La maggiore ondata di immigrazione dall'Italia si ebbe nel primo ventennio del XX secolo,
seguita da quella successiva alla seconda guerra mondiale, che interessò più di un milione di persone. Tre quarti degli immigrati di origine italiana provenivano dalle regioni centro-meridionali d'Italia. Tradizionalmente, partivano per primi gli uomini, in cerca di lavori stagionali nell'edilizia, nei cantieri stradali e ferroviari o nell'industria, e in seguito li raggiungevano le famiglie. Spesso lavoravano anche donne e bambini.
Molti italiani si raccolsero in comunità omogenee, chiamate Little Italy, conservando le tradizioni alimentari, religiose e culturali del paese d'origine; con la progressiva integrazione nel tessuto sociale locale, molti italiani raggiunsero un benessere economico sufficiente per aprire ristoranti e negozi di alimentari.
Insieme alle tradizioni, gli italiani esportarono dall'Italia meridionale anche le attività criminali della mafia, creando estese organizzazioni che, negli anni del proibizionismo, tra il 1920 e il 1930, prosperarono in America grazie al commercio abusivo di alcolici, al gioco d'azzardo e alla gestione della prostituzione; in seguito i boss passarono a occuparsi prevalentemente del traffico di armi e di droga. Molti gangster, come Al Capone e Lucky Luciano, furono di origine italiana.
Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, la campagna anti-immigrazione che attraversò gli Stati Uniti, motivata in parte dalla paura della mafia e in parte dal malvisto attivismo sindacale dei lavoratori italiani, spinse il Congresso a promulgare delle leggi limitative. Gli italoamericani già residenti cercarono di integrarsi maggiormente nella comunità, e molti di loro ottennero la cittadinanza americana; a New York, la seconda generazione degli immigrati preferì spostarsi da Manhattan verso i quartieri periferici di Brooklyn, Bronx, Queens e Staten Island, dove potevano acquistare modeste abitazioni.
