Compagnie Pericolose
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Cosa vuol dire essere i rampolli di famose famiglie mafiose di Brooklin?
Come si vive e come si cresce avendo un padre che regola i propri conti ed i propri affari con pistole e mitragliatrici?
Quale dissidio interiore ti rode e ti tormenta se da una parte c'è la volontà di emulare tuo padre nelle sue imprese da gangster e dall'altra ti manca la stoffa per farlo?
Qualcosa l'abbiamo imparata da questo film. Che criminali (forse è più corretto dire "mafiosi") ci si nasce e non ci si diventa, o ce l'hai nei cromosomi il virus della mafiosità o non è possibile inoculartelo; che la mafia e il suo mondo sottostanno ancora, come ai tempi di Vito Corleone, a regole ferree e leggi inviolabili la cui sacrale osservanza serve ad assicurare la conservazione della specie (il mafioso). Ed è in base a questi principi di sopravvivenza che la vita, anche se di un ragazzo, vale meno che zero se questo ha sbagliato rischiando di mettere a repentaglio anche il resto della famiglia. Non è previsto il perdono ma solo il piombo.
Il film, oltre ad esporre una completa mappa deontologica del mafioso perfetto, offre anche alcuni spunti sociologici ed etologici sulla natura e le caratteristiche dell'homo mafiosus.

1) Posto che, privi di un indole predisposta, non è il caso di abbracciare la carriera del malavitoso, se proprio lo vuoi fare devi essere spinto da una molla fondamentale che è quella del bisogno. Questo è il concetto che il capo mafia e papà Benny "Chains" Demaret (un sobrio ed efficace Dennis Hopper) espone al figlio Matt (Barry Pepper, una parte in "salvate il soldato Ryan" e in "Il miglio verde") smanioso di dimostrare le sue qualità criminose.

2) Il mondo della malavita rischia di non essere più come quello di una volta, e quindi peggiore, se si derogano alcune regole fondamentali come quella di infliggere la giusta punizione a chi sbaglia. È il parere di Teddy Deserve (uno sfuggente John Malkovic) zio putativo di Matt e braccio destro di suo padre.

3) 500 (!) è il necessario numero di risse a cui bisogna prender parte per poter sufficientemente valutare le tue capacità delinquenziali. È il principio di Taylor Reese (interpretato dal terrorizzante Vin Diesel - "Pitch Black", "Fast and Furious" - un tipo che vorresti avere sempre dalla tua parte) amico di infanzia di Matt e suo compagno nell'impresa che quest'ultimo tenta di compiere.

"Compagnie Pericolose" - prodotto da Lawrence Bender, ricordatevi questo nome perché è colui che ha al suo attivo produzioni come "Pulp Fiction" e "Will Hunting - Genio ribelle" - ha una trama che si pone nel mezzo tra quelle narrateci da Tarantino e quelle raccontateci da Scorsese nelle loro numerose gangster's story, solo che gli esordienti registi Brian Koppelman e David Levien - avevano già lavorato insieme alla sceneggiatura di "Rounders - Il giocatore" nel 1997 - non hanno la visionarietà del primo né le capacità di approfondimento introspettivo del secondo. Il film è girato con eccessiva linearità, priva di sussulti. Notevoli invece i dialoghi che nobilitano la trama ed esaltano le qualità recitative dei due istrioni Hopper e Malkovic.
Ultima annotazione: che la mafia sia di origine italiana lo sappiamo tutti, ma era proprio necessario far calzare a Malkovich un cappellino con lo sponsor della nazionale italiana di calcio e ad uno dei ragazzi la maglietta del Napoli?

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