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TRATTO DA:           “L’ICONA DI CIURCITANO”

 

di:  Gaetano Valente 

 

Suona certamente familiare per tutti il nome della località agraria, dove una volta sorgeva quell'antico casale, mentre ben pochi hanno sentito parlare della sua storia e tanto meno hanno potuto conoscere e ammirare da vicino la sacra immagine della Vergine, che per tanti secoli i nostri padri hanno venerato nella chiesa di quel loro villaggio. Preziosissimo tesoro di arte ed espressione di altissima spiritualità, parte integrante del patrimonio storico e culturale del popolo terlizzese, l'icona di Ciurcitano, di chiara e spettacolare imitazione di quelle bizantine, o orientali che dir si voglia, è stata prescelta per l'occorrenza come forma alternativa cultuale a quella tradizionale della Madonna di Sovereto.

E sembrato infatti sommamente disdicevole e fuori di ogni logica di seria amministrazione del sacro che la venerata immagine della nostra celeste Patrona, dopo appena un paio di settimane dalla decorsa festività del 23 aprile, venisse riportata a Terlizzi, per poi tornare a ricondurla a Sovereto al termine della celebrazione con­gressuale. Non poteva quindi esserci alternativa migliore e più rispondente peraltro alla forma tradizionale del devozionismo mariano della nostra comunità ecclesiale che quella di proporre alla sua venerazione, in questa particolarissima circostanza, la sacra icona di Ciurcitano, per tanti versi e motivazioni storiche molto vicina a quella di Sovereto: la stessa immagine, la stessa fattura, lo stesso stile, la stessa epoca e area geografica e per tanti secoli anch'essa fatta oggetto di culto da parte dei nostri antichi padri che abitarono l'omonimo casale.

In definitiva bisogna pur ammettere che questa preziosa icona, nella raffigurazione plastica della Madre di Dio, appunto della Theotòkos, (madre di dio) con i suoi connotati originali e il suo contenuto dottrinale rappresenta la più autentica testimonianza visiva di un'antica tradizione di fede e di pietà mariana praticata dal nostro popolo, affondando le sue radici in tempi remotissimi e in tutta la vasta area dei molti insediamenti abitativi medievali dell'agro terlizzese.Si rivelano estremamente interessanti alcuni riferimenti documentali, che possono condurci a una comparazione tra le icone della madonna di Sovereto e quella di Ciurcitano e arrivare a scoprire una certa interdipendenza dell'una dall'altra e magari la stessa epoca, per quanto molto approssimativa, in cui venne realizzata la seconda.

Citato per la prima volta nelle pergamene del nostro Archivio Diocesano appena qualche decennio dopo il Mille', il locus o casale di Ciurcitano lega infatti ben presto la sua storia a quella di Sovereto. E datato al 1244 un documento attestante il conferimento della ecclesia Sancte Marie de Circitano, con tutte le sue pertinenze o proprietà fondiarie (donazioni quindi di be­ni immobili fatte da terlizzesi) in dominio dell'ospedale di S. Gio­vanni di Barletta'", e quindi della precettoria di Sovereto, retta appunto dai fratres hospitalarii dell'Ordine cavalleresco di S. Giovanni di Gerusalemme, detti più tardi «cavalieri di Malta».Sono poi concordi gli esperti nel fare risalire l’icona di Ciurcitano intorno alla metà del secolo XIII.

Non più tardi.Del tutto sconosciuta all'attuale generazione dei terlizzesi, que­sta icona è rimasta fino a qualche tempo fa ignorata anche dagli stessi studiosi interessati all'arte medievale pugliese, per assurgere poi in breve tempo a notevole rilevanza culturale. Passando ad esaminare le caratteristiche dell'icona di Ciurcitano, va detto anzitutto che essa si rivela come tempera su tela applicata su tavola. La tecnica eseguita cioè per la sua realizzazione è quella classica e tradizionale. Sopra una tavola ben asciutta e, a quanto sembra, di "pinus alepensis", delle dimensioni di 87 centimetri di altezza e 64 di larghezza e dello spessore di due centimetri, ma con i bordi leggermente sopraelevati tanto da formare una specie di cornice all'icona vera e propria, venne fissata con una colla naturale una tela appositamente già trattata con ma­teriale proveniente dal regno animale, vegetale e minerale.

Dopo aver tracciato il disegno, l'anonimo pittore passò alla parte più de­licata e paziente della sua opera, quella cioè della stesura per strati sottilissimi dei colori a colla diluiti in acqua (tempera), secondo una tecnica difficile e complessa che comportava tempi lunghi. Ma, soprattutto, come sempre, il lavoro dell'iconografo venne accompagnato dalla meditazione contemplativa e dalla preghiera.

Il soggetto ritratto è pure tradizionale e appartiene al tipo della Hodigitria. Vi è rappresentata la Madre di Dio (la Theotòkos) a mezza figura che regge con entrambe le mani il Bambino Gesù in posizione semisdraiata. E, come tutte le icone, anche questa doveva recare il suo nome, la sua intitolazione, che, al dire degli esperti, non mancava mai.

Nel caso specifico, ai lati del capo della Vergine, dovevano figurare i due monogrammi (in lettere greche): MP e OY, abbreviazioni di MHTHP (Meter) OEOY (Theù), cioè Madre di Dio, ora purtroppo non più visibili per la caduta di molta parte della superficie pittorica. Ai lati della testa della Madonna, inquadrati entro gli spigoli superiori della tavola, si intravedono i resti di due mezze figure di angeli. Attorno alla testa degli angeli e delle figure principali, si scorge traccia delle aureole scomparse.

Il Bambino che tiene in braccio ha il volto serio e maestoso, di persona matura: Egli è l'Eterno. Il suo sguardo è rivolto verso la Madre e ha la mano destra leggermente alzata in atto di benedire alla greca, cioè con il pollice e l'anulare uniti, a significare l'unità della persona e la dualità delle nature, umana e divina, mentre con la sinistra, pendente in basso, stringe un rotolo, simbolo tradizionalmente attribuito ai profeti.

In tutta la sua integrale e originale bellezza l'icona di Ciurcitano ha costituito per alcuni secoli l'oggetto del culto devozionale mariano per gli abitanti dell'omonimo casale. Si evince infatti molto chiaramente da alcune testimonianze documentali e logiche deduzioni che Ciurcitano rimase per lungo tempo abitato. Tra l'altro in un atto notarile del 1343 compare un dompnus Nicolaus de Ieorgio de loco Circitani. E naturalmente non esiteremmo un istante nell'individuare in quel don Nicola de Giorgio di Ciurcitano il parroco di quel villaggio, preposto cioè alle celebrazioni del culto e alla guida della vita religiosa della piccola comunità in quel tempo.

Sul principio del '600 doveva comunque essere ancora molto vivace il culto reso alla loro Tehotòkos dai ciurcitanesi se, per implicite motivazioni, va fatto risalire a quell'epoca il raffinato e decoratissimo dossale barocco di legno scolpito e indorato in cui venne incastonata l'icona di Ciurcitano. Le successive vicende fecero poi approdare questo stesso dossale nella chiesasantuario di Sovereto, dove si può ancora oggi ammirare, per quanto mal ridotto dal tempo e dall'incuria, acconciamente adattato per intronizzarvi invece l'icona soveretana durante la lunga sosta nel suo luogo di origine, prima di far ritorno a Terlizzi con il solenne e spettacolare ingresso sul carro trionfale.

Risalgono ad epoca piuttosto recente le ultime notizie attinenti la chiesa di Ciurcitano e la preziosa icona ivi venerata. Alcune annotazioni di particolare interesse si possono leggere nei verbali della Visita Pastorale compiuta dal vescovo di Bisceglie fra Antonio Pacecco, in qualità di Visitatore Apostolico, il 7 luglio 1725.

Fra l'altro è detto che il Pacecco trova quella chiesa, con i suoi cinque altari, in uno stato di deplorevole abbandono e del tutto fatiscente. Di qui l'ordinanza impartita al titolare della Commenda di Sovereto, il «cavalier Priore» fra Giovanni Antonio Ildaris, «baglivo dell'Ordine Gerosolimitano», che era appunto il benefi­ciario della chiesa di Ciurcitano, di ridurre allo stato profano la chiesa e di trasferire a Sovereto l'icona della Vergine con il relativo dossale barocco, riservando alla stessa una cappella da ricavare all'interno del santuario. A nulla valse il ricorso a Napoli per esimersi da quella incombenza, appellandosi alla normativa giuridica nel rispetto del privilegio di esenzione del suo Ordine dall'autorità vescovile.Costretto dall'intervento papale ad eseguire puntualmente quanto ordinato, se ne fece poi merito e vanto, facendone incidere la memoria in una lastra marmorea che si vede ancora affissa su una parete della stessa chiesasantuario di Sovereto.

Qualche anno più tardi, e precisamente nel 1812, l'intero complesso patrimoniale della commenda di Sovereto, smembrato in tante parti, venne venduto al migliore offerente con asta pubblica. Fu l'illustre clinico terlizzese Michele Lamparelli, per i molti titoli e meriti acquisiti durante quel regime di occupazione (tra l'altro era stato anche medico di corte) ad aggiudicarsi il lotto più consistente, costituito dai beni immobili dell'area soveretana. Per oltre un secolo ancora e nell'ininterrotta trasmissione di questo ultimo bene immobile dell'asse ereditario, venne assicurata dalla famiglia con il suo patronato sulla chiesa una certa continuità del culto devozionale verso la Madonna di Ciurcitano.

Ma, poi, improvvisamente, l'icona scomparve dal suo luogo consueto.Fu un anonimo articolista a denunciare pubblicamente sul gior­nale «Il Popolo d'Italia», del 3 maggio 1936, la misteriosa scomparsa della preziosa icona. Ma per atavica indifferenza e apatia della classe dirigente del paese e delle stesse autorità civili e religiose di quel tempo e più ancora per colpevole omertà di chi sapeva, nessuno si mosse e fece niente.

Non ci fu alcun seguito.Non ci è voluto molto per venire a capo dell'oscura vicenda. Nel corso di alcune ricerche condotte negli archivi, si è riuscito infatti a trovare scritta in una pagina della storia di Terlizzi del Marinelli Giovene una nota marginale che recita testualmente: «Il quadro fu venduto dai Lamparelli per 5000 lire all'Ing. Gennaro de Gemmis, che aveva promesso di restituirlo alla Chiesa di Terlizzi ma non ha mantenuto la parola». E certo comunque che per molti anni l'icona di Ciurcitano ha fatto bella mostra di sé, quale uno dei pezzi più ammirati della prestigiosa collezione del suo museo-archivio-biblioteca nella villa di S. Giuliano, situata nelle immediate vicinanze di Terlizzi, per passare poi in possesso della Provincia di Bari con atto di donazione dello stesso de Gemmis.

Dopo un lungo e radicale restauro a cura dell'Istituto Centra­le di Roma, che le restituì, almeno in parte, il suo aspetto primitivo, essendosi rivelati purtroppo irreparabili i danni causati dalla permanenza in ambiente umido e da vecchie empiriche puliture, è dal 1967 che la nostra icona di Ciurcitano costituisce uno dei capolavori più ammirati nella Pinacoteca Provinciale di Bari.

   

 

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