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 da : " LA MADONNA DI SOVERETO E IL CARRO TRIONFALE"

           "Arte, folklore e culto mariano a Terlizzi "di   GAETANO VALENTE

 

Si desume chiaramente dallo sviluppo storico delle istituzioni

cultuali che vennero via via a formare l’intero ciclo celebrativo a iniziare dal 16 aprile e fino all’ottava della «festa maggiore»

nella terza domenica di agosto, che la festa patronale di Terlizzi in onore della Madonna di Sovereto si colloca nel contesto di quelle celebrate altrove in modo del tutto singolare.

Non si esaurisce infatti nella breve serie dei classici tre giorni.

Per antica e ininterrotta tradizione è articolata in un ciclo celebrativo con precise scadenze su un lungo arco cronologico, ma incentrate particolarmente nelle due ricorrenze del 23 aprile e, sin dall’ultimo dopoguerra, della seconda domenica di agosto, quasi in coincidenza del ferragosto per favorire la massiccia partecipazione dei forestieri e degli emigrati.

Una sincera fede e una purissima devozione animano tuttora la solenne processione del 23 aprile, che si svolge al mattino dopo il pontificale, con l’intervento del vescovo, del clero secolare e regolare  delle autorità civili e con la partecipazione compatta del popolo

devoto con ceri accesi, lungo il corso principale della città fino alla chiesa di S. Maria della Stella sull’estrema periferia in direzione di Sovereto.

Dopo i tradizionali fuochi d’artificio e il cambio dei paramenti al baldacchino dell’icona, il rito processionale prosegue in forma più dimessa, sotto la guida di un cappellano e con la partecipazione della confraternita di S. Maria di Sovereto e di numerosi fedeli (alcuni

ancora oggi a piedi nudi per speciale devozione) fino al santuario del noto villaggio, distante tre chilometri.

Da notare che è sempre stata consuetudine devozionale della confraternita recare a spalla il pesante baldacchino con l’icona della Vergine e costante è rimasta la prassi della consegna ufficiale dell’icona da parte del capitolo, rappresentato dal cappellano, al patrono del santuario, anticamente presenziata addirittura da un notaio che ne redigeva il relativo verbale.

Nel suo santuario di origine la sacra icona rimane esposta alla venerazione dei fedeli per oltre tre mesi, meta di continui

pellegrinaggi di singoli devoti, di gruppi familiari e parrocchiali.

Non va comunque perduta di vista la ragione storica di quella sosta, (anticamente contenuta negli otto giorni della fiera), che trae la sua origine, sin dal terzo decennio del 1500, da una precisa disposizione del primo commendatario che succedette alla precettoria

soveretana dei frati Gerosolimitani.

Uguali modalità vengono ordinariamente osservate, sin da quando

non fu più possibile reperire i buoi aratori da aggiogare al carro, per

Non è tuttavia venuta a mancare di tanto in tanto l’iniziativa del comitato cittadino preposto ai festeggiamenti di ripristinare l’antica consuetudine di recare la sacra icona su di un carro,,

convenientemente addobbato e trainato dai due buoi tradizionali, a simulare appunto il primo ingresso in città e l’antico trionfo tributato dal popolo dopo il verdetto del giudizio di Dio.

Connotazioni diverse presenta invece la solenne celebrazione della domenica successiva, incentrata sulla tradizionale processione con

il caratteristico carro trionfale.

È la cosiddetta «festa maggiore», destinata fin dai primi decenni del Settecento a configurarsi nell’intero ciclo celebrativo come la tappa

Quasi ripetitiva di quella del sabato precedente nel suo significato primario e per i contenuti simbolici, la «festa maggiore» è venuta ad assumere nel corso del tempo, per gli immancabili contorni festaioli

Sono peraltro, tali contaminazioni del sacro, retaggio comune a tuttee

 le sagre popolari di questo mondo.

Stando nel nostro assunto, tutto concorre infatti a fare convergere l’attenzione e l’interesse, anche del più fervente devoto, sulla grande macchina da festa nel suo ruolo di protagonista della celebrazione cultuale e di mirabile strumento nel rendere solenne e trionfale l’accoglienza alla santa patrona.

 

 

 

 

 

 

a quello attuale, risorto dalle ceneri più splendido e maestoso

rispetto ai precedenti e artisticamente perfetto, un vero capolavoro d’ingegneria statico-dinamica per l’imponenza e l’altezza della mole (m. 22,10), il mirabile artificio delle strutture portanti e il complesso apparato architettonico e decorativo.

Inevitabile, pertanto, il coinvolgimento, anche per i più indifferenti,

nel generale entusiasmo della folla, affascinata dal suo incedere maestoso e ondeggiante e fortemente interessata alle

caratteristiche movenze a sobbalzi ritmati dei quattro timonieri, duramente impegnati a riportare di continuo nella giusta direzione

il timone, che ad ogni benché minima variazione del piano stradale viene sballottato di qua e di là sotto le sollecitazioni dell’enorme

peso del carro e del suo carico.

    
 

 

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