metà da contigenti "romani". Gli effettivi dell'esercito "romano", però erano per la maggior parte uomini di origine germanica, o magari romanizzati da poche generazioni. Questo esercito "imbarbarito" o, in un certo senso, di immigrati fu comandato da uomini di ogni provenienza: cittadini romani di nascita, mezzi romani mezzi stranieri, romani di nascita cresciuti ed addestrati dagli stranieri, oppure condottieri nati e cresciuti fra le popolazioni germaniche, viventi all'interno del confine del Reno e Danubio.

 

Alla fine, dunque, alcuni germani da "barbari" odiatissimi, divennero i migliori generali dell'impero. Sicuramente non tutti i romani smisero di odiarli, dato che erano comunque assediati da altri germani, ma in molti dovettero riconoscerne almeno il valore guerresco. Un valore che una volta era tipico del cittadino romano, "classico". Ma come era successo che un'etnia, nemica inveterata dell'impero, producesse i suoi migliori difensori? 

 

Innanzitutto l'avversione etnica non era poi così forte. In realtà era tipico dei romani utilizzare gli uomini sconfitti in battaglia come propri alleati in future spedizioni. Avevano sempre agito in questo modo, ad esempio, centinaia d'anni prima, con tutti gli Italiani, coi Galli, con gli Iberici eccetera. Più recentemente, con le popolazioni di origine germanica, come i marcomanni. L'alleanza e l'integrazione dei germani nelle truppe imperiali era quindi iniziata normalmente, e andava avanti da secoli: come era avvenuto per altri popoli, alcuni di loro avevano accettato la "romanizzazione". La maggior parte degli uomini del Nord era rimasta però oltre il Reno e il Danubio. Nel III secolo dopo Cristo il territorio dell'est-europa era stato ricoperto da vasti movimenti migratori: partendo dalle attuali Scandinavia e Polonia numerosi gruppi di germani si erano mossi verso le frontiere dell'impero, arrivando al Reno e al Danubio. I movimenti migratori, spesso bellicosi, avevano causato uno sconvolgimento nelle precedenti formazioni tribali. Si erano costituite nuove federazioni, più ampie ed organizzate (come franchi, alamanni e goti), che ruotavano intorno a potenti capi guerrieri. 

 

I romani trovarono quindi una serie di popoli germanici rinvigoriti da nuovi giovani guerrieri. Le bande di questi capi non erano più composte esclusivamente su base famigliare: il loro seguito divenne un mosaico di avventurieri il cui ideale di vita era l'onore militare. Fra i germani non esisteva ancora l'idea di un'identità nazionale complessiva. D'altronde avevano subito una grande espansione demografica e si trovavano dispersi su vasti territori. I loro eserciti erano composti da formazioni eterogenee, i cui contingenti potevano anche mischiarsi.  

 

I popoli teutonici non possedevano città né abitati fortificati e, a parte per pochi fortunati capi-guerrieri, o re, la vita in tempi di guerra - spesso senza soluzione di continuità - non doveva essere particolarmente gradevole o riposante, soprattutto per quelli che si trovavano in difficoltà economica e avevano una famiglia di mantenere. Così la scelta di entrare nell'esercito imperiale poteva rappresentare un'attrattiva non indifferente: ci si garantiva l'accesso alle strutture urbane romane, ai campi di coltivazione, nonché una paga fissa in denaro di prestigio spendibile nei beni di consumo o nei divertimenti tipici della "civiltà", a seconda dei casi. Molti germani inoltre venivano arruolati, una volta sconfitti sul campo.

 

L'esercito imperiale era sicuramente più organizzato delle bande germaniche e poteva offrire una maggiore sensazione di sicurezza a dei soldati che altrimenti avrebbero vissuto alla giornata. Costantino (312-337), l'imperatore che rivoluzionò le tradizioni antiche scegliendo il cristianesimo, aveva reclutato fra le sue truppe, oltre ai cristiani, una gran quantità di immigrati del nord. I suoi figli e discendenti agirono nella stessa direzione, finché verso il 360 la componente teutonica nell'esercito romano divenne alta in tutti i corpi militari - non solo in quelli di presidio - ed era cresciuta anche fra gli ufficiali superiori e le truppe scelte dell'imperatore. Con i successori di Costantino, franchi, alamanni e goti avevano fatto carriera nell'esercito. Fra di essi si distinsero i generali franchi, come Merobaude e Arbogaste. 

 

Il fatto strano è che l'impero romano si trovò del tutto a corto di risorse umane. Ovvero: lo stato che aveva portato avanti la "gloria" della più potente macchina da guerra che il mondo avesse mai visto, affrontò una inarrestabile crisi socio-economica che probabilmente fu affiancata da un impietoso calo demografico. Qualunque siano stati i rapporti demografici (molto difficili da verificare scientificamente), la crescente carenza di volontari e reclute negli eserciti romani è una realtà storica. Carenza, inaspettata, che contraddistinse tutto il periodo del "tramonto dell'impero", a partire dal 193 e anche prima. A un certo punto, dopo una disastrosa battaglia nei Balcani (nel 378 ad Adrianopoli), ogni nuova sconfitta dell'esercito comportò la totale impossibilità di sostituire gli elementi persi sul campo. Non c'erano riserve ne disponibilità.

L'immissione di uomini di origine straniera divenne, quindi, sempre più necessaria. Dopo il 378, oltre che come sporadici immigrati o soldati indipendenti, interi gruppi di germani che erano stati a contatto coi romani per secoli, come goti e franchi, vennero accettati sul territorio come alleati veri e propri: potevano seguire le proprie leggi, portare le armi quando volevano, cioè sempre, ed avevano con l'impero solo un impegno economico. Cioè in cambio dell'ospitalità difendevano l'impero contro altri "barbari", fossero germani o nomadi asiatici, come gli unni. 

In questa pagina

L'arrivo dei germani. 'Migrazioni' o 'invasioni'?

Il tramonto dell'imperator. L'ascesa dei comandanti germanici. Il magister militum

L'ondata anti-germanica e la resistenza dell'oriente

L'occupazione dell'occidente. Gli ultimi "patrizi"

La fine dell'impero d'occidente. I primi regni germanici in Europa


Confronta

Costantino e il cambio di rotta (312-360)

L'avvento di nuovi poteri: gli unni, i germani, la chiesa (361-406)

Le grandi invasioni e la caduta dell'Impero (406-476) 

Dizionario dei popoli


L'arrivo dei germani. Migrazioni o invasioni?

 

Gli studiosi tedeschi, per primi, hanno coniato il termine "migrazione di popoli" (Völkerwanderung) per descrivere lo spostamento di vari gruppi umani che avvenne in Europa fra la fine dell'antichità e  l'inizio del medioevo, con movimenti precursorsi nel III secolo e successivi flussi fino all'XI. Questo termine fu poi applicato a vari altri spostamenti avvenuti nel corso della storia e della preistoria umana, soprattutto da parte di popoli nomadi o semi-nomadi dalle loro sedi originarie verso i territori urbanizzati. Ad esempio a quello che compirono i greci attorno al 1500 a.C. per conquistare le loro sedi di insediamento nella futura Grecia. Il termine migrazioni vuol essere neutrale e presuppone una causa "esterna" implacabile, come la fame o le variazioni di temperatura. Sta di fatto che, dal punto di vista delle popolazioni urbanizzate, le "migrazioni" si presentavano spesso come vere e proprie "invasioni", dato che avvenivano tramite irruzioni armate, saccheggi, rapimenti e tentativi di assedio. E non c'è dubbio che i popoli invasori si considerassereo dei "conquistatori", più che degli emigranti. Il termine è forse più adatto a descrivere gli antichissimi movimenti preistorici, ma sembra che anche questi, almeno in parte, siano avvenuti con l'ausilio delle armi.

Le "invasioni barbariche" furono dunque reali attacchi armati e furono annunciate nel terzo secolo da sporadici tentativi di infiltrazione in territorio romano. Sia che fossero in sovrannumero, sia che fossero pressati da altri popoli, le tribù stanziate al confine del Reno e del Danubio iniziarono a compiere delle spedizioni bellicose contro gli obiettivi più rilevanti in territorio romano. L'esercito imperiale si trovò impreparato rispetto ad un'irruenza che non era stata calcolata. Ma dopo vari problemi interni, riuscì a riorganizzarsi per rispondere agli attacchi nemici. Per un secolo circa, diciamo fra il 275 e il 375, l'impero sotto Diocleziano e Costantino fu "restaurato". Così come lo stato e la società cambiarono radicalmente struttura, anche l'esercito subì una completa ristrutturazione. Fu apprestato il riconsolidamento della difesa anche tramite la costruzione di mura più spesse e soprattutto caserme fortificate, che in caso di attacco potevano funzionare da castello-rifugio per la popolazione. 

Le genti esterne che vivevano in piccole tribù autonome, una volta sconfitte sul campo, come ai vecchi tempi, venivano frequentemente accettate dentro il territorio imperiale come immigrati (laeti, col significato di "sconfitti") che dovevano coltivare la terra. Molti terreni al di qua del Reno e del Danubio non erano ancora stati colonizzati e così i nuovi venuti potevano diventare contadini e contemporaneamente difendere l'impero, agendo come soldati semplici nell'esercito romano. Un po' alla volta questi germani fecero carriera individualmente, scalando la gerarchia militare, e infine arrivando a ruoli di comando. 


Confronta

Germani e romani ai ferri corti (166-360)

L'assimilazione religiosa

L'esercito imperiale trasformato

Un cavaliere cristiano

 


Il trionfo della chiesa (360-476)

L'affermazione della nuova mentalità

 

 

 

La ristrutturazione dell'esercito, gli insediamenti e le fortificazioni non furono però sufficienti ad arginare l'avanzata dei "popoli migranti". Anzi, a partire dalla fine del IV secolo, dopo una prima lenta fase di "germanizzazione" dell'esercito, l'intensità del movimento planetario di popoli superò una soglia critica, creando un punto di svolta decisivo. Nel 375 il popolo asiatico degli unni apparve in Europa, mosso da un impeto furioso di conquista, portando guerra dapprima ai germani e poi all'impero. Nei decenni successivi, tutte le tribù germaniche che non furono sottomesse nel dominio degli unni si trovarono costrette a spostarsi verso ovest. Nei confronti del territorio romano queste "migrazioni" divennero delle "invasioni". Molto probabilmente i popoli germanici si trovavano in una fase storica di esplosione demografica. Anche se non abbiamo documenti diretti che testimoniano questa crescita demografica, è indubbio che gli spostamenti di gruppi umani e gli sconvolgimenti nelle formazioni tribali andavano avanti da secoli. Molte piccole tribù si riunivano per formarne di grosse. Tutte le grandi tribù del IV e V secolo - franchi, alamanni, goti - nacquero nel III secolo come alleanze di tribù minori. Tutti gli uomini di queste "confederazioni" erano guerrieri a tempo pieno. I movimenti tumultuosi di spostamento andavano avanti con impeto progressivo da secoli. E l'arrivo degli unni fu la goccia che fece traboccare il vaso. I grandi sommovimenti causati da questa nuova ondata di violenza si ripercossero per quarant'anni, fino a provocare uno "straripamento" di interi popoli - come franchi, alemanni e svevi -  al di là della linea di confine Reno-Danubio, nel 406. Interi popoli, muovendosi in vari contigenti e gruppi minori, passarono il Reno. Alcuni tendevano a insediarsi in zone spopolate, altri a conquistare postazioni di rilievo e sottomettere la popolazione residente

Confronta con la situazione generale

L'avvento di nuovi poteri: gli unni, i germani, la chiesa (361-406)

Le grandi invasioni e la caduta dell'Impero (406-476) 

Fin dall'arrivo degli asiatici unni, negli anni 376-79, l'esercito romano dovette affrontare una delle tribù maggiori, quella dei visigoti, e risultò tanto clamorosamente sconfitto (ad Adrianopoli, vicino a Bisanzio, nel 378), da gettare nel panico tutta la popolazione imperiale. Da quel momento in poi le cose cambiarono radicalmente: ci si era resi conto che la disciplina dell'immigrazione controllata, con sporadici insediamenti di laeti, non era più sufficiente. Inoltre l'esercito romano era paradossalmente a corto di risorse umane. Sembra incredibile, ma alcuni "romani" erano diventati "pacifisti", e per di più, sfiancati da una crisi economica lacerante, in molti avevano perso la voglia di combattere, scegliendo di diventare completamente "dipendenti" dai potenti locali. Gli imperatori non riuscivano a trovare reclute. Dopo la grandissima sconfitta contro i visigoti, con la perdita di due terzi dell'esercito, non c'erano più uomini che potessero prendere in mano le armi, fisicamente. E così vennero accettate in territorio romano intere armate di "barbari" ai comandi dei propri capi-tribali, i quali avevano con l'Impero solo un accordo economico. L'imperatore Teodosio (379-395) trattò come alleati veri e propri (foederati) sia gruppi di ostrogoti (scampati agli unni), sia gruppi di visigoti e li stanziò nei territori imperiali presso il Danubio, nelle attuali Bulgaria ed Ungheria. Probabilmente fin da allora la legge garantiva loro di poter occupare il territorio come un'esercito amico (hospitalitas), avendo a disposizione le risorse finanziare di circa metà della regione. 

 

Dopo il disastro patito contro i Visigoti nel 378, poi, il comando supremo della difesa occidentale venne affidato a un uomo di origine germanica. Teodosio si trovò in una situazione d'emergenza, in cui l'impero era gravemente minacciato dall'arrivo degli unni, che stavano costruendo un impero di arceri cavalieri e stavano spingendo tutte le tribù germaniche verso i territori romani. Il primo a ricoprire la carica di generalissimo - o magister militum - fu il franco Merobaude (375-383?), seguito da Arbogaste (384-388?). Il generale Merobaude collaborava da tempo con l'esercito romano e fu scelto per questo ruolo direttamente da Teodosio, il grande imperatore di origine ispanica che avrebbe portato l'impero, di lì a breve, ad una stretta ortodossia cristiana e che fu l'ultimo in grado di riunificare tutta la gestione del territorio romano nelle sue mani.

 

Naturalmente la popolazione imperiale non si fidava molto di questi eserciti, formati da immigrati o completamente mercenari. Gli stranieri occupavano e quasi possedevano delle intere contrade in territorio romano. Erano truppe che avrebbero dovuto ubbidire all'imperatore o al suo generalissimo, e che, se fosse stato loro richiesto, avrebbero dovuto intervenire anche a difesa della restante popolazione, ma che invece si sentivano molto più legati al capo di cui condividevano l'etnia e le sorti. E infatti negli anni successivi gli scontri fra la popolazione cittadina e le armate dei visigoti, alleati dell'impero, condurranno a continue "rivolte" dei re germanici, fino alla decisione del visigoto Alarico di spostarsi verso l'Italia. Decisione presa nel 407, subito dopo la spedizione degli ostrogoti di Radagaiso nel 405 e lo "straripamento" renano di vandali, burgundi e alani del 406.

Dizionario dei popoli

 


Il trionfo della chiesa (360-476)

L'affermazione della nuova mentalità

La caduta finale del mondo 'pagano'

 

 


Il tramonto dell'imperator in occidente. Il magister militum

Nel IV secolo la struttura di comando dell'esercito, rispetto ai tempi del "primo impero", era totalmente cambiata. Già nel III secolo Gallieno (253-268) aveva tolto ai senatori il diritto aristocratico di diventare direttamente colonnelli ("tribuni") e generali ("legati") delle legioni. Sotto Diocleziano (284-305) e Costantino (313-337) ai tribuni restava il grado di colonello, ma i legati - insieme alla legione di 6000 uomini - sparirono del tutto. I nuovi comandi degli squadroni di cavalleria, gli incarichi speciali, il comando di divisione o d'armata - ovvero il controllo delle truppe su vasta scala - e il comando della fanteria intera vennero affidati esclusivamente a soldati di mestiere che avessero raggiunto il massimo grado nella gerarchia militare. In ordine di importanza: duces, comes magistri. Da questi nomi, che inizialmente indicavano dei professionisti in contrapposizione alla nobiltà dei senatori, deriveranno poi i nomi di duchi e conti del medioevo. Il ruolo amministrativo della vecchia aristocrazia romana fu ridotto all'osso: al senato restò la sola giurisdizione sulla città di Roma. Contemporaneamente venne creato un altro senato a Costantinopoli, cui potevano accedere sia i cavalieri, sia i militari, cioè praticamente tutti, se erano nelle grazie dell'imperatore. La nobiltà non dipendeva più dalla nascita, ma solo dalla volontà dell'imperatore. Era una monarchia assoluta. L'esercito divenne totalmente dipendente dall'imperatore e dai suoi comandanti di fiducia. E molta gente trovava conforto solo in quel potente dio, l'unico Dio, che voleva un unico stato sovrano e un'unica organizzazione sociale e spirituale. 

Ma a questa evoluzione monarchica, in senso professionale e anti-aristocratico se ne aggiungeva una in senso contrario. L'esercito infatti perdeva valore complessivo. Da quando l'impero aveva subito le prime incursioni di germani, nel III secolo, il mito di un esercito romano invincibile, dopo mille anni, si era sbriciolato in pochissimo tempo. C'erano sempre meno cittadini imperiali che desideravano arruolarsi. Intanto i popoli germanici si erano lentamente infiltrati nei territori imperiali, agendo spesso come truppe mercenarie o facendo carriera nell'esercito imperiale come singoli soldati. Nel frattempo le battaglie furono condotte in modo frammentato, da piccole unità, in corpi misti, con fanteria e cavalleria frequentemente a contatto. Già dal III secolo a livello strategico si smembrava la solidità dei reggimenti di fanteria pesante, e a livello tattico aumentarono di numero le truppe di cavalleria e quelle di arcieri, in cui si distinguevano sia gli uomini di origine settentrionale, sia quelli orientali. 

Nel IV e soprattutto nel V secolo, dunque, la capacità bellica non si identificò più col romano glorioso di un tempo ma col barbaro germanico attuale. Uomini di antica origine germanica, impiantati come agricoltri nelle terre imperiali, erano divenuti dapprima capitani, e poi anche colonnelli e infine generali. Solo il ruolo di imperatore gli fu precluso, per legge e per sempre. L'imperatore romano era sempre stato il comandante supremo dell'esercito. Un militare e un civile. Aveva avuto una cultura militare e... classica. Dal IV secolo in poi gli imperatori, anche e soprattutto quelli d'oriente, saranno spesso "solo" dei rappresentanti: il compito di far guerra spetterà ai generali. Vari sovrani occidentali, fra IV e V secolo, furono dei veri e propri "fantocci" nelle mani dei loro generali, della corte o dei funzionari che tramavano alle loro spalle. Alcuni, come Valentiniano II (375-392) erano solo bambini e non potevano che essere imperatores puramente a livello nominale. 


Confronta

Costantino e il cambio di rotta (312-360)

L'avvento di nuovi poteri: gli unni, i germani, la chiesa (361-406)

Le grandi invasioni e la caduta dell'Impero (406-476) 


Confronta

Germani e romani ai ferri corti (166-360)

L'assimilazione religiosa

L'esercito imperiale trasformato

Un cavaliere cristiano

 


Il trionfo della chiesa (360-476)

La nuova mentalità

La caduta finale del mondo 'pagano'

Il dominio monoteista

 

 

 

Dopo l'invasione dei goti che nel 378 distrussero l'esercito imperiale nei Balcani, l'imperatore Teodosio (379-395) si diede da fare per ricostruire un efficace schieramento militare, almeno in oriente. Ma fra il Danubio e Costantinopoli la situazione era drammatica. I Balcani erano stati affidati agli stessi goti che avevano invaso la zona, chiamata Tracia (odierna Bulgaria) dai romani, una parte dell'Illyria. L'imperatore Teodosio cedette il comando militare di tutta la regione proprio ai visigoti, che in quel momento erano capitanati dal re Viterichus. Teodosio si alleò con gli invasori, pagando loro un buon stipendio e fecendoli combattere contro gli altri popoli stranieri. Evitò un rischio in più alla popolazione, ma rendeva esplicito che ormai l'impero non era più in grado di difendersi da solo. Negli anni successivi la popolazione illirica avrebbe protestato varie volte, rendendosi anche resposabile dell'uccisione di ufficiali germanici, forse dello stesso re Viterichus. Intanto, mentre l'imperatore d'occidente Graziano (367-383) si occupava di difendere le Gallie da franchi e alemanni; fra l'Italia e l'Austria era stato insediato suo fratello minore, Valentiniano II (375-392), che come detto era un bambino. Il comando reale di questa regione era nelle mani del magister militum straniero Merobaude (375-383?), che apparteneva a una tribù di franchi. Il vero comandante di Italia, Austria, nonché Ungheria e Africa occidentale era il magister militum e non l'imperator. Di tentativi di usurpazione la storia romana è piena, ma era la prima volta che il tentativo veniva manovrato dai generali immigrati. Così Teodosio intervenne e, con l'aiuto dei goti, riuscì a riunificare il territorio romano per qualche mese, fra il 394 e il 395.

Dalla fine del IV secolo i magistri militum, comandanti supremi di fanteria o cavalleria, divennero spesso più importanti degli imperatori stessi. Il loro numero variò fra uno, due, fino a cinque, sei o sette. La carica fu coperta, con una buona frequenza, da condottieri germanici. I primi furono tutti franchi: fra di essi anche Bauton. Gli ultimi, invece, Stilicho (392-408) ed Ætius (435-38) sono stranieri solo per metà. Ma sono conosciutissimi e conosciutissimo è il loro comportamento ambiguo. 

 

I germani furono costantemente visti come una sorta di "male necessario", l'unico rimedio possibile. E mai ci si fidò di loro come governanti. All'epoca di Stilicho, o Stilicone, verso l'anno 400, la superiorità bellica dei "barbari" divenne un fenomeno del tutto evidente, un normale argomento di discussione. Anzi tale problematica, il fatto che ci fossero troppi germani nell'esercito imperiale, fu motivo di lamentele ininterrotte, e nelle terre orientali scatenò una violenta reazione anti-germanica. A differenza di quello che aveva creduto l'ispanico Teodosio, l'impero "romano" d'oriente, l'impero burocratico e monoteista, fu infine in grado di trovare le risorse economiche ed umane sufficienti ad impedire la "germanizzazione" o "barbarizzazione" dell'esercito. 

I goti, Teodosio e Ambrogio

Quando i goti passarono il Danubio (376), era al potere Valente. Questo imperatore era un cristiano ariano e chiese ai goti di convertirsi. In seguito all'installazione dei visigoti nei Balcani (379), la popolazione imperiale si ribellò varie volte e infine uccise uno dei suoi principali comandanti. Per questo motivo il nuovo imperatore Teodosio bandì una repressione e i soldati imperiali massacrarono circa 5000 cittadini. Il vescovo più famoso dell'impero, Ambrogio, scomunicò per la prima volta nella storia l'imperatore. Teodosio accettò la "punizione", ma soprattutto il giudizio del prete, che riportò una delle prime vittorie della Chiesa sullo Stato. Il cristianesimo cattolico di Ambrogio trionfava nell'impero. I goti restavano ariani.

Confronta 

L'avvento di nuovi poteri: gli unni, i germani, la chiesa (360-406)

L'assimilazione religiosa dei germani (166-360)


Il trionfo della chiesa (360-476)

La caduta finale del mondo 'pagano'

 

 

 

 

 


L'ondata anti-germanica e la resistenza dell'oriente

 

Fra IV e V secolo molto frequentemente gli uomini più potenti dell'impero furono i generali di origine straniera che comandavano le truppe imperiali, come il franco Bauton in occidente e il goto Gainas in oriente. Inoltre l'impero d'occidente sarà in pochi decenni occupato e governato dai re delle popolazioni germaniche, teoricamente alleate, ma praticamente indipendenti, come visigoti, ostrogoti, vandali, franchi e alemanni. Dopo la morte di Teodosio (379-395), l'imperatore cristiano che aveva affidato quasi tutto l'esercito ai comandanti germanici, l'impero si era trovato diviso in due tronconi. Teodosio lasciò le due parti dell'impero ai suoi due giovani figli, sotto la tutela del generalissimo Stilicho (392-408), uno dei soldati di origine germanica che stavano facendo carriera nell'esercito "romano". A lui spettava l'impossibile compito di mantenere unite le due partes del mondo romano. I territori conquistati da Roma 500 anni prima, erano adesso destinati, ovvero predisposti da molto tempo, a una separazione irreversibile. L'impero orientale, sebbene smussato, sarebbe rimasto sotto la direzione unitaria dell'imperatore greco-romano-cristiano almeno per altri 500 anni. Quello occidentale invece era solo formalmente affidato ad un imperatore e si sarebbe disfato completamente in meno di 100 anni.

 

A partire dallo stesso 395 - l'anno della morte di Teodosio - i germanici visigoti, che erano stati accettati già da vent'anni all'interno dell'impero, si sparsero per tutta la penisola balcanica, nelle zone chiamate Illyria, Mesia e Tracia. Costantinopoli, sebbene non l'unica, era la residenza preferita degli imperatori. I suoi quartieri e monumenti la facevano sempre più assomigliare alla "nuova Roma" che Costantino aveva voluto nel 330. Pochissime ed isolate spedizioni riuscirono a passare Costantinopoli. La città bizantina, a guardia della strettoia fra Europa ed Asia costituiva un baluardo insuperabile. Le sue mura e il suo nutrito contingente di truppe la difesero per lunghissimo tempo. Solo poche volte gli stranieri l'avevano passata. Nel III secolo i goti avevano apportato numerosi danni in Asia Minore. Ed effettiviamente nel IV alcuni "barbari" si stanziarono in oriente. Lo spazio per insediarsi non mancava: non tutti i terreni fertili erano coltivati. Ma comunque la popolazione imperiale era numericamente sufficiente a tenere a bada qualsiasi piccola banda o gruppo germanico. I pochi stranieri che riuscirono a passare la strettoia di Costantinopoli, alla fine, vennero del tutto integrati e snazionalizzati. La direzione del movimento di popoli era dal lontano nord-est verso l'occidente classico. La parte orientale dell'impero ne rimase indenne.

 

Attorno al 400, non riuscendo a conquistare Costantinopoli e le città, come Adrianopoli, che in un certo senso la proteggevano, i germanici goti migrarono verso l'Italia. Volevano nuove terre e nuovi bottini da conquistare. È probabile che tale spostamento verso occidente fosse in qualche modo suggerito o favorito dalla stessa capitale bizantina. Almeno per salvare se stessa. E per far sloggiare i "barbari" goti da quelle terre balcaniche, in parte di cultura greca, che erano sotto l'amministrazione dell'oriente. Dal III secolo in poi Roma non era più stata la capitale reale dell'impero, essendo la corte e il palazzo a Milano, Ravenna, Treviri in Germania e anche in altre città. Il sovrano di Costantinopoli poteva ormai pensare a un futuro completamente differenziato per la nuova e la vecchia capitale del mondo.

 

L'ispanico Teodosio aveva agito con una politica filogermanica e il capo dell'esercito, il magister militum Stilicone, di origine semi-vandala, ne era la prova vivente. L'occidente soffriva per la mancanza di reclute e l'immissione di uomini teutonici era necessaria. In oriente, invece, la popolazione era abbastanza numerosa da opporsi con efficacia alla penetrazione dei rudi germani ai posti di comando. Già gli abitanti dei balcani avevano ucciso il comandante dell'esercito goto alleato dell'impero durante il regno di Teodosio. E ora - verso il 400 - i successori di Teodosio fecero eliminare il comandante supremo dell'esercito orientale, un altro goto, di nome Gainas. L'oriente reagiva orgogliosamente alla presenza dei germani nei Balcani. 

 

Teodosio aveva dunque affidato l'oriente a suo figlio Arcadio (395-408), che aveva diciotto anni. Giuridicamente anche Arcadio era sotto la tutela del semibarbarus Stilicho, ma non era di certo un bambino come Onorio (395-423), l'imperatore d'occidente che aveva solo undici anni. Stilicone poteva dunque dirsi il comandante supremo solo dell'occidente. A Costantinopoli la corte era forte, sostenuta dai ministri, dall'imperatrice e da una vivace popolazione cittadina. Il principio monarchico assoluto e la trasmissione del potere per via ereditaria, così come avveniva per gli altri mestieri, si stava imponendo alla storia. Erano lontani i tempi delle decisioni collegiali, tipiche del senato e dell'elezione per acclamazione. E così i parenti di Arcadio, i ministri e i funzionari agivano in nome dell'imperatore. La ricchezza era meglio distribuita che in occidente: la piccola proprietà contadina non era del tutto scomparsa. Lo stato aveva ancora una grande forza politica. E i grandi poprietari terrieri, tendenti ad accumulare potere nelle loro mani, erano esclusi dalla direzione politica e militare.

 

Stilicone probabilmente cercò un accordo con gli stranieri installati nei Balcani, così come aveva fatto Teodosio. Forse voleva che essi, ormai "accettati", difendessero l'impero dagli unni che, minacciosi, si affacciavano al confine danubiano. Ma l'autorità di Stilicho non era così forte come quella del grande imperatore spagnolo. I romani non vedevano di buon occhio la sua politica di germanizzazione; la propaganda imperiale e cristiana lo dipingevano come un barbaro che voleva vendere l'impero ai barbari. Probabilmente era stata la stessa capitale d'Oriente a provocare lo spostamento dei goti verso ovest, ma era riuscita a farsi passare come il baluardo della civiltà contro gli stranieri invasori. Un genitore di Stilicho, non si sa quale con certezza, era germanico e il dubbio che il generalissimo avesse un occhio di riguardo per l'etnia straniera poteva sfiorare chiunque legittimamente.  

 

Nei primi del 400 i goti partirono dai Balcani per fare due spedizioni verso l'Italia, ma furono fermati dal semi-vandalo Stilicho. Nel 406-407 avenne invece il più grande spostamento di sempre. Minacciati dagli unni, gli interi popoli vandali, burgundi, svevi e alani attraversarono il Reno ghiacciato stabilendosi definitivamente in Gallia e Spagna. Poi saranno seguiti un po' alla volta da altri loro compatrioti, nonché da franchi e alemanni. I "romani" cercarono di combatterli ma negli anni futuri dovranno accettare la loro presenza e darle una forma giuridica definitiva, riconoscendo la loro autonomia. In occidente la situazione sociale era all'opposto dell'oriente. I proprietari terrieri locali e i vescovi gestivano la popolazione, a dispetto del debole potere di Ravenna. C'era crisi demografica, nonché economica. I ricchi, per non perdere troppi beni e uomini, erano pronti a spartirsi il territorio con gli invasori. Le zone libere non mancavano. I gruppi etnici stranieri occuparono dunque terre libere e spesso restarono del tutto separati dalla popolazione che parlava latino. D'altronde i franchi vivevano stabilmente sulle due sponde del Reno (nella parte nord) da svariate generazioni. Gli alemanni e i burgundi, invece, dal Reno meridionale si stanziarono in Gallia. Sarmati e goti vennero divisi in vari gruppi, i cui insediamenti furono accettati, per forza, in Italia, in Ungheria e nei Balcani. 

Confronta con la storia dell'impero

L'avvento di nuovi poteri: gli unni, i germani, la chiesa (361-406)

Le grandi invasioni e la caduta dell'Impero (406-476) 


Il trionfo della chiesa (360-476)

La caduta finale del mondo 'pagano'

 

 

 

Le genti che per secoli avevano occupato i fertili terreni attorno al Danubio furono costrette a spostarsi con l'ondata migratoria. Tipico il caso della Pannonia, l'odierna Ungheria. Qui il potere centrale dell'impero era ancora rispettato. Ma per evitare di essere arruolati, e per non divenire servi della gleba, i contadini preferirono disertare e affidarsi alla stessa vita di disperazione e rivolta seguita dai goti e dagli altri popoli stranieri. Così molti contadini della Pannonia si unirono a quei popoli che passarono il Reno nel 406.

 

Due anni dopo, mentre si svolgevano battaglie su tutto il territorio "romano", la corte d'Occidente stanziata a Ravenna e diretta ufficialmente dall'ormai ventiduenne Onorio, forse influenzata da Bisanzio, comandò l'uccisione di tutti gli alti funzionari stiliconiani. Le truppe di mercenari, rimasti senza comandanti, volevano rivoltarsi contro la decisione dell'impero, muovendo guerra alle altre truppe dell'esercito. Ma Stilicone li fermò, rinunciando alla vendetta e dimostrando la sua fedeltà all'impero. Con questo atto però andò incontro alla morte, cadendo sotto i colpi delle trame politiche di Costantinopoli. Fu uno degli ultimi grandi difensori dell'occidente e dell'idea di un impero unito fra occidente ed oriente. Essendo di orgine germanica, non avrebbe potuto, per legge, diventare imperatore.

 

Negli anni seguenti, mentre l'occidente veniva occupato direttamente dalle truppe straniere, l'oriente resisteva dalla sua capitale che si ampliò anche con una nuova cerchia di mura. Il nuovo giovane sovrano fu Teodosio II (408-450), ma a lungo la reggenza fu tenuta dalla sorella dell'imperatore e poi da altri funzionari di corte. Ad ogni modo in questo periodo l'oriente continuò nell'opera di riforma, per così dire, bizantina. Costantinopoli fu dotata di un'università. E oltre alle mura, furono ricostruiti molti edifici che i goti avevano distrutto nei Balcani. Sebbene i due imperi fossero militarmente del tutto separati, le legge cercava ancora di mantenerne l'unità. Nonostante la "decadenza", fu redatto un importante testo giuridico, il famoso codex theodosianus, che risistemava gran parte delle leggi del tardo impero e da cui noi abbiamo tratto metà della nostra conoscienza del diritto romano.

 

Con la morte di Teodosio II (408-450) si eusariva la dinastia di Teodosio, che durava da 70 anni. Negli anni successivi, mentre l'occidente sarebbe finito totalmente nelle mani dei "barbari", gli imperatori sul trono di Costantinopoli tolsero alla corte il comando: furono nuovamente degli abili soldati, più propensi a combattere i germani e i cavalieri asiatici, che a pagar loro dei tributi.

Confronta con la situazione generale

Costantino e il cambio di rotta (312-360)

L'avvento di nuovi poteri: gli unni, i germani, la chiesa (361-406)

Le grandi invasioni e la caduta dell'Impero (406-476) 


Il trionfo della chiesa (360-476)

La caduta finale del mondo 'pagano'

Il dominio monoteista

 

 

 


L'occupazione dell'occidente. Gli ultimi "patrizi"

 

Nel V secolo sul territorio romano si formarono dei regni di tribù germaniche. Questi regni sono i padri di quelli medievali e moderni, e degli stati nazionali che attualmente dominano il mondo, discendenti in linea diretta da questi germani che si stanziarono in Europa dal 400 al 1000 d.C. I regni inizialmente ponevano al centro di comando il singolo clan o una sorta di "aristocrazia" basata sul valore guerresco. Istituzioni vere e proprie non c'erano: quando il "clan" perdeva il potere, spesso si disfava anche il regno. Il primo tentativo di formare uno stato in questo modo era stato quelli dei visigoti, dopo il 376, poi fu la volta di burgundi e franchi. 

 

Costantinopoli faceva fatica a difendere se stessa, e la pars occidentis fu praticamente abbandonata all'azione dei predoni germanici. Le bande di "barbari" che avevano vissuto per tutto il III e IV secolo al limite della frontiera renana-danubiana, abitando capanni di legno fra i boschi e non conoscendo la scrittura, si rivolsero contro l'impero d'occidente tutte insieme all'inizio del V secolo. 

 

I reggimenti imperiali non erano sufficienti per difendere tutto il territorio "romano" e la Britannia fu praticamente abbandonata già dal 406. Gli isolani britanno-romani acclamarono un loro imperatore. Il nuovo comandante generale, noto come Costantino III, fu riconosciuto anche dalla Gallia e dall'Iberia, così come era avvenuto nel 260, all'epoca delle prime sporadiche irruzioni di franchi e alemanni. Questa volta però era in corso una migrazione di massa. Uomini, donne e bambini, si spostavano con lo scopo di insediarsi stabilmente in territorio occidentale. Franchi, alemanni, burgundi, nonché fuggiaschi di vario genere, si fermarono poco oltre il Reno. Gruppi umani arrivarono un po' dovunque. Alani, vandali e svevi migrarono fino alla Spagna. Come detto molte terre erano spopolate, i contadini che per secoli avevano costituito il nerbo dell'esercito imperiale, erano ormai asserviti ai ricchi latifondisti locali. Preferivano cedere la propria persona a un ricco del luogo. Erano stanchi di servire da carne da macello per l'esercito. I capi germanici riuscirono ad insediarsi stabilmente nelle case e nei palazzi romani, senza che l'esercito, la popolazione o la corte di Costantinopoli potessero impedirglierlo. 

Confronta con la situazione generale

Costantino e il cambio di rotta (312-360)

L'avvento di nuovi poteri (361-406)

Le grandi invasioni (406-476) 

 

Dopo l'eliminazione del comandante semi-germanico Stilicho, i visigoti di Alaric erano passati dai Balcani all'Italia, avevano saccheggiato Roma nel 410 e poi erano tornati verso nord, stabilendosi prima in Gallia meridionale e poi un po' più a sud, verso la costa dell'attuale Barcellona. L'impero fu costretto ad accettare un'alleanza con i visigoti, che erano i germani più "romanizzati". Dopo la morte del semi-vandalo Stilicone, il magister militum delle truppe occidentali fu un "romano" per i successivi quarant'anni. Ma nell'esercito regolare vennero arruolate delle truppe composte e comandante totalmente da capi goti e da altri germani. L'impero era divenuto una sorta di confederazione. I visigoti erano veramente foederati coi "romani".  Atawulf, il successore del grande re Alaric, si impegnò in battaglie contro tutti gli altri popoli germanici che avevano passato il Reno. Assieme alle truppe ufficiali, comandante dal nuovo generalissimo dell'impero Flavio Costanzo, Atawulf combatté anche l'imperatore gallo-britannico Costantino III.

 

I vandali si erano creati la fama che li avrebbe accompagnati fino ai giorni nostri. Ora erano stanziati in Spagna, in procinto di combatter contro i visigoti. Gli alemanni e i franchi erano ancora suddivisi in tribù minori. O compivano dei saccheggi o agivano come truppe mercenarie per l'impero. Gli angli e i sassoni erano ormai lontanti, nel nord, e un po' alla volta si sarebbero insediati sulle coste britanniche. Altre tribù erano di piccole dimensioni e la loro alleanza era variabile. Anche le tribù di cavalieri nomadi, come unni e alani, talvolta agivano in favore dell'impero invece che contro. Gli alani, predecessori degli unni e successori dei sarmati, erano esperti combattenti. Si associarono coi vandali e in futuro li avrebbero seguiti persino in Africa.

 

I "barbari" avevano compiuto molti saccheggi. Ma oltre ai visigoti, anche altri gruppi di stranieri si erano stanziati in territorio romano seguendo delle precise norme giuridiche, come le truppe regolari del tardo impero. Non era possibile respingerli tutti e l'integrazione fu forzata. I "barbari" occupavano il territorio come degli eserciti legalmente riconosciuti, in base al principio dell'hospitalitas: i cittadini venivano obbligati a cedere un terzo delle loro abitazioni e del loro cibo ai soldati. Era una vera occupazione militare. Già avevano sempre protestato nei confronti dell'esercito regolare. Figuriamoci cosa dovettero subire con l'occupazione degli eserciti stranieri, anche se regolamentata. I capi-tribù e i comandanti ottennero delle ville, dei campi e dei servi della gleba, dando piena forma all'economia signorile del medioevo, che già si era evidenziata per i proprietari terrieri "romani" a partire dal III secolo.

 

Vent'anni dopo l'occupazione delle Gallie, anche l'Africa fu invasa dalle popolazioni germaniche. I vandali e gli alani che avevano passato il Reno nel 406 furono sospinti oltre le Colonne d'Ercole dai visigoti, che spadroneggiavano in Spagna. Dopo la reazione antigermanica dei greco-romani-cristiani e l'uccisione di Stilicho, l'esercito imperiale nella prima metà del V secolo fu comandato essenzialmente da uomini "romani". Il nuovo magister militum Ezio fu l'ultimo grande difensore dell'occidente, dopo Stilicone e Costanzo, ma anche la sua energica azione non valse a salvare l'agonizzante mondo antico. Nel 435 Ætius dovette riconoscere ai germani la supremazia sul territorio africano. Il capo dei Vandali, Genserico o Gaiserico fu riconosciuto come rex del suo popolo, con diritto di occupare la Mauretania, la Numidia e successivamente la provincia d'Africa, cioè l'odierna Tunisia. Anzi, mentre le altre truppe erano ufficialmente "alleate" dell'impero, e i loro capi erano ufficialmente generali dell'impero, Gaiserico fu il primo re germanico riconosciuto ufficialmente dai romani. La politica religiosa fondamentalista e la spregiudicatezza militare gli valsero questo dubbio diritto. 

 

Nel contempo Ezio riusciva a sconfiggere i burgundi stanziati in Gallia. In un certo senso li confinava nella Savoia, ma anche qui riconobbe la loro sovranità. La penetrazione dei goti era iniziata nel 376. Nel giro di tre generazioni, metà del territorio romano d'occidente fu occupato e venne governato da capi germanici. Anche la Britannia, ormai difesa solo da truppe autoctone, cadde sotto i colpi dei pirati angli e sassoni. Ezio aveva anche dovuto riconoscere uno stanziamento degli unni nell'attuale Ungheria. Da giovane era stato prigioniero degli asiatici, ne aveva imparato le tecniche, ed era poi riuscito ad amministrare la loro potenza devastante, utilizzandoli abilmente come mercenari. Il magister militum assunse anche la carica di patricius. Il termine venne riesumato da quello antichissimo che denominava l'anzianità e la nobiltà della prima Roma, ma adesso questo titolo dava ad Ezio dei poteri quasi assoluti. A parte l'uso saltuario di mercenari mongoloci, quello che rimaneva dell'impero d'occidente, sotto Ezio, era diventato una vera confederazione. Nel 440 gli stranieri avevano occupato - in via ufficiale o no -  l'Africa occidentale, la Spagna, l'Inghilterra, parte della Gallia e dei Balcani. 

Confronta con la situazione generale

Costantino e il cambio di rotta (312-360)

L'avvento di nuovi poteri (361-406)

Le grandi invasioni (406-476) 

 

Dopo le irruzioni del III secolo e le "invasioni" del IV, nel V ci furono le "grandi invasioni". Quando la vera e propria penetrazione all'interno del confine durava da settant'anni, negli anni 40, le province danubiane e balcaniche, di competenza orientale, furono di nuovo il teatro delle irruzioni straniere, questa volta ad opera del crescente potere degli unni. Dopo un terremoto, le mura di Costantinopoli furono nuovamente rinforzate e resisteranno intatte per i successivi mille anni. Ma nel 444 Attila unificò tutte le tribù di quell'etnia mongolica e si volse anch'egli contro le già devastate province d'occidente. Nel 451 nel centro della Gallia si verificò un'epocale battaglia in cui tutti i germani si allearono con i romani per combattere il nemico comune, il primo "pericolo giallo" della storia d'occidente. Così franchi, burgundi, goti e "romani" sconfissero Attila e i suoi cavalieri. Due anni dopo la storia si confonde con la leggenda medievaleggiante e i cronisti riportano che Attila, un potente e spietato capo guerriero, fu convinto a parole dal papa Leone ad abbandonare l'Italia. "Il flagello di Dio" non si dicharò convertito e la tesi di una riflessione spirituale non viene di solito sostenuta. L'episodio è misterioso e testimonia, almeno, quanto fosse forte l'autorità della chiesa nei confronti della mentalità, in generale. Infatti, insieme ad Ezio, il rappresentante dell'occidente, più che l'imperatore, era il vescovo di Roma, Leone. 

 

Dopo la vittoria delle truppe "alleate", la potenza unnica si dissolse altrettanto rapidamente come si era formata, almeno in Europa. Costantinopoli continuò a pagare un tributo ai rimanenti guerrieri unni. Gli ostrogoti ritornavano indipendenti e occuparono formalmente una parte dei Balcani, praticamente alleati coi "romani orientali" o "bizantini". L'attuale costa slava, la Dalmazia, anch'essa abbandonata da qualsiasi truppa imperiale, dovette resistere con le sole forze del proprio "comandante", il comes locale, Marcellino. Nel 451 alemanni e rugi occuparono l'Austria romana. Solo l'Italia e poche "isole" in Europa resistevano all'occupazione germanica. 


Il trionfo della chiesa (360-476)

La caduta finale del mondo 'pagano'

Il dominio monoteista

 


La fine dell'impero. I primi regni germanici

Teoricamente nel V secolo l'impero romano era ancora unito. Ma Roma e l'Italia erano fuori dal gioco politico. La città più importante del mondo Costantinopoli. Il mondo scosso da questioni religiose. La politica di Bisanzio si concentrava sulla propria gestione amministrativa e sulle diatribe teologiche che coinvolgevano le importanti regioni economiche della Siria e dell'Egitto. La pars occidentis aveva ceduto moltissimi territori ai comandanti germanici. La sede di Ravenna era stata praticamente controllata da Costantinopoli, ma dal 455 il potere, esteso quasi alla sola Italia, tornò alla vecchia classe senatoriale. In vent'anni però si succedettero ben 9 imperatori. In oriente intanto gli imperatori riorganizzarono l'esercito e stipularono delle alleanze ufficiose anche contro l'occidente.

Con il passaggio degli unni nella pianura padana, la corte imperiale era tornata momentaneamente a Roma. La situazione era drammatica e l'ultimo ventennio senatoriale fu il canto del cigno del mondo pagano: il vero rappresentante dei romani era ormai il papa, che compiva ambascerie in favore del suo popolo. Date le scarse difese italiane, il re dei vandali, Genserico, che occupava l'Africa nord-occidentale, sbarcò a Roma e fece prigioniera l'imperatrice, insieme a migliaia di romani. I vandali sequestrarono anche le ricchezze accumulate nelle chiese dell'Urbe dopo il saccheggio dei visigoti nel 410.

L'Italia non aveva più milizie a sua difesa. Negli ultimi quarant'anni, il comandante delle forze imperiali - il magister militum - era sempre stato un "romano" di nascita. Ma le sue truppe erano praticamente composte da mercenari germanici o "romani" di chiara origine germanica. I contadini italici avevano smesso di combattere da secoli. Nel 455 alla guida dell'esercito tornò un soldato di origine germanica, anzi totalmente germanico e per di più di un'importante famiglia: il visigoto Ricimero, che fece eleggere tre imperatori consecutivamente, a volte in accordo col senato. In oriente venne eletto il generale Maiorano. Con truppe "confederali" ma praticamente germaniche Ricimero, Maiorano e il "comandante" dalmata Marcellino tentarono di arginare la crescente potenza marittima dei vandali, ma non vi riuscirono. 

L'altra potente nazione germanica era quella dei visigoti, che dal Danubio erano migrati prima in Italia, poi in Francia, poi in Spagna. Erano stati proprio loro a spingere vandali ed alani dall'altra parte del Mediterraneo. Mentre il visigoto Ricimero combatteva per l'impero contro i vandali, il nuovo re Euric allargò il suo regno dalla capitale francese, Toulouse, al resto della Spagna, confinando altri germani, gli svevi, nella parte nord-occidentale. 

In oriente gli imperatori provvedevano a una seconda de-germanizzazione dell'esercito. Ma in occidente i germani detenevano ogni posto di potere. Dopo Ricimero, il comando delle truppe "italiane" passò a due altri personaggi teutonici: dapprima a un burgundo e poi a un semi-barbarus che aveva fatto carriera come segretario di Attila e portava un nome greco: Oreste. Il nuovo magister militum cercò di far eleggere un imperatore che andasse d'accordo con la pars orientis, ma non vi riuscì. Infatti suo figlio Romolo Augusto, noto per essere l'ultimo imperatore d'occidente, non fu  riconosciuto dall'oriente poiché l'imperatore Zeno (474-490) era stato spodestato per qualche mese. A questo punto entrò in gioco Odoacer, rappresentante di altri goti, degli eruli e della tribù degli sciri, un popolo che aveva vissuto per secoli nelle pianure oltre il Dabubio. Odoacer eliminò Oreste e si sottomise all'autorità dell'imperatore d'oriente Zenone che, una volta tornato sul trono, accettò Odoacer come magister militum dell'Italia. 

Inizialmente l'imperatore Zeno continuò a considerare come vero imperatore d'occidente quello precedente a Romolo Augustolo. Ma in seguito al fallimento di una spedizione anti-Odoacer e considerando che almeno da ventanni il ruolo d'imperatore non aveva nessun significato, Zeno accettò le cose come stavano. Continuò a considerare se stesso come il legittimo "imperatore romano" e il comandante "barbaro" governò in nome dell'imperatore d'oriente, anziché di quello d'occidente. Odoacre venne nominato rex gentium, teoricamente re del suo popolo, ma non degli italiani, che erano "romani". In occidente rimanevano ancora dei territori controllati effettivamente da generali "imperiali" solo in Gallia e in Dalmazia. Ma praticamente erano autonomi anche loro. Negli anni successivi anche questi territori furono conquistati dai germani. Ad esempio nel 486 i franchi si espansero dall'attuale Belgio alla zona di Parigi. E successivamente conquistarono il resto della Gallia, dando così vita al regno di Francia. Nei successivi due secoli, germani e "latini" si fusero in un'unica popolazione. Rispetto a quanto successo coi galli o con gli orientali ellennizzati, la lentezza con cui romani e germani si mischiarono è strabiliante. 

Molto spesso i germani furono "nazionalisti" e, pur usando il latino per i loro testi giuridici, non vollero che gli abitanti si mischiassero. Per vari decenni i pochi guerrieri germanici cercarono di governare sulla maggioranza della popolazione che parlava latino. L'assimilazione era lenta e per più di 500 anni, per ogni generazione di germani che si "civilizzavano", una nuova ondata di guerrieri "primitivi" era pronta a uscire dall'isolamento della foresta e fare la sua comparsa sulla scena storica, distruggendo quello che non era ancora stato distrutto. Inoltre anche i "romani" d'oriente rivolevano conquistare le ex-terre imperiali e agirono con una sconsiderata politica aggressiva. Distrussero anche loro varie città e opere pubbliche, senza mai più ricostruirle.

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L'avvento di nuovi poteri (361-406)

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Il trionfo della chiesa (360-476)

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Il dominio monoteista

 

 

 

 

Germani e romani ai ferri corti

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