COMPOSIZIONE
IV 1/7
Fra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 la cultura europea attraversa una profonda crisi. Il crollo delle illusioni rivoluzionarie e democratiche (soprattutto dopo il fallimento della Comune di Parigi), il tramonto del mito della razionalità dell’uomo (con gli studi di Freud sulla psicoanalisi), l’affermarsi di teorie scientifiche improntate al relativismo (la relativià di Einstein, il principio di indeterminazione di Heisemberg, la fisica quantistica, ecc.), assestano il colpo definitivo all’entusiasmo e alla fiducia che avevano contraddistinto il positivismo. In campo artistico viene abbandonato il realismo, che aveva dominato per gran parte del secolo. La pittura impressionista aveva rappresentato un tentativo di riprodurre i processi della percezione e, quindi, ancora era ispirata ad una certa fiducia nella scienza e nell’oggettività. Già con Van Gogh, però, questa fiducia viene abbandonata: gli intellettuali incominciano a ripiegarsi su se stessi e a scavare nella parte più oscura dell’animo umano. Lo stesso concetto di realtà incomincia a vacillare. La realtà appare, in effetti, come una pura apparenza, distorta da ideologie, convenzioni e abitudini culturali. Uno dei denominatori comuni di molti artisti dell’epoca è la ricerca di una “realtà più reale”, di una realtà, cioè, che giace nascosta al di sotto delle apparenze e che è compito dell’artista portare alla luce. E’ questo uno dei motivi principali per cui i pittori di inizi ‘900 abbandonano la rappresentazione realistica e cercano, attraverso nuovi mezzi espressivi, di ritrarre questa nuova realtà, profonda e sconosciuta. Gli espressionisti, per esempio, polemizzano contro l’ipocrisia della ormai dominante società borghese e ritraggono i suoi appartenenti distorcendo le forme e alterando i colori. I visi si trasformano in caricature tanto irridenti quanto drammatiche, mentre i colori non vogliono più riprodurre la realtà, ma esprimere direttamente sensazioni, stati d’animo, conflitti. Come in ogni periodo di crisi si diffondono tendenze mistiche, che da una parte sostituiscono le vecchie certezze (ormai in declino), dall’altra interpretano il desiderio di scoprire una nuova realtà, più profonda, più spirituale. La teosofia, ad esempio, si diffonde ampiamente a cavallo fra i due secoli. Si trattava di una religione sincretica, che metteva insieme elementi del cristianesimo e del misticismo orientale. Uno dei punti cardine della dottrina teosofica era la convinzione che si stesse approssimando la fine del nostro mondo e l’inizio di una nuova era di felicità e gioia. Un'altra convinzione dei teosofi era che le cose presenti nel mondo avessero tutte una certa anima, una risonanza, che poteva essere colta in particolari condizioni. Kandinsky fu, insieme a molti altri artisti, un seguace della teosofia. D’altra parte la dottrina teosofica era in forte sintonia con la ricerca, comune a tanti intellettuali del periodo, di una realtà delle cose più profonda, più vera. Questa ricerca (influenzata come abbiamo visto da molti fattori) porterà Kandisky a cercare la vera natura delle cose attraverso una progressivo allontanamento dalle semplici apparenze, dalla pittura figurativa. Con il passare del tempo la pittura di Kandiksy divenne sempre di più una pittura che cercava nell’astrazione la vera essenza delle cose. |
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