ESPRESSIONISMO E BLAUE REITER Iddio ci ha dato la terra: un paesaggio gigantesco. Bisogna
saperlo percepire in moda che ci giunga intattoe ci rendiamo conto di
non coglierne la verità in quanto ci appare come realtà
esterna. Dobbiamo dunque costruirla noi la realtà, trovare il senso
dell'oggetto, non appagarci del fatto supposto, immaginato o annotato;
è necessario che l'immagine del mondo venga riflessa integra e
netta, e questo può verificarsi solo attraverso di noi. Il mondo c'è già, non avrebbe senso farne una replica: il compito principale dell'artista consiste nell'indagarne i moti più profondi e il significato fondamentale, e nel ricrearlo. (da: Edschmid, K., 1921, Über den Expressionismus in der Literatur und die neue Dichtung, Berlin, Erich Reiss, pp. 5-11; cit. da De Micheli, M., 1966, Le avanguardie artistiche del Novecento, Milano, Feltrinelli, pp. 87-89). Il carattere di questa astensione [dalla vita ufficiale], di questo esilio volontario rientra in quella poetica della protesta e dell'evasione di cui s'è già parlato; in questo caso peò l'evasione non è verso il mondo selvaggio e neppure nel cuore o nelle viscere pulsanti della terra, bensì nello "spirituale" della natura, nell'Io interiore, nella verità dell'anima. Siamo ancora a una concezione mistica, ma questa volta si tratta più di una mistica ascetica che di un torbido misticismo di natura fisiologica. Disincarnarsi, distruggere l'antica idolatria dell'artista per i fenomeni del reale, purificare l'impuro: ecco cosa deve fare l'artista. La via dell'astrazione è quindi aperta. Nella poetica del Blaue Reiter, così come l'hanno enunciata Marc e Kandinsky, c'è dunque un'opposizione a quell'espressionismo che si giova della deformazione fisica per giungere al risultato. Marc e Kandindky rifiutano la brutalità di questo metodo, la sua violenza esteriore. Per loro non si tratta di aggravare una situazione della realtà, si tratta casomai di liberare l'intima verità del reale dai lacci materiali che impediscono loro di percepirla. (da: De Micheli, M., 1966, Le avanguardie artistiche del Novecento, Milano, Feltrinelli, p. 102).
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