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John Stuart Mill


L'educazione precoce, l'attivismo politico culturale dell'adolescenza, la crisi esistenziale, il rapporto con Comte

Il rapporto "critico" con Bentham

Il sistema di logica deduttiva ed induttiva: contesto della scoperta...

... e contesto della giustificazione

La scienza sociale di Stuart Mill

L'economia politica: dai Saggi su alcune questioni incerte ai Principi

Testo tradotto in italiano da Giulia Bruzzone - Il V capitolo dei Saggi su alcune incerte questioni di economia politica:
Sulla definizione di economia politica; e sul metodo di investigazione suo proprio

La teoria economica di Stuart Mill ed il problema del socialismo

La teoria della libertà (On liberty)

Mill contro Comte e Spencer

The Negro Question

La servitù delle donne

Utilitarismo a patto che...

Dio, natura e religione

Teismo

Autobiografia (traduzione in corso)
Qualche spiegazione

Questi studi su Stuart Mill, pur essendo già organizzati in modo da sembrare un lavoro in vista di una futura pubblicazione, in realtà sono poco più che appunti volti ad integrare lo studio generale sul positivismo.

Li pubblico perchè credo possano tornare utili.

Le ragioni che mi hanno condotto a fare del pensiero di John Stuart Mill oggetto di studio particolare sono molto personali, cioè legate alla mia bislacca biografia, ma anche molto legate a quello che io chiamo il problema del patrimonio culturale delle persone che vogliono contribuire ad una profonda riforma del sistema politico e sociale del nostro paese e della sua specifica collocazione nell'ambito della nuova Europa unita.

L'idea di tolleranza che mi sono fatto, per molti aspetti persino più avanzata, rispetto a Mill, poggia su un'autentica acquisizione milliana, ovvero che è necessario vi sia in ogni campo una onesta opposizione alle nostre idee ed alle nostre stesse pratiche: ciò arricchisce la nostra coscienza complessiva, ed in taluni casi puà anche consentirci di evitare errori dovuti alla parzialità ed all'unilateralità.
Tollerare le idee non porta necessariamente a tollerare pratiche criminali, o ritenere ammissibile la calunnia e la sistematica falsa testimonianza contro qualcuno e qualcosa; ed è su questo punto particolare che l'intera teoria milliana acquista validità: per difendere la libertà si possono e si devono, a volte attuare minime e ragionevoli restrizioni alla libertà, anche se una società matura può tollerare, in genere, manifestazioni di immaturità e di dissenso ingenuo ed estremistico.

In Mill vi sono, aspetti considerati superati e insufficienze, ad esempio il System of Logic.
Ma il punto più debole della filosofia milliana, a mio avviso è quello relativo alla teoria morale della giustizia e la sua connessione con la dottrina utilitarista.
Qui il nostro si impegnò in una critica a Kant che, oltre ad essere scorretta , in quanto omise di misurarsi con la prima e più importante massima proclamata da Kant (nessun uomo può venire mai considerato solo come un mezzo, ma sempre anche, o solo, come fine), un principio che potrebbe cambiare il mondo qualora venisse applicato anche solo dal 10% dell'umanità, non seppe opporre ad essa nient'altro che una logica dell'accordo, secondo la quale, poichè esistono diverse interpretazioni di cosa è giusto, non ci sarebbe altro da fare che trovare sempre l'accordo su cosa è giusto.
La qual cosa sarebbe ovviamente accettabile in moltissimi campi, ma non sarebbe ammissibile proprio sui pilastri fondanti la giustizia stessa, per l'ovvio motivo che i presupposti della convivenza civile non possono essere rimessi in discussione, quasi sempre unilateralmente, ogni volta che cambia il vento.

Non solo: negli Essays sulla natura, la religione e Dio emerge una riflessione con un forte taglio positivista e persino scientista, in un senso che potremmo definire deteriore. Proprio in base ad un'analisi certamente non superficiale, anche se non finissima, della natura e dei fenomeni naturali, Mill incappa in affermazioni molto impegnative e molto discutibili quali la seguente: « Infatti, per quanto possa apparire una proposta offensiva per molte persone religiose, io affermo tuttavia che esse dovrebbero coraggiosamente guardare in faccia il fatto innegabile che l'ordine della natura, laddove non risulta modificato dall'uomo, è tale che nessun essere giusto e buono avrebbe potuto costruirlo, intendendo che le sue creature razionali dovessero seguirlo come esempio. Se fosse interamente creato da un tale Essere, e non in parte da esseri di qualità ben diverse, esso potrebbe costituire soltanto un'opera volutamente imperfetta; e l'uomo, nella sua sfera limitata, dovrebbe far uso di giustizia e di bontà per tentare di correggerlo.»
Ora, a prescindere dal fatto che fin dalle prime righe del testo biblico si trova un'affermazione forte che va in direzione del tutto contraria alle posizioni deboli di filosofi religiosi, quali lo stesso Agostino, che negarono una qualsiasi utilità allo studio della natura, e vale la pena di riportarla in quanto dice: "Andate, moltiplicatevi e soggiogate la terra", non v'è dubbio che arrischiarsi nella negazione di Dio per l'imperfezione del mondo naturale, appare un argomento del tutto risibile. Il mondo naturale, anche secondo Mill, è quel che è, ed anche quel che diviene. Si può negare che questo ordine-disordine sia opera di un essere intelligente, buono e giusto; si può affermare che non lo sia, ma affermare che, dato il pasticcio e le imperferzioni, tutto non sia riportabile ad un Essere buono e giusto, e come vedremo, non-onnipotente, è davvero singolare.
Aveva ragione Kant nel collocare la questione dell'esistenza di Dio nel campo delle antinomie della ragione:ci si può credere, si può non credere, ma né l'una né l'altra tesi sono, per ora, dimostrabili.
Mill perviene alla negazione di Dio mediante un confronto tra la comodità del mondo umano civilizzato, dove tutto sarebbe più buono e più giusto, e la natura selvaggia dove vige la legge del più forte.
Certo che è così. Ma esiste la civiltà perchè l'uomo ha soggiogato la terra: non ci resta che prendere atto che l'uomo ha migliorato il mondo, od una parte di esso, ma che i margini di miglioramento sono ancora molto ampi.
Si sono sviluppate civiltà perchè la natura era così ed è così, nè perfetta, nè imperfetta, ma così, e soprattutto perché l'uomo era un essere di tipo del tutto particolare, dotato di mani operative e di intelligenza costruttiva e speculativa. Che poi al giorno d'oggi il vero problema sia quello di difendere la natura dall'uomo e dalla sua bramosia, soprattutto per evitare una rivincita della natura stessa di carattere distruttivo, è ovviamente un altro paio di maniche. Siamo al capolinea di una vicenda e ne deve necessariamente iniziare un'altra, quella della difficile armoniosa convivenza tra civiltà e natura.

Quanto alla utilità di Mill per il pensiero politico e sociale non v'è alcun dubbio che essa si colleghi alla questione fondamentale del presente: prendere atto che sta maturando una società di individui responsabili di sé e sta entrando seriamente in crisi il concetto di società di assistiti, di uomini "rimpiccioliti dallo stato" che pretendono la pappa fatta ad ogni piè sospinto.
Il rischio è quello di una nuova jungla nella quale ognuno lotta contro tutti. Ma gli aspetti positivi potrebbero di gran lunga superare quelli negativi se gli individui imparassero a cooperare, a sostituire il metodo della cooperazione, anche come società economica, produttiva, distributiva, previdenziale e provvidenziale a quello di impresa privatistica organizzata e diretta da padroni e managers insopportabilmente ricchi e rapaci, incapaci di garantire la sicurezza del lavoro e i diritti elementari ad un'esistenza dignitosa.
La questione è decisiva perchè, se è vero che il lavoro è una realizzazione e non una condanna, è anche vero che solo un'infima minoranza di fortunati riesce a fare il lavoro per il quale è veramente portato. Per tutti gli altri, in genere, il lavoro è una necessità e nientaltro, e questa, insieme alla cronica questione dei bassi salari, è certamente una delle cause più gravi dell'insoddisfazione sociale.
In questa chiave, con tutto quello che di utopistico comporterebbero, le idee milliane sul socialismo nella libertà e nel totale rispetto dei diritti di ognuno paiono ancor oggi quanto di più avanzato sia mai stato detto e scritto, anche e soprattutto rispetto a Marx.


Guido Marenco

8 novembre 2001 - pubblicato su moses il 15 ottobre 2002 -